GAZZETTA SETTIM ANALE
SCIENZA ECONOMICA, FIN AN ZA, COMMERCIO, BANCHI, FE R R O V IE , IN T E R E S S I P R I V A T I
REDAZIONE: M. J . d e Jo h an nis — R. A. Murra y — M. Panta leoni
Anno XLI - Voi. XLV Firenze-Roma, 22 Novembre 1914 j r o m af è * v ì a V G r e g o r t n a ergo1'1 N. 2116
S O M M A R IO : Credito e circolazione bancaria. J. - Imposte straordinarie o prestiti pubblici? Ro b e r t o A . Mu r
r a y. — Emigrati e consoli — Variazioni di salari e di orari di lavoro nel 1913 in In gh ilterra con statistiche com parate. — RIVISTA BIBLIO G RAFICA: F e l ic e Gu a r n i e r i, L a questione agraria nel Cremonese - Pr o f. Gi u s e p p e
Vi c a r e l l j, Lavoro e m aternità. — Gli Istituti di emissione e la circolazione bancaria di Stato. — LEGISLAZIONE TR IB U TA RIA: Aumento di addizionale alle tasse sugli affari. — Aumento di tasse per concessioni governative, armi insidiose, licenze per vendita am bulante di coltelli, porto di rivoltelle ecc. — RIVISTA ECONOMICA E FIN A N ZIA R IA : Le flotte mercantili nel 1914. - Quali tasse potranno imporre Inghilterra e Germania. - Il prezzo dello zucchero in Inghilterra - Corso medio dei Cambi (Italia, New-York, Rio Janeiro, Londra - Le quotazioni alla borsa di Bor deaux. — MERCATO MONETARIO E RIVISTA DELLE BORSE. — PROSPETTO QUOTAZIONI, CAMBI, SCONTI, VALORI E SITU A ZIO N I BANCARIE.
CREDITO E CIRCOLAZIONE RANCARIA
Continuano le polemiche prò e contro l’au mento della circolazione cartacea, del quale pro blema si è anche occupato il recente convegno tenuto a Milano dalle Associazioni commerciali e industriali, convegno che si è chiuso con un ordine del giorno molto generico, ma inspirato a idee infiazioniste. Da parte sua l’on. Maggio rino Ferraris (le cui previsioni catastrofiche del passato agosto, per la vendemmia e per altro, non si sono fortunatamente avverate) continua la sua energica campagna perchè T Italia si af fretti a imitare la Germania, l’Austria-Ungheria e segnatamente la Svizzera, e crei subito una Cassa di Prestiti sotto la responsabilità dello Stato, per integrare l’opera degli Istituti di cre dito italiani, che, a suo credere, non farebbero abbastanza in favore dell’economia nazionale.S’intende che l’ente costituendo disporrebbe* del torchio della carta-moneta, senza limiti di somma, poiché le emissioni corrisponderebbero necessariamente alle domande di credito rivolte alla Cassa. La quale dovrebbe disporre, intanto, come di capitale proprio, di alcune decine di milioni di Buoni di Cassa da lire una e due, che il Tesoro ha ordinato all’Officina Carte-Va lori di Torino, ma che fortunatamente non ha emesso, e che, a nostro avviso, farebbe malis simo a emettere, se non fosse a ciò obbligato da bisogni indiscussi e indiscutibili della minuta circolazione.
Se altri Stati hanno provveduto — sebbene in condizioni diverse dalle nostre — alla crea zione di siffatte istituzioni di credito straordi narie, non si esclude che F Italia possa imitarli ; ma a noi non pare sinora dimostrata la neces sità di un provvedimento tanto eccezionale, che si risolverebbe nell’aggiungere un nuovo organo di Stato, destinato a emetter ancora biglietti, e a ricever le operazioni che tutti gli organi liberi del eredito italiano ora non ammettono e forse non accoglierebbero nell’avvenire. A ogni modo, non è proposito nostro di discutere la bontà e
l’opportunità di un tale provvedimento, che non manca di sostenitori autorevoli anche presso di noi; ma vogliamo raccogliere e presentare ai nostri lettori qualche cifra, la quale può dimo strare eoQie non sia mancato nei decorsi mesi il sussidio del credito all’economia nazionale, e come non siano mancati i provvedimenti intesi ad allargare convenientemente la circolazione dei biglietti.
Ecco pertanto l’andamento delle operazioni di sconto, di anticipazione e di prorogati paga menti presso le Stanze di Compensazione, fatte dalla Banca d’Italia nel periodo dal 20 luglio al 31 ottobre (in milioni e centinaia di migliaia di lire): (1) D E C A D I P o r ta foglio s/ P ia z z e ita lia n e A n ti
cip azio n i P ro ro g h e T o tale
20 lu g lio . . . . 447,0 78,2 14,4 539,6 3 t id ... 510.4 115,0 26,7 652,1 10 agosto . . . . 761,4 181,2 29,9 972,5 20 id ... 840,2 157,7 26,4 1.024,3 31 i d ... 876,8 151,4 23,4 1.051,6 10 settem b re . . . 838,8 153,2 23,8 1.015,8 20 id . . . . 836,4 146,5 22,8 1.005,7 30 id . . . . 857,7 157,4 19.2 1.034,3 31 o tto b re . . . . 808,4 141,7 17,8 967,9
La somma complessiva delle operazioni, fra il 20 luglio e il 30 settembre, è cresciuta di circa 495 milioni di lire. La diminuzione di ot tobre sta in relazione con la graduale sistema zione dei debiti cambiari prevista dal terzo De creto di moratoria, e con la graduale ripresa degli affari e delle operazioni da parte delle Casse di risparmio e degli Istituti ordinari di credito.
Le situazioni del Banco di Napoli indicano nel Portafoglio su Italia, dal 20 luglio al 31 ot tobre, un aumento da 130,7 milioni a milioni
216,4, e nelle anticipazioni un aumento da 32,6 milioni, a 43,6 milioni, cioè complessivamete poco meno di 100 milioni d’aumento.
Minor importanza hanno le cifre del Banco di Sicilia, perchè l’aumento, si è contenuto in una somma rotonda di 10 milioni; ma, conside rati come un sol corpo, i tre Istituti d’emissione hanno pur fornito all’economia nazionale, nel periodo della crisi, un maggior ausilio di oltre 600 milioni nelle forme consuete di credito, e senza battere alla porta dello Stato per aver garanzie o concessioni straordinarie.
Gli espansionisti affermano che l’aumento della circolazione non è stato in relazione con l’indi cato aumento di operazioni, e ne fanno colpa ai criteri restrittivi del Governo. Vediamo se una tal critica sia ragionata e ragionevole.
Fra il 20 luglio e il 31 ottobre, la circolazione dei biglietti emessi da tutti tre gli Istituti è salita da 2182 milioni e mezzo a 2876 milioni e mezzo: una somma rispettabile per la nostra economia, poiché ad essa vanno aggiunte parec chie diecine di milioni di nuovi biglietti di Stato da lire 5 e da lire 10, che il Tesoro ha facoltà di emettere sino a 200 milioni di lire, in ag giunta ai 500 milioni preesistenti.
Vero è che al l’accennato aumento di circola zione le sovvenzioni allo Stato per anticipazioni ordinarie e straordinarie devono aver contribuito per non meno di 440 milioni; ma codesta somma non è dessa entrata a far parte del movimento monetario del paese, e non è stata data in cam bio di merci e di prestazioni economiche delle quali ha avuto bisogno lo Stato ? Tanto meglio, a modesto parer nostro, se gli Istituti d’emis sione hanno potuto provvedere alle domande di credito per una maggior somma di 600 milioni usando per conto loro di una circolazione di bi glietti supplementari di appena 250 milioni. La qual cosa è stata possibile segnatamente per lo sviluppo dei conti correnti e dei debiti a vista, i quali, fra il 20 luglio e il 31 ottobre, si accreb bero complessivamente di oltre 340 milioni.
E’ specialmente instruttivo il seguente spec chietto comparativo che si riferisce alle situa zioni della Banca d’Italia (le cifre indicano mi lioni e centinaia di migliaia di lire).
D ecadi d el 1914 D eb iti a v is ta D ep o siti in C/C fru ttife ro C irco la zione to ta le R apporto a 100 fra la ris e rv a e la c irco la zione 20 l u g l i o . . . 115,5 89,1 1.661,1 74,40 31 i d . . . . 143,2 79,0 1.730,1 70,81 10a g o s t o . . . 164,3 69,5 2.086,9 57,39 20 id . . . . 203,2 97,7 2.096,0 56,09 31 id . . . . 199,0 115,5 2.115,0 56,12 10s e t t e m b r e . . 191,1 199,3 2.087,5 57,10 20 i d . . . 180,6 228,3 2.100,8 57,02 30 id . . . 198,4 236,3 2.152,0 55,90 31 o t t o b r e . . . 186,5 292,3 2.146,1 60,01
L’interessante specchietto dimostra che i de biti a vista (per la massima parte vaglia, cam biarti) hanno surrogato la circolazione dei bi glietti per più decine di milioni, superando la cifra di 200 milioni alla data, del 20 agosto, e indica, con singolare efficacia, il rapido e largo afflusso dei depositi in conto corrente presso la Banca d’Italia. Nei primi giorni della crisi, tra il 20 luglio e il 10 agosto siffatti depositi erario discesi da 89 a 69 milioni: dopo il, 10 agosto essi seguirono una linea continuamente ascen dente, in modo da superare la somma di 292 mi lioni la sera del 31 ottobre decorso. Cosicché la Banca ha potuto provvedere a meglio di 200 mi lioni di nuove operazioni di sconto senza ricor rere all’emissione dei propri biglietti: l'utilità per l’economia generale di una tale condizione di fatto non può essere contestata nè anche dai più scapigliati espansionisti.
Si trae ancora dalle cifre riportate sopra che, dopo il 20 agosto, anche l’indice, qualitativo della circolazione. dell’Istituto si è venuto mi gliorando. In fatti il rapporto percentuale fra riserve e il valore dei biglietti circolanti era disceso, dal 20 luglio al 20 agosto, da 74,40 a 56,09 per cento; ora supera il 60 per cento, non ostante che la circolazione dei biglietti ecceda di quasi mezzo miliardo quella segnata nei conti della Banca prima dello scoppio della crisi.
E un’ultima osservazione sembra opportuna in ordine alle condizioni qualitative della cir colazione bancaria Italiana, e cioè che, durante la crisi, le riserve metalliche dei tre Istituti non hanno sofferto diminuzioni : ascendevano complessivamente a 1.490 milioni il 20 luglio e toccano ora la somma di 1.489 milioni e mezzo, non ostante che il Ministro Rubini abbia ri tirato dalla Banca d’Italia, per coprire bi glietti di Stato, 25 milioni di compendio del fondo dei 125 milioni che l’on. Tedesco, nel di cembre 1912, aveva impegnato per avere a dispo sizione del Tesoro altrettanti biglietti di Banca. Onde si può affermare che le supreme riserve •auree del paese, durante la crisi, si sono avvan taggiate, per quanto in misura limitata e com patibile col nostro organismo monetario, che ora si risente gravissimamente della perdita dei red diti cospicui che l’ Italia, nei tempi normali, ritrae dalle rimesse dei suoi emigranti e dalla grande industria dei forestieri.
Queste note sommarie su l’azione degli Isti tuti di emissione e su l’andamento della loro cireolazione durante la crisi non domandano una conclusione, o, se mai, dovrebbe la conclusione tradursi in una raccomandazione : quella di es sere assai ma assai cauti nel lanciare proposte di mutamenti nella struttura e negli organi della nostra economia bancaria e monetaria, poiché un passo falso, mosso anche con le migliori in tenzioni, potrebbe scuoterla e danneggiarla per un lasso di tempo incalcolabile.
J.
22 novem bre 1914 L ’ ECONOMISTA 739
IMPOSTE STRAORDINARIE
o prestiti p u b b li c i ?
Con questo titolo è comparso sul Resto del Carlino di domenica scorsa 15 cori-., un bril lante scritto del prof. Federico Flora, tendente a propugnare l’applicazione in Italia di un’im posta straordinaria sul patrimonio, a simiglianza di quella introdotta in Germania l’anno scorso, e della quale noi tenemmo parola in questo gior nale (1).
Vediamo in quali limiti è posta la questione, com’essa è risolta dal nostro illustre Maestro, e quali osservazioni si possono fare al riguardo.
Anzitutto rileviamo che l’attuale fabbisogno deriva da due fonti diverse di cause : a) le mi nori entrate effettuate di fronte alle previste; b) le maggiori spese effettuate pure di fronte alle previste. Fenomeni questi derivanti da ra gioni economiche e politiche.
« In questo primo quadrimestre — scrive il prof. Flora — del nuovo anno finanziario si in cassarono 75 milioni in meno delle entrate pre viste, senza contare le perdite derivanti dalla riduzione del dazio sul grano, che una applica zione meno tardiva del provvedimento avrebbe attenuate. Se la guerra, com’è probabile, du rasse un anno, si dovrebbe provvedere almeno ad oltre duecento milioni di minori entrate or dinarie. Ma ben più gravi sono le conseguenze finanziarie del nuovo atteggiamento politico a noi imposto dalla guerra oscura e immane che non accenna a finire. Sono circa 500 milioni di nuove spese straordinarie militari, alle quali urge provvedere. Senza di esse questa nostra riconquistata libertà nel campo della politica in ternazionale, della quale è facile scorgere tutti i vantaggi, ma insieme i pericoli, non avrebbe valore alcuno ».
Ora di fronte alle minori entrate ordinarie stanno le nuove imposte dell’on. Rava e le altre da egli progettate e ora fatte urgentemente de cretare dal suo successore on. Daneo. Il profes sore Flora opina ch’esse però non saranno suffi cienti, onde la necessità di affrettare l’applicazione della discussa imposta globale sul reddito, che dovrebbe — a suo avviso — portare a colpire una parte almeno di quei sette miliardi di red dito che vanno esenti dall’imposizione diretta, in quanto di fronte ad un reddito totale di dodici miliardi, solo cinque formano la ricchezza im ponibile delle nostre tre imposte dirette: la fon diaria, l’edilizia e quella di R. M,
Ma il problema più grave — al quale si è in principal modo dovuta la recente crisi ministe riale — è quello della copertura delle spese, mi litari straordinarie.
Cediamo una volta ancora la parola al prof. Flora, per riprenderla a fine di svolgere dopo le nostre osservazioni.
« La questione per identici motivi, fu dibat tuta l’anno passato in Germania e in Francia, ora avvantaggiate dalla sua soluzione. La Ger
ii) V. L ’E conom ista, n . 2078 del 1* m arzo 1914.
mania per i nuovi armamenti ricorse ad una imposta straordinaria sul patrimonio, da esigersi in un triennio; la Francia, per fronteggiare gli effettivi tedeschi, ad un prestito ammortizzabile in venticinque anni. 1 tedeschi vollero addossare i nuovi oneri militari alla generazione presente, su cui ricadde l’intera spesa, pari ad un miliardo di lire; i francesi alle generazioni future, la sciando alle presenti la sola cura di pagare gli interessi degli ottocento e cinque milioni mutuati al Tesoro della terza repubblica. Entrambi esclu sero, però, concordi, per simili spese straordina rie un aumento delle imposte ordinarie perma nenti, già elevate negli ultimi anni in misura considerevole.
« Chi dovrebbe ora imitare 1’ Italia?
« Le spese militari odierne dovrebbero essere un fatto compiuto da parecchi anni. Se non lo furono è bene che la generazione odierna sop porti per- intero la conseguenza della sua negli genza. Epperò noi vorremmo si seguisse l’esempio tedesco adottando una imposta militare straor dinaria sul patrimonio ed evitando un ulteriore aumento del debito pubblico che al 30 giugno 1912 saliva a quattordici miliardi e 272 milioni con una spesa annua per il servizio degli inte ressi di 550 milioni e 441 mila lire».
Suffraga questa sua proposta il prof. Flora ricordando che il debito pubblico italiano fra quelli delle sei grandi potenze « è il secondo, considerando la percentuale delle entrate ordi narie assorbita dal suo servizio, e il primo, rag guagliato all’ammontare della ricchezza nazio nale », e rilevando altresì che dal giugno 1910 al febbraio 1914 lo Stato italiano chiese al mer cato nazionale, e ad esso esclusivamente, dei prestiti pel cospicuo totale di 1 miliardo e 700 milioni. Calcola inoltre lo stesso A. che ascen dendo la ricchezza italiana privata a circa no vanta miliardi, esentando i patrimoni inferiori a diecimila lire e quelli inferiori a cinquantamila che dessero un reddito inferiore alle duemila lire annue, si otterrebbe una ricchezza impo nibile di 50 miliardi, che con un’aliquota dell’ 1 °/0 come la tedesca, dovrebbe fruttare, in un triennio per es., i 500 milioni delle spese straordinarie.
# # *
Veniamo ora alle osservazioni che ci sembra opportuno fare al proposito.
Anzitutto non condividiamo l’opinione che le imposte colpiscano la generazione presente e i prestiti quelle future. E una questione che nella scienza è stata a lungo dibattuta, e se ne tro vano tracce nei trattati, e nelle riviste dell’ul timo mezzo secolo e più.
Negano l’affermazione del prof. Flora, il Ri cardo che ne dette una classica confutazione, il Wagner, il Soetbeer, il De Viti de Marco, il Pantaleoni, il Tangorra, per citare pochi nomi.
L’Economista che ha 41 anni di vita e for
Sostennero invece la tesi del nostro A., il Mes- sedaglia, il Leroy-Beaulieu, l’Umpfenbach, fra gli altri.
Scrisse il Ricardo (ci si permetta questa clas sica citazione in tema di questioni pratiche, ri cordando che tale grande pensatore fu abilissimo finanziere e banchiere): « Sarebbe difficil cosa persuadere un uomo che possiede 20.000 lire ita liane o qualsiasi altra somma, che una contri buzione perpetua di 50 lire è altrettanto gra vosa che una di 1000 una volta tanto. Un vago istinto gli direbbe che le 50 lire annuali sareb bero pagate dai suoi successori: ed infatti ciò accadrebbe.Afa domandiamo che differenze v ’è per questi fra ricevere una successione di
20.000 lire gravata da un debito annuale di 50 lire o una successione di 19.000 lire libera da ogni gravame ? »
In altre parole son sempre le generazioni so pravvenienti che pagano. Affinchè queste fossero esenti accorrebbe che l’imposta straordinaria fosse completamente fronteggiata con un ri sparmio corrispondente nei consumi privati, ossia con i redditi attuali della presente ge nerazione. Ma questa è cosa ben difficile in un momento come l’attuale in cui i redditi della maggioranza dei contribuenti hanno subito già gravi diminuzioni; e in paese come il nostro nel quale Paliquote delle imposte dirette sono già così alte, che la lotta tra fisco e i contri buenti medesimi è così tenace.
Si potrebbe essere contrari al prestito solo al riguardo del fatto che il saggio d’interesse me dio dei capitali potendo diminuire, un prestito rappresenta un aggravio prolungato a condizioni, in tal caso, svantaggiose; ma si deve sempre considerare la poca probabilità di una diminu zione del saggio d’interesse negli anni venturi e la possibilità delle conversioni libere o ma gari forzate.
Il fatto che gli imprestiti dell’ultimo quadrien nio si vollero collocare tutti all’interno, fu un errore non lieve — finanziariamente parlando — dei nostri governanti, e ben lo rilevò T Ei naudi a suo tempo, onde non vi aggiungiamo parola.
Più ci preme vedere se alla critica mossa alla soluzione del prof. Flora, attraverso le stesse parole del Ricardo, dal punto di vista economico, se ne possa aggiungere un’altra dal punto di vista finanziario, in base alla insufficienza —• rispetto all’attuale fabbisogno — che noi cre diamo dovrebbe verificarsi, seguendo la soluzione dell’imposta straordinaria militare sul patri monio.
Ammettiamo pure la cifra di 90 miliardi come totale della ricchezza privata italiana attuale. Poste le esenzioni accordate dal Flora è possi bile che l’imponibile resti ancora di 50 miliardi ? Abbiamo pochi dati al proposito, ma anche in base a questi pochi, ci sembra ancora che il prof. Flora sia assai ottimista nel suo calcolo. Riproduciamo una statistica che altra volta ri portò il prof. Pantaleoni su questo periodico (1), relativa al valore delle successioni. Eccola :
(1) V. L 'E co n o m ista d el 4 gennaio 1914, n. 2070.
A sse n e tto e re d ita rio N um ero
da L. 1 a L. delle successioni 500 45,394 Percent. Som m e 29.49 — » » 500 » » 1000 29.207 18.99 48.48 » » 1000 » » 2000 25.148 16.35 64.83 » » 2000 » » 4000 21.030 13.65 78.48 » » 4000 » » 10000 17.702 11.51 89.99 » » 10000 » » 50000 12.028 7.81 97.80 » » 50000 » » 100000 1.832 1.19 98.99 » » 100000 » » 300000 1.085 0.72 99.71 » » 300000 » » 500000 224 0.15 99.86 » » 500.000 » i milione 139 0.09 99.95 oltre al milione 71 0.05 100.00
Da queste cifre noi desumiamo — al riguardo della imposta di successione, e non dovrebbe esser molto diverso il fenomeno per l’imposta straordinaria militare sul patrimonio propugnata dal prof. Flora, perchè anche l’imposta di suc cessione è imposta sul patrimonio — che i pa trimoni superiori alle 10.000, almeno a quanto è riuscito constatare al fisco, non rappresentano che il 10,01 °/o dell’imponibile. E appunto il Pantaleoni scriveva proprio queste parole: « Se la esenzione... si estendesse ai .patrimoni di 10.000 lire il 9O°/0 di tutto V imponibile sfu g girebbe all'aggravio ».
Ora pur volendo ammettere che una maggiore oculatezza del fisco ed un maggior patriottismo dei contribuenti portassero a risultati un po’ di versi, non è mai a supporsi che si arrivi alla proporzione del prof. Flora.
*
In base a queste poche osservazioni — alle quali può aggiungersi l’altra, che un aggravio tributario tutto basato sulle stesse direttive delle attuali imposte dirette e della nuova imposta globale sul reddito dallo stesso prof. Flora au spicata, non farebbe che peggiorare le attuali terribili sperequazioni — ci sembra che sia da accettarsi con molta cautela l’idea di un’im posta straordinaria militare sui patrimoni, pur non essendo alieni — per principio — dal rite nere che si debba ricorrere al debito con tutta la parsimonia possibile. Del resto non si può esser seguaci, per principio, di una forma o altra di tassazione. Sta semplicemente a vedersi quale sia la preferibile, sia dal punto di vista politico che dall’economico. Nelle attuali disagiate con dizioni la via migliore è forse il complesso di tutte le vie. Imposte e prestiti non dovrebbero — ci sembra — escludersi a vicenda, ma accom pagnarsi per l’utilità dell’erario e dei
contri-Ro b e r t o A . Mu r r a y.
EM IG RATI E CONSOLI
22 novembre 1914 L’ ECONOMISTA 741
mente ai R. Consoli, esortandoli a un attivo la voro, perchè mantengano la più salda coesione tra i nuclei d’emigrati e la madre patria, sia politicamente che economicamente.
Se così è, non si'può altro che lodare l ’idea e l’atto del Ministro degli Esteri. Deve però av vertirsi che al suo buon volere non potrà cor rispondere un effetto nè durevole nè molto largo, se in pari tempo, o sia pure per gradi, non vengano attuati provvedimenti che valgano a rendere l’azione dei Consoli assai più efficace.
Nel nostro ordinamento consolare, e più an cora nell’applicazione che ne vien fatta, le mende son parecchie e di più specie. Concernono e la scelta dei Consoli, e il loro numero, e il loro trattamento economico, e i luoghi della rispet tiva residenza, in certi paesi le loro attribuzioni, e inoltre la vigilanza sul loro operato. Chi vo glia aver cognizione dell’ampia e interessante materia, può scorrere con profitto non poche pa gine dei volumi ove sono riferite le Relazioni, le discussioni e i voti del 2° Congresso degli Italiani all’Estero, tenuto in Roma nel 1-911. Da quel tempo in poi, cioè entro questi tre anni, si sarà provveduto qua e là a qualche nomina op portuna, a qualche trasferimento, a qualche mag gior dotazione, ma la somma degli inconvenienti non è per certo a tutt’oggi eliminata.
Si biasima da molti competenti la mancata unificazione piena delle carriere diplomatica e consolare. In più casi è emerso il danno del- l’aver dato, come premio, il posto di Consoli a Funzionari del Ministero degli Esteri, che erano egregie e benemerite persone, ma che, per avere sempre e soltanto lavorato presso l’amministra zione centrale, ignoravano la vita coloniale e non avevano alcuna conoscenza dei paesi stra nieri. Qua e là vien lamentato che l’alloggio e i locali d’ufficio del Console italiano non pre sentino quel sufficiente decoro che conferisce auto rità alla rappresentanza della patria, specie in seguito al confronto inevitabile, in un dato luogo, colle analoghe rappresentanze d’altri paesi. Ma più grave è il fatto, assai frequente, della grande scarsezza di mezzi pecuniari posti a disposizione dei Consoli per speciali servizi, come sarebbe il rimpatrio dei nostri emigrati. Ed a proposito d’emigrazione, essa in taluni centri di là del l’oceano ha una tale entità, e dà luogo a così svariate e numerose vertenze, da non potervi sopperire l’opera attiva dei Consoli, se questi non siano assistiti da oppositi coadiutori. Dai più intelligenti italiani che vivono all’estero è stato spesso deplorato il soverchio numero di Consoli onorari; più ancora il fatto dell’essere troppe volte l’ufficio di Console italiano affidato a individui non italiani. L’inconveniente, poi, che ha maggiore evidenza ed è più risaputo, consiste nel numero insufficiente di Consoli in talune vastissime regioni delle Americhe, dove ogni circoscrizione territoriale comprende mi gliaia di chilometri quadrati e dove perciò l’opera del titolare, malgrado ogni buon volere, non ar riva ad esercitarsi, non serve allo scopo.
Nella sua Relazione al ricordato Congresso, la quale fu da tutti giudicata assai pregievole, il noto pubblicista Vico Mantegazza esponeva, tra l’altro, le considerazioni che seguono.
Che in una grande capitale il Console non sia un’aquila, non può fare, relativamente, un gran danno. Dove vi e una Ambasciata o una Lega zione, sono queste che rappresentano il paese, e tanto la figura come l’azione del Console pas sano in seconda linea. La situazione è invece tutta diversa dove la popolazione italiana deve vivere stretta intorno al Console, essere da lui continuamente guidata. Quivi la sua azione deve farsi sentire quotidianamente. I nostri connazio nali devono venire protetti e consigliati in ogni circostanza, anche nelle questioni private. Il Con sole acquista così prestigio e autorità e si fa amare. E’ di grande importanza una buona scelta, perchè in molti casi una Colonia è quale la fa il Console.
Bisogna tener conto di molti coefficienti. In certi paesi, per esempio, è un errore mandare ufficiali consolari che tengono troppo alla loro origine e che, se anche cercano dissimularlo, si troverebbero meglio in un ambiente di blaso nati, che non tra i nostri coloni o tra le classi borghesi della nostra migrazione, le quali sono venute su da modestissime origini, hanno con quistato una vasta posizione con una vita di la voro, ma non conoscono tutte le raffinatezze della vita elegante e della mondanità. No, ci vogliono colà funzionari che sappiano tenersi con tinuamente a contatto con tutti, e che lo fac ciano spontaneamente, per natura. La famiglia rità che apparisca una degnazione offende anche più del riserbo sdegnoso.
Riguardo ai subalterni, farne un personale fìsso e di ruolo, cioè degli impiegati dello Stato, importerebbe una spesa troppo forte. Ma non è neppure senza inconvenienti il lasciare sempre ai Consoli assoluta libertà di scelta. Sarebbe pereiò da studiarsi un qualche temperamento. Di certo, in posti difficili, come nella Penisola Balcanica, è pericoloso — ma è accaduto — avere come funzionari in un Consolato italiano sudditi proprio della Potenza colla quale la lotta d’influenza è continua e diuturna.
Qualche volta non è la politica ma l’interesse commerciale che dovrebbe fare escludere dalla scelta uno straniero. Eppure non di rado, quando non si reputa opportuno di nominare un Con sole nè un Agente consolare, per una specie di cortesia internazionale si affida la protezione dei nostri interessi al Console o all’Agente d’una delle Potenze nostre alleate. Ma come è possi bile, per esempio, credere che nell’estremo oriente un Consolato tedesco, a cui sia affidata la pro tezione degli italiani, si occupi di far vendere i nostri prodotti, a danno od invece del prodotto tedesco? Di fatti non ve n’è uno — e tutti lo sanno — il quale, per quanto incaricato di rap presentare anche l’Italia, pensi a far traspor tare la merce, qualunque essa sia, da e per l ’Italia, da vagoni italiani. In ogni modo, quando proprio la scelta dello straniero non sia possi bile evitarla, è necessario che non cada su un commerciante.
dì citici di come Roma e Milano. E’ addirittura ridicolo, scriveva il prelodato relatore, conside rare quel Consolato Generale come tutti gli al tri, là dove ci dovrebbe essere una vera ammi nistrazione, con tutti gli organi necessari per mantenere il contatto con questa popolazione, nella quale la snazionalizzazione è rapida, ap punto perchè, forzatamente, malgrado tutto il buon volere di cui i pochi funzionari del Con solato possono dar prova, è abbandonata com pletamente a sè stessa.
Ma dove le deficienze appariscono maggiori, si è nel rapporto tra il piccolo numero di rap presentanze consolari italiane, in alcuni paesi, e l’ampiezza della circoscrizione territoriale ¡I cui ciascuna è preposta. Questo fatto spicca par ticolarmente nei vastissimo Stato della Repub blica Argentina. Ivi sono un Consolato Generale con sede in Buenos Ayres e i tre consolati di La Piata, di Rosario Santa Ee e di Cordoba. TI primo, la cui circoscrizione è di soli 186 Km. q. con circa 300 mila italiani, può esercitare a do vere le proprie funzioni; gli altri no. Quello di La Piata ha giurisdizione su una provincia di Km. q. 305.121, con circa 220 mila italiani. Esi stono, è vero, agenti e corrispondenti consolari nei centri minori, che sono numerosi e popolosi, ma non bastano. Quello di Rosario Santa Fè che' comprende tre provincie di circa Km. q. 240 mila di superficie con circa 160 mila italiani, non ha che due vice consolati, qualche volta vacanti. Quello poi di Cordoba, con oltre un milione di Km. q. e 120 mila italiani, ha una sola Agenzia a Mendoza. Molti centri secondari, dove la po polazione italiana e in aumento, sono privi di ogni protezione. Le distanze sono grandissime, i mezzi di trasporto non facili, grave però il sa crifizio di tempo e di danaro ogni volta che qiiei connazionali hanno bisogno di ricorrere all’auto rità consolare.
Oltre a ciò, ai nostri rappresentanti mancano spesso i mezzi per esercitare il loro ufficio. In qualche consolato italiano negli Stati Uniti l’azio ne dell’addetto all’emigrazione è rimasta talvolta paralizzata, perchè da mesi e mesi egli chiedeva invano 1 autorizzazione alla spesa necessaria per recarsi a visitare alcune nostre colonie.
Di fronte a tutto ciò che occorrerebbe e che per ora manca, è facile prevedere questa obiezione: E come si può aumentare di tanto in tanto la spesa?
La questione non è tutta e soltanto di spesa. Non lo è, per esempio, in ciò che concerne la savia e oculata scelta delle persone delegate a Rappresentare la patria e a proteggere i suoi figli. A proposito di che sarebbe anche oppor tuno sperimentare il sistema, che altri ha sug gerito, di speciali funzionari da inviare ogni tanto all’estero, acciò indaghino sull’opera dei Consoli e sugli effetti che se ne ritraggono.
Ma che sia anche questione di spesa, anzi principalmente, non può negarsi. Per non accre scerla di soverchio, è stato proposto qualche espe diente che potrebbe riuscire utile: come quello di servirsi, dove non si potesse istituire un uf ficio stabile, di funzionari addetti ai consolati, che girino tutto 1 anno fra i luoghi in cui siano nuclei di coloni italiani, o interessi commerciali
da tutelare o da incoraggiare. Sarebbe questa, come fu definita, una specie di proiezione am bulante. Ciò pure, del resto, darebbe luogo a una certa spesa, per quanto bene impiegata. Vi sono poi dei luoghi, dove sarebbe del tutto ne cessario istituire nuovi consolati con titolare fisso, li per ultimo è da ripetere che per taluni Consolati bisogna decidersi ad aumentare e l’ono rario e le somme messe a loro disposizione per che possano utilmente esercitare i loro incarichi. Pur evitando ogni spreco, pur procedendo a un pò alla volta, non é ammissibile che lo Stato italiano ricusi a se stesso i mezzi di secondare quella espansione etnica ed economica ehe la patria nostra deve e vuol prendere e va di fatto prendendo un pò da per tutto.
Senza di che, il diramare circolari, anche egre giamente concepite, non diciamo sia fuori di luogo, ma c’è il caso che frutti... non molto.
Variazioni di salari e di orari di lavoro
nel 1913 in Inghilterra
cor* statistiche comparate.
Il 21° volume della serie di Relazioni annuali sul lavoro in Inghilterra contiene interessanti notizie che qui riassumiamo.
Il mutamento di remunerazione ad una certa classe di operai — senza alcuna alterazione alla natura del lavoro eseguito — costituisce il mu tamento di tariffa.
Sono escluse le seguenti quattro classi di mu tamenti :
1° Mutamenti nei guadagni medi di un com mercio, dovuti non all’alterazione delle tariffe di salario per una particolare classe di lavoro, ma alle alterazioni nelle proporzioni, oscillanti Ira le classi alte e basse, i quali cambiamenti sarebbero di grande importanza nello studiare il progresso generale dei salari; però solamente un censimento periodico potrebbe darne una esatta nozione.
2 Mutamenti di tariffe di salari ad individui per promozione e progressivo incremento di sa lario.
3° Mutamenti puramente di « stagione » nei salari settimanali, che si hanno in determinati commerci in certi periodi dell’anno.
4° Mutamenti nei termini contrattuali d’im piego, che semplicemente forniscono compensi per lavoro straordinario.
Mutamenti di tariffa dei salari però possono frequentemente corrispondere a mutamenti di guadagno, ma essi, in ogni modo, non sono la stessa cosa, poiché tendono nei tempi difficili a sorpassare il guadagno, mentre negli anni buoni essi ne stanno al disotto.
Le principali sorgenti d’informazione sono: — gli stati mensili rimessi dalle società di commercio e dalle associazioni di impiegati; e dalle Trades-union ;
22 novembre 1914 L’ ECONOMISTA 743
— relazioni della stampa le quali sono spesso utili e sempre accuratamente raccolte.
La seguente tavola dimostra la media degli operai colpiti da mutamenti di salario (muta menti collettivi o no) durante l’anno 1913 distìn guendo 4 principali gruppi di industrie:
G R U P P I D I IN D U ST R IE N um . dei m u ta m e n ti M edia d e g li o p erai com p resi Edilizia... 758 287 Miniere e cave di pietra... 131 17,872 Metalli - Macchine - Arsenali . . 666 776 Industria T e s s ile ... - 287 553 Altre Industrie . . . 1,196 190
Speciali metodi d’ inchiesta sono necessari per trattare i mutamenti di tariffe di salario di certe classi di operai cioè : i governativi, gli ufficiali di polizia, marinai, inservienti ferroviari e agricoltori.
Per calcolare l’effetto del mutamento dei sa lari settimanali — da una data ad un’altra — si presume che il numero di persone impiegate alle due date sia costante e costanti siano le ore-giornaliere di lavoro, e costanti il numero di giorni di lavoro settimanale. Generalmente si calcola un’intera settimana; es. 13.150 ope rai di Northeast Coast ricevettero un aumento di 1 s. per seti.: il totale aumento fu di 13.150 s. ossia £. 657.10 s. per settimana. Nella edilizia 20.000 falegnami in Londra ricevettero un au mento di */2 d. per ora. La media delle ore set timanali era di 48.04, dunque l/2 d. per 48.04 — 2 s. di aumento settimanale per operaio: il to tale aumento fu di 2 s. X 20.0000 = £. 2000. Nel lavoro a cottimo si opera la moltiplica zione sulle liste uniformi di alcuni speciali lavo ratori per la percentuale di aumento.
Nel caso di certe industrie, nelle quali i salari sono basati su elaborate liste di prezzi è stato qualche volta impossibile di ricavare sia pure un’approssimativa stima delle variazioni di gua dagni. Infatti il mutamento di prezzo nel fare un particolare lavoro o eseguire una certa ope razione nel p'rocesso di manifattura può colpire un grande numero di operai, ma solamente quando essi in quel lavoro sono occupati.
La statistica, che si ottiene dai dati ottenuti come sopra è indicato, si può dividere in due gruppi : il primo che riflette mutamenti relativi ad industrie nelle quali il numero di operai è conosciuto ; il secondo che riflette industrie delle quali è conosciuto l’ammontare del muta mento, e sconosciuto il numero degli operai col piti dal mutamento.
Tratteremo qui del Io gruppo.
Qualunque domanda di informazione viene fornita gratuitamente e senza che occorra il
rimborso di alcuna spesa.
Il movimento nei salari (cominciato nel 1910 e continuato nel 1911 e 1912), durante la più grande parte del 1913 ha proceduto con pro gressiva rapidità; e benché vi sia stata una discesa negli ultimi due mesi, il totale netto dell’aumento di salari annuali, è solameute stato sorpassato due volte (nel 1900 e nel 1907) da che si compilano le statistiche (1893).
Il numero dei lavoranti compresi nei feno meni, di poco superiore a quello del 1912, è il più alto che sia stato notato e il numero dei cambiamenti dei quali si ebbe notizia, fu mag giore dei precedenti anni.
L’aumento dei salari nell’industria edilizia, (aumento che segna il record nel periodo dal quale le statistiche furono compilate), ha molto contribuito alla caratteristica dell’ anno stesso.
Tutti i mutamenti riportati fino alla fine di agosto erano in aumento; ma dopo quella data i salari, di quei rami di industrie metalliche (o metallurgiche) nei quali i mutamenti sono rego lati da fluttuazioni dei prezzi di vendita di ferro e acciaio, grezzi o manifatturati, comin ciarono in alcuui distretti a discendere. Il nu mero di operai (riportato al dipartimento) col pito dai cambiamenti di salari nel 1913 era di 1.906.878, (esclusi i mutamenti che colpirono gli agricoltori, i marinai e gli inservienti ferroviari) e di questi 1.868.086 ricevettero un aumento netto di £. 180.462 per settimana; e 35.727 una diminuzione netta di £. 1751 per settimana e i rimanenti 3065 operai ebbero degli alti e bassi che lasciarono pressoché immutati i loro salari.
Così il netto risultato dei mutamenti, fu di un aumento di £. 178.711 per settimana, para gonato con £. 139.404 per settimana nel 1912. 11 netto del totale degli aumenti nel 1900 e 1907 fu rispettivamente di £. 208.588 e £. 200.912.
Cosi l’avere i mutamenti nel 1913 causato un aumento di £. 178.711 per settimana significa che il totale dei salari del paese, nelle industrie comprese nelle statistiche, per una intera setti mana di lavoro alla fine del 1913 sorpassereb bero di quella somma la corrispondente settimana del 1912. La media dei salari settimanali pa gati durante l’ intero 1913 in ogni modo non sorpassò quella dei salari settimanali pagati nel 1912, poiché gl’importanti mutamenti ebbero luogo in differenti date in questi anni, ed oppor tuni confronti dovrebbero essere fatti a questo proposito nella comparazione delle medie dei salari pagati nel 1913 e nel 1912.
Si calcola che la proporzione della popolazione industriale colpita da mutamenti nel 1913 sia ¿el 19,1 per cento e questa è la più alta pro porzione negli ultimi dieci anni nei quali la percentuale raggiunse 5,6 nel 1910 e 18,0 nel
1912.
La proporzione di operai occupati in industrie particolari era nel 1913, come di consueto, la più alta nella categoria minatori di carbone, raggiungendo il 91,3 °/0.
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G R U P P I D I IN D U S T R IE
N um ero di operai compresi l'aum ento delle tariffe di
1912
indus tria E d i l i z i a ... yo ooa Miniere di Carbone... . . . 927293 Altre miniere (ferro eoe.)... [
Cave di pietra... Manifatture di G h i s a ... Manifattura di Ferro e Acciaio
Cantieri e A rse n a li... Altre Industrie M e ta ll u r g ic h e ... Industrie t e s s i l i ...
Industrie del panno... Industrie dei Trasporti ( 1 ) ...| Industrie g r a f i c h e ... Industrie vetraria, di mattoni ecc... [ Altre industrie ( 2 ) ...
Agenti p u b b l i c i ... [
(1) E s c lu si i m a rin a i e i fe rro v ieri (2) E s c lu si g li a g ric o lto ri N um ero £. N um ero 95.653 8.360 189.871 927.293 76.905 978.724 20.737 2.511 21.717 3.613 323 15.717 18.022 2.556 18.001 54.791 7 553 56.621 190.704 11.289 224.832 18.030 2.490 38.197 341.505 15.255 143.351 3.802 345 19.810 24.850 2.816 49.236 5.546 403 12.782 13.324 1.098 25.007 23.596 2.132 40.927 76.771 5.368 72.085 1.818,240 139,404 1.906,878
e am m ontare netto dei- salari p e r settim ana nel
1913 £. 23.165 102.175 2.004 1.184 81 1.854 13.521 3.755 9.640 2.709 5.329 1.009 2.012 4.439 5.834 178,711 ( Contiuua)
RIVISTA BIDLIOQRAFICA
i elice (riitiriiieri. — La questione aqraria nel Cremonese. - Conduttori di fondi e con tadini. — 1915, Cremotia, pag. 156, L. 2. L’Autore si è proposto di compiere una inda gine critica intorno ai rapporti correnti tra con duttori di fondi e contadini nella provincia di Cremona e più precisamente nella prima parte del suo lavoro studia il fenomeno della trasfor mazione di codesti rapporti quale si è venuto attuando nell’ultimo ventennio, la ricerca delle cause e del loro valore sociale; nella seconda studia detti rapporti nella loro fase presente e nel loro divenire.
Sebbene lo studio sia stato localizzato nel campo di osservazione della sola provincia di Cremona, pure l’interesse della indagine non è minore anche per gli agricoltori di altre pro vinole e per gli studiosi del problema agrario, che è pur sempre il problema più interessante e più impellente del paese nostro. Il sig. Felice 1 ' u ani ieri, mostra in tutto lo svolgimento della sua critica un fine acume ed un buon fonda mento di dottrina. A parte quelli che possono essere i convincimenti politici che hanno guidato in talune parti la direzione dello studio, rimane in esso tanta dose di conoscenza dei problemi sociali, da meritare una giusta considerazione. Prof. Giuseppe Yicarelli. — Lavoro e mater
nità - Studio etnico, clinico e sociale — Ro ma 1914. Ripamonti, pag. 147.
Esce veramente dalla nostra competenza il criticare un’opera il cui contenuto è più spe cialmente medico, ma poiché le conclusioni delle osservazioni scientifiche dell’Autore entrano anche nel campo sociale, e si immedesimano in gran parte nei^ gravi problemi delle malattie professionali, sarà opportuno il riportar somma riamente alcune di quelle conclusioni, che di per
se sole invogliano chiunque a conoscere più com pletamente i fatti e i ragionamenti che le hanno determinate, e che sono cosi concise nella loro struttura da non poter essere riassunte :
A) Lavoro industriale. — Vuoi perchè le donne non vengono ammesse che in certe determinate in dustrie, ed escluse da quelle più nocive, più perico lose e più insalu bri; vuoi perchè le operaie addive nute madri abbandonano spontaneamente l ’opificio o dall opifìcio, a gravidanza più o meno avanzata, ven gono respinte; vuoi per una maggiore e più diffusa osservanza, da parte dell'industria, dei dispositivi dei vigenti nostri Codici Sanitario e del Lavoro; vuoi per le migliorate condizioni economico-sociale delle classi lavoratrici in genere, per tutte queste ragioni o coef ficienti osserviamo oggi che il lavoro della donna nelle aziende poco o punto ed assai raramente com promette il normale decorso della gravidanza nella madre-operaia.
L aborto ed il parto prematuro, che rappresentano nella patologia ostetrica dell’operaia-madre le forme cliniche più frequenti ad osservarsi, sono, supposto sano l’altro coniuge, come l'aumento della sterilità della donna, conseguenze, nella grande maggioranza 'lei. casi,.di. altre svariate cause nocive o morbose con comitanti nell operaia gravida (debolezza organica con genita ed ereditaria, da allattamento, allevamento, puericoltura impropria: malattie costituzionali e ve neree: vita antigienica: prostituzione: alcoolismo, ecc.) ed assai più rar amente sono conseguenze dovute al-I unica causa, malattia professionale o lavoro indu striale.
Delle diverse industrie quelle che compromettono o ledono a preferenza l'umano apparato respiratorio (specie : Industrie tessili e polverose, eco.), sono quelle che riescono per l'operaia-gravida in più modi piit pericolose e nocive: le forme moibose respiratorie aggravandosi con e per lo stato di maternità minac- cerebbero poi a lor volta la gravidanza, quindi indi rettamente la gravidanza verrebbe compromessa.
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B) Lavoro cerebrale. — In quelle aziende che occupano la donna ad un lavoro cerebrale protrat to impiegate, segretarie, maestre, postelegrafoniche, eco.), specie se compiuto in ambienti sotto diversi riguardi poco igienici o turbato da penosi stati del- l’animo, ed associato ad un regime dietetico non co n facente o sregolato, in tutte queste operaie del cer vello più che del braccio, nelle quali si è andato stabilendo una certa labilità ed un certo eretismo del proprio sistema nervoso, in queste operaie la gravi danza mai o quasi mai mina la loro esistenza, ma per contro la gravidanza si an nuncia e si accompa gna con più accentuati fenomeni nervosi o riflessi, eon una maggiore intolleranza od iperestesia dell'or gano gestatore.
C) Lavoro fisico-m eccanico. — In quelle azien de nelle quali l’operaia-madre attende ad un lavoro tìsico-meccanico, talora, o in causa di eventuali tr au matismi cui può accidentalmente incorrere, o in causa di particolare od obbligato atteggiamento del corpo cui deve sottostare, può il decorso della g r a vidanza essere direttamente od indirettamente minac ciato o compromesso; ma queste, sono sempre ev e nienze assai rare a riscontrarsi anche perchè la don na addivenuta madre, di regola abbandona del tutto dette occupazioni, e dedicanc'ovisi si fa sempre più guardinga e più prudente col progredire della su a gravidanza.
In u na parola oggi il lavoro nelle aziende e le re lative malattie professionali, pur potendo nuocere in taluni casi al normale decorso della gravidanza del- l’operaia-madre, influenzano precipuamente e massi mamente per la vita vissuta, lo sviluppo del prodotto del concepimento della donna-operaia, dandoci, le classi lavoratrici-operaie, della città in ¡special modo, un prodotto umano sempre più scadente in confronto di quello che si aveva un tempo dalle classi lavora trici in genere.
Questo per le madri-operaie, lavoratrici nelle aziende, poste sotto l’egida di provvide leggi umanitarie e civili: ma ben altro è per quelle madri-operaie, salariate lavoratrici a domicìlio; per queste che sospinte, al truisticamente, ad un diuturno indefesso ed e s a u riente lavoro, lavorano nella propria casa an gusta ed antigienica, in seno alla propria famiglia numerosa, fragile, bisognevole, sentendo e dovendo, queste sante creature, queste donne-madri, sublimi nel sacrificio, provvedere e compiere ad un tempo due funzioni nel consorzio umano: quella di operaia nella Società col provvedere materialmente al sostentamento della fa miglia, e quella di operaia nella specie col pro vve dere organicamente allo sviluppo del feto.
« Il lavoro industriale, il lavoro salariato, delle gravide, a domicilio, perché nè tutelato, nè discipli nato, riè controllato, è oggi addivenuto più temibile del lavoro nelle aziende ».
Urge porvi qualche riparo, urge provvedere. E se è giusto che l’ope'ra di miglioramento fisico, intellettuale e sociale si sia rivolta sugli uomini, è altrettanto giusto e doveroso che sulla donna pure si esplichi questa opera di redenzione, e specialmente sulla donna perchè essa è, e diventa a su a volta, il mezzo più attivo’ e più efficace per il miglioramento fisico-morale di ambedue i sessi.
Relativo riposo del corpo, calma dello spirito, nu trizione conveniente, vita igienica, sono i quattro coefficienti principali per una normale gravidanza e per mi miglioramento fisico della prole.
Ai legislatori, ai filantropi, ai sociologi l'appello nostro.
Ma « più della legge deve fare l’opera della soli darietà civile, dell’amore sociale, della carità. Le con quiste dei tempi moderni, i benefizi delle grandi ri voluzioni politiche non saranno nè sicuri, né com piuti fino a che un moto di giuste, graduali, ragio nevoli riforme, spontaneamente promosse da ogni or dine di cittadini, non corregga, con provvidi e g en e
rosi rimedii, le conseguenze, necessarie delle eterne disuguaglianze di forza fisica, di mente, d ’averi »
Bo s e l l i, 1879).
Agli studiosi di Medicina Sociale il compito di un novello studio medico-sociale: « Etnografia di malat tie professionali e Procreazione — Lavoro e P r o genie ».
Gli Istituti di emissione
e la
circo la zio ne ba n c a ri a di S ta to .(l)
IV.
Circolazione di Stato.
Al 31 dicembre 1913 la circolazione di Stato ascendeva a milioni 499.070.695 e, cioè, ad una cifra che si avvicina ;t quella di 500 milioni, limite massimo autorizzato, ed era maggiore di lire 97.080 di quella alla stessa data del 1912.
Tale aumento è la risultante:
a) della diminuzione di lire 1.802.920 nella circolazione per conto del Binco di Napoli, in seguito alla nota operazione dei 15 milioni, in conseguenza del ritiro di altrettanti biglietti cor rispondenti alla quota di riscatto delle specie d’oro di proprietà del Banco alla fine dell’anno:
b) dell’aumento di milioni 1.900.000, dispo sto con Decreto Ministeriale 14 luglio 1913, in esecuzione dell’articolo 2 della legge 29 dicem bre 1910 secondo il quale il Tesoro è autoriz zato ad emettere biglietti, interamente coperti da riserva, in sostituzione di quelli che via via, vengono ritirati dalla circolazione, in seguito al riscatto graduale delle valute d’oro, cedute ad esso temporaneamente dal Banco di Napoli per la ricordata operazione di 45 milioni. In conse guenza di tale facoltà il Tesoro avrebbe ancora un margine disponibile di emissione di L. 929.305, pari alla differenza tra l’aui montare della cir colazione autorizzata colla detta legge 29 di cembre 1910 e quello della circolazione rappre sentante il residuo dell’operazione dei 45 milioni. Dalla stessa dimostrazione rilevasi ancora che la riserva a garanzia della circolazione di Stato da milioni 241.150.870 alla fine del 1912 era discesa alla fine del 1913 a milioni 17.239.075, e cioè di lire 123.911.795; diminuzione che quasi raggiunge la somma di milioni 125 che, in ap plicazione del Regio Decreto 20 novembre 1915, venne prelevata dalla Cassa depositi e prestiti, presso cui era depositata a garanzia della cir colazione nel limite di milioni 400, e versata al fondo di dotazione della Regia Tesoreria per impiegarla, mediante controvaluta nel servizio di Cassa.
Rispetto al taglio la circolazione dei biglietti di Stato si ripartiva alla fine del 1913 nel modo seguente:
Da L. 5 N. 51.643.414
» » IO » 24.000.000
» » 25 » 34.145
Banco di Napoli,
Fino al 31 dicembre 1913 il Banco di Napoli era stato autorizzato a fabbricare biglietti :
N um ero 575.000 da L. 1.000 ugnale L. 575.000.000 1.112.000 » 500 » » 556.000.000 5.130.000 » 100 » » 513.000.000 12.180.000 V» 50 » » 609.000.000 Totale L. 2.253.000.000 dei quali alla stessa data rimanevano da fab-bricare biglietti:
N um ero
175.000 da L. 1.000 uguale L. 175.000.000
225.000 » 500 » » 112.500.000
Totale L. 287.500.000 Però dei biglietti fabbricati rimanevano da avvalorare al 31 dicembre ultimo scorso:
N um ero
2.000.000 da L. 100 uguale L. 200.000.000 4.560.000 » 50 » » 228.000.000 Toiale L. 428.000.000 Per il Banco di Napoli risultavano infine ri-tirati dalla circolazione e disti•utti biglietti :
N u m ero 140.134 da L. 1.000 uguale L 140.134.000 259.765 » 500 » » 129.882.500 1.338.205 » 100 » » 133.820.500 4.277.751 » 50 » » 213.887.550 Totale L. 617.724.550 Banco di Sicilia.
Alla fine dell’anuo 1913 erano state autoriz zate le seguenti fabbricazioni di biglietti del Banco di Sicilia: N um ero 195.000 da L. 1.000 uguale L. 195.000.000 220.000 » 500 » » 110.000.000 1.145.000 » 100 » » 114.500.000 2.135.000 » 50 » » 106.750.000 Totale L. 526.250.000 destavano però ancora da fabbricare:
N um ero 50.000 da L. 1.000 uguale L. 50.000.000 50.000 » 500 » » 25.000.500 500.000 » 100 » » 50.000.000 800.000 » 50 » » Totale E. 40.000.000 165.000.000 Il ritiro dalla circolazione ed :il successivo abbruciamene dei biglietti erano stati effet tuati per: N um ero 27.423 da L. 1.000 uguale L. 27.423.000 41.417 » 500 » » 15.708.500 139.564 » 100 » » 13.456.400 270.910 » 50 » » 13.545.500 Totale L .__ 70,133.400 Circolazione m etallica.
In applicazione dell’art. 2 della legge 9 lu glio 1905 è stata continuata nel 1913 la gra duale sostituzione delle vecchie monete di bron
zo, di quelle di nichelio misto da cent. 20 con quelle di nichelio puro e si è chiuso col 31 gen naio di detto anno il cambio di nichelio da cent.
25-L’importo di queste ultime monete, che sono state ritirate dalla circolazione, è stato di lire 3.338.288,50 sull’ originaria emissione di lire 3.417.000; la differenza in L. 78.711,50 è stata colpita da prescrizione.
Il ritiro dalla circolazione delle monete di bronzo sfregiate e deturpate venne prorogato con circolare 2 giugno 1913 al al 31 dicem bre 1913.
Infine col R. D. 26 gennaio 1913, è stato au torizzato un nuovo processo di deformazione delle nuove monete di nichelio misto da 20 cent, di bronzo da 10 centesimi, da alienare ai sensi della citata legge 9 luglio 1905 e, cioè, quello della laminazione mediante cilindri rigati.
Particolarmente ragguardevole è stato il nu mero di monete divisionarie d’argento, di cui con R. D. 1° dicembre 1912, era stata autoriz zata come si accennò nella precedente relazione, una nuova coniazione per l’importo di 18 mi lioni di lire.
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Per quanto riguarda la circolazione monetaria delle Colonie con R. D. 15 agosto 1913, è stata autorizzata la coniazione per la Somalia italiana di n. 200.000 monete da una besa, di n. 300.000 da due bese, di n. 500.000 da quattro bese, non ché di n. 300.000 da una rupia, u. 100.000 da mezza rupia e 100.000 da un quarto di rupia.
Si è provveduto ad inviare nelle altre due Colonie le monete richieste dall’accresciuto mo vimento degli scambi. Speciale potere assorbente ebbe la nuova colonia della Libia, ove circolano attualmente le monete e i biglietti della madre patria, specialmente in seguito al ritiro delle monete turche, che per ragioni esclusivamente politiche era stato prorogato rispettivamente al 31 marzo 1912, per la Tripolitania ed al, 31 marzo 1913 per la Cirenaica. Ormai tutta la costa e gran parte delle regioni dell’ interno delle due dette regioni hanno adottato non solo in diritto ma anche in fatto il regime monetario italiano che vi ha incontrato pieno favore.
Prezzi del Consolidato.
Il corso del nostro consolidato al 31 dicem bre ultimo era sulla Borsa di Parigi di 98,70, sulla Borsa di Roma di 98,88.
Nel 1913 si ebbe un inasprimento nel corso dei cambi su Parigi ciò che si può vedere dal seguente specchietto:
massimo 102.97,50
minimo 100.15 —
media 101.76,27
Movimento dei metalli preziosi.
Secondo le statistiche doganali il movimento dell’oro e dell’argento è rappresentato dalle se guenti cifre :
Esporta«. Im p o rta z.
oro grezzo o monetato 40.539.800 19.273 600 argento monetato 33.747.400 1.740.800
22 novem bre 1914 L’ ECONOMISTA 747
B iglietti bancari.
Dati’inizio dell’attuale regime bancario fino al 31 dicèmbre 1913 il movimento dei biglietti di banca è stato il seguente :
Banca d’ Ita lia.
A tutto il 31 dicembre 1913 le fabbricazioni dei biglietti, autorizzate erano:
N u m ero 1.515.000 da L. 1.000 uguale L. 1.515.000.000 3.350.000 » 500 » » 1.665.000.000 22.520.000 » 100 » » 2.252.000.000 40.700.000 » 50 » » 2.035.000.000 Totale L. 7.467.000.000 Alla stessa data risultavano distrutti, perchè logori o danneggiati, e quindi ritirati dalla cir colazione biglietti : N u m ero 1.130.000 da L. 1.000 uguale L. Ì.130.000.000 1.638.000 » 500 » » 819.000.000 10.150.000 » 100 » » 1.015.000.000 19.000.000 » 50 » » 995.000.000 Totale L. 3.959.000.000
LEGISLAZIONE TR IB U T A R IA
Continuiamo la. pubblicazione degli ultimi decreti, colle annesse relazioni, di recente ema nati dal Governo in materia tributaria.
Aumento dell’addizionale alle tasse sugli affari.
Relazione del Ministero nelle Finanze a S. M. il Re iu udienza 22 ottobre 1914 sul Decreto le gislativo n. 1155 per 1’ aumento dei 2 al 5 per ceuto dell’addizionale alle tasse sugli affari, salvo le esenzioni dichiarate; e per la devoluzione della addizionale stessa allo Stato.
Sire,
Con decreto del 15 ottobre la Maestà Vostra approvò 1’ aumento da due a cinque centesimi dell’addizionale all’imposte dirette già stabilita dalla legge 12 gennaio 1909, n. 12, e' ne dispose la devoluzione allo Stato, stabilendo di corri spondere a favore dei Comuni e delle Provincie danneggiali dal terremoto, la somma di lire 9.100.000. per il secondo semestre dell’esercizio in corso.
In quella occasione fu fatta riserva di sotto porre alia approvazione della Maestà Vostra un altro provvedimento, che valesse ad integrare quello ora accennato, nei riguardi dell’addizio nale alle tasse sugli affari.
Per queste tasse sono stati decretati, e per altre lo saranno in seguito, aumenti di tariffe o di aliquota comprensivi di decimi e dell’ad dizionale.
Ma la maggior parte delle tasse sugli affari rimanendo immutata, dovrà continuare ad es sere colpita dall’addizionale, e questa deve ap plicarsi — pel voto e l’autorizzazione del Par
lamento — in misura identica per le imposte dirette e le tasse sugli affari.
Ho l ’onore di presentare alla Maestà Vostra 10 shema di decreto che dà esecuzione a tale provvedimento.
Col primo articolo si dispone l’aumento del- 1’ addizionale da due a cinque centesimi, indi candosi partitamente i singoli rami di tasse su gli affari che vi sono soggetti. Si escludono sol tanto le sopratasse sui trasporti con mezzi fer roviari e di navigazione •— perchè queste sono già stabilite in misura non suscettibile di au mento — e la addizionale alla tassa graduale sulle cambiali, fino a che persiste l’attuale crisi del credito.
Con l’art. 2 viene dichiarata la devoluzione intera allo Stato di tutta l’addizionale alle tasse sugli affari e della sopratassa sui trasporti, e si disciplina, in chiari termini, la decorrenza del provvedimento, a seconda i vari rami di tassa a cui l’addizionale stessa viene applicata.
In fine si chiarisce che nessun altro compenso è dovuto dallo Stato ai Comuni e alle Provin cie per questa parte delle addizionali. Nella somma, invero, di L. 9.100.000, che fu loro ac cordata con il decreto del 15 ottobre, è comprésa anche la quota afferente le tasse sugli affari èi. i trasporti ferroviari.
La Maestà Vostra vorrà apporre — come con fido — l’augusta sua firma al decreto unito, pre disposto di concerto col ministro del Tesoro.
Art, 1. — A cominciare dal 1° novembre 1914 è elevata da due a cinque centesimi per lira l’addizio- zionale che si applica in forza della legge 12 g e n naio 1909, n. 12, prorogata con la legge 28 luglio
1911, n..842:
alle tasse di registro sugli atti e contratti civili e commerciali e sugli atti giudiziali ;
alle tasse di manomorta;
alle tasse in surrogazioni del bollo e del registro, e a quelle sulle assicurazioni e sui contratti vitalizi;
alle tasse ipotecarie;
alle tasse sulle concessioni governative e per gli atti e provvedimenti amministrativi, comprese le tasse sulle concessioni governative speciali;
o a quelle fra le altre tasse sugli affari che non vengano espressamente dichiarate esenti dalla addi zionale con Regi Decreti in virtù della legge 19 lu glio 1914, n. 694.
Per la addizionale sulle tasse di successione e di donazione, resta fermo il disposto del Nostro Decreto 27 settembre 1914, n. 1042.
Fino a nuova disposizione la addizionale sulla tassa graduale per le cambiali ed altri effetti e recapiti di commercio continua ad applicarsi nella m isura sta bilita daU’artioolo 2 della legge 12 gennaio 1909, n. 12. Resta immutata la sopratassa sui trasporti stabilita a titolo di addizionale con l’art. 15 della l e g g e 14 lu glio 1912, n. 835, modificata dall’art. 5 della legge 8 giugno 1914, ri. 631.
Art. 2. — Fino al 31 dicembre 1914 è devoluto allo Stato l'aumento dell’addizionale da due a cinque cen tesimi di cui all’articolo precedente.
Dal 1° gennaio 1915 l ’intera addizionale di cinque centesimi e la intera sovratassa sui trasporti stabi lita a titolo di addizionale sono devolute/alio Stato.
Nella somma di L. 9.100.000 a favore delle P rovin cie e dei Comuni danneggiati dal terremoto stabilita con altro Nostro Decreto per il secondo semestre del l’esercizio finanziario 1914-1915 è compresa anche la addizionale relativa alle tasse sugli affari.