• Non ci sono risultati.

L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.11 (1884) n.548, 2 novembre

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.11 (1884) n.548, 2 novembre"

Copied!
16
0
0

Testo completo

(1)

L'ECONOMISTA

G A Z Z E T T A S E T T IM A N A L E

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, F E R R O V IE , IN T E R E S S I P R IV A T I

Anno XI - Voi. XV •

Dom enica 2 Novem bre 1884

N . 548

.

IL LAVORO DELLA GIUNTA PARLAMENTARE

P E R IL PEOGETTO FERROVIARIO

Ieri (31) al Ministero dei Lavori Pubblici i Ministri Genala, Magliani, Grimaldi e gli assuntori dell’ eser­ cizio delle reti Mediterranea, Adriatica e Sicula, hanno firmato l’atto addizionale alle Convenzioni sti­ pulate il 23 maggio ultimo scorso. L’atto addizio­ nale approva le modificazioni che, in seguito agli studi fatti dalla Commissione parlamentare, vennero introdotte nei contratti, nei capitolati, nelle condizioni di trasporlo e nelle tariffe delle tre reti, di concerto tra la Commissione, il Ministro e gli assuntori.

In pari tempo i relatori, che hanno già letto le traccie del loro lavoro alla Commissione stanno, coor­ dinandole definitivamente così che per il giorno IO di novembre potranno essere distribuiti ai deputati tutti i documenti relativi a questo progetto.

Desumendole dalle discussioni che vennero pubbli­ cate intorno al recente lavoro della Commissione parlamentare e valendoci anche di nostre particolari informazioni, crediamo di poter concretamente indicare le principali modificazioni che sono state oggetto del­ l’atto addizionale al contratto.

I .° Una delle disposizioni del contratto obbli­ gava la Società a comporre il Consiglio di membri j quali avessero la nazionalità italiana. Ora invece sarebbe disposto che anche il direttore generale debba godere tale requisito. Era però a questo proposito stata sollevata la questione se una parte dei membri del Consiglio dovesse essere nominata dal Governo; que­ sta proposta non venne accettata per molte ragioni importantissime. La prima che il Governo non avrebbe potuto avere nel Consiglio che una minoranza e quindi un’ influenza affatto relativa e indecorosa ; la seconda che, trattandosi di un contratto a com­ partecipazione, lo Stato avrebbe divisa con la nomina di alcuni membri del Consiglio, una responsabilità sull’andamento della amministrazione ; finalmente che tale ingerenza avrebbe ancora più diminuito il ca­ rattere di esercizio privato che i proponenti già la­ mentavano non fosse sufficientemente impresso nelle convenzioni. Venne anche proposto che un Com­ missario governativo assistesse a tutte le sedute sotto pena di nullità ; ed alcuni volevano dare al Com­ missario stesso un voto deliberativo, altri solo con­ sultivo, altri infine solo la facoltà di presenziare. Fu obbiettato molto facilmente che il voto deli­ berativo sarebbe stato ozioso, il consultivo perico­ loso, poiché comprometteva le future decisioni del Governo ; la sola facoltà di presenziare, un inutile

possibile inceppamento alla azienda, potendo te­ mersi che il Governo si serva di questo mezzo per rendere impossibili le sedute o per ritardarle. Siccome però tali proposte contenevano il desiderio legittimo che il Governo potesse avere il mezzo di seguire passo passo tutto il movimento eeonomico- fìnanziario e tecnico delle Società, le quali in fin dei conti amministrano il patrimonio dello Stato, mentre questi percepisce una parte dei prodotti lordi e netti della impresa, venne opportunamente con­ venuto che le deliberazioni del Consiglio di Ammi­ nistrazione concernenti l’esecuzione del contratto ven­ gano senza indugio comunicate all’Ispettorato gover­ nativo sull’esercizio delle strade ferrate, e che que­ sto Ispettorato abbia diritto di chiedere i motivi delle deliberazioni stesse.

2.° Si è lungamente discusso intorno alla du­ rata del contratto, che nel primitivo progetto era stata fissata in sessanta anni divisi in due periodi di 30 anni ciascuno. È noto che venne modificata questa disposizione mantenendo la durala complessiva dei 60 anni, ma dividendola in tre periodi di 20 anni ciascuno, con diritto a disdetta da intimarsi due anni prima della scadenza di ciascun periodo. Vediamo che la R assegna a questo proposito non si mostra ancora contenta e quasi quasi vorrebbe fare una questione capitale perciò che il primo periodo non fu ridotto a 15 anni. Ci pare però che manchi il fondamento per sollevare una simile questione, e tanto meno per farla apparire essenziale. Se anche la R a s­

segna vuol mantenere il suo ideale, l’esercizio gover­

(2)

conside-702 L ’ E C O N O M I S T A 2 novembre 1884 razioni, non insisterà, vogliamo credere, sopra un

punto che non ha e non può avere importanza e che essa non ha ancora abbastanza giustificato.

3.° E pure notevole, sebbene apparentemente non sembri, la modificazione introdotta per ciò che riguarda le tariffe internazionali. L’ on. Genala ac­ cettando il concetto della unificazione delle tariffe ed applicandolo mediante il servizio cumulativo tra le due re ti, così che i trasporti si eseguiranno per il pubblico come se esistesse una sola amministrazione, ha voluto togliere completamente il danno che og­ gidì risente il commercio pella difformità delle con­ dizioni, dei prezzi e delle modalità. Questa unifica­ zione però, affinchè si mantenesse tale, aveva bisogno di essere applicata anche per ciò che riguarda le tariffe internazionali ; perciò era disposto che le ta­ riffe internazionali fossero presentate all’ approvazione del Governo dalle due Società esercenti le reti con­ tinentali, le quali avessero entrambi il diritto di es­ sere rappresentate alle eventuali conferenze, tanto all’interno quanto all’estero; e che se le due Società non si trovassero concordi nella determinazione di tali tariffe internazionali, il Governo decidesse. Ma, come ben si com prenderle proposte di nuove ta­ riffe possono venire oltreché dalle due Società con­ cordi o da ciascuna di esse, anche dal Governo o da terzi interessati, come sarebbero le amministra­ zioni estere, ed è quindi naturale che a mantenere il concetto di cui sopra, il Governo si obblighi di presentare le eventuali proposte non ad una sola , ma ad ambedue le Società esercenti. Nel contratto primitivo quest’ obbligo era stato convenuto sola­ mente per le proposte dei terzi ; ora la disposizione venne modificata così, che il Governo è tenuto a comunicare ad ambedue le Società anche le proposte che pervenissero da sua iniziativa.

4 ° Le minuziose disposizioni colle quali l’ono­ revole Genala ha saputo risolvere la questione arti­ ficialmente gonfiata della linea Milano-Chiasso, hanno trovato favorevole accoglienza nella Commissione. Co­ loro stessi che vollero difendere pretesi interessi che erano dai contratti piuttostochè trascurati eccessiva­ mente valutati, fiaccamente sostennero le proposte di assegnare la linea alla rete Adriatica, o di dare a questa la direzione della linea stessa resa comune. Fu facile perciò vincere i deboli tentativi di modi­ ficazione, ma invece vennero migliorate le garanzie di neutralità della linea, cioè venne maggiormente esplicato il concetto che I’ on. Genala aveva intro­ dotto nel contratto. A questo appunto tendono due modificazioni convenute intorno alle disposizioni che riguardano questa linea. La prima, che se le ta­ riffe speciali che sì introducessero nella Milano- Chiasso dessero luogo a disaccordo tra le due Società, sia giudice il Governo al quale verranno sottoposte per la approvazione. La seconda che un ispettore governativo debba vigilare direttamente sull’esercizio della linea Milano-Chiasso ed abbia poteri da deter­ minarsi per regolamento, affinchè le clausole del con­ tratto siano rigorosamente osservate.

5.° Un dubbio poteva esser sollevato sul modo con cui si assoggettava alla imposta di ricchezza mobile il correspettivo che i fondi di riserva debbano pa­ gare alle Società per l’ impiego del capitale nel ma­ teriale mobile. Forse le diverse disposizioni del con­ tratto lasciavano chiaramente dedurre l’ intenzione delle parti contraenti; ad ogni modo la Commis­ sione volle determinato ancìie questo punto, onde

venne convenuto di aggiungere al relativo articolo una esplicita dichiarazione per la quale la parte degli utili della Società rappresentata dal correspet­ tivo per il materiale mobile (L . 7,820,000 alla rete Mediterranea, L. 5 milioni il primo anno, L. 6,660,000 gli anni successivi, e L. 868,000 per la Sicula) è dichiarato che sarà soggetta alla imposta di ric­ chezza mobile stabilita per i redditi della catego­ ria A .; le altre somme di utili invece saranno sog­ getti alla imposta che grava i redditi della cate­ goria B .

6. ° Sono note le vicissitudini dei due stabilimenti metallurgici di Pietrarsa e di Granili, i quali fondati del Governo Borbonico, nel 1859 passarono al Go­ verno Nazionale che subito li cedette alla industria privata onde potessero prosperare. Ma una ribellione di operai contro gli assuntori rese impossibile di raggiungere l’ obbiettivo allora vagheggiato, onde con diversi provvedimenti i due opifici rimasero in amministrazioue dello Stato, riuscendo tutt’altro che attivi. A definire questa pendenza fon. Genala aveva aggiunto al contratto colla Mediterranea un articolo pel quale questa Società si assume l’esercizio dei due stabilimenti, rimanendo però facoltà allo Stato di alienarli o cederne ad altri l’esercizio senza com­ penso alcuno alla Mediterranea. La Commissione Parlamentare osservando che difficilmente, anche per l’esperienza già fatta, avrebbesi potuto trovare, nelle condizioni attuali della industria italiana, chi utilmente esercitasse quei due stabilimenti, e che d’altronde la Società Mediterranea, soprattutto quando saranno compiute le linee calabresi votate colla leg­ ge 1879, avrà bisogno di avere presso Napoli dei grandi opifici per la costruzione e la riparazione del suo materiale mobile, ha domandato al Ministro che rinunciasse alla facoltà di riscatto riservatasi. E venne convenuto appunto in questo senso anche nella con­ siderazione della breve durata del contratto. A suo tempo i lettori avranno anche veduto nei giornali che fu fatta questione se nella stipulazione doveva dirsi che la Società si servisse dei due stabilimenti come di opifici centrali o p r im a r i, e venne accet­ tato quest'ultima formula perchè non si potesse in­ terpretare nel senso che negli stabilimenti di Pie­ trarsa e di Granili dovevano concentrarsi le altre officine che esistono a Pisa, a Torino ed altrove.

7. ° Finalmente venne soppressa la disposizione che obbligava la Società Mediterranea ad assumere l’esercizio della rete Sicula, e le venne invece fatto obbligo di assumere a richiesta del Governo il ser­ vizio cumulativo marittimo fra la rete Sicula e la rete propria attraverso lo stretto di Messina. La prima disposizione diventava inutile subitoohè erasi stipulato il contratto colla nuova Società che assu­ me l’esercizio della rote sicula. La seconda soddisfa ad un desiderio espresso dalla Commissione parla­ mentare.

(3)

2 novembre 1884 L ’ E C O N O M I S T A 703

LA RELAZIONE

d e lla Com m issione s u lla r if o r m a d e lla le g g e P r o v in c ia le e C om unale

È stata pubblicata una voluminosa relazione della Commissione parlamentare intorno al disegno di legge concernente la riforma della legge comunale e Pro­ vinciale presentato dall’on. Depretis nella tornata del 23 Novembre 1882 alla Camera dei Deputati.

L ’on. Lacava relatore avverte come la Commis­ sione si costituì I’ 11 maggio 1883, e questa data e la gravità del problema da esaminare spiegano l’ indugio nel presentare la relazione. Il quale in­ dugio non lamenteremo, se il nuovo progetto varrà veramente a migliorare gli ordini amministrativi. Avviene spesso che quando si agita una questione importante l’attenzione di tutti si rivolge su quella e si dimenticano troppo facilmente altre questioni che pure occorre risolvere. Nella complicanza degli organi e delle funzioni dello Stato odierno, occorre, per così dire, che ogni parte del vasto congegno si trovi in condizioni tali da contribuire all’armonico movimento del tutto. Ora non vi ha dubbio che in uu libero paese le istituzioni locali debbono rispon­ dere allo spirito del sistema che lo governa ; se la vita locale non può svolgersi rigogliosa, i danni ne sono risentiti da tutto quanto il paese, e sono danni politici, morali ed economici a un tempo. Danni politici, perchè se manchi una equa autonomia dei corpi locali si produrrà necessariamente quel con­ centramento amministrativo, che presso i nostri vi­ cini di Francia spense la vita locale e rese così facili e così frequenti i colpi di Stato e le rivolu­ zioni compiutesi in un centro, dove artificialmente si riduceva tutta la vita della nazione; danni morali, perchè a coloro che entreranno nella vita pubblica sarà tolta la migliore educazione, quella che si acquista nel maneggio e nella pratica degli affari locali, e mercè la quale s’ impara a trattare co­ gl’ interessi e colle passioni e si apprende altresì che è molto più facile criticare che fare; danni economici infine poiché, ognuno comprende come tutto quello che agevola ai cittadini lo sviluppo delle loro facoltà giovi ad accrescere per mille vie diverse la prosperità privata e pubblica insieme.

La legge che ci governa risale al 1863 e fa parte di quelle leggi che stabilirono la unificazione amministrativa. È possibile che altri trovi che in Italia si unificò troppo e troppo in fretta e che senza detrimento della unità nazionale si poteva aspettare a levare affatto di mezzo certi sistemi che allora vigevano e che avevano per sè il merito di lunghe tradizioni e di felici esperienze. E forse tutto questo è vero, ma sarebbe ingiustizia disco­ noscere la forza del supremo concetto politico, che spingeva gli uomini di Stato italiani a d . assicurare i frutti della unità maravigliosamente conquistata. Bisognava rovesciare le barriere e, come altri disse, rompere l’ incanto, passar l’Appenniuo, fare entrare Napoli, Firenze e altre cospicue città nel diritto co­ mune del Regno. E l’ Italia fu fatta; solamente sa­ rebbe oggi imperdonabile, appunto perchè è fatta, non attendere a migliorare con ogni eura i suoi ordinamenti.

Si è iniziata la trasformazione dei tributi; si è rinnovata la legge elettorale politica ; è tempo di pensare alla legge comunale e provinciale. L ’ ono­ revole Lacava ha nella sua relazione tracciata la storia delle diverse legislazioni italiane fino alla legge del 23 ottobre 1839, e toccato dei successivi progetti del Minghetti, del Ricasoli, del Peruzzl, che rimasero let­ tera morta. Decretato il trasferimento della capitale a Firenze, il Governo ebbe facoltà di pubblicare e rendere esecutorii in tutte le provincie del regno al­ cuni progetti di legge d’ordine amministrativo, fra cui la legge comunale e provinciale. La Camera poi modificò il progetto a questo proposito concertato fra Ministero e Commissione, il quale così emendato di­ venne legge dello Stato il 20 marzo 1863.

Siccome la discussione non fu fatta sui punti prin­ cipali, e tanto meno sugli articoli, ma unicamente per allegato, era naturale che si tentasse rimediare alle imperfezioni della legge, che lo stesso on. Lanza che aveva presentato il suaccennato progetto aveva rico­ nosciute. L ’on. Rattazzi nel 1867 nominò una Com­ missióne col mandato di studiare le opportune r i­ forme. Questi studi non ebbero poi applicazione. Altri progetti furono presentati in seguito, fra i quali uno del Ministro Cadorna, su cui riferirono a nome della Commissione parlamentare gli on. Bargoni e Cor­ renti. Ultimo viene il progetto Depretis.

« Da questa rapida rassegna storica, dice l’on. La­ cava, rileviamo due fatti:

1° che ,la vigente legge comunale e provinciale, e le precedenti da cui fu tratta, sebbene elaborate da autorevoli Commissioni, non furono discusse in Parlamento, od appena incominciatane la discussione, questa fu per eventi parlamentari sospesa ; onde la legge del 1865, come quelle del 23 ottobre 1859 e del 7 marzo 1848 furono emanate con poteri straor­ dinari ;

2° che lo stesso Ministero, che sostenne e pub­ blicò la legge del 1863 la riteneva sino da queli’e- poca insufficiente, onde i continui tentativi di riforma sopra accennati.

Constatando questi fatti, non abbiamo più bisogno di dimostrare la necessità della riforma che impren­ diamo ad esaminare, e solo aggiungiamo un’ altra ragione potentissima per non dilazionarla di vantag­ gio. Essa è nella legge elettorale politica, giacché dopo l’approvazione di questa, che allargò la base elettorale, non è possibile che nella legge comunale e provinciale resti l’elettorato così ristretto ; nè vi è nazione in cui dopo una grande riforma della legge politica, non si sia fatta anche, e subito, la riforma amministrativa. »

L ’on. relatore nota che i Commissari non furono tutti d’ accordo , ma che malgrado il progetto non contenga tutte le riforme desiderabili, pure ne con­ tiene assai come quella dell’ elettorato, della istitu­ zione della Giunta Provinciale amministrativa , dei limiti delle sovrimposte e dei prestiti, dei reclami, ecc. In sostanza le modificazioni apportate alla vigente legge possono classificarsi nei seguenti punti prin­ cipali :

ì . Istituzione della Commissione provinciale

amministrativa ; 2. Elettorato ; 3. Sindaco elettivo ;

4. Presidente della deputazione provinciale elettiva ;

(4)

neH’amministra-704 L ’ E C O N O M I S T A 2 novembre 1884 zione comunale e provinciale, e limite alla facoltà

dei comuni e delle provincie di sovrimporre sulle imposte dirette e di contrarre debiti ;

6. Riforma delle spese obbligatorie dei comuni e delle provincie.

7. Decentramento governativo.

Non mancheremo di prendere questi punti in esame.

Le recenti sventure sanitarie, dalle quali fu col­ pita molta e cospicua parte d’ Italia, hanno risolle­ vato con nuovo aspetto la questione delle finanze dei Comuni in genere, di alcuni Comuni in ¡spe­ cie. Per i primi si chiede addirittura quello che in adunanze di Sindaci venne espresso come vivo de­ siderio, ed alcune volle anche più o meno vaga­ mente promesso dal Ministero o in discorsi politici o nell’ aula del Parlamento, - cioè una maggiore compartecipazione alla imposta di ricchezza mobile, ed una separazione dei cespiti nel dazio consumo tra quelli colpiti a favore dello Stato e quelli col­ piti a favore dei Comuni. Per i secondi domandasi un diretto intervento del Governo, perchè con stan­ ziamenti speciali, o con sussidi espressamente sta­ biliti, o con altri mezzi diretti, aiuti i Comuni stessi all’eseguimento di alcuni lavori riputati necessari secondo le buone regole dell’ igiene.

In molte occasioni abbiamo espresso la nostra opinione sopra il primo di questi punti, e le circo­ stanze attuali non ci danno argomento sufficente per mutarla.

L’esame dei bilanci comunali in genere lo abbia­ mo fatto con qualche larghezza in tempo non lon­ tano su queste colonne, e ne abbiamo tratta la con­ vinzione che non è esatto il giudizio da moltissimi manifestato, essere cioè le finanze dei Comuni in condizioni tali da essere necessario che lo Stato ab­ bandoni ad essi una parte qualunque siasi delle sue entrate.

Che se questo non apparve necessario alcuni anni or sono, tanto meno deve sembrarlo oggi, poiché è incontestabile che quella stessa rigogliosa evoluzione che hanno subito le entrate dello Stato, le quali av­ vantaggiate dalle migliori condizioni della pubblica ricchezza hanno gettato più dei preventivi ed hanno così contribuito potentemente da una parte a render possibile abbastanza sollecitamente la trasformazione dei tributi, dall’altra a render meno gravi le conse­ guenze finanziario che se ne temevano; — quella stessa evoluzione deve anche essersi ripercossa nelle finanze comunali, poiché in gran parte attingono alla stessa fonte alla quale attinge lo Stato.

E che ciò sia vero lo si può anche desumere da un fatto che non può essere lasciato senza osser­ vazione. Quattro o cinque anni or sono era vivis­ sima la questione delle finanze comunali e non vi era discussione finanziaria nel Parlamento che non si sollevasse senza richiamare anche l’attenzione del Governo sopra i bilanci locali, nè mancarono a quando a quando ordini del giorno e promesse in­ dicanti il desiderio che la questione si studiasse. — Sono invece alcuni anni che appena qualche platonica raccomandazione si alza da qualche stallo

del Parlamento, e raramente qualche articolo di giornale riproduce le passate considerazioni. — Egli è che, come più innanzi si è detto, alla maggior vigoria delle finanze dello Stato deve avere cor­ risposto anche il maggior incremento delle finanze dei comuni ; e ne deve essere risultata una condi­ zione di cose più tollerabile.

Ed usiamo espressamente la frase più tollerabile, perchè non si creda vogliamo dire che le finanze comunali si trovano in condizioni eccellenti. Ricor­ diamo benissimo quali vicissitudini hanno attraver­ sato durante il periodo critico per la finanza dello Stato; sappiamo benissimo quanti nuovi bisogni hanno dovuto soddisfare allora appunto che a sod­ disfarli con larghezza venivano loro tolti i mezzi. Sarebbe quindi erronea qnalunque espressione che ci facesse giudicare eccellenti le condizioni finanzia­ rie dei comuni italiani. Ma in pari tempo nessuno vorrà negare che fra la situazione quale era or sono cinque o sei anni, e quella odierna non corra un grande divario, per il quale è appunto permesso di affermare che non si impongono cosi urgenti quelle necessità, sulle quali altra volta frequentemente ri- chiamavasi l’attenzione del paese.

Ed appunto questa meno grave situazione accom­ pagnata dalle sventure sanitarie recenti che risolle­ vano le questione dei Comuni, ci spinge a richia­ mare la attenzione del Governo e specialmente del Ministro Magliani al quale è maggiormente affidata la cura della ricchezza pubblice sopra due conside­ razioni :

La prima è la seguente:

Non sarebbe venuto il tempo di studiare ed at­ tuare una riforma tributaria graduale dei Comuni ?

Una gran parte del male che si è lamentato e che si lamenta tuttora in ciò che riguarda i bilanci co­ munali, non è forse dovuta al fatto che essi, i quali avevano più libere le mani, più facile lo studio, più larghi gli elementi di confronto, hanno sempre r i­ fuggito da qualsiasi riforma tributaria razionale, e si sono sempre aggrappati, quando il bisogno urgeva, al più spedito ma più dannoso dei mezzi per au­ mentare le entrate, quello di aggravare la imposta fondiaria? L’intervento del Governo invece che espli­ carsi come si vorrebbe ad abbandonare alle ammi­ nistrazioni locali una parte delle proprie entrate — il che nè oggi nè per molto tempo potrà farsi — non potrebbe indirizzarsi più utilmente a disciplinare saviamenle la materia tribularia dei comuni, mettendo dei limiti, ed imponendo dei criteri generali?

A nostro avviso, nessuna opera sarebbe più savia di questa ; nessun monumento un Ministro delle finanze potrebbe innalzare alla propria gloria quanto quella di gettare le basi di un vero riordinamento delle finanze dei Comuni. E diciamo riordinamento perchè siamo convinti, che solamente regolando ra­ zionalmente le attuali imposte, obbligando i Comuni a mantenersi entro certi limiti per alcuni cespiti, e a valersi di certi altri, che oggi pel solo timore degli amministratori di perdere la popolarità vengono ab­ bandonati, si riuscirebbe a dare un assetto definitivo, stabile, ed efficace alle finanze locali.

La seconda considerazione è analoga alla prim a, ma si riferisce alle spese.

(5)

in-2 novembre 1884 L ’ E C O N O M I S T A 705 tralciare. le amministrazioni ; ma questa tolleranza

porta per conseguenza che tutto sia reso possibile. Fatti notissimi stanno a provarlo.

Uno sguardo ai bilanci dei comuni ci dimostra che si spendono annualmente dai Comuni settanta milioni di spese facoltative, delie quali più di due terzi dai Comuni capoluoghi di provincia e che solamente in opere pubbliche si consumano in ispese obbligatorie ordinarie 25 milioni, a cui se ne aggiungono 50 di obbligatorie straordinarie, e poi altri 25 nelle facol­ tative. Vi è dunque margine, e larghissimo margine per una graduale riforma senza nulla turbare delle finanze dello Stato.

Nelle stesse colonne de\\' E conom ista era stata fatta da un nostro collaboratore, rispetto a questo argo­ mento, la proposta di creare una nuova magistratura comunale — il Censore — la quale avesse una spe­ ciale responsabilità finanziaria, nel senso che la re- spondenza della esecuzione della volontà del Consiglio non rimanesse come oggi frazionato tra il Sindaco, la Giunta, il Segretario comunale, il Prefetto, il Con­ siglio di Prefettura e la Deputazione Provinciale. E, a quanto ci consta, quella proposta era allora stata reputata degna di studio. Ora non è il caso di ri­ prendere in esame quella idea od altra analoga, poco importa, pur di riuscire nello scopo?

E questo raccomandiamo tanto più caldamente, per­ chè le proposte di modificazione della legge Comu­ nale e Provinciale che presto saranno dal Parlamento discusse, riguardano più che altro il lato politico dei Comuni; nè sarebbe male che a quel progetto di legge ne succedesse un altro che riguardasse il lato eco- nomico-ftnanziario.

Il momento ci parrebbe opportunissimo. In quanto poi alla seconda questione, quella degli speciali sus­ sidi da accordarsi ad alcuni Comuni, è argomento delicato ed importante al quale dedicheremo in un prossimo numero uno speciale articolo.

I DAZI FRANCESI

Su questo argomento che è stato tanto discusso e del quale noi pure trattammo e su cui ci riserbiamo di tornare nel prossimo numero, troviamo intanto oppor­ tuno ragguagliare i nostri lettori di ciò che ne fu detto nella riunione del 6 ottobre 1884 della Società di Economia Politica di Parigi, presieduta dal sig. Léon Say. Ci sombra specialmente notevole il discorso del sig. Federico Passy', che riassumiamo perciò con qualche larghezza.

Egli si maraviglia alquanto che una questione che non dovrebbe ormai più discutersi sia invece di quelle di cui la discussione s’ impone. Soffia un vento di protezionismo e comincia, si dice, a diventare difficile la resistenza delle Camere. Il Go­ verno per organo del Ministro delPagricoltura è entrato nella via del rialzo dei dazi. Vi ha chi senza rinnegare le antiche opinioni, fatte delle riserve, concede molto alla pratica per compiacere gli elet­ tori, dicendo loro : ne farete la prova. Può essere economia politica.... molto politica.... ma poco scien­ tifica. Le misure reclamate sono giuste ? L’ agri­ coltura ha diritto a queste rivendicazioni ? Tre punti

preoccupano gli spiriti — il pane, il grano, il b e ­ stiame — si chiede da un lato la tassa del pane, cioè I’ abbassamento per mezzo dell’ autorità del prezzo del pane; dall’ altro s’ invocano misure con­ tro l’ introduzione in Francia del grano e del be­ stiame straniero, cioè il rialzo per mezzo dell’ auto- torità del prezzo del grano e del bestiame. C’è qual­ che contradizione in queste due pretese per cui si chiede insieme al governo il grano caro e il pane a buon mercato, ma la ispirazione è la stessa. Am ­ bedue suppongono che tocchi al Governo a fare i prezzi o almeno a moderarli. Per ora non si occupa della tassa sul pane, per quanto connessa alle altre. Invece sul grano e sul bestiame 1,’opinione ministe­ riale è fatta. Si propone il rialzo sul bestiame^, per quanto sia il mezzo per arrivare al grano. È uu primo compenso per i coltivatori. Vero che è que stione di vita o di morte ! Ma per chi ? Ciò dipende dal punto di vista da cui ci si mette. Dal punto di vista di quelli che mangiano il pane e la carne è questione di vita o di morte di averne, di averne il più possibile e al minor prezzo possibile. Mettia­ moci dal punto di vista dei produttori e dei vendi­ tori. Il bestiame è deprezzato dall’ abbondonza ? Mai è stato così caro. Il consumo ha aumentato più della produzione , e questa progressione non accenna a finire. Cita alcuni fatti, tra i quali ciò che avvenne nel 1 8 2 2 , quando si portò da 3 franchi a 50 il dazio per i bovi e invece d’ un rialzo di prezzi si provocò un ribasso. Ciò perchè si impacciava la fabbricazione e per conseguenza la domanda. La questione ha vari aspetti. Il bestiame non è sola­ mente pel coltivatore o per l’ allevatore un articolo di vendita, è anche uno strumento di lavoro, un consumatore di foraggi, una materia prima della sua industria, in una parola, che egli ha bisogno di avere alle migliori condizioni, e sotto pretesto di proteg­ gerlo sul mercato in cui vende s’ impaccia sul mer­ cato in cui compra. D’ altronde si vuole assicurare al produttore francese un prezzo di vendita su­ periore al prezzo di vendita del produttore stra­ niero ? Ma T ha di g ià , questo prezzo, e il Mi­ nistro lo constata. L’ animale che si vende secondo la sua relazione -480 fr. in Francia, non si vende che a 450, 430, 420 fr. sui mercati stranieri. Una ultima considerazione infine. Il dazio sulla carne fresca, non è che di 3 fr. pei 100 chil. Invece di introdurre il bestiame vivo e spesso di introdurlo per farlo ingrassare dall’ allevatore francese, si uc­ ciderà alla frontiera e si importerà per quarti. Nes­ suno ci guadagnerà e tutti ci perderanno. Quanto alla coltura del grano, presa in complesso, è in sof­ ferenza ; il grano ai prezzi attuali di 16 o 17 fr. I’ ettolitro non è remuneratore per la maggior parte di coloro che lo producono. Ma è forse la prima volta che ciò avviene e la protezione ha la virtù preservare T agricoltura dai bassi prezzi di cui si lagna ? È possibile tornare indietro senza provocare maggiori mali ? Qui T oratore esamina T obiezione che si trae dalla concorrenza dell’America e dell’India. Conviene che nel 1 8 7 8 -7 9 - 8 0 s’ importò una enor­ me quantità di grano, ma ciò salvo la Francia dalla carestia. Prima di tutto bisogna mangiare e quando il suolo nazionale non dà abbastanza, bisogna rivol­ gersi fuori. L ’ avere impedito tanti mali e una straor­ dinaria elevazione di prezzi che poteva provocare delle violenze, ha giovato anche all’ agricoltura.

(6)

706 L ’ E C O N O M I S T A

2 novembre 1884 come per lo zucchero, tultociò che tende a distrug­

gere 1 equilibrio naturale e a mantenere dei prezzi fittizi, va contro le previsioni e contro l’ interesse di quelli che ricorrono a questi procedimenti arbi­ trari. L ’ agricoltura è stata sempre vittima del si­ stema protettore. Essa ne soffre per gli oggetti che compra; non può profittarne per quelli che vende. Dopo avere confortato con esempi e con cifre que­ sta affermazione, 1’ oratore osserva che se un pe­ riodo di depressione è succeduto ad uso di ascen­ sione e se da tre o quattro anni il valore venale e il valore locativo delle terre hanno, in una certa P.arjte della Francia almeno, ribassato in modo sen- sibile, la causa non è nella libertà, se non forse per 1 illusione alla quale sotto l’ influenza della prospe­ rità che loro procurava si sono lasciati trascinare i proprietari e i fittaiuoli, troppo confidenti in un av­ venire che hanno troppo largamente scontato. La liberta del resto non può sopprimere tutti gli acci­ denti e tutte le vicende della natura e della politica. Essa ne riduce l’effetto al minimum, mentre 1’ ar­ bitrio e la mania del regolamentare l ' aggravano. Quando si ammette che si esporti e si importi, la porta dev’essere completamente aperta sia per ven­ dere sia per comprare. Quando si volesse condan­ nare il consumatore francese a non usare che grano francese, converrebbe condannare il produttore fran­ cese a non vendere che al consumatore nazionale. Qui 1 oratore mette in chiaro i danni delle rappresaglie da parte dell’ estero, che impedirebbero importanti esportazioni, ed anco le violenze che potrebbero na- scere all’interno, come prova l’esperienza che ci addita gli odn feroci contro i così detti accaparratori. Lo Stato non deve rendere la vita più cara; deve fare l’opposto e lo può quando segua un indirizzo opposto a quello che sembra inclinato ad applicare. Cita il consiglio generale di Seine-et Oise che ai dazi protettori pre­ ferisce la diminuzione dei carichi che gravano sul- 1 agricoltura, e cioè 1’ abbassamento dei diritti di dogana sulle materie che servono alla coltura'delle terre, alla fabbricazione degl’ ingrassi e al trasporto delle derrate.

I u perfettamente spiegato dal sig. Lebaudy avanti il voto che per materie prime necessarie all’ agri­ coltura s’ intendevano prima il ferro che è gravato del 42 0|0, poi. il carbon fossile, i legnami, gl’ in­ grassi chimici, il cui uso fa oggi la superiorità della Germania.

II sig. Dubost nella stessa adunanza dette dei J^gguagli sui prezzi, sulla produzione e sul consumo. Quanto al bestiame osserva che le importazioni hanno continuato a crescere mano a mano che i prezzi aumentavano. La ragione è che le importazioni sono la conseguenza e non la causa dei prezzi. Quando i prezzi sono alti, vuol dire che il bestiame è più domandato che offerto, e il bestiame straniero pe­ netra in Francia per godere di questi alti prezzi e per completare il nostro approvvigionamento. Se i prezzi fossero deboli per scarsa domanda, il be­ stiame nazionale si esporterebbe per cercare prezzi maggiori. L ’ importazione implica dunque un’ agri­ coltura ricca, che ha degli sbocchi estesi nel con­ sumo interno. L ’ esportazione implica al contrario una agricoltura priva di sbocchi alla sua portata e quindi povera. Conforta con cifre questa afferma­ zione. Crede che il mezzo di soddisfare alle esigenze sempre crescenti del consumo sia quello di procu­ rare il progresso dell’agricoltura, che si applica

an-I che all’allevamento del bestiame. È la libertà, con­ clude, che ha sempre fatti gli affari dell’agricoltura, e la protezione doganale è sempre stata illusoria per essa. Non c’ è che un modo di servirla ; quello di reclamare il solo regime che possa esserle favore­ vole, quello della libertà.

Il sig. Ameline de la Briselainne al contrario crede che la campagna iniziata dagli agricoltori riuscirà. Nel 1884, dice, v’è stata abbondanza di grano in Fran­ cia e in tutta Europa; la troviamo in America come una realtà che ci opprime, nell’ India come una minac­ cia. Dinanzi a questa abbondanza che cosa vale il grano ? Qui è tutta la questione.

Il prezzo di vendita è svilito. Oltre a ciò l’Yankee deH’America vende più caro che può, ma, pratico com’ è, offre a meno del grano francese il proprio. Il nostro è a 19 franchi; egli offre il suo a 18,30. Con questo giuoco deprime continuamente il prezzo del nostro grano. Quindi questo non si vende al prezzo naturale, normale, e ne soffrono proprietari, Che i fittaiuoli non pagano o con difficoltà e i lavoranti agricoli. Il grano è l’ alfa e l’ omega della agricol­ tura francese e i suggerimenti che si danno agli agricoltori per sostituirlo sono oltre una certa misura poco serii. Bisogna anzi crescerne la coltura. Crede inevitabile, fatale di tornare alla sca la m òbile; ot­ tima dottrina è questa, purché non se ne abusi. Come la rendita è il rim orchiatore, come dicono, di tutti i valori, il grano è il rim orch iatore dell’agricoltura e dell’ industria. Si augura che il rialzo dei dazj sul bestiame non ponga ostacolo a un rialzo di dazj sul grano.

(7)

mo-2 novembre 1884 L ’ E C O N O M I S T A 707 virnento libero scambista, Bisogna ricostituire una

Società come quella del 1846, di cui era segretario il Bastia!, per salvare una politica liberale, a cui la Francia deve di essersi potuta rialzare con una faci­ lità maravigliosa dai più crudeli disastri.

L i CASSA DI DEPOSITI 8 PRESTITI

Dalla bellissima relazione pubblicata dal Direttore generale del Debito pubblico, presidente del Consi­ glio di amministrazione della Cassa dei Depositi e prestiti, comm, Novelli, ricaviamo alcuni dati sulla Cassa stessa. Ci riserviamo alcuni apprezzamenti per altro numero.

B movimento, nell’anno 1885, dei depositi in nu­ merario :

Inscritti al primo gennaio 1883, L. 133,428,395.37 Nuove iscrizioni nel corso del­

l’anno ... » 82,172,784.56 Totale L. 215,601,145,93 Depositi ritirati nel corso del­

l’anno ...L. 49,933,626.74 Rimanenza al 51 dicembre L. 165,667,517.19 ossia L. 33,239,157.82 in più della rimanenza con­ statata al 31 dicembre precedente.

Dei depositi, vigenti al primo gennaio 1885, mi­ lioni 84 e mezzo, in cifra tonda, erano obbligatori (giudiziari 56 milioni — amministrativi 25 — cau­ zionali 23 e mezzo),* 57 milioni volontari (di privati 1,5 milioni — di enti morali 22) e finalmente 12 mi­ lioni circa di v aria provenienza.

Delle nuove iscrizioni, avvenute nell’ anno, mi­ lioni 66, apportengono alla categoria dei deposili ob­

bligatori (giudiziari 9 milioni — amministrativi 58

cauzionali 19) e soli 16 milioni alla categoria dei depositi volontari (di enti morali circa 13 milioni).

Finalmente n e i'49 milioni e quattro quinti resti­ tuiti i depositi obbligatori figurano per oltre 31 mi­ lioni; i depositi volontari per 18 milioni ; i depositi di v a r ia provenienza per la residua somma.

Confrontando queste cifre colle corrispondenti del­ l’esercizio 1882, troviamo:

Aumento dei depositi, pari a L. 27,669,243.77 » dei rimborsi, pari a » 14,151,671.44 Aumento reale nel movimento

dei capitali durante l’alino 1883, L. 13,517,572.33 Delle lire 165.647,517.19, rimanenza depositi in fine 1883, erano fr u ttifer e L. 1 5 6 ,538,440; deposi­ tate a titolo in fru ttifero sole L. 9 milioni e frazione. Come utile dato statistico noteremo ancora che dei nuovi depositi, fatti nell’ anno in L. 82 milioni, 36 milioni di lire furono versate direttamente alla cassa dell’ amministrazione centrale e 46 milioni presso le intendenze di finanza del regno — delle restituzioni (L. 49 milioni e frazione) 17 milioni e mezzo furono pagate dall’ amministrazione centrale, 52 milioni e frazioni dalle intendenze di finanze.

Ricevettero maggiori depositi le intendenze di Napoli, Torino, Genova, Palermo e Venezia in or­ dine decrescente ; minori quelle di Pesaro, di Porto

Maurizio, di Lucca e di Grosseto in ordine ascen­ dente.

Le maggiori restituzioni furono fatte dalle inten­ denze di Palermo, Napoli, Genova, Fireuze e To­ rino ; le minori dalle intendenze di Pesaro, Grosseto, Arezzo e Siena.

La Cassa ha corrisposto, nel corso dell’anno, un

interesse netto del 2 ,6 0 per cento sui depositi ob-

bligatorii giudiziari ed amministrativi ; del 3,50 sui depositi volontari e cauzionali; finalmente del 4 sui depositi volontari, conseguenza di riassoldamenti e surrogazioni nell’ esercito o nell’ armata.

— Il movimento complessivo dei depositi in ef­ fetti pubblici è riassunto dalle seguenti cifre :

Depositi vigenti al primo gennaio 1883, rendita L. 7,702,405.06 - capitale nornin. L. 156,147,540.51; Nuovi depositi nel corso dell’ anno, rendita lire 16,302,021.49 - capitale nomin. L. 3 2 6 ,0 6 9 ,9 1 5 .1 4 ;

Totale rendita 24,004,426.55, rappresentante un capitale nominale di L. 482,217,453.65.

Furono poi restituiti nell’ anno depositi per una rendita di L. 1,975,075.39 pari ad un capitale no­ minale di L. 39,759,874.31 ; onde rimanenza alla chiusura dell’ esercizio :

13729 depositi per una rendita di L. 22,029,351.16 pari al capitale nominale di L. 442,457,579.34.

Questi depositi furono tutti obbligatori e si distin­ guono in :

depositi giu d iziari, rendita L . 260,9 5 6 .6 0 pari al capitale di L. 5 ,7 0 5 ,6 7 5 .1 0 ;

am m inistrativi L. 15,758,022.37 di rendita, cor­

rispondenti a L. 516,345,388.68 di capitali; e finalmente cauzionali L. 6,010,372.19 di rend.a rappresentante un capit. nomin. di L. 120,400,517.56.

Il consolidato 5 °/0 concorre a costituire questo ingente capitale con 455 milioni ; i residui sette mi­ lioni son formati da 5 milioni di consolidato 5 ° / 0 e da 4 milioni di titoli di valore diversi ; ossia chia­ mando 100 il capitale complessivo depositato, vi sono rispettivamente rappresentati :

Consolidato 5 ° / 0 98,41

» 5 » —,68

Titoli diversi — ,91 Totale 1 0 0 ,

-Confrontando il movimenti) dei due esercizi 1882 e 1885 si ha ; a vantaggio del secondo, ossia della gestione che abbiamo in esame:

un aumento di iscrizioni pari al capitale di L. 288,131,758.57;

e una diminuzione di rimborsi, pari al capitale di L. 375,170,582.74 ;

onde un maggior movimento del capitale in L. 663,302,341.31.

Delle nuove iscrizioni il maggior numero si veri­ ficò direltamente aH’amministrazione centrale e più precisamente :

Amministrazione centrale: rend. L. 14,887,426.92 pari ad un capitale nominale di L. 297,748,583.95;

Intendenze provinciali: rend. L. 1,414,594.57, cor­ rispondenti al capitale nominale di L. 28,321,329.19.

Nei rimborsi si verifica il fatto inverso : rimborsi eseguiti direttamente dall’amministra­ zione centrale ; rendita L. 444,108.55 rappresentata dal capitale nominale di L. 9 ,4 4 2 ,1 6 6 .9 8 ;

(8)

708 L ’ E C O N O M I S T A 2 novembre 1884 Il maggior rimborso delle nuove iscrizioni si è

verificato nelle intendenze di Torino, Firenze, Ge­ nova, Napoli, Milano e Verona; il minor numero nelle intendenze di Siena, Pesaro, Catanzaro e Ma­ cerata.

Ad un dipresso si mantiene il medesimo rapporto fra le varie intendenze di finanza nelle restituzioni.

Nel corso dell’anno la Cassa riscosse dai titoli de­ positati un frutto di L. 8,021,456,97 che, aggiunte alle L. 1,782,263.06 rappresentanti gli interessi non pagati al 31 dicembre 1 8 8 2 , formano il totale di L. 9,803,720.03.

Ne furono pagate agli interessati L. 8,082,384.05 e ne rimasero in Cassa, al 31 dicembre 1883, L . 1,721,335.98.

A titolo di tassa di custodia degli effetti pubblici la Cassa segnò a suo credito L. 9 4 5 ,9 9 0 .9 0 , delle quali eranoa riscuotersi, alla finedell’anno, L .523,470.

Così la situazione della Cassa al 31 dicembre 1883 dava i seguenti depositi :

In nu m erario. . . In effetti pu bblici.

L. 165,667,517.19 » 442,457,579.34 Totale L. 608,125,096

L. 319,549,196.65 in più della rimanenza consta­ tata al 31 dicembre 1882.

I fondi disponibili poi, che naturalmente non possono confondersi colle somme esistenti nella Cassa, molte delle quali non sono appunto atte all’ impiego vengono dalla relazione così descritti :

a ) rate rimborsate di mutua­

tari sui capitali dei prestiti loro

som m inistrati...L. 10,363,796.63

l ) somme versate dalla Dire­

zione generale delle Poste per

le Casse postali di risparmio » 23,300,000.00

c) depositi cauzionali ed in

base alla legge organica del 1863 » 32,239,157.82

d) depositi giudiziari raccolti

e versati alla Cassa in ordine

alla legge 29 giugno 1882. . » 4,650,000.00

e) differenza fra riscossioni e

pagamenti a titoli diversi di

natura transitoria... .... 5,575,018,76 Totale L. 76,127,973.21 Questi fondi furono impiegati come in appresso:

а ) in prestiti alle provincie,

ai Comuni ed agli enti morali L. 19,080,415.80 б) in conto corrente fruttifero

col T e s o ro ...» 23,911,973.40

c) nell’acquisto di rendita del

Debito p u b b lic o ...» 33,135,553.21 Totale L. 76,127,973.93 , Dunque i mutui fatti, durante l’anno, alle pro­ vincie ed ai Comuni stanno alla cifra complessiva dei fondi disponibili nel rapporto di 2 5 a 100 ; ossia rappresentano la quarta parte dell’ intiera som­ ma disponibile.

Le somme, investite in rendita nominativa e fa­ vore della Cassa, rappresentano all’ incirca il 43,45 della somma disponibile.

Al primo gennaio 1883 erano pendenti 157 do­ mande di prestiti per una somma complessiva di

L. 13 ,3 8 5 ,3 9 2 .2 8 ; ma, di esse 40 non essendo state più ripresentate, effettivamente le domande, su cui dovevasi deliberare, si residuarono a 117 per una som­ ma di L. 11,503,884.65. Ne furono presentate 685 di nuove nel corso dell’anno, per una richiesta di L. 30,032,308.33.

L ’Amministrazione ha dovuto quindi prendere in esame 502 domande di prestiti per una somma complessiva di 41 milioni e mezzo di lire in cifra tonda,

Ne furono accolte 327 per una richiesta di L i­ re 25,003,308.49, che nel corso delle trattative si ridusse a L. 24,724,790 ; di modo che tutte le do­ mande, che nel corso dell’anno 1883, si trovarono ad avere i requisiti voluti dalla legge, furono tutte completamente esaudite.

Il fatto che, malgrado i grandi capitali forniti al municipio di Napoli, siansi potnte soddisfare tutte le richieste di prestiti, non è nuovo ; si verifica cioè dal 1876 in qua, cioè da quando alla Cassa affluì scono i depositi della Casse postali di risparmio.

Delle residue 175 domande ne furono respinte 6 perchè non nelle condizioni prescritte dalla legge ; ne furono ritirate 2 ; ne erano in trattazione, ' alla chiusura dell’esercizio, 167, ossia 50 in più del nu­ mero che l’anno 1883 aveva ereditato dal suo pre­ decessore.

Dei 326 prestiti accordati, 7 lo furono a provin­ cie (Ancona, Ascoli, Catanzaro, Porto Manrizio, Sa­ lerno, Trapani, Venezia), 319 ai Comuni.

Se riassumiamo per regioni la quota dei prestiti, le somme si ripartiscono come in appresso :

Piemonte . . . . L ig u ria ... Lombardia . . . . V e n e to ... E m i l i a ... Umbria . . . . . M arch e... Toscana... Lazio... Provincie meridionali S i c i l i a ... Sardegna . . . . L. 1,146,600 674 ,8 0 0 417,500 4.005.700 507,900 145,000 I 1.381.700 344,400 1,389,800 11,610,590 1,941,500 1,158,300 24,724,791

Primeggia per numero ed entità dei prestiti la provincia di Napoli ; seguono Venezia, Bari, Roma e Sassari. — È ultima Bergamo con sole L. 5,000.

Non ebbero prestiti le provincie di Arezzo, Bel­ luno, Bologna, Ferrara, Parma, Sondrio e Verona.

L’ importo medio di ogni prestito fu di L . 78 mila. Nel 1882 era stato di L. 80 mila.

La somma mutuata nel 1882, fu di poco infe­ riore a quella dell’ ultimo esercizio.

Infatti si concessero'in quell’ anno, 309 prestili per L. 24,353,200 — ossia 18 prestiti in meno e L. 371,590 in meno.

Delle somme mutuate nell’ anno ultimo, le due terze parti furono destinate: alla viabilità obbliga­ toria (L . 8,410,939); alla costruzione di edifici sco­ lastici (L. 3,028,240); alle opere idrauliche e por­ tuali (L. 1,883,560) e finalmente alla costruzione di edifici pubblici (L . 4,579,749); la residua terza parte e più specialmente L. 7,022,295.26 fu desti­ nata alla dimissione di passività onerose.

(9)

2 novembre 1884 L’ E C O N O M I S T A 709 L. 7 ,0 2 2 ,2 9 5 .2 6 , con una differenza in meno di

L. 385,668.95.

Il movimento decrescente progressivo è, pertanto continuato dal 1878 in poi, come appare dal seguente specchietto riassuntivo :

1878 milioni 22 — 1881 milioni 11 — 1879 » 19 - 1882 » 7 4 1880 » 14 — 1883 » 7 — Il municipio di Napoli, in dipendenza della legge sui provvedimenti a suo beneficio, assorbì il 35 e frazione per cento della somma totale (L . 2,500,000); segue il municipio di Bari, cui fu concessa, in due diversi mutui la somma di lire 1,016,100.

Altre concessioni di importanza sono quelle fatte ai municipi di Sassari. Girgenti, Chioggia, Nola, ri­ spettivamente nelle somme di L. 8 4 0 ,6 0 0 ; 6 0 7 ,0 0 0 ; 3 5 0 ,0 0 0 ; 300,000.

Nel periodo 1 8 7 6 -1 8 8 3 la Cassa concesse ai co­ muni ed alla provincia prestiti per una somma di L. 213,044,087, delle quali andarono ad estinguere debiti onerosi precedenti L. 98,197,626.19 e furono destinate ad eseguimento di opere varie di utilità pubblica le residue L. 114,840,460 81.

Ecco il riparto di questa notevole somma per anni: 1876 L. 3,918,960.81

1877 ... 14,882,715.06 1878 » 40,588,815.41 1879 » 29,161,733.59

Per impiego la somma appresso :

1880 L. 31,851,564.30 1881 » 43,762,507.85 1882 » 2 4 ,3 5 3 ,2 0 0 .-- 1803 » 24,724,790.— stessa si riparte come in

Strade comunali obbligatorie L. 25,862,786.32 Lavori stradali di versi . . . » 26,369,987 09 Costruzioni ferroviarie . . . » 19,957,560.—

Totale viabilità L. 72,190,333.41 Costruzione di edifici scolastici L. 7,812,819.03 Opere pubbliche varie . . . » 21,599,328.88 Opere idrauliche... » 13,243,979.49

Tolale opere di pubblica utilità L. 114,846,460.81 Dimissione di debiti . . . L. 98,197,626.19 Totale generale L. 213,044,087.— Per gli 88 milioni circa di debili estinti, nel pe­ riodo, dai Comuni, mediante i nuovi mutui contratti colla Cassa, le amministrazioni comunali pagarono un tasso d’ interesse variabile dal 16 al 6 per cento, oltre l’imposta di ricchezza mobile come meglio ap-pare dal seguente quadro dimostrativo :

Debiti al 16 »/„ L. 100,000.— )> al 14 » » 10 0 ,0 0 0 .— » al 12 » » 1,445,327.33 )) al 10 » » 1,974,970.49 )) al 9,5 » » 7,000,— » al 9 » » 2,3 9 8 ,4 0 0 .— » all’8 » » 19,862,322.73 )) al 7,5 » » 3 7 6 ,6 0 0 .-» al 7 » » 19,478,134.51 )) al 6,75 » » 3,794,823.77 )) al 6,5 » » 9,499,222.01 » al 6,25 » » 9,137,592.84 » » 19,791,122.55 » al 6

Abbiamo detto già che una parte dei fondi dispo­ nibili fu impiegata in conto corrente fruttifero col Tesoro — ossia più specialmente L. 23,911,973.40.

Al principio dell’ esercizio la Cassa era in credito dal Tesoro di L. 686,223.54, onde il suo credito finale, alla chiusura della gestione, salì a L. 24,598,196.94.

La differenza predetta di circa 24 milioni resulta dalla differenza fra i versam enti, fatti dalla Gassa al Tesoro, in L. 64,765,807.57 ed i prelevam enti in L. 40,853,834.17 ; delle quali 15,657,004.27 lire per restituzione di depositi alla Regìa dei Tabacchi, per saldo competenze al Tesoro della gestione 1882 e, finalmente, per anticipazioni al Tesoro di parte dei fondi occorrenti al pagamento dei mandati della Cassa.

Le residue L. 25,196,829.90 furono prelevate per essere impiegate in acquisto di rendita consolidata, come vedremo più tardi.

Nella gestione 1882 i versamenti, fatti al Tesoro, erano stati di sole L 9,779,500 contro prelevam enti per una somma di L. 25,193,276.46, la quale avrebbe messo la Cassa in debito col Tesoro, se la gestione del 1881 non si fosse chiusa con un credito della Cassa stessa, pari a L. 1 6 ,1 0 0 ,0 0 0 ; onde il credito effettivo, al 51 dicembre 1882, di L. 688,223.54, già prima accennato.

Il saggio degli interessi pagati dal Tesoro alla Cassa oscillò dal m assim o del 4 per cento al m inim o del 3 per cento, mantenendosi al 3,50 per circa dieci mesi.

Tenuto, tuttavia, conto che ogni nuovo versamento non frutta per i primi venti giorni dalla sua effev funzione e tenuto conto, altresì, dell’ ammontare dei capitali, cui vennero applicati i tre differenti saggi di interesse, si ha il frutto m edio di 2,614, per cento indi un beneficio netto di L. 609,983.51 a prò della

Cassa.

L ’interesse m edio del 1882 era risultato in L. 5,155 per cento, in dipendenza, specialmente, del maggior tempo, durante il quale i capitali rimasero in media,

giacenti . .

Finalmente furono impiegati in acquistò di rendita dello Stato L. 53,135,533.93.

La rendita posseduta dalla Cassa, al 31 dicembre 1882, era di L. 1,908,417.31, rappresentate da un capitale d’ acquisto di L. 53,758,685.31, còrriSpon- dente a L . 88,1468 per ogni 5 lire di rendita con­ solidata.

I nuovi acquisti, fatti noi corso dell’anno, aumen­ tarono il reddito annuo della Cassa d iL . 1,836,719.13. Siccome in essa fu impiegato un capitale rea le di L. 33,135,583.93 ne consegue che il prezzo me­ dio di acquisto è presentato da L. 90,2032 per ogni 5 lire di rendita.

Durante T anno non avvennero vendite, di guisa che la gestione 1883 si chiuse con una rendita in ­ scritta di L. 3.745,134.44. rappresentante un capi­ tale nom inale di L . 74,902,728.22.

II capitale reale impiegato fu però di sole lire 66,894,267,84, corrispondente a L. 89,3080 per ogni 5 lire di rendita.

Meno porzioni insignificanti in consolidato 5 per cento, questa rendita è rappresentata da inscrizioni nominative al 5 <)|0.

(10)

710 L ’ E C O N O M I S T A 2 novembre 1884

LE BANCHE POPOLARI

V i l i N ap oletan o ')

Nelle provincie Napoletane troviamo ben 66 Ban­ che popolari, moltissime di recente fondazione. Ec­ cone l’elenco provincia per provincia secondo le età: Provincia di Chieti otto: a Lanciano nel 1 8 7 4 ; ad Ortona, Guardiagrele (in numero di due) nel 1879; a Castelsuntano, a Fossacesia, a Francavilla al Mare nel 1 8 8 2 ; a Pollutri nel 1883.

Provincia di Teramo quattro: a Nereto nel 1879 ; due a Giulianuova, una a Teramo nel 1882.

Provincia di Avellino una : ad Ariano di Puglia

nel 1883. ' B

Provincia di Benevento tre : a Sant’Agata dei Goti nel 1 8 7 5 ; a Benevento nel 1877, a Solopaca nel 1882.

Provincia di Caserta s e i: a Gaserta nel 1871, a Caiazzo nel 1878, ad Aversa nel 1880, ad Arienzo, ad Atina nel 1881, a Santa Maria Gapua Vetere nel 1882.

Provincia di Napoli cinque : a Napoli nel 1870, a Procida nel 1873, a Napoli, a S. Giovanni a Te- duccio, ed una terza a Napoli nel 1882.

Provincia di Bari diciassette: a Bisceglienel 1873 a Gorato nel 1877, a Buvo di Puglia ed un’altra a Gorato nel 1879, a Molfetta nel 1880, a Modugno nel 1881, a Giovinazzo, a Fasano, a Trani, a Bari, a Bitonto, una terza a Corato, a Monopoli, una quarta a Gorato, a Noci nel 1 8 8 2 ; a Gravina di Puglia, a Trani nel 1883.

Provincia di Foggia sette: a Lucerà nel 1 8 8 0 ; a Trinitapoli, ad Ascoli Satriano, ad Ortanova, un’al­ tra a Lucerà, a Troja nel 1 8 8 2 ; a Margherita di Savoia nel 1883.

Provincia di Potenza undici: a Rionero in Vol­ ture nel 1873, a Barile nel 1879, a Venosa, a Melfi a Lavello, a Palazzo S . Gervasio, a Ruoti, a Ve­ nosa, ad Avigliano nel 1 8 8 1 ; a Maschile nel 1882. Provincia di Catanzaro tre : a Monteleone di Ca­ labria nel 1873, due a Catanzaro nel 1883.

Provincia di Cosenza una a Cosenza nel 1882. Provincia di Reggio una a Bagnara Calabro nel 1882. Vediamo la situazione di queste sessantasei Ban­ che esaminate provincia per provincia.

La B an ca p o p o la re cooperativa d i Lanciano (1874) ha un capitale nominale di L. 42 mila sottoscritto per oltre L. 39 mila e versato per L. 37 mila in azioni da L. 30 ciascuna. Il fondo di riserva sale a L. 12,702 cioè quasi il 32 per cento del capitale versato. I depositi a conto corrente sono appena di L. 2,283 ma quelli a risparmio salgono a L . 87,673 ed i buoni fruttiferi a L. 119 mila.

Il p ortafog lio della Banca di Lanciano giunge a L. 229 mila di effetti tutti con scadenza maggiore dei tre m esi; vi sono L. 11 mila di an ticipazion i quasi tutte su merci, e quasi 3 mila lire di rip orti. La Banca conta L. 2,326 di sofferenze, l’uno per cento circa del portafoglio.

Le azioni sono quotate a L. 39.

*) Vedi Economista N. 501,502,504, 510,520,542,544.

La B an ca p o p o la re cooperativa di Ortona (18 7 9 ) ha un capitale quasi tutto versato di L. 29,160 in azioni da L. 40. Il fondo di riserva giunge a L i­ re 3 ,1 4 0 .1 suoi depositi arrivano appena a L .7 mila ed i buoni fruttiferi e L. 57 mila.

Nel p ortafog lio L. 76 mila di effetti quasi tutti a scadenza maggiore di tre mesi, e L. 10 mila di

a n ticip azion i di cui L. 6 mila su titoli.

Non ha sofferenze e le azioni sono quotate a L. 44.

La S ocietà cooperativa d i credito di Guardia­

grele ha un capitale di L. 18 mila, di cui 16 mila

versato in azioni da L. 30, ed il fondo di riserva è di L. 1,503. I depositi appena per L. 4 mila e L. 7,579 i buoni fruttiferi.

Non ha altro impiego che il portafoglio, dove vi sono effetti per L. 25,822 con scadenza superiore ai tre mesi. Le sofferenze sono appena di L. 28. Legazioni valgono L. 31.

Più minuscola ancora la B an ca popolare coope­

ra tiv a di Guardiagrele, ha L. 10,470 di capitale

tutto versato in azioni da L. 5, con fondo di ri­ serva di L. 571 e con depositi a risparmio per L. 3,404.

Nel p ortafog lio vi sono L. 15 mila di effetti quasi tutti con scadenza maggiore dei tre mesi ; e non vi sono sofferenze.

La B an ca cooperativa di Castelfrentano (1882) è pure di minime proporzioni poiché il suo capi­ tale è di L. 6 mila versato per L . 5,235 in azioni da L. 30, mentre il fondo di riserva è di L. 489,

i depositi di L. 491. Il p o rtafog lio ha L. 4754 di

effetti a scadenza maggiore dei tre mesi, le antici­ pazioni appena L. 73Ò. Non vi sono sofferenze e le azioni sono quotate alla pari.

La B a n ca cooperativa di Fossacesia (1882) ò ancora di minori proporzioni della precedente; ca­ pitale quasi tutto versato L. 4,560 in azioni da L. 3 0 ; fondo di riserva L. 131, depositi L. 516 e buoni fruttiferi L. 4,377. II portafoglio ha L. 1,925 di effetti a tre mesi e L . 7,213 oltre questa sca­ denza. Non sofferenze e le azioni alla pari.

La B a n c a p o p o la re cooperativa di Francavilla

al Mare con L. 9 mila di capitale nominale quasi

tutto sottoscritto e versato per L. 6,857 in azioni da L. 60 ; ha L. 230 di fondo di riserva e L. 30 di depositi quasi tutti a conto corrente. Nel p o r t a ­

foglio vi sono L . 10 mila di effetti di cui quasi

44,000 con iscadenza maggiore dei tre mesi. Non vi sono sofferenze e le azioni sono alla pari.

La B an ca p o p o la re cooperativa di Pollutri (1883) ha L. 12,000 di capitale tutto sottoscritto e versato per oltre L. 9 mila, in azioni da L. 25 ; il fondo di riserva già salito a L. 1,0 6 8 ; i depositi a r i ­ sparmio per L. 3,833 ; e i buoni fruttiferi per L i­ re 23 mila. 11 p ortafog lio, solo impiego, ha L. 34 mila di effetti a scadenza maggiore dei tre mesi. Non vi sono sofferenze ed anche qui le azioni sono quotate alla pari.

Passiamo alla provincia di Teramo dove vi sono quattro Banche.

(11)

2 novembre 1884 L ’ E C O N O M I S T A 711 tre mesi. Scarse le anticipazioni giungono a L. 1,200.

¡Non ha sofferenze e le azioni sono alla pari. La B a n ca mutua p o p o la re di Giulianova (1881) ha anche questa il capitale di L. SO mila sottoscritto per L. 43,600 e versato per L. 30,000 in azioni di L. SO, con un fondo di riserva di appena un mi­ gliaio di lire. Ha però depositi per oltre L. 130 mila tutti a conto corrente.

Negli impieghi vi sono L. 130 mila di effetti a sca­ denza non maggiore di tre m esi, L. S3 mila a più lunga scadenza e L. 6 mila in anticipazioni. Non vi sono sofferenze, e non è indicata la quotazione delle azioni.

La B a n ca m andam entale del p o p o lo in G iulia-

nova (1881) è di minore importanza della precedente:

ha L. 35 mila di capitale tutto sottoscritto e quasi tutto versato, in azioni di L. 50. Il fondo di riserva si limita a L . 700 ed i depositi ascendono appena a L .3 3 mila.

Nel p ortafog lio L. 35 mila di effetti a tre mesi o meno, e L. 41 mila oltre questa scadenza. Non sofferenze e le azioni alla pari.

La B an ca m utua p o p o la re Teramo (1881) è più importante, ha un capitale di L. 90,300 tutto ver­ sato ; il fondo di riserva giunge appena a L. 972, ma i depositi, tutti a conto corrente, ascendono a L. 390 mila. Così ha un p ortafog lio di L. 410 mila di cui L. 379 mila in effetti non maggiore di tre mesi. Vi sono ancora L . 21 mila di anticipazioni su titoli e L. 4 mila su merci. Malgrado ciò la Banca non ha sofferenze; le sue azioni sono quotate a L. 50,50.

Nella Provincia di Avellino vi è una sola Banca, la B an ca p o p ola re cooperativa di Ariano di Puglia (1883) con un capitale nominale di L. 50 mila sot­ toscritto e versato però solo per L. 19 mila in azioni da L. 50. Le sue cifre sono veramente di minima entità, il che non può maravigliare pensando che trattasi di un istituto nascente.

Il fondo di riserva solo L. 276; i depositi L. 6,118; il portafoglio L. 6,630 quasi tutto a scadenza mag­ giore dei tre mesi. Non ha sofferenze.

La Provincia di Benevento ha tre Banche. La B a n c a p o p o la re mutua d i p re stiti e risp a rm i di Sant’ Agata dei Goti (1875) ha un capitale di L. 20 mila tutto sottoscritto e versato in azioni da L. 2 5 ; il fondo di riserva è di L. 1,543, ed i de­ positi, tutti a risparmio, salgono a L. 79 mila, il quadruplo del capitale.

Nel portafoglio — solo impiego — vi sono L. 52 mila di effetti a scadenza di tre mesi o meno, e L. 42 mila a più lunga scadenza. Ha sofferenze per L. 4,640 che rappresentano il 23 per cento del capitale ver­ sato, e quasi il 5 per cento del portafoglio. Nondi­ meno le azioni valgono L . 27.

La B a n ca del p op olo con C assa d i R isparm io di

Benevento (1877) ha molto maggiore importanza per

entità di cifre. Il capitale è di L. 165 mila, sotto- scritto e versato per L. 140 mila in azioni da L. 250. Il fondo di riserva si limita a L . 4,720, mentre i de­ positi raggiungono le L. 1,345 mila di cui sole L. 112 mila a risparmio.

Nel p ortafog lio sono L. 1,059 mila di effetti tutti a scadenza maggiore di tre mesi e L. 62 mila di a n ti­

cipazioni su titoli. Sono anche impiegate L. 230 mila

in buoni del tesoro.

Ma questa Banca ha nientemeno che L. 16,554 di sofferenze che rappresentano più del 10 per cento del capitale, e 1’ uno e mezzo per cento del porta­ foglio. Tuttavia le azioni sono alla pari.

La B an ca p o p o la re m utua d i prestiti e risp a rm i di Solopaca (1882) ha un capitale di sole L. 10 mila versato per sole L, 7,261 in azioni da L. 10. Non ha nè fondo di riserva, nè depositi; e nel p o rta fo

glio vi sono sole L. 7,261 in effetti a scadenza non

maggiore di tre mesi, nessuna sofferenza. Passiamo alla Provincia di Caserta.

La B a n ca m utua p o p ola re di Caserta (1871) ha L .12,500 di capit. nominale sottoscritto per L. 10,650, versato per L. 9,628 ; il fondo di riserva è di L. 104. Non ha depositi nè a conto corrente nè a risparmio. Vi sono nel p o rta fo g lio effetti per L. 8,399 a non più di tre mesi.

Molto più importante la B a n ca mutua p o p o la re di Caiazzo (1878) ha un capitale nominale di L .50 mila quasi tutto versato in azioni di L. 25, con un fondo di riserva di L. 11,088 cioè più del quinto del ca­ pitale. I depositi vi affluiscono per L. 41 mila a ri­ sparmio e 37 mila in buoni fruttiferi. Pingue il p o r ­

tafoglio dà L , 112 mila di effetti a tre mesi o meno

e L. 32 mila a maggiore scadenza. Duemila lire sono impiegate nelle anticipazioni. Non vi sono però sof­ ferenze.

Di niuna entità ma notevole per la sua situazione è la B a n c a cooperativa f r a g li op erai di Aversa (1880), la quale ha un capitale di L. 10 mila tutto sottoscritto e quasi lutto versato in azioni da L. 50; con un fondo di riserva di L. 770 ; depositi a conto corrente per L. 69 m ila, e buoni fruttiferi per L. 37 mila.

Nel portafoglio vi sono L. 15 mila di effetti a tre mesi, e ben L. 91 mila a più lunga scaenza ; nelle anticipazioni su titoli L. 2 mila. Non vi sono sof­ ferenze.

La B a n c a p o p o la re cooperativa di Arienzo (1881) ha un capitale nominale di L. 100 mila, sottoscritto per L. 70 mila, versato per L. 35 mila ; le azioni sono da L. 50 ciascuna. 11 fondo di riserva giunge a L. 928 ed i depositi a L. 23 mila a conto cor­ rente, L. 41 mila a risparmio. Ha due soli impieghi; il p o rta fo g lio con L. 48 mila di effetti a tre mesi, e L. 12 mila di an ticip azion i su merci. Non ha sof­ ferenze.

La B a n ca m utua p o p o la re di Atinn (1881) ha L. 100 mila di capitale di cui sottoscritto L. 42 mila, versato L. 40 mila; il fondo di riserva sale a L. 2,214; le azioni sono da L. 50. Cospicua la cifra dei depo­ siti giunge a L. 61 mila. Nel portafoglio L. 64 mila, metà a scadenza di tremesi metà a maggiore; vi sono anche L. 470 di anticipazioni su merci e L. 15,500 di mutui ipotecari. Non sofferenze e le azioni quo­ tate a L. 53.

La B an ca cooperativa p o p o la re G aribald i di Santa

Maria Capua Yetere ha L. 40 mila di capitale tutto

sottoscritto e versato per L. 27 mila, in azioni da L. 50. Il suo fondo di riserva è di L. 2,600, ed i depositi di L. 46 m ila, quasi tutti a risparmio. Vi troviamo L. 57 mila nel p o rta fo g lio e di queste L. 14 mila a scadenza maggiore dei tre m esi, e L. 12 mila in anticipazioni di cui L. 9 mila su fondi pubblici. Neppure questa Banca ha sofferenze.

Riferimenti

Documenti correlati

1 2 ,1 1 7 ,2 0 ; delibera di pronunciarsi contro ogni aumento di dazio di entrata sul tonno estero , nel riflesso che il tonno è un alimento di molto con­ sumo

« Ad onta della grande difficoltà, derivante dalla formazione delle due [nuove reti longitudinali, dalle nuove tariffe e da varie condizioni dell esercizio che

f Incasso metallico Fr. Essa favori specialm ente la rendita italiana, al cui p rogredire contribuiscono senza dubbio la prossim a conclusione dei negoziati per l’

Non tralascerem o anche di rilevare dalla relazione che nelle spese delle sedi o succursali m algrado il mag­ g iore svolgim ento ottenuto negli affari si raggiunse

Il C a ffa ro in data del 13, occupandosi della di­ scussione insorta per l’esercizio della linea Milano- Chiasso dimostra come sia problematico il vantag­ gio

della costanza m aggiore di valore, della m aggiore estensione nello spazio della sua potenza di acquisto, b a i baratto, in cui la m oneta era rappresentativa,

Solamente, poiché al consiglio comunale si proporrebbe di invocare la costruzione della Milano-Mendrisio per il caso che la Milano-Chiasso non venisse concessa

« Nel fissarle, occorrerà tener conto della diversità di criteri, che dovranno regolare 1’ esercizio sulle di­ verse reti, degli spostamenti nelle correnti del