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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.02 (1875) n.79, 7 novembre

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(1)

L'ECONOMISTA

GAZZETTA SETTIMANALE

S C I E N Z A E C O N O M I C A , F I N A N Z A , C O M M E R C I O , B A N C H I , F E R R O V I E . I N T E R E S S I P R I V A T I

Anno II - Yol. IV

Domenica 7 novembre 1875

N. 79

vi ha una scienza sociale sui generis

ma vi hanno le scienze sociali

Lettura fatta al Congresso degli scienziati in

Pa-lermo (sezione d'Economia politica e statistica) nel settembre 1875.

A giudicare dalle apparenze, la scienza sociale dovrebbe ritenersi una delle meglio definite e nel soggetto, e nell'oggetto, nelle condizioni, nel campo, nel fine ; di guisa cbe le controversie parrebbe si dovessero aggirare sopra punti secondarii. Se non cbe, non soltanto fra le più opposte scuole che quella scienza coltivano e professano a bene e ad educazione dei popoli e degli Stati, ma, fino tra fautori di un medesimo sistema, vi è latente, come un vero problema, la definizione dei primi termini. E se indagansi le cagioni delle profonde scissure nel campo sociale, così dal lato teorico come da quello pratico facilmente si rileverà come esse stiano principalmente nel difetto di sufficiente accuratezza nel determinare i primi concetti della scienza, e nel difetto di armonia, fra quei medesimi cultori ap-punto, che sono abbastanza concordi sulla massima parte dei particolari.

Socialisti e comunisti, internazionalisti, vincolisti, autoritarii, economisti, moralisti, politici, ammettono, riconoscono, suppongono una scienza sociale, di cui si fanno più o meno insegnanti, apostoli, seguaci ; e scrivendo di economia, di etica, di diritto non abbandonano mai la guida o la meta che è la scienza, o la quistione, o il fine sociale. Ma, se si guarda un po' addentro nei trattati dei cultori dei diversi rami delle cose sociali, si vedrà con tutta facilità e con grande sorpresa, come la premessa o la re-sultante d' ordine sociale sieno troppo variamente e spesso equivocamente assunte, non solo secondo la differenza dei rispettivi sistemi, ma anche secondo i molteplici aspetti dai quali si ravvisa il fenomeno sociale ; e quella che dicesi scienza sociale, si risolve sovente in una generalità tutt'altro che determinata nelle più fondamentali teorie.

Non neghiamo per altro che importantissime scrit-ture, precipuamente recenti, e giusto intitolate Scienza sociale apparvero assai buone per mettere in rilievo,

e anche per risolvere le più gravi quistioni d'inte-resse economico, morale, politico, e per combattere i più vieti e sempre rinascenti errori dei partigiani d'ingerenze, dei socialisti, dei novatori; pure invano vi cerchereste un corpo di teorie degne di essere elevate a scienza, non dirò diversa dalle singole scienze sociali, ma soltanto bene abbreviata, sintetica, o dedotta da tutte le loro leggi comuni. Nei trattati di scienza sociale trovasi, ove la sintesi di una qual-che parte dell' ordine sociale confuso con 1' ordine etico-interiore, o filosofico in generale; ove l'analisi di molte teorie e lo scioglimento di alquante qui-stioni miste d'ordine economico e giuridico ; ove la trattazione di quistioni amministrative e politiche; di guisa che, se non sempre lamentasi differenza note-vole di principii e di sistemi tra' cultori delle cose sociali della stessa scuola, non è fuori controversia o, sicuramente, non abbastanza bene inteso, il con-cetto proprio della scienza che è stata la materia delle loro scritture.

Se ciò che rileviamo è fondato sul vero, e tale noi lo crediamo fermamente, ne verrà gravissima e assai facile la conseguenza dei molti equivoci e fino degli errori nei quali si deve cadere trattando di cose sociali, e il bisogno urgente d'intendersi affin-chè siano nettamente raffermati e ben chiariti i prin-cipii.

Sorgente di equivoci e di errori io reputo quella di non essersi provato abbastanza se veramente havvi una scienza sociale distinta da tutt'altre scienze de-terminate dal proprio obbietto, avente confini, rela-zioni propri. Nessuno contesta la realità di quelle che diconsi scienze morali e politiche ; se ne può bene restringere o allargare il campo ; può pure in esse raccogliersi ogni dottrina economica, etico-inte-riore, filosofica se vuoisi anche metafisica ; ma se quelle scienze hanno a soggetto l'uomo, a principale obbietto 1' ordine sociale nei diversi, nei maggiori suoi rami, non ci sarà alcun dubbio che, trattando esse di cose morali e politiche, non ci si trovi un insieme d'interessi, di relazioni, di fenomeni da stu-diare, i quali possono ben essere riguardati quale materia di più scienze.

(2)

con-tempia l'uomo, una parte delle scienze morali e po-litiche assume caratteri, condizioni, ufficio; contempla un fine, i quali, di sicuro, non contrari all' essenza generale e comune dell' ordine scientifico dal quale deriva o si distacca, ne è abbastanza distinta per sue peculiarità, è abbastanza importante da formare un ramo proprio del comune albero e costituire una scienza sui generis. Così, dal ramo d'ordine morale e politico, o se vuoisi sociale, della giustizia, abbiamo la scienza del diritto ; dal ramo dell' onestà, 1' etica sociale ; da quello della ricchezza, l'economia po-litica.

Ora, se la complessiva realità dell'Obbietta e delle leggi dà esistenza e sviluppo a quel grande ramo dell'umano sapere che il consenso dei dotti ha de-notato cól nome di scienze morali e politiche; se la specialità della materia dà vita alla scienza del di-ritto, all' etica civile, all' economia politica, potremo assai bene ammettere cbe gli obbietti di tutte quelle scienze riguardati dallo aspetto puramente esteriore e nelle relazioni umane, rientrano in un complesso di scienze, o in una sola grande scienza che si può intitolare sociale.

Ma anche allora sussisterà il quesito : havvi una scienza sociale, o un insieme di scienze sociali che non sieno economia politica, etica civile, diritto, an-tropologia, filosofia? E sevi Ita un insieme di scienze sociali, pur ammettendo le distinzioni fra le preci-pue, sotto alcuni riguardi non dovrà riconoscersene la unità ?

1

Concetto generico della scienza sociale Dovendo uscire dall'equivoco, io penso, ci possiamo affrettare a dichiarare che la scienza o le scienze sociali, non può, non possono sostituirsi alle scienze morali e politiche ; potranno esserne tutto al più una parte, la maggior parte, ma non potranno abbrac-ciarne tutto il campo. E sarebbe ancora inesatto il dire, che le scienze sociali sono cosa grandemente differente dalle scienze dell' utile, dell' onesto, del giusto.

Se nelle scienze morali comprendiamo ogni dot-trina filosofica, etica e sociale '), se occupandoci di sentimenti, d'interessi, di umane relazioni, non pos-siamo fare astrazione dal bene e dal male, e se la relativa scienza abbraccia le maggiori e più gravi discipline dell' ordine morale e dell' ordine fisico, le quali sono leggi di coscienza, di natura fisica, di natura sociale2); se in una trattazione meramente sociale non entra lo studio dell' ordine puramente fisico, nè della coscienza e dell'intendimento uma-no 3) ; se malgrado che omnes artes quce ad huma-') Mio Tratt. d'Econom. Polit. Considerazioni ge-nerali ; pag. 11, edizione del 1865.

*) Ivi, pag. 16-7. 3) Ivi, pag. 17.

nitatem pertinent, habet quoddam commune vincu-lum, < t quasi cognatione inter se continentur ( C I C E -EONK, Orat. prò Archici], l'affinità generale dominante nell'ordine fisico e morale, anzi la maggiore affinità delle varie parti dell'ordine morale, cioè coscienza, pensiero e atti socialix), non permetteranno che tutto vada studiato simultaneamente, e con metodo identico; e seguirà che potremo benissimo riconoscere una scienza dei beni e dei mali nell' ordine sociale dal solo lato esteriore fra gli uomini, ossia una scienza sociale dei beni e dei mali 2) ; avremo stralciato così dal resto dello scibile umano la parte che rientra limitatamente in quella disciplina, ma tutt'altre scienze morali e fisiche ne saranno rimaste del tutto distinte e separate 3).

La teoria sociale, per come l'intendiamo, rientrerà necessariamente nelle scienze morali ; avrà a soggetto l'uomo, ad oggetto il bene, importante comunque o interessante, morale e materiale, non antagonistico perciò4), non istudierà il lato interiore, affettivo, intellettuale dell'uomo, benché presuma e debba ri-tenere che non debbe essere tale lato in disaccordo con quello esteriore sociale. E notisi che il bene interessante è preso di mira per quanto rientri nella umane relazioni : e però elementi obbiettivi della nostra scienza sociale dovranno essere gl'interessi e i rapporti umani5).

Ma poiché l'indole morale e sociale dell'uomo ne rivela 1' essenza perfettibile ; così la scienza sociale nel proprio obbietto ha designato lo scopo, cioè la conservazione e il perfezionamento, i quali senza formare dualità dànno l'idea del bene progressivo inteso ad una meta, cui deve farsi ogni potere di avvicinarci sempre più6). La conservazione ed il perfezionamento, del resto, non sarebbero l'attributo proprio ed esclusivo della scienza sociale ; noi sa-rebbe neppure il concetto generico interessi, nè l'altro relazioni 7) : la tecnologia, la fisica, 1' agri-coltura, la fisiologia, la metafisica si potrebbero in vario modo confondere con la scienza sociale, ma in questa il soggetto, 1' oggetto, il campo, le condi-zioni, il fine, valendo a reciproca spiegazione e li-mitazione, non potranno più restarne incerti e con-fusi con quelli di altra scienza, l'indole e l'ufficio8).

La teoria sociale impertanto, dal riguardo dell'ob-bietto e del campo, può essere detta Scienza degli interessi e delle relazioni sociali ; da quello del fine, Scienza della conservazione e del perfezionamento, in quanto la si sviluppi nell' ordine dei beni e dei rapporti sociali, e da questo riguardo è la stessa scienza de' beni e de' mali9).

') Ivi, pag. 18. l) Ivi, pag. 19.

3) Ivi. 4) Ivi, pag. 22-3. 5) Ivi, pag. 25. 6) Ivi, pag. 29. ') Ivi, pag. 30.

(3)

l i

La scienza sociale come distìnta dall' economia, dall'etica, dal diritto, non esiste. Ma cosiffatta scienza che è morale e politica e non abbraccia tutte quelle che morali e politiche si dicono ; che si occupa di umani interessi e rapporti, e non è la sola che ciò faccia, sarà per lo meno una scienza sui generis distinta, cioè, da tutte quelle scienze che a parte si versano dell' indagine e del-l' esposizione delle leggi sui singoli beni sociali?

Comunque si studi e svolga il fenomeno sociale, riconoscendo pure a soggetto 1' uomo, ad oggetto gì' interessi, a-campo le relazioni, a condizioni di sviluppo tutte quelle di ordine economico morale e politico, a line il bene progressivo, necessariamente ci si svelerà allo sguardo l'insieme e le parti della scienza di cotali interessi, rapporti, condizioni o fine. E qui dobbiamo sommariamente accennare tali parti.

Se materia di studio sono le sociali relazioni in-tese a procurare, distribuire, conservare, riprodurre, usare le cose godevoli, l'interesse manifestasi nella sua forma più propria e semplice, e va detto ric-chezza, utilità. E poiché la scienza che si occupa delle leggi della ricchezza, è 1' economia politica ; ne seguirà che, per quanto si riferisca al campo sociale, circoscritto all' ordine economico, la scienza delle ricchezze terrà il posto della scienza sociale.

Se materia di studio sono poi le relazioni umane intese alla pratica dei legittimi interessi etico-civili, allo sviluppo delle facoltà morali, all'osservanza del dovere e alla sua sanzione etica ; il bene che ne dev' essere la risultante e che del resto è preso di mira, va detto onestà. E la scienza cbe si occupa delle leggi dell' onesto, essendo quella dell' etica ci-vile, ne verrà che, per ciò che ha rapporto al campo sociale, limitato all' ordine etico-esteriore, la morale starà in luogo della scienza sociale.

Se materia di studio, in fine, sono le relazioni umane, intese all'osservanza della giustizia, al rispetto del mio e del tuo nel più largo significato della pa-rola, ed in conseguenza in quell' insieme d" istitu-zioni e di guarentigie private, pubbliche, locali, na-zionali, internazionali a quel fine valevoli; l'interesse che ne deriverà, sarà quello che diciamo il giusto. E la scienza con tutte le sue diramazioni, che se ne occuperà, sarà quella del diritto ; la quale, per ciò stesso, entro il suo obbietto e campo, sarà la scienza sociale.

Infatti, un ben inteso trattato scientifico o di eco-nomia, o di etica, o di diritto non può non isvol-gere tutta la teoria sociale che nella propria orbita rientra, e ciò facendo necessariamente si qualificherà dagli attributi delle scienze affini. L' economia poli-tica sarà essenzialmente armonica all' epoli-tica e al

di-ritto ; così di queste due scienze verso quella. Cia-scun obbietto qualificherà gli altri, la ricchezza sarà morale e giusta ; 1' onestà sarà utile e giusta ; la giustizia sarà utile e morale. Sotto tale riguardo, potei dare un corso di lezioni di diritto filosofico, col titolo di teoria giuridica delle scienze sociali, come si sarebbe potuta esporre la teoria etica, o la teoria economica delle scienze sociali. ')

Ciascuna scienza deve, per essere completa, rile-vare dal proprio obbietto, la totalità delle condizioni, delle relazioni, del resultato dell' ordine sociale ; e pure, avendo sempre, e solo, di mira il proprio obbietto, essa deve ravvisare in questo, per quanto gli si riferisca, tutto 1' obbietto sociale, con cui, in ogni caso, quello non dee mai venire in collisione. E soggiungiamo che quelle parti dell' ordine e della scienza sociale, 1' economia, la morale, il di-ritto son tutte e le sole. *) Anzi sono qualcosa di più : imperocché dell' ordine fisico e morale una no-tevole parte è essenzialmente compenetrnta nell'eco-nomia e nella morale, mentrechè queste due scienze e il diritto, considerate come semplici rami dell'or-dine sociale, dovrebbero semplificare ancor più lo studio loro, e circoscriverlo agi' interessi proprii col limite ai rapporti sociali.

Si parlerà forse della finanza, della pubblica am-ministrazione, della legislazione, della politica quai rami o parti distinte del grande albero sociale: ma se essi non avranno a materia e a fine l'utile, l'one-sto, il giul'one-sto, o tutti e tre, sotto alcuni riguardi, cotali oggetti, a che intenderanno mai di diverso ? Si possono moltiplicare le divisioni nel campo scien-tifico ; potrà, a comode dei cultori e dello insegna-mento, degli accennati obbietti, come di altri su-balterni, come del credito, della popolazione, della statistica, delle costituzioni politiche, dei rapporti pubblici o internazionali, volersi comporne altrettante scienze ; ma non si giugnerà mai, perchè ciascuna di essa sia detta sui generis, a creare un soggetto, od oggetto, o campo, o insieme di condizioni, o fine, diversi da quelli che sono dell' ordine sociale, e più specialmente che sono dell'ordine economico, morale, giuridico.

La politica, per esempio, la quale nell' ordine sociale potrebbe avere parvenze di disciplina distinta, non sarebbe al postutto colla sua qualità di salva-guardia al diritto, che quello che la previdenza è nell' economia, e la realtà nella morale. Ma le scienze del diritto, dell' economia, dell' etica sociale trattano dai rispettivi aspetti, pur di politica, di previdenza, di realtà ; e però non occorre inventare una scienza

') Vedi mio Ordinamento della teoria giuridica delle scienze sociali, e mio Cenno delle lezioni sul medesimo obbietto. Catania, 1866-67, Calatola.

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affatto diversa, o fare delle sezioni le quali menano, se non a collisioni, certo ad esagerazioni.

Conservazione e perfezionamento dunque, nell'or-dine degl' interessi e delle relazioni sociali, è utilità, moralità, giustizia. La scienza di quelle, se larga-mente considerata, abbraccerà la scienza di queste ; cioè la scienza o le scienze sociali saranno le stesse scienze dell' economia, della morale, del diritto. E se volesse ricavarsene una quarta scienza, non che diversa, soltanto distinta, una scienza sociale che non riproducesse tutte quelle tre o qualcuna di esse, si farebbe cosa priva di ogni base nell' ordine reale e necessario di natura, non si avrebbe mai una scienza. A cosiffatta scienza mancherebbe completa-mente il soggetto, l'oggetto, il campo, le condizioni, il fine proprii, speciali ; potrebbe avere tutti quelli delle tre parti o scienze che la compongono, do-vrebbe averli uniti, ma perciò stesso o sarebbe la più breve espressione, o la nuda riproduzione delle medesime, scienza sui generis non sarebbe mai.

Se ! economia politica, frattanto, la si chiama so-ciale, non per un equivoco di nome ma per la realità dell' oggetto, non si sarà fatto che accennare ad una teoria che va considerata principalmente dal riguardo dei rapporti sociali ; si sarà esposta, come dissi, la

teoria economica delle scienze sociali: così ove si

tratti di una morale sociale ; così, ove del diritto. Potrebbe intendersi il concetto d'una scienza so-ciale come un lavoro d'introduzione allo studio delle varie scienze sociali, od una sintesi. Ne abbiamo un esempio nella cosi detta Introduzione allo studio delle scienze legali nei corsi di giurisprudenza delle nostre regie Università. Ma, a parte che quel ramo d'insegnamento non è, a vero dire, una semplice premessa alle scienze sociali, che vale a introdurre allo studio della giurisprudenza, la quale non di quelle sole scienze costa, ma sì pure della storia del diritto, anzi del diritto storico, e del diritto vi-gente nei suoi vari rami ; un' introduziont o anche una sintesi non saranno per sè stesse giammai una scienza : gli elementi non saranno mai proprii ; po-tranno avere il loro soggetto, 1' oggetto, il campo, le condizioni, il fine imprestati da quelli delle altre scienze, potranno presentare queste nelle loro più larghe premesse o nella conclusione, ma non po-tranno dare la trattazione metodica, sistematica della scienza medesima.

I l i

Elementi essenziali in un trattato sulla scienza sociale

Non vi ha materia quindi ad una vera scienza sociale, se si esclude quella dell'economia, dell'etica, del diritto. Ma un' opera che abbracciasse quelle scienze nel loro insieme, e ne desse 1' esposizione delle parti sempre in vista dell' unità del principio, del campo, del fine, non sarebbe nè impossibile, nè

priva di grande importanza. Se è incontestabile che la distinzione dei rami dell'ordine sociale, e delle relative scienze, esclude completamente 1' antagoni-smo sistematico fra loro, così nel campo teoretico, che nel pratico, pur non isconfessando le dissonanze parziali, contingenti, incapaci, del resto, di avversare durevolmente le leggi della vita e del progresso; se, fra quelle scienze, deve rigettarsi l'erroneo sistema di subordinarne l'una all' altra, comechè non si neghi la cronologia d'importanza dell'interesse etico sul giuridico e 1' economico, e del secondo anche sul terzo ; se non deve ammettersi, fra le leggi del-l' utile, deldel-l' onesto e del giusto, quel sistema di as-soluta autonomia, che mena facilmente.alle grettezze e alle contradizioni, sebbene non s'inforsi la realità del campo proprio e distinto di ciascun ordine d'in-teressi ; se con maggior fondamento respingiamo il concetto di assorbire o confondere o identificare tutte le scienze sociali in una sola, sia il diritto, o la mo-rale o 1' economia, benché non abbiano contestato che ciascuna qualifichi le altre, e viceversa ; ne sarà evidente la conseguenza che, secondo noi, 1' econo-mia politica, l'etica-civile, il diritto sono essenzial-mente armonici fra loro e possono essere studiate come parti di un tutto ; e una sola larga scienza se ne può bene occupare, rivelandone per tutto ciò che hanno di comune, l'indissolubile loro unità.

Un' opera su tutte le scienze sociali costituirebbe la grande teoria sociale dell' economia politica, del-l'etica, del diritto. Da un aspetto congiunto sarebbe esposto tutto il quadro della vita degli individui, delle famiglie, dei municipii, degli Stati, delle nazioni, dell'umanità, e sarebbero rilevate tutte le condizioni di sviluppo attinte dall'obbietto e dal campo comune. Così premesse le teorie generali di tutto l'ordine so-ciale, si scenderebbe poi all' esposizione delle singole scienze, mettendo in rilievo tutto ciò cbe è proprio a ciascuna. In fine si farebbe posto ad un lavoro di epilogo, nel quale, pur non omesse le avvertenze sui possibili o inevitabili parziali errori e deviamenti, e accennato ai rimedi, si descriverebbe in sintesi riflessa il percorso cammino di analisi, e si prove-rebbe la realità del principio dell'utile, dell'onesto e del giusto, nella efficacia del resultato sociale del maggior bene e progresso umano.

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massimo valore personale e la più generale probità, il più grande rispetto alle competenze umane; il contrario di quel fine è nella miseria, nell'ignoranza e nella corruzione, nel deviamento o delitto. Guar-dato nel suo insieme, il fine benefico è nella con-servazione e nel progresso ; il contrapposto è nella stazionarietà o nel regresso, in breve nel male.

Nella parte speciale a ciascuna scienza è necessa-rio rilevare ad ogni passo i punti di contatto con le altre, mentre che in un trattato speciale sopra un qualche ramo o una distinta scienza sociale, basta che si evitino le affermazioni o i dinieghi cbe pos-sano rendere facile l'antagonismo cogli altri rami e con le altre scienze affini ; e basta sopratutto che non faccia difetto il concorso di tutte le condizioni di vita e di sviluppo, le quali traggono la loro esi-stenza dall'insieme dell'ordine sociale *).

IV

Vantaggi di un trattato generale sulle scienze sociali. E mentre riesce bene rilevato che un'opera com-plessiva sulle scienze sociali non costituirebbe la materia di una nuova o distinta scienza, ma quella delle scienze stesse e propriamente delle tre onde si è discorso ; mentre un libro che formi la sem-plice introduzione alle scienze sociali, o ne formi l'epilogo, non sarebbe l'oggetto, esso medesimo, di una vera scienza sui generis; mentre insomma è provato che non esiste, non può esistere una scienza sociale che almeno non sia la sintesi dell'economia politica, della morale, del diritto, a noi pare eviden-tissimo e assai grande il beneficio d'un opera com-plessiva sulle scienze sociali.

Si può bene contestare la realtà di una scienza sociale, ove la si consideri qualcosa di estranea, di diverso dall'ordine economico, morale, politico delle società civili ; la si dee negare ove la si voglia ac-conciarla alle velleità regolamentari, agli artifici, alle organizzazioni, alle utopie. Ma quando, per amore di studio del grande fenomeno della vita c:vile, si raccolgono in un fascio tutti gli elementi dell'ordine degli interessi e delle relazioni sociali, la realità delia relativa scienza riesce superiore a qualsivoglia ap-punto. La natura dei fatti, la mutabilità dei feno-meni ; la seria difficoltà per la loro più grande parte di generalizzarli, di vederli ricomparire in identiche e fino in simigliami sembianze a differenza di luoghi o distanza di tempi, a varietà di circostanze, l'indole, la qualità, le specie differentissime di fonte di prova sperimentale, tradizionale, congetturale, di giudizi, di apprezzamenti, di passioni, di sentimenti, d'inte-ressi, di rapporti ; le condizioni di fatto delle di-verse famiglie umane, delle cose, delle forze e dei

r) Rimando pei particolari al mio Ordinamento della

teoria giurìdica e al Cenno sulle Lezioni, sopracitate.

materiali della natura ; il grado o le modalità dello stato di sviluppo economico morale politico, e so-pratutto gli usi, la storia, i costumi, le abitudini, le credenze, i pregiudizi, le virtù, i vizi, tutto ciò e altre cause infinite che valgono a rendere impossi-bile le specie, la qualità e la quantità delle previ-sioni della vita sociale nel suo insieme o nei suoi rami economico etico giuridico, non impediscono però la previsione scientifica a quel modo generico universale che è indispensabile per constatare la verità dell'ordine di ragione in fatto di cose sociali; e dànno del resto la spiegazione al fenomeno complessivo e ai fenomeni particolari in tutte le loro manifestazioni; e nel senso di rannodare ogni effetto alla sua vera causa, determinando un ordine di principii, di con-dizioni, di sviluppo, d'applicazioni, e analizzando o prevedendo mediamente una somma di effetti, con-cludenti alla prova delle leggi del bene e del pro-gresso, la quale alla sua volta tribolata dalla con-tingenza del male, pur ne dà la genesi, e per quanto è concesso all'uomo, ne rivela il rimedio.

Tutti riconoscono le attinenze fra l'economia, l'etica e il diritto, ma si contesta spesso sull' indole e la misura ; e nel fatto, in un modo o in un altro, con le trattazioni distinte si cade sovente nelle contra-dizioni fra i predicati dell'una, e quelli delle altre scienze.

Occorre certamente che ogni economista sia bene innanzi negli altri studi sociali, e così pel moralista civile e pel giurista filosofo ; ma nei trattati speciali d'ordinario, non si sa scansare la prevalenza del ramo proprio, e sia affetto per gli studi che si pro-fessano, sia abitudine o restrizione mentale, talvolta amor proprio, si finisce col troppo estendere i con-fini della scienza professata, e contestare e restrin-gere quelli delle discipline affini.

Nello opere speciali, se non si lamenta il difetto d'investigazioni nelle scienze affini, si osserva quello più grave dell'assorbimento del proprio tema, di molta parte di quello delle altre ; le dicatomie, e più sicuramente le subordinazioni, vi sono ben frequenti. Vediamo infatti che, fino negli insegnamenti uf-ficiali superiori, oltre della differenza di scuole, di sistemi e talvolta di metodo, si lamenta la esorbi-tante prevalenza del programma di un professore su quello d'un altro ; si moltiplicano le scienze colla maggiore facilità; ciascun insegnante crede compro-messa la dignità del proprio ufficio se non allarga alquanto il compito suo, e non vi trova, come cosa propria, qualche parte delle scienze dei suoi colle-ghi, e se non si conforta almeno elevandosi ad espo-sitore di una scienza sui generis.

(6)

mag-L' ECON O M I S T A 7 novembre 1875 giore semplicità e competenza esaminerebbe il tema

e proverebbe col fatto come l'intimità delle relazioni delle parti fra loro permetta raccoglierle in un sol tutto quanto al principio e al fine, e quanto alle condizioni comuni. Per altro tutto ciò non impedi-rebbe a ciascun ramo di restare ben distinto dagli altri, ed essere pur sempre come teoria e come ap-plicazione, atto a raggiugnere il più alto grado di perfezionamento, di sviluppo, di effetto utile; nè im-pedirebbe che ciascun ramo segnasse un grado di progresso speciale: ma ciò non seguendo non do-vendo seguire a spese degli altri, questi se ne av-vantaggerebbero ancora, comechè potessero tuttavia inciampare in ostacoli più gravi, e non potessero fornire cbe un cammino comparativamente difficile e meno proficuo.

Noi non teniamo insomma che a costatare questo vero assai semplice: se la cultura staccata di qual-che ramo rende possibili le dissonanze nella vita pratica, quella che si estendesse in tutte le parti della cosa sociale, valendo se non altro a dare com-pleto il concetto dell'organismo e del movimento della convivenza potrà facilmente giovare quale medicina per i maggiori mali onde quella è cosi di sovente travagliata ; e diminuendo gli erramenti dei cultori o come cittadini o come pubblici funzionari, influirà molto sul miglioramento generale.

Infatti, quando l'indissolubile nesso tra varii inte-ressi e rapporti sociali non fosse più un'astratta teo-ria, una generalità, ma un inconcusso vero accessi-bile alla mente degli uomini di affari, e più di co-loro cbe son preposti al governo e alla condotta della cosa pubblica, quando fosse di tutta evidenza la realità del danno o dell'ingiustizia nelle pratiche immorali, o della disonestà e ingiuria, nelle pratiche ad altri nocive, o del danno e della malvagità nella ingiustizia ; quando, in ogni maniera d'interessi e di rapporti individuali domestici, sociali, privati, pub-blici. umanitari, divenisse evidente la sanzione sociale, non solo contro gli attentati a tutti i rami d'inte-ressi, ma anche contro quelli circoscritti ad un solo di questi, si sarebbe fatto un vero progresso nella vita civile.

Ma, se non è di pronta consecuzione il beneficio pratico, non sarà di piccolo compenso il beneficio scientifico. Nella giurisprudenza un trattato generale completo di scienza sociale sarebbe il programma di tutta la parte scientifica cbe va circoscritta, secondo me, all'economia, all'etica civile, al diritto teoretico, mentre tutt'altri insegnamenti speciali non sono che una diramazione di qualcuna di quelle scienze, od un'applicazione alla legislazione pratica storica o vi-gente. Se si volesse come preludio o chiusa, una esposizione sommaria di scienza sociale, lo si potrebbe senza danno attuare, chè non entrerebbe per la prima che la parte comune a tutte le scienze sociali, cioè

le teorie generali o fondamentali a tutte; e per la seconda la ricapitolazione del condotto lavoro anali-tico su tutte e tre le scienze precedute o no dalla introduzione.

Nell'insegnamento poi in generale e più nel pri-vato che, quanto alle scienze sociali, ha e deve avere grandissima importanza, la trattazione complessiva delle medesime faciliterebbe grandemente la missione dello scienziato, agevolerebbe la diffusione, e, col progresso della scienza, se ne accrescerebbe sempre il suo valore economico, e, a non molta distanza, se ne faciliterebbe e utilizzerebbe l'applicazione.

Y

Conclusione

10 penso non sia indegno del Congresso di vol-gere la sua attenzione al tema gravissimo della con-venienza della compilazione di un'opera complessiva sulle scienze sociali.

11 carattere altamente sintetico della scuola italiana vi si presta molto meglio di ogni altra scuola. Per altro, dovendo della materia sociale formarne 1' og-getto d'una scienza, fa d'uopo uscire dal vago .e dal troppo generico che perpetna gli errori e gli equi-voci, e dà luogo a immaginare scienze impossibili. Tralasciando quindi quelle troppo abusate parole di eguaglianza obbiettiva, di felicità fra gli uomini, e accontentandoci del reale, riconosciamo che una scienza, anzi un insieme di scienze vi ha, le quali si occupano dell' uomo rispetto alla sua vita e al suo progresso nel semplice ramo degl'interessi e dei rap-porti sociali ; quella scienza è del lene, come scopo avuto di mira, del male come oggetto da evitarsi al possibile.

Ma in quei termini siamo tuttavia sulle generali. Socialmente parlando la ricchezza o le cose godevoli sono mezzo di vita e di progresso e così 1' educa-zione, l'istrueduca-zione, la moralità ; così la giustizia, la sicurezza. E all'acquisto e alla diffusione dei beni eco-nomici, etici, giuridici fanno d'uopo tutte le condi-zioni di sviluppo che traggono origine dall' insieme degl'interessi sociali e da ciascuno in particolare, so-pratutto è indispensabile l'imparzialità e l'eguaglianza di diritto, la libertà contemperata dalla responsabilità. Oltre che interessi e condizioni vogliono il loro mao--giore sviluppo in ogni maniera di umane posizioni individuali, domestiche, municipali, provinciali, na-zionali, umanitarie. E allora soltanto vi sarà comu-nanza di mezzi coi fini, risultati efficaci di conser-vazione e perfezionamento.

Ma se le scienze dell'utile, dell' onesto e del giusto son tutte e le sole che propriamente trattano la ma-teria sociale, così la scienza sociale sarà soltanto in quelle.

(7)

L' ECONOMISTA 583

comprenda 1' esposizione delle accennate tre scienze sociali, le quali, nella parte comune e nella parte speciale, ne formeranno tutta la materia.

Ed è possibile sia compilata opera somigliante, e almeno in modo elementare, sia istituito uno studio complessivo in quelle tre scienze medesime, e col progresso loro non potrebbe non affrettarsi quello della convivenza. Io ripeto frattanto che: non vi ha una scienza sociale sui G E N E R I S , ma vi hanno

le scienze sociali.

Catania, 29 agosto 1875.

SALVATORE MAJORANA CALATABIANO.

Discorso pronunziato a Colopa dal coma. Minuetti

Ministro delle Finanze

Signori !

La cordialità colla quale vi piacque di accogliermi, torna sommamente grata al mio cuore, e ravviva i sentimenti di riconoscenza che già molte volte vi ho espresso. Mi par lieto e felice augurio il vedermi in-torno una corona di antichi amici che mi diedero ri-petute prove di fiducia. Mi par ottima la consuetu-dine di questi ritrovi, nei quali il deputato spiega ai suoi elettori i pensieri e i sentimenti dai quali è animato.

Nello scorso anno vi delineai in brevi tratti quali fossero i propositi e le idee del Governo, che ho l'onore di presiedere. Non essendo essi mutati nella sostanza, mi par oggi più opportuno di considerare amichevolmente insieme a voi la situazione presente, a qual punto pervenimmo, a che ne siamo. Nè sarà per avventura inutile riguardare la via percorsa per indurne quella che ci resta a percorrere, nel secondo periodo della nostra vita nazionale. Chiamo questo il secondo periodo, imperciocché il primo, quello che direi eroico della indipendenza, della unità e della libertà, si compiva colla fine del potere temporale del Pontefice e coli' acquisto di Roma capitale. (Ap-plausi.) Il periodo nel qual» oggi siamo è ii teso al-l'ordinamento interno, e più specialmente all'assetto delle finanza.

Singoiar cosa a ricordarsi. Due timori occupavano gli animi in Europa, quando incominciò il nostro ri-sorgimento. L' uno, che l'Italia potesse divenire un elemento di perturbazione continua in Europa ; l'altro, che, abbattendo il potere temporale del Papa, ne ri-manesse altresì scossa e prostrata nel mondo la libertà religiosa. Ma noi ci sforzavamo allora di far pene-trare negli animi le due opposte sentenze.

Imperocché eravamo convinti che se l'Italia divisa e straziata non lasciava neppure riposo alle altre na-zioni, unita e libera sarebbe stata invece un elemento di pace. Dicevamo altresì che la fine del potere tem-porale della Chiesa non avrebbe punto menomata la sua indipendenza, anzi forse avvalorato l'esercizio della potestà spirituale del Pontefice.

Or bene! Entrambi questi pericoli sono svaniti.

Che l'Italia sia un elemento di pace in Europa, lo avete udito ripetere testé dalla voce stessa dell' au-gusto Imperatore di Germania, in quel Convegno di Milano che ha stretto ognor più i vincoli di amicizia fra i due Sovrani e le due nazioni. E qual fatto più eloquente poteva rinfrancarne la fiducia, che la ve-nuta dell' Imperatore d'Austria a Venezia, in quella città dove la sua presenza era il più sincero e no-bile testimonio che alle secolari ire delle due nazioni sottentrava invece una pacifica comunanza di inte-ressi e di affetti ? (Applausi.)

Rallegriamoci insieme, o signori, che l'Italia in così breve tempo abbia potuto prendere in Europa un posto così importante ; sappiamo colla saviezza nostra (non disgiunta dalle buone armi) conservarlo e con-solidarlo ; e facciamo che la voce dell' Italia in tutte le grandi questioni suoni, e mantenimento della pace, e progresso della civiltà. (Acclamazione.)

Quanto al secondo timore, si direbbe quasi che ab-biamo oltrepassata la mira, se quella opinione pub-blica che, ci ammoniva cinque anni sono di proce-dere cauti e guardinghi verso il Papato, di rispetfare scrupolosamente le suscettività cattoliche, oggi par quasi temere che la perdita del potere temporale del Pontefice e le guarentigie date dall' Italia non tornino a maggior forza della Curia Romana e rendano più esorbitanti le pretese del Papato.

V'ha egli in questo nuovo timore qualche fonda-mento?

Io noi credo. Che Roma papale pretenda invadere il campo dei diritti dello Stato, non è cosa nuova, che gli Stati abbiano dovuto difendersi dalle sue esorbi-tanze e reagire contro il Papato, é provato dalla sto-ria di nove secoli. Ciò che oggi avviene si comprende benissimo, non è che la ripetizione di quanto videro i secoli scorsi. I concordati fra le due potestà non furono che una sosta nel conflitto, una transazione più o meno felice fra la Chiesa e lo Stato.

L'Italia ha creduto di tentare una via nuova ed ardita, ma che, secondo me, ha a favor suo grandi argomenti nell' epoca moderna, la separazione della Chiesa dallo Stato. La nostra politica, inspirata in questo concetto, ha potuto, per conseguenza, parere agli uni eccessivamente radicale, agli altri riguar-dosa e quasi timida, mentre non era nè l'una, nè l'altra. Certo essa ebbe questo vantaggio di non su-scitare passioni interne nè esterne e di mostrare al mondo la nostra sicurezza. (E vero)

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siano tali da non offendere i diritti suoi proprii. ( Viva adesione).

Comprendo che in questo sistema si possa temere con più ragione che il pontificato romano soverchi e schiacci ogni libertà nel seno della associazione cat-tolica, che le prerogative dell'episcopato, quelle del clero minore del laicato ne rimangano soffocate e spente se lo Stato non prende apertamente le loro difese. Codesto è un pericolo tanto maggiore quanto che la tendenza di tutto accentrare e di tutto prepo-tere si manifesta fortissima nella Chiesa romana da alcun tempo, e si è nell'ultimo Concilio più che mai affermata. (E vero)

Ma io credo che un azione diretta dello Stato in questa materia non riuscirebbe al fine se non in quanto lo Stato assumesse contemporaneamente la pro-tezione della Chiesa.

Il jus inspiciendi fu sempre il correlativo del jus protegendi. Son questi due aspetti dello stesso sistema ohe pur prevale nella massima parte delle nazioni europee, e che rende men facile ad esse di compren-dere l'indirizzo e l'andamento dell' Italia in questa materia. (Approvazione)

Adunque, dirà taluno, lo Stato non ha nulla a fare? Potrà la Curia romana soverchiare a suo arbitrio ? E sarà impossibile che la Chiesa ritorni quale la istitu-zione sua richiede? Imperocché la Chiesa, anche se-condo le più rigide forme canoniche, non è il Papato né l'Episcopato, né il clero, ma i fedeli tutti, e tutti hanno i loro diritti. (Bene)

Si, c'è qualche cosa da fare. Lo Stato può inge-rirsi anche in questa materia, ma indirettamente, e la sua efficacia presuppone nel laicato e nel clero minore vitalità, energia e perseveranza d'azione. (Sì) Tale è del resto la condizione di tutte le classi e di tutte le istituzioni in un regime libero che ognuno deve sostenere una lotta e guadagnare la palma della vittoria.

Ciò che può fare lo Stato è creare legislativa-mente le condizioni più opportune, aprire le vie al laicato cattolico e al clero minore di rivendicare il loro diritto. Di queste riforme lasciò un addentel-lato la legge delle guarentigie quando dispose che l'ordinamento e l'assetto della proprietà ecclesiastica sarebbero l'oggetto di un'altra legge.

Codesta legge noi la proporremo al Parlamento, fedeli alla promessa che abbiamo fatto, e, pur man-tenendo fermo l'indirizzo generale della politica ec-clesiastica seguito finora, ci sforzeremo di raggiun-gere quel fine e di sostituire alle armi oramai ar-rugginite dei placet e degli exequatur qualche argo-mento che possa diventare nello mani dei fedeli stessi l'egida della loro libertà. (Applausi calorosi)

Le grandi mutazioni lasciano dietro di sé, per qualche tempo una agitazione ed una inquietudine somigliante al mareggiare dopo la tempesta, ma poco a poco così il mare come la società posa e si ri-mette in calma.

E questa calma nelle nazioni vigorose non na-sconde una sosta e meno ancora un regresso, ma una attività regolare produttrice di ottimi frutti. Essa è conferma a quella grande legge che oggi mostra di

dominare nelle forze fisiche e che a me pare potersi dimostrare sperimentalmente nella società e nella sto-ria meglio ancora che nella natura, la legge della lenta e progressiva evoluzione.

10 spero di non ingannarmi, affermando che l'Ita-lia abbia preso un andamento interno più regolare, onde rinasca lo ardore dello studio, l'alacrità del la-voro, la cura del risparmio, e che la politica tenga quel posto che le compete, senza assorbire la vita di tutti coloro che pensano a spesso sfruttarne inutil-mente le doti. Me ne porgono argomento i congressi scientifici, i concorsi agrari, le mostre industriali, i viaggi di investigazioni e quel bisogno di istruzione che si ravviva negli uomini e nelle donne, e per so-disfare il quale comuni e provincie si affaticano ad aprire nuove scuole. Però guardiamo dallo illuderci. Un grande cammino abbiamo da percorrere ancora, prima di raggiungere le nazioni più civili. Il Governo non può creare questa operosità, può aiutarla anche direttamente colla istruzione ; e l'egregio mio collega che regge questa parte, come è uno dei più compe-tenti, così è uno dei più operosi nella materia.

Ma qui ancora i più efficaci mezzi che il Governo ha in sua mano sono indiretti, rimovendo gli osta-coli, tutelando le persone e le proprietà. E fra gli ostacoli più grandi pongo quelli che la natura stessa ci oppone, e che noi vinciamo con i grandi lavori pubblici.

11 Ministero ha avuto la fortuna di ottenere final-mente dal Parlamento la sanzione di un piano bene coordinato per la costruzione di strade nelle Provin-cie che più ne difettano, e non ha esitato a richie-dere le somme necessarie per renrichie-dere alcuni porti più accessibili e più sicuri. Nè solo propose leggi, ma condusse i lavori già votati con la maggior sol-lecitudine che per lui si poteva, cosicché dal 1° gen-naio 1872 al 30 giugno 1875 si sono spesi o diretta-mente o per sussidi in strade nazionali, provinciali e comunali oltre 41 milioni, 11 milioni nei porti e fari senza contare 172 milioni spesi nelle ferrovie e 52 milioni in opere idrauliche ordinarie e straordinarie. Quanto alla tutela delle persone e delle proprietà, noi abbiamo continuata l'opera già bene avviata dai nostri predecessori, e fummo lieti di vedere la pub-blica sicurezza in alcune Provincie interamente ri-composta, in altre migliorata. Vi parlai l'anno scorso di provvedimenti straordinarii di pubblica sicurezza che mi parevano necessarii, là dove il malandrinaggio più imperversava e le leggi ordinarie non bastavano al fine, e vi dissi che il Governo li avrebbe proposti. Li propose infatti e li vinse ; ma la discussione f u così concitata ed acre, quale si era vista di rado o non mai ! (E vero.)

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L' ECONOMISTA 585

conferma la regola. Imperocché il parlare di libertà, là dove un pugno di facinorosi impone e terrorizza gli uomini onesti di tutto un Comune o di un circon-dario, è una vera derisione. (Verissimo. Applausi.)

Più strano ancora fu che sul nostro progetto si vo-lesse gittare l'odiosità di un carattere regionale, seb-bene non si trattasse di tutte le Provincie della Si-cilia, nè di esse sole, e quasi potesse la Sicilia riguar-dare come offesa, ciò che tende a togliere da essa l'oseacolo principale allo svolgersi di quelle invidia-bili doti delle quali fu da natura si largamente dotata.

Io non so se il grande scalpore che si è menato di questa legge abbia potuto imprimere qualche timore nei malfattori (e se ciò fosse sarebbe grande ventura). So bene che l'attività grandissima spiegata dal Go-verno ha già prodotti buoni frutti. Però se un giorno la piaga del malandrinaggio dovesse rincrudire, il Governo non esiterebbe a valersi delle facoltà che il Parlamento gli ha dato, nella ferma persuasione che la tutela della pubblica sicurezza è il suo primo do-vere, e ciò che le popolazioni sopra tutto richiedono. (Sì, lì. Applausi.)

Un altro punto del programma che io vi svolsi l'anno scorso fu la riforma graduata e la semplifica-zione dell'amministrasemplifica-zione del sistema tributario.

Per parte mia, e in tutto ciò che dipende dal po-tere esecutivo, io vi attesi con ogni diligenza, e parmi con frutto.

Ma il Ministero, anche nella parte legislativa, non mancò al suo còmpito, ed importantissimi progetti di riforma stanno dinanzi al Parlamento.

La perequazione dell'imposta fondiaria, il dazio consumo, la riforma del Corpo delle guardie di finanza, le Scuole primarie, le secondarie, le normali, la cir-coscrizione amministrativa e la giudiziaria, la riforma del Pubblico Ministero, il Codice penale, ecco tante materie che la Camera ha esaminato in parte negli Ufficii, ma che ancora non furono portate in discus-sione.

Mi si dirà : Perchè il Ministero non ha fortemente insistito e rotto ogni indugio ? Io non intendo scu-sarmi col Regolamento della Camera, che pur ha que-sto difetto di lasciare alle Commissioni ed ai relatori troppa balia di un aggiornamento indefinito. Dirò piuttosto che non mi affrettai, perchè certe riforme vogliono essere studiate ed apprezzate non solo dalia Camera, ma anche fuori, e perchè siano veramente efficaci conviene che l'opinione pubblica ne sia pene-trata.

Soprattutto mi mosse la necessità di far precedere le cose più urgenti, come quelle della finanza. Ma non però si che non fossero votate le leggi che com-pirono la trasformazione del nostro ordinamento mi-litare.

Io sono lieto di aver resistito a quella tendenza che un momento si era manifestata in parecchi deputati, di trovare le economie desiderate al pareggio, nella diminuzione dell' esercito. Imperocché sono convinto che alle nazioni non bastano il senno e la virtù, se non sono accompagnati dalle buone armi. (E vero.) E mi rallegro di avere udito recentemente dalla voce di uomini competentissimi le lodi del contegno, della

disciplina, dell'istruzione del nostro esercito, tanto più care, quanto è maggiore l'affetto e l'orgoglio che in esso ripone l'intera nazione. (Applausi fragorosissimi e replicati. Grida di viva l'esercito)

Vengo ora alla finanza, che in questo momento è la parte culminante ; il pareggio è l'affare del giorno.

La situazione finanziaria è essa migliorata? Mi pare di poter francamente rispondere di si, e mi ba-sterebbe citarne due effetti, o, se volete cosi chia-marli, due sintomi. La rendita italiana è cresciuta di oltre 10 punti ; 1' aggio dell' oro è diminuito di 10 punti.

Ma giova entrare alquanto più addentro nell'esame della nostra situazione. E possiamo farlo con buona coscienza, perché l'andamento ognor più preciso del-l'amministrazione e l'applicazione della legge di con-tabilità ci assicurano che le nostre previsioni sono molto prossime al vero. I consuntivi rispondono ai preventivi, e siamo, anche pel tempo, in piena re-gola, perché io presenterò alla Camera, al suo primo riaprirsi, il conto consuntivo del 1874, il quale fu già esaminato e pareggiato dalla Corte dei conti. (Bene.) Codesta attendibilità delle nostre previsioni io la di-mostrai pel 1873, la riconfermai pel 1874 e la espe-rienza dei primi nove mesi di quest' anno mi confer-merebbe appunto le induzioni che nel marzo feci, ri-spetto al 1875.

Beninteso, fatta eccezione dalla spesa votata d'ur-genza, nell' ultima sua seduta, dalla Camera. Avve-gnaché, non avendo essa potuto discutere le conven-zioni ferroviarie, stimò però dover provvedere alla continuazione dei lavori nelle ferrovie calabro-sicule, e possibilmente evitare un disastro nella Società delle ferrovie romane, offerendo il cambio delle Obbliga-zioni in rendita italiana. Codesti furono provvedi-menti utili in vero, ma portavano sul bilancio delle spese un aumento, il primo nella somma di 15 mi-lioni, il secondo in una somma incerta ohe stimo presumere in 5 milioni. Per questi 20 milioni io feci le più ampie riserve dinanzi alla Camera ed al Se-nato, dichiarando di riguardarli come una anticipa-zione. Ad ogni modo non si potrebbe mai invocare questa maggiore spesa come un argomento contro le mie previsioni^

E poiché ho parlato di costruzioni ferroviarie, giova considerare che non si può ammettere come stabile norma che il Governo, facendosi costruttore di nuove linee ferroviarie, voglia trarre la somma occorrente dalle imposte e addossarne ai contribuenti la spesa capitale.

Codesto non fu mai praticato da nessuna nazione, nè il Belgio, nè la Germania, nè il Piemonte, nè l'Italia stessa, altro fecero in questi casi che ricor-rere al credito, aggravando il bilancio degli interessi di qualche somma. Codesta idea, del resto, fu molta volte affermata dal Parlamento, consenziente destra e sinistra, e la Camera anche nell' anno scorso ne fece oggetto di speciale ordine del giorno.

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586 7 novembre 1875

la differenza fra le spese straordinarie e le entrate straordinarie ; ora siccome lo presentai nel marzo, così ebbi cura di avvertire che vi si dovrebbero ag-giungere le nuove spese che il Parlamento avrebbe votato appresso, e che non poterono prima essere stanziate in bilancio. Queste spese furono principal-mente di due generi, per la guerra e pei lavori pub-blici, e salirono a 18 milioni. A ciò si aggiunse un nuovo aggravio al bilancio per i menomati proventi delle Strade ferrate nel primo semestre di quest'anno che ci serve di norma per l'avvenire. Di ciò varie sono le cause : Nel contratto colla Società dell'Alta Ilalia era stabilito che 10 anni dopo avrebbe luogo il pareggiamento delle tariffe dei viggiatori nella Lombardia e nell'Emilia con quelli del Piemonte. Il decennio scade in quest'anno; e non sempre a diminuzione di tariffe corrisponde, come alcuni cre-dono, aumento di redditi. L'apertura di nuove linee fa, in qualche guisa, concorrenza alle antiche, ripar-tendosi fra tutte il traffico, onde si vede che il Go-verno deve procedere cauto nelle concessioni.

La crisi bancaria che infieri in Europa e anche in alcune parti d'Italia fu causa onde il movimento ferroviario fu rallentato ; e infine vi è pure un' altra ragione della quale dobbiamo rallegrarci, cioè i buoni raccolti, perocché le scarzezze del 1872 e del 1873 aveano resa necessaria la chiamata di cereali non solo dall'Italia inferiore alla superiore, ma eziandio dal di fuori. Io spero che i materiali progressi del traffico compenseranno negli ali ni avvenire questo difetto, ma, per ora, dovendo fare le mie previsioni eolla maggior esattezza che si può, ho dovuto inscri-vere nel bilancio passivo per questo titolo sei milioni di più per titolo garanzie, e nel bilancio attivo un milione di meno nelle tasse delle merci a grande ed a piccola velocità.

Questo nuovo disavanzo di sette milioni fu come un'onda che mi risospinge la nave dal porto, e mi recò grande sconforto. Fortunatamente gli aumenti negli altri rami dell'entrata mi compensarono larga-mente di tale perdita. Comparate i proventi del Te-soro in quest'anno con quelli dell'anno precedente, e vedrete tutte le entrate in notabile aumento, sicché, prendendo il prodotto del 1875 come base alla previ-sione del 1876, potevano gli stanziamenti aumentarsi di 10 a 11 milioni. A ciò si aggiungano gli aumen-tati canoni di abbuonamento pel dazio consumo in 9 1[2 milioni, e l'effetto sperato dai provvedimenti votati dalla Camera 7 1[2 milioni pel registro e bollo e 5 milioni per obbligazioni demaniali destinate alle fortificazioni militari.

Il risultato di queste variazioni é il seguente, ohe il disavanzo di competenza previsto pel 1876 è di 16 milioni. (Sensazione. Benissimo !)

Certo queste cifre potranno esser corrette dalla Commissione del bilancio e dalla Camera nelle discus-sioni. Io stesso mi riservo di portarvi delle rettifica-zioni specialmente per le esperienze dei mesi succes-sivi, ed è a tal fine che al 15 marzo si propone il bilancio di previsione definitiva. Ma, per oggi, io debbo ragionarvi su questi dati.

Sarà utile che io li analizzi alquanto più

partita-mente. Il bilancio di competenza pel 1876 presenta questi dati :

Entrate ordinarie L. 1,237,000,000 Spese idem . . . » 1,228,000,000 compresi gli otto milioni di fondo

di riserva per le spese impreviste.

Con un civanzo di L. 9,000,000 Spese straordinarie L. 90,000,000 Entrate idem . . . . » 65,000,000 Con un disavanzo di L. 25,000,000 e perciò disavanzo finale di 16 milioni.

Lasciate ora che io vi offra questo conto sotto al-tra forma, che a me pare più razionale, poiché ben sapete che io proposi una nuova classificazione del bilancio, la quale dalla Commissione del bilancio ap-posita e dalla Camera ebbe approvazione.

Io distinguo il bilancio in tre classi. L a prima è di vere e proprie entrate e spese, sieno ordinarie, siano straordinarie. La seconda si riferisce al capi-tale patrimoniale e comprende la creazione di nuovi debiti o la estinzione degli antichi. La terza riguarda le partite di giro, che sono entrate a cui corrisponde una spesa identica, e perciò si riproducono tanto nel-l'attivo che nel passivo. Ora ecco i medesimi risul-tati sotto nuova forma.

Messe da parte le partite di giro che sono 131 mi-lioni tanto in attivo che in passivo ; le spese ordina-rie e straordinaordina-rie insieme unite e compreso il fondo riserva per le impreviste ammontano a L. 1,114,000,000 Le entrate ordinarie e straordinarie 1,108,000,000 Disavanzo L 6,000,000 L'estinzione dei debiti ed aumento di

capitali patrimoniali 73,000,000 La creazione di debiti nuovi e la

di-minuzione di capitale patrimoniale . . 63,000,000 Disavanzo L. 10,000,000 cioè i 16 milioni detti sopra.

Ora, tornando alla forma consueta del bilancio, ponete mente che noi abbiamo nelle spese straordi-narie 27 milioni per costruzioni ferroviarie. Adunque se il Parlamento, applicando il principio seguito da tutte le altre nazioni e da esso medesimo proclamato, vorrà provvedere al capitale occorrente a questa spesa inscrivendo nel bilancio soltanto gli interessi, voi vedete che il pareggio può essere ottenuto nel 1876 (Udite! Bravo!)

A questo intento sono fra gli altri indirizzate le Convenzioni ferroviarie, delle quali la maggioranza della Commissione parlamentare propone alla Camera l'approvazione, di che parlerò di nuovo fra breve, nè mi spaventa la iscrizione successiva degli interessi di codesti capitoli in bilancio, perchè fortunatamente scemano annualmente di altrettanto gli interessi ed i premii dei debiti che andiamo ammortizzando, come dimostrai in un allegato annesso alla proposta delle Convenzioni ferroviarie.

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L' ECONOMISTA 587

dal generale Garibaldi, e quella promessa dee mante-nersi. Però o signori sta davanti alla Camera un progetto di legge che riguarda la tariffa giudiziaria. Esso tenderebbe a sostituire ai pagamenti molteplici e non senza pericolo che si fanno oggi, tanto per diritto dell'erario, quanto per diritti di cancelleria, un sistema di carta bollata più semplice, che, to-gliendo inconvenienti lamentati, verrebbe anche a produrre un maggior provento allo Stato. Io credo pertanto che senza proporre aumenti di tasse, o tasse nuove, l'accettazione di questo progetto basterà a metterci in grado di sopperire alla spesa nuova pel Tevere, secondo la legge votata. (Bene!)

Ma si dirà che occorrono altre spese ancora : il mi-glioramento delle condizioni degli impiegati tante volte e tanto giustamente proposto, (E vere). E la-vori pubblici che hanno urgenza e dei quali non farò adesso la enumerazione.

Io ne convengo, nè a queste nuove spese credo debba contrapporsi soltanto l'aumento notevole delle entrate. Imperocché sarebbe contro la massima che io posi innanzi : a nuove spese entrate nuove; ed inoltre quell'aumento bisogna serbarlo per bilanciare le diminuzioni che per avventura ne verranuo o nei proventi dei beni demaniali o della vendita loro, o in altri titoli del nostro bilancio. Bensì parmi che vi si potrà contrapporre il provento che giustamente è sperabile dalle dogane per la rinnovazione dei trat-tati commerciali. Io ne parlerò di nuovo fra breve; ma sono sempre d'avviso che si possa da questo ce-spite ritrarre, se non immediatamente, in un tempo assai breve, fra 10 e 15 milioni di più.

Però, o signori, bisognerà esser molto ma molto avari nell'ammettere nuove spese. In ciò consento con alcuni nostri colleghi, i quali del rigor loro hanno ra-gione di compiacersi, perchè pone un salutare freno alle tendenze spendereccie, che pur troppo ad ogni istante vorrebbero sorgere.

Guai a noi se troppo confidenti ci mettessimo nella via di largheggiare nelle spese. I vantaggi ohe ab-biamo ottenuto andrebbero ben tosto dispersi. E quindi lasciatemi ripetere anche una volta quella sentenza che pronunziai innanzi a voi l'anno scorso : « A nuove spese nuove entrate. » (Appianai).

Qui mi si parano davanti gli alchimisti dei residui, i quali non sembrano aver compreso ancora che i re sidui passivi sono un debito nuovo, e non una spesa annuale. Certo i nostri residui attivi sono d'alquanto inferiori ai passivi, forse un 20 milioni, nè tutti gli attivi saranno esigìbili. Ma, posto ancora che 60 o 70 milioni di essi non potessero riscuotersi, come è verosimile, non mi pare che questo debito sia tale da allarmarci per l'avvenire della nostra finanza.

Alquanto più gravi sono gli altri debiti di Teso-reria che abbiamo, e che formano il debito fluttuante; come quello pei buoni del Tesoro; gravissimo poi di gran lunga sopra tutù quello della carta a corso for zoso. Io ho francamente affermato non potersi pen-sare alla estinzione di questa piaga, se non quando avremo non solo il pareggio, ma una eccedenza nelle entrate. Ma, finché quella piaga non sia tolta, finché è cosi grave il debito fluttuante, l'andamento del

Te-soro sarà difficile e non si potrà mai dire prospera la situazione della finanza italiana.

E che perciò? Forsechè ciò rende meno desidera-bile, meno necessario il pareggio? Tutto al contra-rio : anzi lo rende viemmaggiormente desiderabile, necessario ed urgente, come quello, senza del quale non si può fare, e, direi quasi, non si può pensare nessuna prosperità finanziaria.

Permettetemi, o signori, che io illustri il mio pen-siero con una similitudine, la quale in questa ricchis-sima valle, che dalle Alpi discende all'Adriatico, é pur troppo bene intesa. Quando il Po per sciogli-mento di nevi o per imperversare di pioggie conti-nue impetuoso rigonfia e rompe in qualche punto gli argini e dilaga nella sottoposta campagna, al dolore di questa grande sventura, tien dietro subito un pen-siero fisso che signoreggia tutti gli animi, ed è quello di chiudere al più presto la rotta. Governo, Provin-cie, Comuni, privati si affaticano tutti a quest'o-pera, perchè intanto la fiumana ogni giorno più dilaga le sue acque e ricopre i colti e rovescia le case dell'agricoltore. Se, mentre quest'opera ferve, altri si ponesse innanzi per dire che pure dopo chiusa la rotta non perciò le terre inondate daranno imme-diatamente i loro prodotti, che converrà lasciarle len-tamente scolare e poi togliere le sabbie e lavorarle profondamente e rigovernale: voi rispondereste che conviene prima di tutto arrestare la cagione conti-nua del male e chiudere quella bocca donde senza posa le acque devastatrici discendono. E quando sul filo elettrico spargasi la notizia che la rotta fu chiusa, un sentimento indicibile di conforto si diffonde nel cuore di tutti, perché se la fertilità del suolo non è da ciò solo ricondotta, si fa certo di poterla restau-r i , e in questa aspettativa gli uomini sentono restau- ri-nascere la fiducia ed il coraggio. Così, o signori, è del pareggio; esso non basta a creare la prosperità di un paese nè tampoco la floridezza di una situa-zione finanziaria. Ma è la condisitua-zione indispensabile, senza della quale né l'una né l'altra si potrebbero sperare giammai. (Applausi fragorosi e prolungati).

Si è detto da taluni che il pareggio, pure essendo cosa buona, non basta per sé a creare la grandezza di un popolo. E codesto è vero : nondimeno lasciando stare che le cattive finanze fanno la eattiva politica e aprono la porta alla rivoluzione, vogliate conside-rare, o signori, il lato morale di questa condotta del popolo italiano per raggiungere l'equilibrio nelle sue finanze. Non è egli uno spettacolo nobile e degno, quello di avere incontrato con rassegnazione tanti sacrifizii e di aver fatto tanti sforzi per tener fede agli impegni presi e salvare 1' onore del nostro ere-dito ? E in questo lungo tirocinio non si svolge qual-che virtù morale qual-che fruttifiqual-cherà di poi ? L' amore del lavoro, la sollecitudine del risparmio, furono sem-pre riputati argomenti di moralità; e se il pareggio non fa il progresso e la grandezza di un popolo, il fallimento ne fa la rovina e l'ignominia. (Applausi fragorosi.)

Mi resta a dirvi brevemente delle convenzioni fer-roviarie e dei trattati di commercio.

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spe-588 L' ECON OMISTA

ciali dei contratti che stanno dinanzi alla Camera, ma mi preme di trattare un punto che da taluni è combattuto, ed è il principio del riscatto delle ferro-vie ; imperocché questi reputano che allo Stato non convenga mai avere il possesso e 1' esercizio delle ferrovie, le quali essi riguardano come un'industria qualunque, e perciò amministrabile più economica-mente e più fruttuosaeconomica-mente da ogni altro che dal Governo. A questi si potrebbe rispondere che vera-mente all'industria delle ferrovie manca quel carat-tere ehe qualifica tutte le altre, voglio dire la possi-bilità della concorrenza generale, e che T esercizio ferroviario più che una intrapresa di speculazione, può riguardarsi come un servizio pubblico. Si può anche dire, con un ingegnoso scrittore inglese, che l'amministrazione delle grandi Società ha tutti i di-fetti medesimi che si imputano all' amministrazione governativa, e che l'interesse diretto, la vigilanza ed il sindacato degli azionisti non è molto più efficace di quella dei contribuenti e di quei che li rappresen-tano, nè la responsabilità dei direttori maggiore di quella del Governo.

Ma senza discutere ora la questione di principio, io dirò, col conte di Cavour, che in questa materia non vi è un sistema che abbia prevalenza assoluta rispetto agli altri, e che la preferenza dipende dalle contingenze di tempo e di luogo. Se vi fossero So-cietà ferroviarie ben fondate e floride, io non avrei obiezioni a lasciar loro il possesso e l'esercizio delle ferrovie. Ma quando una Società ha bisogno continuo dei sussidi e dei favori del Governo, perciò stesso il Governo deve esercitare sopra di essa una ispezione quotidiana e da eiò nascono continui attriti e con-flitti ; peggio ancora quando una Società corresse pe-ricolo di andare a picco e di trascinare nella sua rovina molti e gravi interessi, allora veramente mi pare il caso che P intervento del Governo sia giusti-ficato e che il riscatto meriti l'approvazione dei più puri e rigidi economisti. (Applausi.)

Ora anche una parola sui trattati commerciali. Io pensai lungamente se convenisse piuttosto fare una tariffa normale, di che mi fornivano esempio due grandi nazioni, l'Inghilterra, antesignana del libero scambio, l'America difenditrice accanita del sistema protezionista. Ma quando si consideri la condizione in cui si trovano quelle due potenti nazioni, e lo stato delle industrie loro e dei loro commerci, e perfino la postura loro topografica, e si paragoni quelle condi-sioni all' Italia, ai suoi prodotti, ai suoi mercati di esportazione e d'importazione colle potenze limitrofe, sarà agevole comprendere come ancora sia necessario regolare le nostre Dogane mediante Convenzioni in ternazionali. Se non che, una delle imprese più com-plicate e più difficili si è quella di negoziare un trat-tato di commercio. E evidente che ciascuno ponendosi dal punto di vista proprio, dell'ottenere il massimo e di concedere il minimo, sembra a prima giunta ehe sia impossibile lo intendersi ; ma da un dibattito franco e leale può sorgere l'accordo, quando entrambe le parti contraenti siano informate ad uno spirito di equità internazionale. Io ho coscienza che l'Italia porti codesto spirito nei suoi negoziati, ed ho tutta

la ragione di ripromettermi benevola corrispondenza dagli altri Governi.

Adunque i negoziati sono incominciati bene, e, non ostante le difficoltà insite alla materia, ho fiducia ehe potremo riuscire ad un accordo, e fin d'ora mi piace di esprimere qui il grato animo mio e dei miei col-leghi verso il nostro abile negoziatore.

Ho detto ehe la finanza può aspettarsi dai nuovi trattati un aumento nei proventi doganali; ma la questione non va esaminata solo dal lato fiscale, ma altresì dal lato economico, imperocché essi influiscono sull'andamento della produzione nazionale. Se i no-stri produttori reclamano e aspettano dal Governo che egli corregga gli errori trascorsi nei trattati pre-cedenti, e dimostrati dall'esperienza, che coordini me-glio e semplifichi la tariffa, ehe tenga anche conto delle imposte che li gravano in relazione alla libera concorrenza, essi hanno ragione, ed io spero che il Governo non defrauderà le loro speranze. Ma se in-vece si volesse che con dazii esagerati fossero create o svolte industrie che non sono naturali, il ehe è ve-ramente eiò che costituisce il protezionismo, io non esito a disingannarli. La voce dei consumatori , ehe è la totalità del paese, ha diritto di farsi sentire.

Già quest'accusa di protezionismo fu sussurrata sotto voce, e poi più apertamente messa innanzi con-tro noi. Ma io so e sento di poterla respingere, come la respinse nel Congresso di Torino il mio collega ministro dell' agricoltura , industria e commercio , e posso assicurarvi che il Governo italiano non abban-donerà le antiche tradizioni, ehe, ripigliate dal conte di Cavour, furono la gloria ed il bene del paese. (Applausi.)

Che se, come spero, mi riuscirà di presentare al Parlamento nuovi trattati di commercio, io li accom-pagnerò eziandio con altre riforme che possano inte-grarne in efficacia e renderli anche migliori all'inter-no. Cosi il dazio di statistica compenetrato nella ta-riffa dovrà scomparire. Le tare dovranno essere mo-derate e regolate, avvegnaché io riconosco la giustizia della querela che il commercio intero e quello di Ge-nova in ispecie muovono su questa materia.

Ed anche i diritti marittimi hanno bisegno d'essere emendati e corretti.

Finalmente quando sia accertata la probabilità del maggior introito nelle dogane, io vorrei adempiere ad un voto da lungo tempo nutrito nell'animo, che è la abolizione del dazio di importazione sui grani e di quello di esportazione sui vini. Sarà questo il prin-cipio di riforme ulteriori che il paese gradirebbe im-mediate, che la scienza suggerisce, ma ehe la condi-zione delle nostre finanze non ci permette per ora di attivare.

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ca-7 novembre 18ca-75 L' ECONOMISTA

paci al reggimento del'a cosa pubblica? Quando io veggo tanti giovani pieni di ingegno, di coltura e di patriottismo venire ad ingrossare le fila del partito al quale mi onoro di appartenere, sento infondersi in esso un nuovo alito di vita e ne vagheggio le sorti avvenire pel bene della patria. (Applausi).

Però mi corre l'obbligo di rendere omaggio all'e-gregio ed onorevole capo dell'Opposizione per le pa-role da lui recentemente pronunciate in una riunione elettorale, là dove egli diceva che i partiti hanno il dovere di assumere la responsabilità del Governo per far prevalere le loro idee ; ma che devono astenersi dall' essere impazienti e salire al potere soltanto a tamburo battente e colla bandiera spiegata ; non per sottigliezze nè per sorprese, ma vincendo nelle grandi e vitali questioni. In questa sentenza io convengo pienamente e credo che di tal modo si consolidino le istituzioni costituzionali e si diffonda l'onore ed il ri-spetto di esse nelle popolazioni.

Ed ora a conchiudere il mio discorso io rinnovo i sensi della mia gratitudine, e bevo alla prosperità di questo paese così gentile, cosi operoso, eosì patriot-tico, cosi devoto alla Monarchia ed alla libertà, così affezionato a quel Re al quale dobbiamo sopra tutti la nostra unità e la nostra indipendenza. (Triplici salve d'applausi).

LE VARIAZIONI AL BILANCIO DEL 1876

P u distribuito il volume delle variazioni al bilan-cio del 1876: riproduciamo il riassunto che ne fa l'Opinione.

Le variazioni sono parecchie e importanti ; alcune provengono dall'approvazione di leggi che autoriz-zano entrate o spese nuove ordinarie e straordinarie,

dopo ehe era stato presentato il bilancio del 1876; altre dall'esperienza degli ultimi mesi e dai risultati ottenuti nell'amministrazione del bilancio del 1875, che consentono di rettificare alcune previsioni.

Fermandoci alla competenza del 1876, per effetto delle proposte variazioni, il disavanzo che era valu-tato di lire 23,322,094 rimaue ridotto a lire 16,023,010 nel modo seguente :

Spese ordinarie L. 1,227,582,327 07 Straordinarie » 90,054,285 93 Somma L. 1,318,236,613 00 Entrate ordinarie . . . . L. 1,236,962,747 17 Straordinarie » 65,250,855 35 Somma L. 1,302,213,602 52 Confrontando le spese e le entrate si ha per la parte ordinaria un avanzo di lire 9,380,420 10, e per la parte straordinaria un disavanzo di lire 25,403,430 e 58 centesimi, donde un disavanzo finale, come so-pra, di lire 16,023,010 48.

Il punto notevole del bilancio modificato si ha in questo, che la parte ordinaria presenta un avanzo, mentre il progetto di bilancio del 17 marzo 1875 la-sciava un disavanzo di lire 5,332,316 76.

D'altro lato il bilancio straordinario che presentava un disavanzo di lire 17,989,777 94, dà ora un disa-vanzo, come abbiamo veduto, di lire 25,403,430 58. Le cause delle variazioni sono molte, nè tutte espri-mono UH aumento o diminuzione di entrata e di spesa reale; poiché alcune sono figurative e entrano nella categoria delle partite di giro.

Nell'aumento delle entrate figurano i proventi delle nuove leggi per tassa di registro, per l'estensione alla Sicilia del monopolio dei tabacchi, per le obbliga-zioni comuni delle strade ferrate romane, convertite in consolidato, per l'alienazione delle navi e le nuove obbligazioni demaniali. Tali proventi ascendono a 20 milioni e mezzo all'ineirca. Vengono poscia 10,700,000 lire di un aumento del dazio di consumo, 3 milioni di aumento del macinatoo, più di un milione per 1' 'aumento di tassa di ricchezza mobile riscuotibile mediante ruolo ed altre sorgenti di minor importanza. Per contro si sono dovute attenuare alcune previ-sioni come di circa un milione sulle entrate dei tele-grafi, di altrettanto sulla tassa pei trasporti delle strade ferrate, di mezzo milione sui prodotti de' ta-bacchi di cui fu aumentato il prezzo, oltre a L. 4,064,000 di altre diminuzioni provenienti da nuove leggi.

Il bilancio modificato per la competenza del 1876 resta perciò ripartito come segue :

Spesa

Finanze — Parte I. — Debito pubblico, guarenti-gie e dotazioni . . L. 732,492,138 29 Id. — Parte II. — Spese d'a

-ministrazione e privative 113,783,923 05 Id. — Parte IH. — Asse

ec-clesiastico 9,999,000 00 Id. — Parte IV. — Pondo di

riserva e per le spese

impreviste 8,000,000 00 L. 864,275,061 34 Grazia e giustizia . . . . L. 32,448,688 59 Affari esteri 5,412,780 00 Istruzione pubblica 21,134,409 76 Interno 61,819,938 00 Lavori pubblici 94,892,208 03 Guerra 190,809,350 24 Marina 37,248,899 08 Agricoltura e commercio . . . 10,095.277 96 L. 1,318,236,613 00 Entrata . 1,302,213,602 52 Disavanzo L. 16,023,010 48 Classificando le entrate e spese nelle tre categorie di effettive, di capitali, di partite di giro, si otten-gono i seguenti risultati :

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