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do che fussero quei libri , de’ quali egli era tanto gèloso che non si bagnassero

Nel documento COLLEZIONE m OPERE CLASSICHE (pagine 51-56)

guerra e le accortezze politiche e

i

nego*

ziali più

fini''

egli seppe Con tanta purità leggiadria schiettezza e naturalezza rappre-sentare e dipignere

,

che

,

come verissima*

mente dice Cicerone

,

le note e memorie

>

«he egli distese delle cose da lui fatte, spa-ventarono

i

più sensati dal comporre da quelle la giusta istoria

.

Si può dire

la penna gareggiasse colla stia spada e che egli sapesse altrettanto ben dire

,

quanto coraggiosamente operare

,

e che alla gran-dezza delP opere corrispóndesse la dcscri*

zione' delle parole giusta al precitato ver-so del maggior greco poeta

.

Questi suoi commentari preziose consèrve de' suoi gi-an fatti gli hanno dato al pari delle azioni medesime nome immortale

.

E questi

cre-do che fussero quei libri

,

de’ quali egli era tanto gèloso che non

si

bagnassero dall’ acqua e cosi

si

guastassero

,

quan-do per testimonianza di Svetonio,.in Ales-sandria essendo all’ attacco d’ un ponte

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costrettoda

una

improvvisasortita

scampò

in

imo

sclnfo,

donde

perla

soprawegnente

moltitudinede’ suoi, cheprecipitosavisi buttava, forzato a salvarsia

nuoto»

per' lo spaziodidugento passi finoacchè tro-vasse Ultanave,

dove

aggrapparsi

, porta alto colla sinistrailibri, co’ denti

tenen-do

il

paludamento

ovesta imperatoria

,

perchè

non

andassero spoglia deniiuici

.

Da

questi libri,che sonoilfioredell’ ar-te della guerra e insieme della piu

pura

latinalingua,siricavanolemaniere,fino ald'id’oggi

con

raaravigliosa utilità pra-ticate»dèlie circonvallazioni e degli asse-dije,

quantunque

ifatti ai detti preva-gliano,

paragonare per avventura si possala gloria, che viene dall’armi,

a

quella, chedalle letteresiraccoglie, pu-re,se queste

non

fossero, die le azioni de’grandi personaggidiguerra perpetuasse-ronella

memoria

de’ posteri consacrandole all’eternità della

fama

, quelle presto pre-stosiricoprirebbero dall’ oblio

ed

inquel

medesimo

stato appresso noi sarebbero,

come

, se fatte

non

fossero. Credete voi

,

diceilgiudiciosopoetaOrazio,che avanti

ad Agamennone non

sienostatial

mondo

moltivalorosi? Certo chesi;

ma

di loro sièal buio

,perciocché

non hanno

avuto scrittore. Vixtre, fortes ante

Agamemno-na

Multi:sed

omnes

illacrjmabiles Ur-gentur, ignotique longa Nocte, careni quia vate sacro. Fare cose degnedi sto-riaèlode a Cesare

comune

con molti;

ma

le

medesime

sapereraccomandare agli scritti con ìstile sodoe purgato

oh

che questagloriaè rara e singolare;

come

ap-pressodei greci inSenofonte chiamato per ladolcezza disuafavellala

musa

attica il qualeeprofondofilosofo ecapitano at-tentissimo efamosissimo storico dellesue cose

medesime

riusci.

Oh come

viene al-loradalpettoc dalcuoreil ragionamen-to,

quando

i concetti

non

sonofigliuoli semplicemente dellostudio,

ma

dell’ espe-rienzaancora!

E

quantoacquista il bel parlaree di grazia e di credito,

quando

dii feco scrive,e lascrittura èuna quin-tessenzaed

un

consumato percosi dire di tutte le sue azioni! Annibaie sirisedel

^vecchio

Formione

, che gli fece sentile

una

sua lezione intornoall’ariemilitare,

conoscendo egli bene quanto debole sia quello, benché ornatoestudiato

ragiona-mento

,che

non

hasull’osservazionelunga esullereplicate pi'ovelabase. Stimabilis-simo

adunque

inprimo luogosiè perla gloriadell’armi Cesare, talché fu messo dagiudiciosi scrittori in compagnia d’A*

Icssaadro^

ma

insecondo luogo stimabile per averescritteleimprese sue) equesta seconda lode rinnalza e ricresce tanto la prima, che niente più, D’ Alessandro si racconta die,

udendo

eglirecitaread One-sicrito la storiade’suoifatti, giuntodie egli fu ad

un

passo, nel quale la cosa

non

era,

come

ella

andò

, raccontata,gli sivoltòconfieropiglio,dicendo;'quando ciòsegui,edove

eravamo

noi?

Uno

,che fedelmentee

nudamente

a narrare si pon-galecosesue,a queste negligenzee sba-glidegli storici

non

è soggetto e

può

al vivo specchio di sua

memoria

ritrarre se stesso.

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DISCORSO

CI.

Qual

^iapeggiore barbariè, quella dichi scaccia

un

letteratoodi

non

voglia e

bandiscalelettere.

Il comune

sentimento, che altramente

sen-no

e giudiziosichiama, anteriore a tut-tequantelelettere, sièquello, cheha fattetutte lebuoneebelle cose, per le quali1’

uomo

animale ragionevolepolitico religiosovenne sopraglialtrianimali bru-tiedirragionevoliasollevarsi,ea distln-guérsiancora1’

uno

dall’ altrosecondoche piàin

uno

,dienell’ altro, sitrovava es-serequestointerno naturai senno, e per naturaeperesercizio, più vigorosoepiì^

perspicace. Col

lume

naturale, cheè

un

riflessodel voltodiDio, sopratutti segna-to,coldettame della ragionecollascuola dell’ esperienza coll’osservazione de’ savi intornoa ciò, cheèonesto edalla pub-blica felicitàe diciascuno in particolare dicevoleeconfacente,sivenneroa forma-reregolee massime, colle quali 1’

uomo

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^

potesse bene e saviamente condurre se me-desimo

,

ed una- casa una ci Uà un regno essere mantenuti e governati. E di vero per la buona condotta di tutte' queste co-se

,

assolutamente parlando

,

sembrerebbe

»

che le lettere non abbisognassero

,

pochi

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