L’ECONOMISTA
G A Z Z E T T A S E T T I M A N A L E
SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, F E R R O V IE , IN T E R E S S I P R IV A T I
Anno VI - Voi. X
Domenica 23 Febbraio 1879
N. 251
Sulla progettata fusione degli Uffici tecnici
G O V E R N A T IV I E P R O V IN C IA L IL’ on. Baccarini, mentre reggeva il dicastero dei Lavori Pubblici, con una circolare del dì 8 agosto dell’ anno decorso sottoponeva all’ esame delle rap presentanze provinciali il quesito se fosse conveniente fondere in un solo gli uffici del genio civile che in ciascun capoluogo funzionano adesso separatamente per il Governo e per la Provincia.
La questione può essere teoricamenie posta sotto due aspetti affatto differenti; può dimandarsi cioè se, ammessa la fusione in un solo di cotesti uffici tecnici, debba incorporarsi nel genio civile governa tivo quello provinciale, oppure se debba affidarsi a questo il disimpegno delle incombenze oggi spettanti al corpo del genio governativo, lasciando pure al Governo I’ alta direzione e sorveglianza sui lavori di suo interesse mediante ispettori compartimentali o in altro modo.
La opportunità dello studio di tal questione si pre senterà meglio quando sì tratterà di discutere il pro getto di legge pel riordinamento degli uffici tecnici governativi già compilato dall’ on. Baccarini e pre sentato alla Camera il 5 dicembre decorso. Però la Camera nel'e sue tornale del 14 e lo gennaio ora caduto, discutendosi il bilancio del Ministero dei La vori Pubblici per l’ anno 1870, si occupò senza r i solverla, di cotesta questione, della quale era pure fatto cenno nella relazione della commissione del bi lancio suindicato.
Il relatore del bilancio dei Lavori Pubblici, l’ono revole Alvisi, accennò al doppio concetto sotto cui poteva formularsi la questione sollevata dall’on. Bac carini ; però tanto nella sua relazione, quanto dinanzi alla Camera, si dimostrò favorevole a che venisse principalmente studiato il concetto di fondere in un solo ufficio tecnico provin ciale gli uffici tecnici che oggi separatamente funzionano per lo Stato, per la Provincia e per i Comuni, o che almeno nel proporre il quesito si lasciasse facoltà di studiarlo e risolverlo nel doppio aspetto da noi indicati di sopra. Espresse pure il suo intendimento che cotesta fusione dovesse farsi in specie per quei lavori che si compiono or dinariamente nella circoscrizione di una provincia, cioè per le strade, per le acque pubbliche e per i porti, lasciando pure al Governo la cura di provvedere con ufficiali tecnici proprii ai grandi lavori di inte resse assolutamente nazionale.
Però 1' on. Baccarini dichiarava che non avrebbe mai avuta la intenzione di porre la questione nel senso indicato dall’ on. Alvisi ; per lui la questione deve limitarsi a questo, se cioè convenga
incorpo-rare negli uffici governativi gli attuali uffici tecnici provinciali, giacché non saprebbe concepire l’ idea di abolire quelli governativi. Il Governo che spende annualmente tanti milioni in opere pubbliche affidate alla sua responsabilità non potrebbe mai, a detta sua, acconciarsi ad affidare la esecuzione di cotesti lavori ad uffieii da lui indipendenti.
La questione rimase sospesa, e la Camera di chiarò espressamente di volerla lasciare impregiu* dionta ; tanto più che a quel giorno delle 69 rap presentanze provinciali che si contano nel regno sole 50 avevano emesso il loro parere sul quesito proposto dalla circolare Baccarini, delle quali 7 in favore della proposta, e 25 in contrario.
Volendo ancor noi, per nostro debito di pubbli cisti, dire la nostra opinione in proposito a questa grave questione, premettiamo che non ci sembra .possa praticamente discutersi nel senso voluto dal- I’ on. Alvisi, qualunque sia il valore intrinseco del concetto da lui espresso. — Potrebbe farsi cotesto nel campo puramet ,e speculativo, ma nel campo pratico del nostro ordinamento amministrativo siamo tanto lontani dall’attuazione delle idee di decentra mento vagheggiate dall’ on. Alvisi, che sarebbe fol lìa il credere possibile che il Governo voglia renuti- ziare alla sua diretta ingerenza pei lavori pubblici e ■ privati del suo genio civile. Nelle cattedre si parla di decentramento, ma in pratica si accentra ogni giorno di più ; e perciò con le attuali tendenze governative, quando vediamo che il Governo si as sume il disimpegno di faccende d’ interesse pura- * mente locale, quali sarebbero la viabilità comunale e l’ istruzione elementare, crediamo una pretta uto pìa l’abolizione del genio governativo e cosa affatto inutile di discutere i vantaggi o i danni di cotesta impossibile riforma. — Perciò la questione nou può oggi praticamente ed utilmente studiarsi che sotto l’aspetto indicato dalla circolare Baccarini, ed è in cotesto senso che emettiamo il nostro parere.
Il concetto ministeriale di introdurre nell’organa mento amministrativo quelle semplificazioni che, senza turbarne la regolarità, valgano a procacciare ogni possibile speditezza ed economia, è certamente commendevole. Ma pur troppo avviene spesso in pratica che una riforma in cotesto senso, adottata con le migliori intenzioni del mondo, si risolve in una maggior confusione di servizii, in una spesa maggiore, ed in perdite enormi di tempo. — Tali sarebbero, a nostro credere, gli effetti pratici della riforma proposta per gli uffieii tecnici provinciali.
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ed i Comuni. — Ma se non deve porsi in discus sione 1’esistenza di cotesto ente, non può preten dersi che esso debba agire e provvedere ai servigi pubblici di sua competenza, ed in specie a quello massimo dei lavori pubblici, mediante organi non suoi e per mezzo di ufficiali dipendenti da altri. — Ognuno conosce quanto sia d’impaccio pel disbrigo di molti affari di competenza delle Deputazioni pro vinciali Io averne affidata la presidenza al Prefetto il quale spesso, nella sua duplice personalità dì Rappresentante del Governo e di presidente di un corpo elettivo, si trova costretto a litigare con se stesso, ed a censurare come Prefetto quello che ha fatto come presidente della deputazione provinciale. Contradizioni ed anomalie anebe maggiori sarebbero inevitabili ammesso che da un solo ufficio tecnico dovessero trattarsi gli affari dello Stato e della Pro vincia. — Lo Stalo e la Provincia sono due enti con scopi ed attribuzioni affatto separati e distinti. Il primo conosce degli interessi generad e comples sivi della nazione, la seconda di quelli speciali del proprio territorio entro il limite delle proprie com petenze. Il Governo delibera i suoi provvedimenti sempre in relazione allo Stato intiero, la provincia solo in relazione a se stessa o tutto a più in rela zione alle provincie finitime ed in consorzio con loro. Conseguentemente spesso avviene che gli interessi dello Stato non si trovino d’accordo con quelli speciali della Provincia, e le questioni fra i due enti specialmente in fatto di lavori stradali e di opere idrauliche, sono giornaliere. Come potrebbe uno stesso ufficio servire i due padroni eoa sodi- sfazione di entrambi ? — Certo è che se uno dovesse soccombere in cotesto conflitto di interessi, sarebbe sempre la Provincia che rimarrebbe al di sotto. Siccome il Governo prepondera per importanza alla Provincia, e siccome la nomina di cotesti ufficiali tecnici se la riterrebbe per se il Governo, così è che gli impiegati addetti al duplice servizio dei due enti risentirebbero gli effetti di tale disparità, e si considererebbero impiegati del primo non del se condo. Tutte le volte che le due amministrazioni abbisognassero di studii e lavori urgenti, la Pro vincia vedrebbe i proprii interessi posposti e consi derati come un accessorio dell'incombenze di uffi cio ; e gli impiegati tecnici nei conflitti fra lo Stato e la Provincia, per quanto si studiassero di agire con scrupolosa imparzialità, non potrebbero difen dersi dal timore di contradire agli interessi del l’ente più autorevole.
Nè varrebbe l’ obiezione che per gli affari pro vinciali potrebbe costituirsi una sezione speciale del Genio civile governativo, perchè, mentre da un lato con cotesta misura verrebbe a riprodursi sotto altra forma' l’ ufficio speciale provinciale che vorrebbe sop primersi, l’ ingerenza governativa che domina l’intero ufficio dominerebbe anche cotesta sezione speciale la quale sarebbe sempre soggetta direttamente alle auto rità governative o non a quelle provinciali.
Nè la economia che potrebbe sperarsi dalla pro gettata fusione potrebbe essere nel fatto così vistosa da giustificare gli inconvenienti che abbiamo dimo strati inseparabili da lei. Il personale attuale degli ufficii tecnici provinciali e governativi, o è esube rante al bisogno, o nò ; nel primo caso si possono ottenere le desiderate economie anche senza la pro gettata lusione, riducendo cioè il personale; nel se condo caso, se la massa dei lavori cui devesi prov
vedere rimane la stessa, il numero degli ingegneri, sieno provinciali o governativi, non potrà diminuirsi, e la spesa rimarrà la stessa, o venga a caricarsi il bilancio dello Stato o quello della Provincia. Nè può parlarsi di quella lievissima economia che può de rivare per la riunione in un solo locale dei due ufficii nello stesso capoluogo di provincia, giacché chi è pratico di coteste faccende ben sa che la spesa di ampliamento degli ufficii governativi, che sarebbe inevitabile attuandosi la fusione, non sarebbe com pensata dall’ utile che potrebbe ritrarsi dai locali degli ufficii provinciali lasciati deserti dagli impie gati tecnici.
Crediamo poi che a nessuno verrebbe in mente di giustificare la progettata riforma col pretesto di semplificare d pubblico servigio. Disgraziatamente è troppo notoria in Italia la lungaggine delle pratiche che accompagnano ogni più -minuta operazione del genio civile governativo. Non è certo per difetto degli egregi funzionari; de’ quali esso si compone, ma tale è il congegno della sua amministrazione che un restauro il più semplice, i lavori più modesti richièdono una complicanza di carte, di lettere, di documenti, di visite tale da scoraggiare chiunque. È un fatto che quando in un lavoro qualunque per disposizione di legge deve entrarci il genio civile, ciò si riguarda come una vera disgrazia, non essen doci più verso di vedere I’ affare concluso presto e con poca spesa. Oggi, ad ogni piccolo bisogno, l’uffi cio provinciale provvede immediatamente ad una semplice richiesta, anche verbale, del Presidente della Deputazione, o del Deputato incaricato della sezione dei lavori, e in molli casi procede anche di propria iniziativa ; fate che la Provincia deliba ser virsi degli impiegati governativi e vedrete che, anche per mettere un chiodo, occorreranno tai te formalità e tante carte da complicare immensamente il lavoro.
Basta poi consultare un po’ le statistiche stesse governative per convincersi qual differenza si abbia fra il costo complessivo dei lavori affidati al genio civile governativo e di quelli affidali al genio pro vinciale. Diremo solo come la manutenzione delle strade affidate al genio civile costi una spesa annua chilometrica di 096 lire, mentre per quelle provin ciali non supera le 300 lire in media.
Del resto noi non disconosciamo le buone inten zioni dell’ on. Baccarini, e più facciamo plauso a lui per aver preventivamente interpellate le rappresen tanze degli ènti interessati a proposito del provve dimento progettato. Coteste rappresentanze sono, più (die qualunque altra Autorità o pe-’sona, in grado di distinguere ciò che può esservi di vero nella loro apparente bontà. I rappresentanti della provincia che sono person límente interessati alla buona riuscita dei lavori intrapresi per conto suo, alla buona manu tenzione delle sue strade, ed alle economie da in trodursi nel suo bilancio, sono i soli competenti a risolvere la questione. Basta che il Governo ne ascolti il parere per essere sicuro di non errare nelle proposte che sarà per presentare al Parlamento sulla grave questione degli ufficii tecnici.
La Politica del e Rappresaglie doganali
23 febbraio 1879 L ’ E C O N O M I S T A 115 la patria del libero scambio che ha visto estendere
la propria potenza e moltiplicare le proprie ricchezze dalla larga e sincera applicazione di quella feconda dottrina, una parte della popolazione, colpita dalle presenti sofferenze delle industrie e dei commerci ed allarmata dall’ onda di protezionismo che vede sorgere intorno a se in quasi tutti gli Stati di Europa, si agita vivamente commossa, e, dimentica dei pas sati benefici, va chiedendo al governo di non lasciare esposti i mercati interni all’ invasione delle industrie straniere, mentre si elevano le barriere contro lo espandersi delle industrie nazionali. È ad un soffio di protezionismo che anco in quel paese piegatisi gli animi di alcuni industriali aventi buon numero di seguaci nelle classe operaie, protezionismo larvato sotto la forma di domande di reciprocità apparen temente legittime o di consigli di rappresaglia ten denti a combattere la politica doganale deile altre nazioni. L ’ industria che fu prima a manifestare con insistenza questi propositi di reazione sulla via eco nomica in cui da oltre tre:.t’ anni l’ Inghilterra si è posta, fu la raffineria degli zuccheri danneggiata da gli alti premi che molti Stati di Europa concedono all’ esportazione dei prodotti di questa industria, sia palesemente sia mediante il sistema dei dram backs, della restituzione cioè sui prodotti esportali dei dazi d’ importazione pagati dalle materie prime. È facile anco.con questo sistema somministrare alle esporta zioni incoraggiamento fortissimo poiché ognuno com prende che se a fornire una determinata quantità di prodotto raffinato si calcola necessaria u ¡a quantità di materia greggia due o tre volte maggiore di quella che realmente abbisogna, questo prodotto riscuoterà all’ uscita il rimborso di una tassa due o tre volte maggiore di quella pagata.
Con questo mezzo usato dalla Francia, come col mezzo di larghi premi all’ esportazione usato dal— I’ Austria, dall’ Olanda, dalla Russia e da altri Stati di Europa, i raffinatori di zucchero inglesi dicono ed a ragione che viene alterato il giuoco naturale della libera concorrenza e che ogni lotta si rende ad essi impossibile anco sui mercati della stessa Inghilterra la quale da tanto tempo ha ri nunziato ai dazi d’ importazione sullo zucchero e lascia indifese da tali manovre le proprie frontiere. Ma è egli compito dello Stato di ristabilire nel suo piede normale il movimento della libera concor renza ? Qui è la grande questione. Gli uomini di Stato inglesi a cui i raffinatori si sono ripetutamente rivolti sostengono di no ed infatti il seguire un in dirizzo contrario equivarrebbe ad abbandonare la politica ornai tradizionale dell’ Inghilterra, secondo la quale le dogane hanno puramente uno scopo fi scale e debbono rigorosamente astenersi da ogui proposito tendente a modificare artificialmente la corrente degli scambi. Se il governo potesse in qualsiasi circostanza dimenticare questa massima, il lubrico pendio del protezionismo sarebbe ben pre sto disceso ; dal dazio di difesa invocato dai raffi natori inglesi ai dazi compensatori spesso invocati dagli industriali per correggere le sperequazioni fra le imposte pagate dai produttori nazionali e quelle meno gravose dei produttori esteri non v’ è che un passo, e fra i dazi di compensazione ed il più ar bitrario protezionismo la differenza rimane poi ben lieve.
L ’ agitazione promossa dai raffinatori di zucchero non è rimasta isolata e priva di eco ma è stata il
fomite di un movimento molto vivo anco fra altre classi di industriali. Nelle industrie del cotone e del ferro le due più splendide gemme dei a corona eco nomica dell’ Inghilterra un movimento molto vivo si è accentuato in favore di una politica commer ciale la quale, mediante la minaccia di rappresaglie oppure con lo infliggere alle merci importate da 1— 1’ estero dazi proporzionali a quelli con cui le esportazioni inglesi sono accolte nei paesi di prove nienza, preservi I’ industria dell’ Inghi'terra dalla jattura che la politica dei protezionisti all’ estero può cagionarle. In appoggio di siffatto espediente si allega che gl’ insegnamenti di Adamo Smith non sono ad esso contrari e a dimostrazione di ciò si cita quel passo in cui il famoso Atto di navigazione di Croinvell è da lui giudicato « non come esem pio di sapienza economica, ma come mezzo di di fesa politica e (poiché la preservazione è più im portante dell’ opulenza), la più saggia forse delle leggi commerciali dell’ Inghilterra »; e si ripetono quelle altre parole con cui il grande scozzese parla della politica di rappresaglia.
< « li caso, dice Smith in cui può talvolta esservi argomento a deliberare fino a qual punto possa es sere conveniente di continuare la libera importazione di certe merci straniere si presenta allorquando qualche nazione estera restringa presso di se con alti dazi o con proibizioni l’entrata delle nostre ma nifatture sul suo territorio.... Può esser buona po litica una rappresaglia di questo genere quando vi sia probabilità che essa possa condurre alla revoca degli alti dazi o delle proibizioni di cui si muove lamento.... » Lo Smith prosegue osservando che la riconquista del mercato straniero varrà di largo compenso ai sacrifizi imposti alla popolazione me diante il rincaro temporaneo di alcune merci, ma soggiunge che l’opportunità di tal politica non può ( essere giudicata dal legislatore, che deve procedere I con la scorta dei principi della scienza, sibbene dall’ uomo di Stato, che è costretto a barcamenarsi fra le esigenze delle contingenze più varie.
Dobbiamo alla gentilezza di uno dei personaggi più distìnti e dei più benemeriti campioni del libero ; scambio in Inghilterra di averci fatto note le consi
derazioni con cui un uomo di Stato inglese ed eco nomista eminente combatteva testé le deduzioni che ! i raffinatori di zucchero e i fautori della politica di rappresaglia traggono dal libro intorno alla Ricchezza ! delle Nazioni. E queste considerazioni noi le rife-
i
riamo quasi testualmente perchè servono a gettare uua assai nitida luce sulla questione e sul concetto di Adamo Smith.« Si comprende, egli dice, che i propugnatori di una politica di rappresaglia facciano quanto possono per trar vantaggio da isolati passi di Adamo Smith che a prima giunta sembrano attestare in favore delle loro dottrine, ma ciò che, non riesco a com prendere, si è come vi sia chi possa chiamarsi li bero scambista e che ritenga giustamente applicabili al caso attuale dei raffinatori di zucchero quei passi tolti dalla « Ricchezza delle Nazioni. » Dal punto di vista di un uomo che è in generale convinto ; della verità della dottrina del libero scambio le pa
416 L’ E C O N O M I S T A 23 febbraio 1879 problematico .a questo sistema, da lasciare la que
stione per ciò che concerne Adamo Smith pratica- mente affatto insoluta. Egli infatti comincia con dire — « Il recupero di un grande mercato forestiero po trà generalmente più che compensare il pregiudizio transitorio di pagare a più caro prezzo per breve tempo alcune qualità di merci » — e soggiunge — che « il giudicare se con tali rappresaglie vi è pro babilità di conseguire questo effetto non si appar tiene forse tanto al legislatore, i cui giudizj devono essere informati alla guida di principi generali, quanto affabilità di queirinsidioso ed astuto animale volgarmente chiamato uomo politico o uomo di Stato, i cui consigli sono diretti dalle momentanee emer genze degli affari. — »
« Orbene ron equivale ciò a dire che fintantoché si suol tener d’ occhio ai principi generali le rappresa glie non possono essere ammesse, ma che può darsi il caso in cui con uno scopo temporaneo e speciale una deviazione da tali principi generali si renda per messa ad un uomo di Stato incaricato della pratica condotta degli affari? Ad una affermazione di tal sorta 10 non veggo motivo per fare obbiezione. Al contrario io potrei pienamente associamovi ; ma è precisamente come pratico uomo di Stato che esiterei ad appog giare i reclami dei raffinatori di zucchero e mi tro verei in ciò interamente d’accordo con I’ autorità di Ad. Smith. In primo luogo per tentare una tale espe rienza bisogna essere completamente sicuri del fatto suo. Yi è un gran divario fra ciò che affermano i raffinatori di zucchero, e ciò che adduce il governo francese (almeno fino a poco tempo fa) intorno al l’ammontare del benefizio concesso all’esportazione dalla Francia ed intorro all’ estensione dello svantaggio che possono per questa causa risentire i nostri raffina tori. Secondo il giudizio di persone competenti altre cagioni d’ indole puramente naturale hanno contribuito grandemente alla inferiorità degli industriali inglesi di ironie ai francesi su questo campo. Io non posso esprimere a questo proposito nessuna opinione mia individuale, ma mi occorre qualchecosa di più che delle affermazioni unilaterali, e quindi troppo pregiu dicate, per potervi fondar sopra una politica nuova e molto dubbia. In secondo luogo la Francia non è 11 solo paese che abbia il sistema di sovvenire i pro pri raffinatori e ciò che noi facessimo contro un paese dovremmo farlo anco contro tutti gli altri. Ciò richie derebbe una serie di calcoli delicatissimi e di dazi differenziali che verrebbero immancabilmente meno al loro scopo e la grossolana giustizia, che solo sa rebbe possibile di ottenere, finirebbe col creare la protezione, invece di un compenso per gl’industriali inglesi. A nessun governo può lasciarsi con fiducia la cura di stabilire un assetto di questo genere. An corché onesto esso deve dipendere per le sue azioni principalmente da sorgenti d’infor nazioue interessate ed ognuno conosce come gli affari di tal natura vanno a finire. Finalmente anco se queste difficoltà fossero superate non vi ha mestieri di grande abilità poli tica, dopo l’ esperienza fatta in quest’ ultimo secolo, esperienza che Ad. Smith non possedeva, per essere convinti all’evidenza che i futuri compensi all’indu stria nazionale, al cui intento soltanto Ad. Smith ri teneva ammissibili le rappresaglie, non sarebbero con seguiti mediante cosiffatta politica commerciale.
« La mia persuasione è che, se l’ Inghilterra si decidesse ad avventurarsi in una via così reazionaria ed inalzasse la sua bandiera in una guerra di ta
riffe, la generazione presente non giungerebbe a veder colmato il danno e la confusione che no derivereb bero ed il ricupero di qualche grande mercato stra niero non sarebbe punto assicurato dallo scompiglio e dalla contrazione dei nostri mercati interni. »
« Io credo che intorno al secondo ben noto passo di Ad. Smith in cui questi parla della sapienza del- I’ atto di navigazione nuli’ altro possa dirsi se non che esso offre una prova del modo in cui anco la mente dei più grandi uomini è fuorviata dagli errori del loro tempo. Queste infelici parole di Adamo Smith sono state 1’ arme principale degli oratori e degli scrittori protezionisti al tempo della riforma del nostro sistema commerciale ed hanno fatto buona guardia alla causa del monopolio. Adesso ci troviamo in tal situazione dopo trent’ anni di trionfante espe rienza <'ei benefizi di quella riforma da poter vedere la trasparente fallacia del ragionamento di Sm ith; ma anco su questo punto il suo errore consiste nello aver supposto che la potenza di una nazione in or dine alla propria difesa possa essere indebolita da una politica che ne accresca 1’ opulenza e che le suo risorse marittime possano essere diminuite dalla più libera estensione dei suoi traffici. »
Il Questionario della Commissione d’Inciiiesta
sull’ esercizio delle Ferrovie italiane
L’ accoglienza fatta dal Parlamento e dalla pub blica opinione ai famosi progetti Minghetti-Spaventa sul riscatto e sull’ esercizio delle ferrovie, e la vo tazione dell’ articolo i della legge 29 giugno 1876, se non escludevano assolutamente la opportunità d’ un inchiesta prossima in fatto di strade ferrate, è innegabile però che fin d’allora ne circoscrivevano distintamente l’oggetto. A meno di non volere rimet tere tutto in questione, e prima che un qualche fatto rilevante vi avesse dato motivo, un' inchiesta come questa, se c’ era il bisogno di farla, avrebbe dovuto aggirarsi unicamente intorno ai metodi e alle condi zioni da preferirsi per la concessione delle ferrovie all’industria privata.
Perchè se con la legge 29 giugno fu approvata la convenzione di Basilea, con l’atto addizionale 17 giugno 1876 si stabilì però che le linee riscattate fossero provvisoriamente esercitate dalla Società del l’ Alta Italia ; che il Governo avesse anche facoltà di fjr cessare questo esercizio provvisorio con una disdetta data sei mesi prima, e infine con l’ Articolo 4 della legge si prescrisse al medesimo di presen tare entro l’anno 1877 un progetto di legge perla concessione dell'esercizio delle ferrovie all’ industria privata. Con questo articolo adunque il Parlamento e il Governo, solennemente e in omaggio ai prin- eipii economici c alle condizioni speciali del no stro paese, risolvettero la questione fra i due siste mi d’esercizio, il governativo e il privato.
25 febbraio 1879 L ’ E C O N O M I S T A 117 dell’eserciiio governativo e dell’ingerenza esagerata
dello Stato, per ritentare la prova perduta poco prima, non potevano suggerire un mezzo migliore dell’inchiesta proposta ed ordinata con la legge 8 luglio 1878.
Certo in questo genere di cambiamenti non ci gua dagna punto il carattere politico d’ un paese, e tanto meno quello di un partito: ed aggiungiamo gl'inte ressi della nazione sospesi in questione cosi grave. Ma ormai le censure sarebbero inutili: l ’ inchiesta è già avviala, e per l’ articolo 1° di questa legge essa deve riconoscere in quale misura i sistem i d i eserci
zio d i fe rro v ie fin ora seguiti e le condizioni, i eri
temi, i calcoli su cui si fondano le convenzioni fi nora stipulate, rispondano all'interesse dello fatato ; ed inoltre quali sieno i metodi da preferirsi per le ! concessioni dell’ esercizio medesimo alla industria privata.
La Commissione d’ inchiesta, relatore l’on. Cenala, per adempiere nel miglior modo possibile al suo man dalo, ha creduto dover suo interrogare l’opinione pub blica e sentire sopra tutto il giudizio delle persone competenti ; ed ha perciò formulato in apposito Que-
J
stion ario a stampa (Firenze, tipografia dell’Arte della
Stampa, 1878) una serie di domande intorno alle principali parti della materia ferroviaria. E siccome chiede intorno ad esse adeguate risposte, cosi repu tiamo opportuno di presentare un cenno su questo Questionario.
Premettiamo che chiunque lo voglia, può rispon dere ad una o più domande, in iscritto od a voce; e che le risposte verranno pubblicate in sunto o per esteso negli Atti della Commissione d’ inchiesta.
Al questionario generale fa seguito uno speciale e separato questionario militare riflettente i principali problemi da risolversi pel trasporto del personale e del materiale militare e per tutti i servizi nel corso di una guerra.
Il questionario generale comprende in 158 do mande tutti i fatti e tutte le questioni principali sulla materia e sull’ esercizio delle ferrovie nei diversi aspetti economico, amministrativo, finanziario, com ■ merciale e tecnico, come apparisce dagli undici ca pitoli nei quali è diviso: 1. Ordinam ento delle So
cietà che esercitano le ferro v ie italian e : 2. Or dinam ento dell’ esercizio delle ferrov ie, A m m ini strazion e : 5. M ateriale fisso e mobile, C om bustibile: '
4. T rasp orto delle m erci e d ei v ia g g ia to ri : a Spese
d i esercizio e d i m anutenzione : 6. T a r iffe : 7. I n gerenza governativa : 8. F errov ie d ello Stato e s e r c i a t e dalle Società p riv ate : 9. F err o v ie dello Stato esercitate dallo Stato : 10. E sa m e delle proposte presentate d a i m inistri Spaventa e D epretis p e r il riord in am en to delle ferro v ie italian e : 11. D om ande generali, che riguardano in sostanza la soluzione mi
gliore del problema ferroviario in Italia, date le presenti condizioni delle strade ferrate, delle Società che le posseggono e le esercitai o, del a finanza dello stato, della forma di Governo, dell’ andamento delle pubbliche amministrazioni.
Ed ecco le principali domande, o per lo meno quelle da noi ritenute per tali, contenute in questi varii capitoli. Noi ci limitiamo a queste sole per non estenderci in soverchia lunghezza.
Nel primo capo intorno all’ ordinamento delle socie tà che esercitano le ferrovie italiane, la Commissione ha distinto opportunamente i fatti riflettenti la base economica delie società da quelli riflettenti l’ammi
nistrazione' delle medesime. Nella prima parte la Commissione domanda in qual modo fu formato il capitale di ciascuua società; in quale misura i c a pitali stranieri hanno contribuito a creare la rete e l’impianto del servizio delle strade ferrate italiane; i qual’è il rapporto fra il capitale della società e gli I obblighi da essa assunti e quale influenza ha avuto sulle condizioni economiche della società; se le ga ranzie e le sovvenzioni alle medesime furono deter minate in modo rispondente o non rispondente allo scopo, e qual’è l’ammontare annuale e complessivo delle sovvenzioni e garanzie pagate dallo Stato alle società dell’Alta Italia, delle Romane, delle Meri dionali, delle Sarde ecc.; se l’essere le Società eser centi anche società di costruzione ha nociuto oppur no alla loro solidità; ed infine quale influenza hanno esercitato sui loro bilanci le imposte e il corso for zato. Nella seconda parte la Commissione interroga sulla composizione e sulle attribuzioni e responsa bilità dei consigli d’amministrazione delle società, e se corrispondano allo scopo; sui bilanci sociali e loro forme e quale sia il criterio in essi seguito per di stinguere le spese di esercizio da quelle imputabili al capitale riguardo alle linee già aperte; sul sin dacato dei bilanci, sulle assemblee degli azionisti e sull’ordinamento del contenzioso nelle società.
Nel secondo capitolo s’ apre 1’ argomento impor tantissimo dell’ esercizio delle ferrovie. Si domanda in primo luogo se la direzione generale e la dire zione di esercizio rispondano o no al loro scopo ; quali miglioramenti si possono recare all’ organizza zione e attribuzioni del servizio del materiale, del servizio della trazione, del servizio della manuten zione, del servizio del traffico, del servizio del mo vimento e del servizio commerciale, di quello tele grafico e di quello dell’ economato ; come sono fra loro raggruppati questi servizi e come coordinati ; qual’ è 1’ ordinamento della contabilità generale e della contabilità speciale dei medesimi. Si domanda se i quadri del personale sono sufficienti od esube ranti o deficienti ai bisogni di ciascun servizio ; con quali norme si fanno dalle società gli acquisti del materiale fisso e mobile e delle materie di consumo; con quali norme si vende il materiale fuori di uso, con quali si appaltano le opere; se per fare le prov viste, le vendite e appalti sono preferibili gl’ incanti o le trattative private, o quando i primi e quando le seconde.
Il terzo capitolo si occupa del materiale fisso e mobile e del combustibile. Quali osservazioTii si fanno intorno alle qualità ed alle condizioni del materiale fisso nell’ interesse del commercio e della sicurezza, e quali intorno alle qualità e condizioni di quello mobile? qual è il materiale fisso e mobile che si fabbrica in Italia? quali sono le officine di costru zione e di grande e piccola riparazione del materiale? Possono sostenere la concorrenza estera? quali com bustibili si adoperano nelle varie reti, e in quale misura il combustibile nazionale e con quale r e sultato ?
118 L’ E C O N O M I S T A 23 febbraio 1879 le clausule delle concessioni, e come funzionò il
sistema della scala mobile: quali osservazioni si pos sono fare circa il modo, il tempo, le condizioni ri chieste per la consegna e la riconsegna della merce, per la spedizione, per l’ accertamento delle avarìe, per l’indennità in caso di ritardo ecc. ; 1' influenza del cambiamento di rete sul trasporto delle merci; se sia bene ordinato il servizio cumulativo tra le varie società italiane ferroviarie, non che fra esse o le società ferroviarie straniere; se convenga ammet tere le ferrovie secondarie e quelle a, sezione ridotta in servizio cumulativo con le reti principali : natura e importanza dei trasporti delle merci per le prò- viucie del nord e del sud d’ Italia, non che fra i piincipali luoghi di produzione e di consumo e i diversi porti principali; quale influenza ha sul com mercio di transito italiano ed in ¡specie su quello dei porti di Venezia e di Genova il modo con cui sono esercitate le linee straniere corrispondenti e concorrenti; come sono ordinati i servizi! a domi cilio, come dovrebbe essere ordinata la materia dei Tranvways nei suoi rapporti col servizio delle fer rovie ordinarie.
I capitoli quinto e sesto contemplano le spese di eser cizio e di manutenzione e l’argomento importantissimo delle tariffe. La Commissione domanda: quali osserva zioni si fanno circa le vigenti tariffe generali pel tra sporto dei viaggiatori e delie merci? Quali osservazioni si fanno circa le tariffe in servizio cumulativo, le tariffe differenziali, le tariffe speciali di transito, di concorren za, di ritorno, di esportazione, d’ importazione sotto speciali condizioni? Quali osservazioni si fanno in torno alle tasse di carico e scarico, al diritto di sosta e al diritto fisso? Quali sono i giusti criterii per determinare e classificare le tariffe? Nel fissare le tariffe, qual riguardo devesi avere alla concor renza, che fanno alle ferrovie gli altri mezzi di trasporto terrestri o marittimi ? È opportuno appli care per tutte le reti una tariffa unica, ovvero ò maglio stabilire tariffe differenti per le differenti reti ? Credesi utile che le società esercenti abbiano maggiore libertà nel maneggio delle tariffe, dentro certi limiti da stabilirsi nelle convenzioni ?
Intorno afe ferrovie dello Stato esercitate dalle Società private (come ad esempio le Galabro-Sicole) lo Commissione d’inchiesta desidera di essere infor mata sui resultati dati dal sistema dell’esercizio sia in rapporto agli interessi economici e commerciali del paese, sia in rapporto agii interessi della So cietà esercente, sia in rapporto alle finanze dello Stato; sugli utili delle Società esercenti, sullo stato dei conti e delle liquidazioni fra hi medesime e il Governo.
Sulle ferrovie dello Stato esercitate dallo Stato, i quesiti sono stati formulati sia rispetto all’ esercizio nelle antiche linee piemontesi, sia rispetto all’attu le esercizio delle ferrovie dell’ Alta Italia.
E finalmente nel penultimo capitolo, cioè nel de cimo, si richiamano come subietto delle indagini le proposte presentate dagli onorevoli Spaventa é De- pretis per il riordinamento delle ferrovie italiano, e si formulano tante interrogazioni sulle particolarità di queste proposte. E nell’ultimo si comprendono più e diverse domande generali intorno alla scelta dei due sistemi, l’ esercizio governativo e il privato, per concludere quale sembra la soluzione migliore del problema ferroviario in Italia.
La Commissione dunque ha esteso le sue indagini
a tutti i fatti che possono interessare la materia e l’ industria delle ferrovie: il questionario è la riprova della competenza e della solerzia degli onorevoli Commissari. Che se questi avessero tralasciato di formulare tutte le domande, alle quali possono di rettamente e solamente rispondere le Società e il Governo, forse il loro lavoro si sarebbe un po’ sem- semplifìcato, e quindi affrettato. Il che è nei voti di tutti per l’ importanza e la quantità degli interessi che sono connessi alla sistemazione delle nostre ferrovie.
Società di economia politica di Parigi
[Riunione del 5 febbraio 1879)
Il presidente (de Parieu) annunzia fa morte del sig. Aimé B outarel, noto manifatturiero, che pub blicò parecchi opuscoli relativi alle questioni fiscali e alla libertà commerciale a cui era devoto. Era une dei membri più assidui della Società. Rapito nel vigore dell’ età, porta seco il rimpianto di quanti lo conobbero e lo stimarono.
11 sig. M au rizio B lo ch presenta alla Società da parte della vedova signora Dudley B a x te r un pro filo della vita di Roberto D udley B a x te r , il cui nome è noto all’ estero pei suoi lavori sul debito pubblico, sui redditi delle varie classi della Socie tà, sulle tasse locali. L’ opuscolo offerto alla So cietà analizza alcuni scritti dell’ autore e riproduce una parte della sua corrispondenza coi capi dei partiti politici, ed è di u ia commovente sem plicità.
Dopo la presentazione di diverse opere, sulla proposta di G. G arn ier si passa a discutere la que stione posta all’ ordine del giorno da un recente e notevole articolo del sig. De Molinari nel Jo u r n a l
des D ebats, e cioè P Unione d ogan ale dell’ E u ro p a centrale.
Il sig. D e M olin ari espone brevemente il suo progetto, ma noi crediamo invece opportuno rias sumere con qualche larghezza il citato articolo per chè i nostri lettori possano farsi una chiara idea di ciò che I’ egregio scrittore propone.
23 febbraio 1879 L ’ E C O N O M I S T A H 9 benefizio. Dal punto di vista economico e fiscale,
il successo doli’ associazione doganale tedesca è dunque stato completo e segna coilo stabilirsi della libertà commerciale, in Inghilterra uno dei progressi più considerevoli del nostro secolo.
Non si potrebbe oggi continuare ed estendere questo progresso sopprimendo le dogane interne del centro di Europa ? Il prodotto delle dogane pro viene per la maggior parte dalle derrate esotiche e gli altri articoli, eccettua :do soltanto i prodotti di provenienza inglese che arrivano per le frontiere marittime, coprono appena le loro spese di perce zione ; dimodoché se si sopprimessero, per esem pio, le dogane che separano la Francia, il Belgio, !’ Olanda, la Danimarca, la Germania, I’ Austria e la Svizzera, costituendo uno Z ollverein fra questi differenti Stati, la quota-parte che riceverebbero nella totaIita dei prodotti della linea di cinta co mune equivarrebbe all’ ammontare attuale delle loro risorse; forse probabilmente sarebbe anche supe riore. L ’ autore crede che ciò sia dimostrato facil mente quando si consultino da un lato i proventi delle dogane nei paesi nominati e dall’ altro si stu dino i risultati fiscali delle riforme doganali del- I Inghilterra. Dalle cifre, che I’ Autore espone, ri sulta a suo avviso che gli imbarazzi, le vessazioni e 1 ritardi cagionati dalle dogane interne sono inutili e che si potrebbero sopprimere le dogane fra gli Stati accennati senza scemare i proventi doganali. Basterebbe costituire una associazione doganale dei- fi Europa centrale su una base analoga a quella dello Z ollv erein .
Senza dubbio le obiezioni si solleverebbero più tenaci se non più serie. Si tratterebbe di unire paesi di razza diversa e non sempre legati da simpatia reciproca, ma la difficoltà non sarebbe insormonta bile. Se si è riesciti a intendersi per sopprimere gli ostacoli che la differenza delle monete, dei pesi, delle misure, delle tariffe postali e telegrafiche, op poneva alla estensione dei rapporti e degli scambi internazionali e si sono create unioni monetarie, po stali ecc., perchè non si cercherebbe di accordarsi per far disparire l’ostacolo ben più vessatorio della dogana ?
L ’ accordo dovrebbe fondarsi su quattro punti principali : I. stabilimento di u n tariffa comune; 2. repartizione dei proventi ira gli associati; 3. iden tificazione almeno approssimativa del regime delle imposte; 4. costituzione di una commissione inter nazionale delle dogane, incaricata di dirigere I’ ap plicazione del nuovo sistema.
Il primo punto non solleverebbe probabilmente grandi difficoltà, trattandosi di paesi che hanno più 0 meno rinunziato al sistema proibitivo e le cui ta riffe potrebbero riportarsi a una media che non si allontanerebbe sensibilmente per la maggior parte dal regime particolare di ciascuno. Se alcune indu strie ci troverebbero una leggera protezione, le altre troverebbero un e mpeuso nell7 aprii si di un gran mercato libero. Il guadagno che le industrie dei paesi associati presi nel loro complesso, realizzereb bero col fatto dell’ associazione sarebbe in propor zione della popolazione di ciascuno colla popola zione totale. Sarebbe più forte nei piccoli paesi minore nei grandi, ma anche in questi sarebbe an cora in proporzione di circa 1 a 3, e qui ancora 1 autore pensa elio le cifre gli dieno ragione. Il secondo punto presenterebbe difficoltà più apparenti
che reali. Ogni paese conserverebbe la sua ammini strazione doganale indipendente; i soli proventi sa rebbero posti in comune, tolte le spese di perce zione. Nello Z ollverein la cifra della popolazione ha servito di base alla repartizione con alcune mo dificazioni aventi per oggetto di compensare delle differenze riconosciute o presunte nella capacità di consumo.
Si potrebbe adottare la stessa base. Il terzo punto ! è veramente il più serio e forse il solo serio. La difficoltà non è ancora stata vinta completamente in Germania, dove non si è riesciti a stabilire una tassa uniforme sulla birra e I’ acquavite. Ma essa j non è insolubile perchè la diversità non è che nel | saggio de’ diritti e nel modo di percezione; alcuni si potrebbero utilmente abbassare, per esempio in Francia ed elevare in Germania ed altrove. Riguardo al quarto punto la Commissione internazionale po trebbe essere costituita sul modello del congresso
' doganale dello Zollverein.
L ’Autore conclude che il primo bisogno e il gran desiderato della industria nelle condizioni attuali è la sicurezza degli sbocchi. I protezionisti si fondano su ciò, ma si è dimostrato che il mercato nazio nale è troppo stretto, occorre uno sbocco esteriore Oggi questo è malsicuro perchè da un momento all’altro può avvenire un rialzo di tariffe estere. L ’espediente dei trattati di commercio è insufficiente, come l’esperienza dimostra. L’Unione progettata rim piazzerebbe i mercati divisi dell’ Europa centrale con un grande sbocco di 130 milioni di consumatori. L’Unione rimarrebbe accessibile ad altri paesi come l’Inghilterra, che del resto è la prima a soffrire di questa divisione del mercato continentale. « Il giorno in cui il pubblico, di cui i doganieri buttano all’aria i bauli e imbarazzano il commercio, saprà bene che tutte le spese, tutti i ritardi, tutte le vessazioni che gli vengono inflitte al passaggio delle frontiere, sono in pura perdita e che si potrebbe risparmiagliele senza che il reddito pubblico fosse scemato di un centesimo, torse anche con vantaggio del tesoro, quel giorno le dogane interne saranno ben malate ed esse non tarderanno ad essere rimpiazzate da uno Zollverein internazionale. »
120 L ’ E C O N O M I S T A 25 febbraio 1879 guenza accennata. L'esempio dello Zollverein non
può essere invocato in favore di una Unione che racchiuderebbe popoli di razza diversa e che fa rebbe nascere contestazioni e querele che aumente rebbero le cagioni di guerra invece di diminuirle. Anche le quistioni di repartizione sarebbero delica tissime, vista la disuguaglianza di ricchezza e di densità della popolazione. Quanto a credere che sce mando il saggio delle imposte indirette in Francia, se ne otterrebbe un prodotto maggiore, è una vec chia chimera. Non c’è regola teorica che indichi il limite al di là del quale l’ imposta diventa meno produttiva. Dal 70 in poi a ciascuno aumento di imposta ha corrisposto, se non subito, dentro un anno un aumento di prodotto. L ’ oratore combatte per la riduzione delle imposte, ma per molti anni non crede che la Francia potrà scendere alla mi sura della Germania, dell’Austria o del Belgio. Non resta che affrettare la rinnovazione dei trattati di commercio, al quale proposito I’ oratore seguala in mezzo ai vivi applausi dell’assemblea le disposizioni liberali del ministro delle Finanze.
Il sig. P aul Coq colpito dai vantaggi della pro posta, pensa che per essere rassicurati intorno alle difficoltà basta riportarsi non tanto allo Zollverein quanto alla storia nazionale. Turgot infatti vide nella libera circolazione dei prodotti all’interno una sor gente di prosperità per l’agricoltura e il commercio e al tempo stesso un utile per le finanze. Così il grande economista non esitava a sopprimere le do gane interne. Ora a quell’ epoca il regime delle tasse interne non aveva l’uniformità che si fa va lere come condizione essenziale della unione cen
trale europea da fare adottare.
Per questo rispetto dunque l’obiezione mossa dal precedente oratore non avrebbe che una mediocre portata. Pertanto se, come pare esatto, la maggior parte dei dazii doganali percetti da ciascuno Stato concerne esclusivamente i prodotti esotici, cioè
extra-eu ropei, come il caffè, il cacao, gli zuccheri,
il pepe, è manifesto che rinunziando pel rimanente a una parte relativamente infima del suo provento doganale, ogni gruppo della Unione farebbe un sa crifizio che sarebbe più che compensato dalla esten sione del mercato che si aprirebbe nel medesimo istante davanti a lui.
Questa estensione rappresenta pei sette Stati di cui si occupa 1’ Autore della proposta una popolazione di 130 milioni. Ora non si pensa che cosa rappre
senterebbe come sbocco uniforme per la Francia? L’esportazione potendo valutarsi a circa 3 ,2 0 0 mi lioni, più di 1,200 milioni profitterebbero della li berazione dai diritti attuali.
E si osservi che l’ Italia, la Spagna, l’Inghilterra • avrebbero interesse ad entrare nella Unione, {¿ella
Z ollverein tedesco l’industria di ogni gruppo si è
sviluppata e la importazione in meno di 20 anni è cresciuta dei decuplo. È dunque semplicemente questione di sbocchi, e la cifra delle tasse indirette più o meno elevate in ciascun paese non ha che una importanza secondaria, Non solo queste tasse perdono ogni giorno terreno nella opinione, ma nou vi ha governo che ricuserebbe di mettersi in equi librio cogli altri Stati, considerando i grandi van taggi della estensione del mercato.
Non soltanto la questione non è posta prima del tempo, ma essa è anzi di natura tale da fare ri
flettere coloro che contano ancora di porre ostacoli ai trattati di commercio.
Il sig. A. Courtois constatando che la riunione è libero scambista e che il fine del libero scambio è 1’ unione doganale universale, ne conclude che cia scuno dei presenti è più radicale del progetto, se non dell’ autore. Nonostante, siccome è da uomini pratici procedere dal semplice al composto, così l’ attuazione del progetto sarebbe un serio progresso. Se non si può applicare subito, si studi e si discuta, si cerchi di superare le difficoltà, e così potrà di ventare un fatto in un tempo non lontano.
Il sig. P a sca l D u prat osserva che l’ unione in uno scopo economico diventa forzatamente tale in uno scopo politico. Quindi crede che se mai una unione doganale, potesse riescire, sarebbe una unione della Francia coi popoli di razza latina o meglio ancora una unione fra gli Stati dell’ America del Sud. Dal lato finanziario crede perfettamente giuste le idee espresse dal sig. Leroy Beaulieu.
Il sig. Cli. Lim ou sin ripete ciò che disse altra volta che invece di trattati fra due nazioni, di cui si estende l’ azione alle altre colla clausula della nazione più favorita, gioverebbe un accordo generale fra le potenze. Ci sarebbero i benefizi di quella clausula e non gli inconvenienti che sono la insta bilità (perchè ogni nuovo trattato o denunzia ven gono a turbare le condizioni stabilite) le conseguenze impreviste, le concessioni obbligate senza reciprocità. Questo sistema sarebbe una eccellente preparazione a quello del sig. De Molina ri.'
Per il sig. G. G arn ier l’ accordo è appunto l’unio ne, e la differenza di razza ecc. non può essere un ostacolo. D’ altronde non si tratta di un progetto di legge, ma di un piano da essere preso in conside razione da una società di studiosi, e quindi non è il caso di suscettibilità nazionali. Tutte le unioni ebbero buoni risultati, quella delle provincie fran cesi, degli Stati-Uniti, dei cantoni svizzeri, dei tre regni britannici, degli stati tedeschi, della Russia e della Polonia, degli stati italiani.
Il signor De M olinari risponde al signor Leroy- Beaulieu che anche 30 anni fa si sarebbe detto che la proposta era prematura. La Francia era ancora protezionista mentre le altre nazioni aveano comin ciato a seguire l’esempio della Inghilterra. Di qui a 50 o 40 anni si troverebbero altre ragioni che non avrebbero maggior peso delle presenti per dire la sua proposta prematura. Le differenze di razza che cosa significano ? In Belgio e in Svizzera popoli di razza diversa vivono non solo sotto lo stèsso regime economico, ma sotto la stessa legge politica. I tede schi si sono intesi perfino sulla base della reparti zione, benché la capacità di consumo sia molto di seguale fra il nord ed il sud. Confessa che la unione non possa farsi senza che la Francia rimpiazzi le im poste indirette colle dirette per un miliardo. La dif ferenza di quei pesi tra Francia e Germania non è così forte. Si aggiunga che mentre in Francia si tende a scemare le imposte di consumo, in Germania si cerca di accrescerle; quindi i due paesi potrebbero arrivare su per giù allo stesso livello.
23 febbraio 1879 L ’ E C O N O M I S T A 121
per principio la potenza di consunto. Perchè lo stesso I principio non potrebbe applicarsi agli Stati dell’Eu ropa occidentale, come si applicò agli Stati tedeschi del nord?
Il signor T o r r e s - C aïcedo, ministro plenipotenziario dello Stato di Salvador, dice che l’ attuazione del pro getto in discorso si farà attendere almeno fino a che l'Europa si mantenga in questo stato di pace ar mata colle sue funestissime conseguenze. Se vi ha un continente in cui si possa da oggi a domani sta bilire la unione doganale, è il continente latino ame ricano. Del resto l’ oratore non prende la parola sulla questione in sè stessa, ma su una variazione del temi. Il signor De Molinari ha detto che 73 0/0 dei pro venti doganali francesi provengono dalla importazione dello zucchero, del caffè, del cacao, del tabacco. Avrebbe potuto citare ¡ balsami, le materie coloranti, i legni, le resine ecc. È I’ America latina che pro duce più caffè, cacao, zucchero, tabacco. Non si tra scuri di studiare e conoscere meglio quelle repub bliche che I’ Europa tratta con lauto disdegno e che al solo commercio francese porgono un alimento an nuale di più di 800 milioni di transazioni. Oggi che la produzione è superiore al consumo, gli economi sti cercano degli shocchi. E dove? In Affrica. Ma l’Af frica è ancora da incivilire e quasi da scoprire, mentre l’ America latina è civile ed è il più ricco paese del mondo per la produzione delle materie prime, e la popolazione vi cresce in numero e in ricchezze e il consumo aumenta. Se vi sono delle rivoluzioni in que’ giovani paesi, nella vecchia Europa non vi sono guerre spaventose senza nemmeno la scusa della gio ventù ? L’ oratore aggiunge a modo di conversazione alcuni particolari interessantissimi.
11 sig. Nottelle respinge nettamente e assoluta mente il progetto come quello che crea una confu sione fra questi due caratteri dei proventi dogana li, il carattere fiscale e quello protezionista, che bisogna tenere separali. L' unica via buona è quella che conduce al libero scambio passando pei trat tati di commercio.
Il sig. Ch. L etort è partigiano del progetto che a suo avviso anderebbe studiato colle cifre alla mano. Le difficoltà sparirebbero. Le imposte sui vini e sugli alcool si livellerebbero abbastanza age volmente. Quanto ai tabacchi, il regime comune da stabilirsi sarebbe semplice una volta che il mono polio fosse generalizzato, e la Francia avrebbe una buona occasione per sopprimere le zone che nello stato attuale delle cose non sono il minore incon veniente di quel monopolio. Noteremo infine che nell’ Économ iste F r a n ç a is il sig. A. M angin os serva che il gran diletto della proposta, all’ infuori di ogni questione di opportunità e di applicazione, è di allontanarsi dallo scopo a cui dobbiamo ten dere, il libero scambio. Questa non è niente af fatto una unione doganale universale, come dice il sig. Courtois; quindi l’ unione doganale parziale non è uu avviamento al libero scambio. Una lega commerciale fra un certo numero di Stati non con duce più alla soppressione delle frontiere economiche di quello che una lega offensiva e difensiva non conduca alla pace universale.
CRONACA DELLE CAMERE DI COMMERCIO
Camera di Commercio di Milano.
— Nella se duta del 31 gennaio 1879 si dette lettura di un rap porto della Commissione nominata dalla Camera per studiare le riforme da introdursi nella legge sui ma gazzini generali.« L’articolo 8 dichiara che i magazzini generali sono responsabili della conservazione e custodia delle merci e derrate in essi depositate. Ora alcuni dei componenti la Commissione osservavano che nè in questo articolo, nè in alcun altro della legge o del Regolamento, è fatto obbligo ai magazzini generali di assicurare i depositi contro i danni dell’incendio. A loro avviso cotesto obbligo dovrebbe essere im posto mediante un’aggiunta all’articolo 8, imperoc ché, oltre al compenso che ne deriverebbe in caso d’incendio e di perdita totale o parziale della merce o derrata assicurata a favore del deponente e de gli eventuali possessori della fede di deposito e della nota di pegno, ne verrebbe anche la tranquillità mo rale negli interessati, e conseguentemente quell’ in sieme di fiducia nella sicurezza dei depositi e nelle relative operazioni commerciali, che vale a promuo vere e ad accrescere i primi, ed a dare sviluppo ed estensione alle seconde.
« Altri dei componenti sostenevano che l’ assicu razione è d’interesse privato onde spetterebbe a chi vi ha interesse il provvedersi, e ciò anche perchè le merci e derrate hanno valori più o meno grandi ed anche grandissimi, e l’ammontare del va lore di assicurazione non può essere stabilito che dall’interessato, secondo quel complesso di circostan ze, cui stima di avere riguardo.
« D’altra parte l’assicurazione non può entrare nel concetto della legge, essendo l’incendio un av venimento straordinario. Del resto, esclusa l’ idea dell’obbligo, potrebbe convenire a chi istituisce un magazzino generale di fare egli medesimo I’ assicu razione contro gl’incendi, come altro dei mezzi, che starebbe nel suo interesse di adoperare per chiamare il maggior concorso dei depositi.
« Trattandosi di due opinioni affatto opposte, in cui persistettero rispettivamente i membri della Com missione, che presero parte alla discussione, si è proceduto alla votazione, dalla quale risultarono 4 voti per l’inclusione nell’articolo 8 dell’obbligo del l’assicurazione contro i danni dell’incendio, e 3 voti . per l’esclusione, rimanendo per tal modo, col voto
della maggioranza, sciolta la questione.
« L ’articolo 20 ha fermata precipuamente l’atten zione della Commissione. Esso lascia sussistere ed applicabile alla nota di pegno l’articolo 535 del Co dice di commercio, per cui andrebbe ad essere col pita di nullità, relativamente alla massa, nei casi di fallimento, quando fosse stata fatta dal debitore dopo il tempo determinato dal Tribunale riguardo alla cessazione dei pagamenti o nei dieci giorni prece denti.
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L ’ E C O N O M IS T A 23 febbraio 1879 regolarmente girata, da tutti gli Istituti di credito
in surrogazione di una o di due firme, articolo 31. « Quest’ insieme di condizioni speciali rende la nota di pegno un atto, un effetto di commercio evidentemente eccezionale, e come tale sarebbe di ragione che dovesse lormare un’ eccezione, e non andare soggetto alle conseguenze giuridiche, cui soggiacciono gli atti di natura ordinaria in forza dell’art. 355 del Codice di commercio.
« Oltre di che vuoisi riflettere che dalla sicurezza del pegno solamente potrebbero derivare le condi zioni miti dell interesse, il quale sulle piazze estere e sempre tanto al disotto di quello che si pratica da noi, e che la nota di pegno non tenuta ferma e valida, ma sottoposta agli effetti del citato art. 555 non potrebbe entrare nella fiducia pubblica, non sarebbe cercata, nè, fors’anche accettata mediante g irate le perciò non potrebbe diffondersi. Laonde verrebbe a mancare ciò che costituisce la parte più importante e veramente vitale dell’ istituzione dei magazzini generali; imperocché si ridurrebbero a pressoché semplici magazzini di deposito e nulla più. Non occorre, da ultimo, di osservare che ove vi fossero frodi provvedono le vigenti leggi penali.
Gli è quindi di evidente necessità che I’ art. 20 della legge venga reso completo in relazione alle condizioni eccezionali di fatto e di diritto che ac compagnano la nota di pegno, aggiungendo dopo le ultime parole m agazzin i gen erali le seguenti: P erò
nel caso d i dichiarazion e di fallim en to non p o tr à d ic h ia r a r s i la nullità del pegno anche se costituito nei 10 giorn i precedenti il giorno determ inato dal T ribunale p e r la cessazione d ei pagam enti, dovendo p u re in questo caso, e a deroga del disposto dèl- l articolo 555 del C odice d i com m ercio, rim an ere fe r m o e valido il pegno.
E tale aggiunta si è ritenuto non doversi omet tere di proporre, importando di togliere di mezzo le gravi conseguenze del disposto di quell’articolo 555, comunque non manchino interpretazioni, colle quali, pel tenore dell’ articolo 20 dèlia legge, ritiensi sia già provveduto nel senso della proposta aggiunta.
L ’articolo 33 colpisce di doppia tassa di 'bollo le fedi di deposito e le note di pegno, l’una fissa, l’al tra graduale per ambidue quando debbono essere girate. Cotesta disposizione è informatala ad ecces siva fiscalità ; torna di soverchio dispendio; incaglia assai le operazioni commerciali inerenti ai depositi nei magazzini generali, onde si tralascia di farle, e, conseguentemente, ripugna con quello spirito di uti lità pel commercio che meritamente predomina nel- 1 insieme della legge, e pel quale non saprebbesi ammettere che il governo volesse fare della prov vida istituzione dei magazzini generali un cespite di largo introito della imposta di bollo.
E qui giova di notare che l’applicazione dell’im porto di bollo graduale riesce assai incomoda ri chiedendo noiose pratiche e perdita di tempo, men tre ognuno sa che negli atti di commercio la facilità e la speditezza sono requisiti preziosi, e val gono a farli eseguire, mentre nel caso contrario avviene di frequente che si abbandonano. Il perchè 1 imposta graduale agisce in senso opposto allo spirito, della legge e ne impedisce i benefici effetti.
D’altronde è pure da notarsi che le fedi di depo sito, e le note di pegno procedono dalla stessa causa, cioè, il medesimo deposito, l’identica merce e der rata; sono fra di loro correlative e possono ragio
nevolmente considerarsi come un solo recapito diviso in due parti, aventi bensì effetti differenti, ma corrispondenti e per cosi dire connessi.
Appoggiata a coleste riflessioni hi Commissiono c d’avviso che per animare e promuovere le opera zioni commerciali, e far sì che si estendano ed en tiino nell abitudine del commercio — lacchè somma- - mente imporla — è indispensabile renderle facili e spedite sott’ ogni rapporto, stabilendo un sola tassa fissa di bollo, che propone di L . 1 per le fedi di deposito e di L. 2 per le note di pegno senz’alcuna tassa graduale per le girate.
Che se il governo non intendesse, malgrado quanto si è dissopra esposto, di abbandonare I’ imposta del bollo graduale, la Commissione proporrebbe in via affatto subordinata e come un minor male, che si stabilisse la tassa fissa di bollo di L. 1 per le ledi di deposito, anche quando dovessero essere girate, e la tassa di bollo graduale per le sole note da pegno, allorché queste fossero girate, consideran dole appunto come un recapito unico per rapporto alle tasse di bollo. Siffatta tassa graduale poi sarebbe da applicarsi, conformemente al disposto dello stesso art. 33 per quella fissa, mediante corrispondente marche da bollo, da annullarsi dall’amministrazione dei magazzini generali.
Altre modificazioni potrebbero forse essere desi derabili, ma la Commissione ritiene che non potreb bero essere che di assai lieve momento e ben poco o nulla influenti sul buon andamento dei magaz zini generali; il perchè si a.tenne dall’ occuparsene coerente a ciò che annunziava in principio di questa Relazione di limitarsi a quelle sole modifi cazioni che avrebbe riconosciute decisamente neces sarie.
Terminata la lettura del rapporto il signor Fel trinelli appoggia le considerazioni esposte nella re lazione circa 1 applicazione del bollo proporzionale alle note di pegno.
Il cav. Fuzier si dimostra del parere della Com missione intorno alla convenienza di assicurare con tro i pericoli dell’ incendio le merci depositate nei magazzini generali, ma troverebbe opportuno fosse lasciata facolta ai depositanti in certi casi di assicu rare la propria merce in modo valido e sicuro e contro polizza da presentare al momento del depo sito, e ciò specialmente per togliere la possibilità di un duplo. Egli crede che le Compagnie di assicu razioni si presterebbero a continuare un’assicurazione in corso su merce trasportata da un luogo ad un altro, ben inteso dietro apposita dichiarazione. Un filatore per es. che avesse assicurato il proprio am masso di gaiette nei proprii locali, decidendosi a farne il deposito nei Magazzini generali, non avrebbe che a far aggiungere alla propria polizza una postilla in dicante il cangiamento d’ ubicazione della merce. Così si otterrebbe un risparmio e quindi una faci litazione nei depositi.