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Unicit`a: Chiaramente β `e surgettiva, altrimenti si perde l’unicit`a della h e lo stesso vale per β

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(1)

1.1. Prodotto tensoriale. Il prodotto tensoriale di due spazi vetto- riali V e W `e definito come l’unico spazio vettoriale X (a meno di isomorfismi) tale che esista un’applicazione bilineare β : V × W → X tale che per ogni spazio Y e per ogni applicazione bilineare b : V × W → Y esista un’unica applicazione lineare h : X → Y tale che b = h ◦ β .

Unicit`a: Chiaramente β `e surgettiva, altrimenti si perde l’unicit`a della h e lo stesso vale per β

0

. Se X e X

0

sono due tali spazi allora esitono h : X → X

0

ed h

0

: X

0

→ X tali che β

0

= hβ e β = h

0

β

0

da cui β = h

0

hβ per cui h

0

h = Id e X ed X

0

risultano isomorfi.

Esistenza: Siano (v

i

) e (w

j

) basi di V e W . Ogni applicazione bili- neare b `e determinata dai valori b(v

i

, w

j

) per cui se definiamo X come lo spazio generato dai simboli v

i

⊗w

j

e definiamo β(P a

i

v

i

, P b

j

w

j

) = P a

i

b

j

v

i

⊗ w

j

, abbiamo finito. Infatti, se b : V × W → Y `e bili- neare l’applicazione h `e univocamente determinata da h(v

i

⊗ w

j

) = b(v

i

, w

j

) .

Il prodotto tensoriale di V e W si indica con V ⊗ W . Tale prodot- to `e commutativo e associativo. Indichiamo con N

p

V il prodotto tensoriale di V con s´e stesso p volte.

Se v ∈ N

p

V e w ∈ N

q

V il loro prodotto v ⊗ w ∈ N

p+q

V `e definito nel modo ovvio sui monomi di base come (v

i1

⊗ · · · ⊗ v

ip

) ⊗ (v

i1

· · · ⊗ v

iq

) = v

i1

⊗ · · · ⊗ v

ip

⊗ v

i1

⊗ · · · ⊗ v

iq

e poi esteso naturalmente per bilinearit`a.

Intuitivamente, il prototto tensoriale si pu `o pensare cos`ı: si fa il prodotto matriciale tra il vettore colonna v ed il vettore riga w otte- nendo una matrice. Ed in effetti in dimensione finita si pu `o identifi- care V ⊗ W con lo spazio delle matrici ove v

i

⊗ w

j

corrisponde alla matrice che ha 1 al posto (i, j) e zero altrove.

1.2. Prodotto esterno. Lo si pu `o definire prendendo la parte anti- simmetrica del prodotto tensoriale, definendo v

i

∧ w

j

= (v

i

⊗ w

j

− w

j

⊗v

i

)/2 e poi prendendone lo spazio generato. Ma lo si pu `o definire con la propriet`a universale delle applicazioni bilineari alternanti.

Il prodotto esterno di V con W , che si indica con V ∧ W , `e l’unico spazio X (a meno di isom) tale che esista una applicazione bilineare alternante α : V ×W → X tale che per ogni spazio Y e per ogni appli- cazione bilineare alternante b = V × W → Y esista un’applicazione lineare h : X → Y tale che b = h ◦ α.

Lo spazio ∧

p

V e le applicazioni ∧ : ∧

p

V × ∧

q

V → ∧

p+q

V sono definite nel modo ovvio. Se v ∈ ∧

p

V e w ∈ ∧

q

V abbiamo v ∧ w = (−1)

pq

w ∧ v.

Indichiamo nel modo solito con V

il duale di V . Se f

1

, . . . , f

p

∈ V

e v

1

, . . . , v

p

∈ V , ponendo (f

1

∧ · · · ∧ f

p

)[v

1

∧ · · · ∧ v

p

] = det(f

i

(v

j

)) si ottiene un isomorfismo tra (∧

p

V )

e ∧

p

(V

).

1

(2)

In oltre, se abbiamo una forma bilineare b su V se ne ottiene una su ∧

p

V ponendo b(v

1

∧ · · · ∧ v

p

, w

1

∧ · · · ∧ w

p

) = det(b(v

i

, w

j

)) . Tale forma `e un prodotto scalare se b lo era su V .

1.3. Determinanti. Il prodotto ∧

p

V

non `e altro che lo spazio delle forme p-lineari alternanti su V , cio`e funzioni su V

p

che siano lineari in ogni entrata e tali che scambiando due entrate il risultato cambi di segno. Se (v

i

) `e una base di V e v

i

la base duale, in coordinate la forma v

i1

∧· · ·∧v

ip

[V

1

, . . . , V

p

] `e il determinante della matrice quadrata p×p (V

kik

) . In pratica, si scrivono i vettori V

i

in coordinate rispetto alla base v

i

, si costruisce la matrice che ha tali coordinate come colonne e si prende il minore ottenuto scegliendo le righe i

1

, . . . , i

p

.

I determinanti sono una base delle p-forme.

1.4. Notazioni per il calcolo differenziale. In coordinate su R

n

la base canonica si indica con ∂

i

o equivalentemente con

∂xi

e la base duale si indica con dx

i

. La scrittura dx

i1

. . . dx

ip

`e equivalente, se non ci sono ambiguit`a (tipo dovute a integrazioni presenti nel discorso,) alla scrittura dx

i1

∧ · · · ∧ dx

ip

. Una base delle p-forme `e costituita dai monomi dx

i1

. . . dx

ip

a patto che si scelgano gli indici in modo cre- scente (ricordare che dxdy = −dydx.) Un multiindice `e una stringa ordinata di indici (i

1

, . . . , i

p

) con i

1

< · · · < i

p

. La dimensione di I `e il numero |I| = p.

La scrittura dx

I

`e equivalente alla scrittura dx

i1

∧ · · · ∧ dx

ip

.

1.5. Pull-back. Sia A : V → W un’applicazione lineare e sia ω una p -forma su W . Il pull-back A

ω si definisce mediante la formula

A

ω(v

1

, . . . , v

p

) = ω(Av

1

, . . . , Av

p

).

Chiaramente il pull-back `e un operatore lineare da ∧

p

(W

) → ∧

p

(V

) . Dati due multiindici I, J entrambi di dimensione p, se indichiamo con det

JI

A il determinante del minore di A ottenuto scegliendo I righe e J colonne, si ha

A

dx

I

= X

|J|=p

det A

JI

dx

J

e la formula generale `e data per linearit`a. `E facile controllare che A

(ω ∧ η) = A

ω ∧ A

η.

2. F

ORME DIFFERENZIALI SU

R

nE SU VARIETA

` (

DEFINIZIONE IN COORDINATE

)

2.1. Forme e campi su R

n

. La geometria differenziale su M non `e

altro che algebra lineare fatta punto per punto sullo spazio tangente

ad M . In R

n

c’`e un’identificazione canonica con T

x

R

n

ed R

n

che non

dipende dal punto x per cui tutto `e pi `u facile (o difficile, a seconda

dei punti di vista.)

(3)

Una p-forma differenziale su R

n

`e una funzione ω da R

n

a valori nelle vorme p-lineari alternanti su R

n

. In coordinate rispetto alla base canonica

ω = X

|I|=p

a

I

(x)dx

I

ove le a

I

sono funzioni nella classe scelta per lavorare, usualmente C

. L’insieme delle p-forme differenziali su M `e spesso indicato in letteratura col simbolo Ω

p

(M ).

Un campo di vettori su R

n

`e una funzione X da R

n

a valori in R

n

. In coordinate X = (a

1

, . . . , a

n

) = P

i

a

i

i

.

Se X

1

, . . . , X

p

sono p campi di vettori allora si pu `o calcolare ω[X

1

, . . . , X

p

] punto per punto ottenendo una funzione

ω[X

1

, . . . , X

p

](x) = X

|I|=p

a

I

(x) det

I

[X

1

, . . . , X

p

]

ove detI indica il determinante del minore ottenuto scegliendo I righe.

2.2. Pull-back e push-forward. Se φ : R

n

→ R

k

`e una funzione dif- ferenziabile e se ω `e una p-forma su R

k

si definisce il pull-back di ω, che `e una p-forma su R

n

, come

φ

ω[X

1

, . . . , X

p

](x) = ω[dφX

1

, . . . , dφX

p

](φ(x))

per ogni scelta di campi X

i

, . . . , X

p

su R

n

. In coordinate vale una formula analoga al caso del pull-back con applicazioni lineari.

Se φ `e un diffeomorfismo, si definisce il push-forward come il pull- back dell’inversa.

In modo analogo, se φ `e un diffeomorfismo si definisce il push- forward di un campo X come

φ

X(y) = dφ[X(φ

−1

(y))]

ed il pull-back come il push-forward dell’inversa. Sia per le forme che per i campi vale

φ

φ

= φ

φ

= Id ed in oltre

φ

ω[X

1

, . . . , X

p

] = ω[φ

X

1

, . . . , φ

X

p

].

2.3. Forme e campi su variet`a, definizione in coordinate. Sia M una variet`a differenziabile munita di atlante (U

α

, ϕ

α

) ove (U

α

) `e un ricoprimento aperto localmente finito e ϕ

α

da U

α

ad un aperto di R

n

`e una carta locale.

Una p-forma ω su M `e il dato di p-forme ω

α

su ϕ

α

(U

α

) tali che ω

α

= (ϕ

β

◦ ϕ

−1α

)

ω

β

su ϕ

α

(U

α

∩ U

β

) per ogni α, β tali che U

α

∩ U

β

6= ∅.

Un campo di vettori X su M `e il dato di campi X

α

su ϕ

α

(U

α

) tali che X

β

= (ϕ

β

◦ϕ

−1α

)

X

α

su ϕ

β

(U

α

∩U

β

) per ogni α, β tali che U

α

∩U

β

6=

∅.

(4)

2.4. Integrazione. Se ω = f (x)dx

1

∧ · · · ∧ dx

n

`e una n-forma su R

n

, l’integrale di ω su R

n

`e definito come l’integrale usuale R f (x) dx

1

. . . dx

n

.

Sia ora M una variet`a orientata, cio`e munita di un atlante (U

α

, ϕ

α

) localmente finito i cui cambi di carta siano tutti con Jacobiano posi- tivo. Una partizione dell’unit`a subordinata a (U

α

) `e una famiglia di funzioni differenziabili f

α

su M tali che:

• 0 ≤ f

α

≤ 1

• P

α

f

α

= 1

• Il supporto di f

a

sia contenuto in U

α

.

Data una partizione dell’unit`a, avendo ω = P f

α

ω , si definisce l’integrale di ω su M come

Z

M

ω = X

α

Z

M

f

α

ω = X

α

Z

ϕα(Uα)

f

α

ω

α

.

Tale definizione non dipende dalla partizione dell’unit`a scelta in quanto si verifica che vale la somma a segni alterni

Z

M

ω = X

α

Z

Uα

ω − X

α6=β

Z

Uα∩Uβ

ω + X

α6=β6=γ

Z

Uα∩Uβ∩Uγ

ω − . . . Infine, se (U

α

) e (V

β

) sono due ricoprimenti di due atlanti differen- ziabili compatibili e con la stessa orientazione, allora ogni partizione dell’unit`a subordinata a (U

α

) si estente ad una partizione dell’unit`a subordinata a (U

α

) ∪ (V

β

) definendo f

β

= 0. E viceversa. Da cui si deduce che R

M

ω non dipende dall’atlante scelto.

Se f : M → N `e un embedding di una k-variet`a in una n-variet`a e ω `e una k-forma su N , si definisce l’integrale di ω su M come R

M

f

ω.

3. D

IFFERENZIAZIONE

3.1. Differenziale. Il differenziale di una k-forma ω = P

I

a

I

dx

I

su R

n

`e definito da

dω = X

I

X

i

∂a

I

∂x

i

dx

i

∧ dx

I

e sulle variet`a in coordinate mediante la stessa formula.

Il differenziale di una funzione f vista come una 0-forma risulta quindi

df = X

i

∂f

∂x

i

dx

i

e coincide col differenziale usuale di funzioni.

Dal teorema di Schwarz sulle derivate in croce segue immediata- mente che d ◦ d = 0, ossia per ogni forma si ha

d(dω) = 0

(5)

(questo non sar`a pi `u vero in generale per altri metodi di fare le derivate, tipo la derivazione covariante per sezioni di fibrati, su cui derivando due volte compare il tensore di curvatura...)

Facili conti in cui l’unica difficolt`a `e rappresentata da errori di segno mostrano che il differenziale commuta col pull-back

ω = φ

e che se ω `e una k-forma, vale la regola del prodotto d(ω ∧ η) = dω ∧ η + (−1)

k

ω ∧ η

3.2. Operatore di omotopia e costruzione del cilindro. Siano A, B due operatori lineari da Ω

k

(M ) a Ω

k

(N ) . Un operatore di omotopia tra f e g `e un operatore lineare K : Ω

k

(M ) → Ω

k−1

(N ) tale che

A − B = Kd + dK

Se f, g : N → M sono mappe differenziabili e ϕ : N × [0, 1] → M

`e un’omotopia differenziabile tra f e g, allora esiste un operatore di omotopia tra f

e g

. Dimostriamo questo fatto. Definiamo K come

K(ω)

x

[V

1

, . . . , V

k−1

] = Z

x×[0,1]

ϕ

ω[∂

t

, V

1

, . . . , V

k−1

]dt

K `e ovviamente lineare e quindi possiamo fare i conti su una base delle p-forme. La forma ϕ

ω in coordinate si scrive come somma di monomi a

I

dx

I

ove I pu `o essere di due tipi: i

1

= 1, o no. In altre parole ci sono due tipi di monomi, quelli del tipo dtdx

I

con |I| = k−1 e quelli senza dt, del tipo dx

I

con |I| = k. Facendo il conto con cura nei due casi si ottiene il risultato voluto.

3.3. Lemma di Poincar´e. Una forma ω si dice chiusa se dω = 0, si dice esatta se esiste una forma α tale che ω = dα. Abbiamo visto che se ω `e esatta allora `e chiusa. Il lemma di Poincar´e dice che in un dominio omotopicamente equivalente a un punto, come lo `e R

n

, vale il contrario. Esempio: su S

1

la forma dθ `e chiusa ma non `e estatta.

Dimostrazione del lemma. Sia D un dominio omotopicamente equivalente a un punto e sia ϕ : D × [0, 1] → D un’omotopia tale che ϕ(x, 1) = x e ϕ(x, 0) = p ove p `e un punto di D. In R

n

si pu `o scegliere l’omotopia ϕ(x, t) = tx (in questo caso p = 0.)

Sia K l’operatore di omotopia associato a ϕ. Siccome ϕ(x, 0) = 0, il pull-back di una forma a livello t = 0 `e nullo per qualsiasi forma.

Mentre per come `e definita ϕ, a livello t = 1 il pull-back di ω `e ω stessa. Per cui per ogni forma ω si ha

ω = d(Kω) − K(dω)

da cui si deduce che se dω = 0 allora ω `e esatta.

(6)

4. I

L TEOREMA DI

S

TOKES

4.1. Variet`a con bordo. Una variet`a di dimensione n + 1, `e definita da un atlante (U

α

, ϕ

α

) in cui le carte locali hanno immagine su aperti di

R

n+1+

= {(x

0

, . . . , x

n

) ∈ R

n+1

: x

0

≥ 0}

e i cambi di carta appartengono a Dif f (R

n+1+

, R

n+1+

) . M `e orientata se i cambi di carta son tutti a Jacobiano positivo. Il sottoinsieme di M corrispondente al bordo di R

n+1+

, che `e

R

n0

= {x ∈ R

n+1+

: x

0

= 0}

si chiama bordo di M e si indica con ∂M . La restrizione a ∂M delle carte dell’atlante di M fornisce un atlante naturale di ∂M che eredita da M una struttura di variet`a differenziabile di dimensione n.

Se M `e orientata allora il suo bordo eredita un’orientazione natu- rale: Una base di T ∂M sar`a dichiarata positiva se la base di T M otte- nuta aggiungendo come PRIMO vettore di base la normale ESTER- NA a ∂M `e positiva. Per cui il bordo del disco nel piano orientato come d’abitudine sar`a orientato in modo che antiorario e l’orienta- zione di R

n0

come bordo di R

n+1+

sar`a l’inversa di quella standard (R

n0

sta “sotto” a R

n+1+

.)

4.2. Dimostrazione del teorema di stokes. Se M `e una k + 1-variet`a con bordo (che potrebbe anche essere vuoto) e ω `e una k-forma su M vale la meravigliosa relazione

Z

∂M

ω = Z

M

Sia (U

α

, ϕ

α

) un atlante per M a valori in R

k+1+

. Possiamo supporre senza perdere generalit`a che ogni U

α

sia a chiusura compatta. Sia f

α

una partizione dell’unit`a subordinata a (U

α

) . Abbiamo ω = P

α

f

α

ω . Siccome la formula che vogliamo dimostrare `e lineare, basta dimo- strarlo per le forme f

α

ω ossia basta dimostrarlo per una forma che sia a supporto compatto contenuto in U

α

. In coordinate questo vuol dire che basta dimostrare il teorema per k-forme a supporto compatto in R

k+1+

. Una tale forma si scrive come

ω = X

i

a

i

(x)dx

0

. . . dx

i−1

dx

i+1

. . . dx

k

Sia C = [0, L] × [−L, L]

k

un mezzo cubo in R

k+1+

, di centro zero e lato L abbastanza grande in modo da contenere il supporto di ω cos´ı

che Z

Rk+1+

ω = Z

C

ω dω = X

i

(−1)

i

∂a

i

∂x

i

dx

0

. . . dx

k

(7)

Per linearit`a basta fare il conto monomio per monomio. Dal teorema del calcolo integrale segue che

Z

C

dω = Z

C

∂a

i

∂x

i

dx

0

. . . dx

k

= Z

a

i

(x

0

, . . . , x

i−1

, L, x

i+1

, . . . x

k

)dx

0

. . . dx

i−1

dx

i+1

. . . dx

k

− Z

a

i

(x

0

, . . . , x

i−1

, −L, x

i+1

)dx

0

. . . dx

i−1

dx

i+1

. . . dx

k

e tale integrale `e nullo se i > 0 perch`e C contiene il supporto di ω mentre per i = 0 otteniamo

− Z

Rk0

ω = Z

∂Rk+1+

ω

4.3. Rotori divergenze etc... In fisica un campo di vettori in R

3

con coordonate (A, B, C) lo si considera come 1-forma o 2-forma a se- conda che si voglia farne la circuitazione o il flusso. Il differenziale di tali forme sono appunto rotori e divergenze. Se

ω = Adx + Bdy + Cdz allora

dω = ( ∂C

∂y − ∂B

∂z )dydz − ( ∂A

∂z − ∂C

∂x )dxdz + ( ∂B

∂x − ∂A

∂y )dxdy che `e il rotore visto come 2-forma, da cui stokes ci dice che la circuitazione `e come il flusso del rotore.

Mentre se

ω = Adydz − Bdxdz + Cdxdy allora

dω = ∂A

∂x + ∂B

∂y + ∂C

∂z

da cui stokes ci dice che il flusso `e l’integrale della divergenza. Ed infine ritroviamo che la divergenza del rotore `e zero.

5. F

ORME E CAMPI

,

DEFINIZIONI FORMALI

5.1. Campi. Su una variet`a anellata un campo `e per definizione una derivazione. Volendo ci si pu `o restringere a sottomoduli del mo- dulo delle derivazioni, per esempio se si considerano solo i campi tangenti a una foliazione data.

In termini di fibrati, su una variet`a differenziabile un campo di vettori `e una sezione del fibrato tangente

X ∈ Γ(T M ).

Sui campi `e quindi ben definito il commutatore [X, Y ].

(8)

5.2. Forme. Una k-forma `e un `e un’applicazione p-lineare alternante da D

p

in A. Ove D `e il modulo delle derivazioni e A `e l’anello in questione. Per le variet`a differenziabili A `e l’anello delle funzioni C

e D = Γ(T M ).

Il modulo delle p-forme si indica con A

p

. In termini di fibrati, una p-forma su una variet`a differenziabile `e una sezione del fibrato

p

(T M

)

ω ∈ Γ(∧

p

T M

).

Se E `e un A-modulo, l’anello delle forme p-lineari alternanti a valori in E si indica con A

p

(E) .

5.3. Differenziale. Nel caso di forme a valori in A si pu `o definire il differenziale in modo che abbia le usuali propriet`a descritte per il differenziale delle forme in R

n

definito in coordinate.

Teorema. Se ω `e una k-forma in R

n

allora dω[X

0

, . . . , X

k

] = X

i

(−1)

i

X

i

(ω[X

0

, . . . , X

i−1

, X

i+1

, . . . X

k

])

+ X

i<j

(−1)

i+j

ω([X

i

, X

j

], X

0

, . . . , X

i−1

, X

i+1

, . . . , X

j−1

, X

j+1

, . . . , X

k

) La dimostrazione `e un conto in coordinate in cui bisogna stare attenti a non perdersi con gli indici.

Questa formula, che vale per il differenziale di forme in R

n

, ha il pregio che non dipende dalle caratteristiche differenziali di R

n

ma solo dal fatto che si possa fare il commutatore tra due deriva- zioni. Quindi, nel caso generale tale formula si usa per definire il differenziale dω.

Vale d ◦ d = 0.

6. T

EORIE DI

(C

O

)-

HOMOLOGIA

6.1. Coomologia di De Rham. Il differenziale non `e un operatore lineare se consideriamo le forme come modulo sulle funzioni liscie:

d(f ω) = df ω + f dω

mentre lo `e se consideriamo le forme come spazio vettoriale su R.

Lo spazio vettoriale delle p-forme su M , si denota con Ω

p

(M ) . Abbiamo quindi la successione di applicazioni lineari

· · · → Ω

d p−1

(M ) → Ω

d p

(M ) → Ω

d p+1

(M ) → . . .

d

Per ogni p si definisce lo spazio vettoriale dei p-cicli come l’insieme delle forme chiuse ossia il nucleo del differenziale

Z

p

(M ) = {ω ∈ Ω

p

(M ) : dω = 0}

e lo spazio dei p-bordi come l’immagine del differenziale ossia le forme esatte

B

p

(M ) = {dα : α ∈ Ω

p−1

(M )}

(9)

ed il p-esimo gruppo di co-homologia di de Rham, che in realt`a `e uno spazio vettoriale, come cicli modulo bordi:

H

DRp

(M ) = Z

p

(M )/B

p

(M )

Si considera spesso la somma diretta di tutti questi spazi Ω(M ) = M

i

i

(M ) Z(M ) = M

i

Z

i

(M ) B(M ) = M

i

B

i

(M )

H

DR

(M ) = Z(M )/B(M ) = M

i

H

DRi

(M )

Tutto ci `o si pu `o trattare in modo astratto dando origine a una teoria generale dell’omologia.

6.2. Complessi di cocatene. Un complesso `e uno spazio vettoriale X dotato di un operatore lineare d : X → X, detto differenziale o anche operatore di bordo, tale che d ◦ d = 0. Si possono considerare anche complessi di gruppi o anelli, ma qui per semplicit`a ci restrin- giamo al caso di spazi vettoriali. Tutto quello che diciamo per spazi vettoriali vale mutatis mutandi per i complessi di gruppi o anelli.

In genere, un complesso `e graduato, cio`e

X = M

i∈Z

X

i

e d `e omogeneo di grado k, cio`e

d : X

i

→ X

i+k

Un complesso si dir`a complesso di cocatene se d ha grado 1 e complesso di catene se d ha grado −1.

Esempio: il complesso delle forme con il differenziale `e un com- plesso di cocatene (onde si pone X

i

= 0 per i < 0.) In tutto quello che segue il lettore che desidera avere un riferimento pi `u tangibile di quello che si dir`a, pu `o sostituire ogni complesso con il complesso delle forme su una variet`a.

Per semplicit`a nel seguito ci restringeremo ai soli complessi di cocatene (ossia il differenziale avr`a sempre grado 1.)

Una mappa tra complessi `e un’applicazione lineare che commuta col bordo. Se (A, d

A

) e (B, d

B

) sono complessi si deve quindi richie- dere φ◦d

A

= d

B

◦φ. Un altro modo per dire la stessa cosa `e richiedere che il seguente diagramma sia commutativo

A

φ //

dA



B

dB



A

φ //

B

In genere se i complessi sono graduati φ si richiede essere omoge-

nea di un certo grado. Nel seguito le mappe tra complessi graduati

(10)

saranno sempre omogene di grado zero e cio`e, per esempio se A e B sono complessi di cocatene, per ogni i vale

A

i φ //

d

B

i

d

A

i+1 φ //

B

i+1

Esempi: se f : M → N `e liscia, il pull-back f

: Ω(N ) → Ω(M ) `e una mappa tra complessi di cocatene. Se A ⊂ M `e una sottovariet`a (per esempio un aperto di M ) allora la restrizione di una forma ω → ω|

A

fornisce una mappa di complessi di cocatene Ω(M ) → Ω(A).

6.3. Successioni esatte. Una successione di spazi

· · ·

f

→ A

p−2 p−1 f

→ A

p−1 p

→ A

fp p+1f

→ . . .

p+1

ove ogni f

i

`e un’applicazione lineare, si dice esatta in A

p

se ker(f

p

) = Im(f

p−1

) , una successione esatta lunga `e una sucessione esatta in ogni punto. La stessa definizione vale per successioni di comples- si ove gli A

i

sono complessi ed le f

i

morfismi di complessi. Se i complessi son graduati le f

i

sono richieste essere omogenee.

Dato un complesso A di cocatene

· · · → A

d p−1

→ A

d p

→ A

d p+1

→ . . .

d

l’omologia di A `e il complesso H(A) definito da ker(d)/ Im(d) come nel caso delle p-forme. L’omologia misura quindi quanto un com- plesso non sia esatto. La terminologia `e la solita: i cicli sono gli elementi a bordo nullo e i bordi sono l’immagine dell’operatore di bordo.

Teorema: data una applicazione φ tra due complessi di cocatene A e B, l’applicazione φ

([a]) = [φ(a)] `e ben definita e definisce un morfismo tra H(A) e H(B) dello stesso grado di φ. La dimostrazione

`e solo la verifica che se φ `e un’applicazione tra complessi manda cicli in cicli e bordi in bordi.

Una successione esatta corta `e una successione esatta 0 → A → B → C → 0

la definizione si applica sia ai complessi che agli spazi (che ai gruppi, anelli etc...) In una successione esatta corta B → C `e surgettiva (per esattezza in C) e A → B `e iniettiva (per esattezza in A) ed in B vale l’esattezza: ci `o che va a zero in C `e esattamente ci `o che proviene da A .

Esempi:

0 → A → B → B/A → 0

0 → A → A ⊕ C → C → 0

(11)

la prima ha senso ogni volta che si pu `o fare il quoziente, tipo se A

`e un sottogruppo normale di B, la seconda ha senso per gli spazi vettoriali.

Teorema: se A, B, C sono spazi vettoriali e 0 → A → B → C → 0

`e una successione esatta corta allora B ' A ⊕ C. La dimostrazione `e elementare per gli spazi di dimensione finita e in generale dipende dal fatto che il ker di una roba lineare `e un sottospazio chiuso.

6.4. Lemma del triangolo esatto. Sia 0 → A → B → C → 0 una successione esatta corta di cocatene (o di complessi graduati tutti col differenziale dello stesso grado k) allora la successione indotta

H(A) → H(B) → H(C)

`e esatta in H(B), in oltre esiste un’applicazione di complessi δ : H(C) → H(A) di grado 1 (in generale dello stesso grado k dei diffe- renziali) tale che il triangolo

H(A)

//

H(B)

zzvvvvvvvvv

H(C)

δ

ddHHHHHHHHH

sia esatto in ogni punto. Ci `o equivale a chiedere che

. . . H

i

(B) → H

i

(C) → H

δ i+1

(A) → H

i+1

(B) → H

i+1

(C) → H

δ i+2

(A) . . . sia una successione esatta lunga.

6.5. Diagram surfing. Molti risultati sui complessi si dimostrano con la tecnica del diagram surfing, che consistere nello scrivere un dia- gramma commutativo gigante spesso con propriet`a aggiuntive sui morfismi, e trarre le conclusioni volute “passeggiando” sul diagram- ma su cammini equivalenti. Diamo come esempio di questa tencni- ca la definizione del morfismo δ ed alcune delle sue propriet`a la- sciando il lettore libero di surfare a suo piacimento per completare la dimostrazione del lemma del triangolo esatto.

Dotiamoci di un diagramma commutativo:

0

//

A

//

d

B

//

d

C

//

 d

0

0

//

A

//

d

B

//

d

C

//

 d

0

0

//

A

//

B

//

C

//

0

l’informazione supplementare qui `e che le righe sono esatte. Sia c un

ciclo di C. Pensatelo in alto a destra. Siccome c `e un ciclo dc = 0

siccome le righe sono esatte c proviene da un elemento b. Partendo

(12)

da b andiamo in basso a destra in due modi, dalla commutativit`a e dal fatto che dc = 0 otteniamo che db `e un elemento che va a zero in C . Per esattezza delle righe, tale elemento proviene da un elemento a di A. Poniamo δ[c] = [a]. (Praticamente si prende c si rimonta su B , se ne fa il bordo e si rimonta su A, questo `e il motivo per cui δ ha lo stesso grado di d.)

Vediamo che tale applicazione `e ben definita. In primis si verifica che da = 0. Andando in basso a destra a partire da a finiamo nel- l’elemento ddb che `e ovviamente nullo. Per esattezza in A la freccia A → B `e iniettiva, per cui da deve essere zero.

Se avessimo scelto un altro elemento b

0

al primo passo, avremmo che b−b

0

va a zero mandato in C (entrambi hanno c come immagine.) Per esattezza della riga, esiste quindi un unico elemento α che sia la preimmagine in A di b − b

0

. Ne segue adesso facilmente che se a

0

`e la preimmagine di db

0

si ha a − a

0

= dα e quindi la classe di coomologia di δ(c) non dipende dalla scelta di b. Analogamente si dimostra che non dipende dalla scelta del ciclo rappresentante [c].

La dimostrazione del lemma del triangolo esatto procede tutta cos´ı, surfando il diagramma. Per esemplificare ancora proviamo un pezzo dell’esattezza in H(C) del triangolo che pu `o risultare un po’ ostico al surfista principiante. Dimostriamo che se un ciclo [c] ∈ H(C) va in zero in H(A) allora proveniva da un elemento di H(B).

La dimostrazione sbagliata `e: ovvio perch`e per esattezza delle righe la freccia B → C `e surgettiva. Dire che [c] proviene da un elemento di H(B) significa dire che esiste un ciclo b in B tale che b → c e cio`e che tra tutte le preimmagini di c (che a priori sono molte) ce n’`e una con db = 0.

Partiamo dal solito c in alto a destra, prendiamo una preimmagi- ne b che sappiamo esistere per estattezza, calcoliamo db che non ha nessun motivo di essere nullo e prendiamo una sua preimmagine a.

Se δ([c]) `e zero in H(A) allora a `e un bordo. Per cui esiste α ∈ A tale che a = dα. L’immagine di α in B la chiamiamo β e per esattezza l’immagine di β in C `e nulla per cui l’elemento b − β `e una preim- magine di c. Dalla commutativit`a segue adesso che dβ = db per cui d(b − β) = 0 come richiesto.

6.6. Il Lemma dei 5. Se in un diagramma commutativo A

1 ϕ1 //

f1



A

2 ϕ2 //

f2



A

3 ϕ3 //

f3



A

4 ϕ4 //

f4



A

5

f5



B

1 ψ1 //

B

2 ψ2 //

B

3 ψ3 //

B

4 ψ4 //

B

5

le righe sono esatte e f

1

, f

2

, f

4

, f

5

sono isomorfismi, allora anche f

3

lo `e. La dimostrazione di iniettivit`a e surgettivit`a della f

3

si fanno

(13)

surfando (con cura) nel diagramma come nella dimostrazione qua sotto.

Lemma dei 5 modificato. Se il diagramma non `e completamen- te commutativo, ma commutativo a meno del segno, allora il lem- ma dei 5 vale ugualmente. Dimostrazione: sia x

3

∈ A

3

tale che f

3

(x

3

) = 0 e sia x

4

la sua immagine in A

4

. Per commutativit`a a meno del segno abbiamo f

4

(x

4

) = ±ψ

3

(f

3

(x

3

)) = ±(ψ

3

(0)) = 0.

Siccome f

4

`e iso, allora x

4

= 0. Per esattezza in A

3

esiste x

2

ta- le che ϕ

2

(x

2

) = x

3

. Per commutativit`a a meno del segno abbia- mo ψ

2

(f

2

(x

2

)) = ±f

3

2

(x

2

)) = ±f

3

(x

3

) = 0 . Per esattezza in B

2

esiste y

1

∈ B

1

tale che ψ

1

(y

1

) = f

2

(x

2

). Sia x

1

= f

1−1

(y

1

). Per commutativit`a a meno del segno abbiamo ϕ

1

(x

1

) = ±x

2

per cui x

3

= ϕ

2

1

(±x

1

)) = 0 per esattezza in A

2

e quindi f

3

risulta iniet- tiva. La surgettivit`a si fa in modo analogo alla dimostrazione dell’e- sattezza in H(C) nel lemma del triangolo esatto, tenendo presente i segni.

7. C

ALCOLO DELLA COOMOLOGIA DI

D

E

R

HAM PER VARIETA

` 7.1. Successione di Mayer-Vietoris. Teorema: sia M una variet`a con un ricoprimento aperto M = A∪B, detto C = A∩B si ha la seguente successione esatta corta

0 → Ω(M ) → Ω(A) ⊕ Ω(B) → Ω(C) → 0 ove le frecce son date dalle restrizioni come segue

ω → (ω|

A

, ω|

B

) (α, β) → α|

C

− β|

C

.

La dimostrazione `e pressoch´e ovvia considerando una partizione dell’unit`a subordinata al ricoprimento dato da A e B. Vediamo la surgettivit`a di Ω(A) ⊕ Ω(B) → Ω(C) → 0. Sia {ϕ

A

, ϕ

B

} una partizio- ne dell’unit`a e sia ω ∈ Ω(C). Allora ω = ϕ

A

ω + ϕ

B

ω. Ma `e chiaro che ϕ

A

ω ∈ Ω(B) e ϕ

B

ω ∈ Ω(A) (notare che A e B si sono “scambiati”.)

Come corollario del lemma del triangolo esatto si ottiene la suc- cessione esatta lunga, detta di Mayer-Vietoris

0 → H

DR0

(M ) → H

DR0

(A) ⊕ H

DR0

(B) → H

DR0

(C) → H

DR1

(M ) →

→ H

DR1

(A)⊕H

DR1

(B) → H

DR1

(C) → H

DR2

(M ) → H

DR2

(A)⊕H

DR2

(B) →

→ H

DR2

(C) → H

DR3

(M ) → . . .

Insieme al lemma dei 5 la successione di Mayer-Vietoris `e lo stru-

mento principe per calcolare i gruppi di co-omologia: Per il lemma

di Poincar´e l’omologia dei pezzi contrattili la si conosce. In gene-

rale si fa per induzione sulla “semplicit`a” e sul grado: si divide M

in pezzi semplici di cui l’omologia si conosce, per cui H

i

(M ) a de-

stra e sinistra ha due elementi che si conoscono, il centrale viene di

conseguenza.

(14)

Esempio/Esercizio: si calcoli la coomologia della sfere S

n

. Si cal- coli la coomologia del toro ed in generale della superficie orientabile di genere g.

7.2. Coomologia a supporto compatto. Sia M una variet`a differen- ziabile. Si indica con Ω

pc

(M ) l’anello delle p-forme a supporto com- patto su M . Chiaramente Ω

pc

(M ) ⊂ Ω

p

(M ) e l’operatore di bordo manda forme a supporto compatto in forme a supporto compatto.

L’omologia del complesso

· · · → Ω

d p−1c

(M ) → Ω

d pc

(M ) → Ω

d p+1c

(M ) → . . .

d

si denota con H

ci

(M ) e si chiama coomologia a supporto compatto.

7.3. Mayer-Vietoris a supporto compatto. Sia X ⊂ M un aperto.

La restrizione a X di una forma a supporto compatto su M non `e necessariamente a supporto compatto. Mentre l’inclusione Ω

pc

(X) → Ω

pc

(M ) `e ben definita. La conseguenza di ci `o `e che la Mayer-Vietoris si ribalta. Infatti, ad essere esatta `e la successione

0 → Ω

c

(C) → Ω

c

(A) ⊕ Ω

c

(B) → Ω

c

(M ) → 0 ove le frecce son date dalle inclusioni come segue

ω → (ω, −ω) (α, β) → α + β.

Di conseguenza dal lemma del triangolo estatto si ottiene la suc- cessione esatta lunga detta di Mayer-Vietoris a supporto compatto.

7.4. Dualit`a. Dato uno spazio vettoriale (o un modulo) A, si denota il suo duale con A

. L’applicazione di dualit`a tra un elemento a ∈ A ed f ∈ A∗ verr`a denotata con

f (a) = hf, ai.

Ogni costruzione naturale si pu `o dualizzare. In particolare, data un’applicazione F : A → B si ottiene un’applicazione F

: B

→ A

imponendo che valga la formula

hF

(g), ai + hg, F (a)i

Per esempio, se d : A

p

→ A

p+1

`e l’operatore di bordo, l’operatore di bordo duale `e definito in modo che valga la formula di stokes

hω, ∂Di = hdω, Di

Data una successione di spazi vettoriali o di complessi

· · · → A

i−1 f

→ A

i−1 i

→ A

fi i+1

→ . . .

Si ha la successione esatta duale in cui si deve solo ricordare che tutte le frecce sono alla rovescia

· · · ← A

i−1 f

← A

i−1 i f

← A

i i+1

← . . .

(15)

il che equivale a rovesciare gli indici

· · · → A

i+1 f

→ A

i i f

→ A

i−1 i−1

→ . . . .

7.5. Dualit`a tra coomologia e coomologia a supporto compatto. Sia M una variet`a differenziabile orientata di dimensione n senza bordo (non necessariamente compatta.) Sia ω ∈ Ω

p

(M ) e η ∈ Ω

n−pc

(M ) . Si definisce l’accoppiamento di dualit`a di ω con η come

hω, ηi = Z

M

ω ∧ η

tale integrale essendo ben definito in quanto una delle due forme `e a supporto compatto.

Se ω

0

= ω + dα e se dη = 0, siccome ∂M `e vuoto si ha Z

M

ω

0

∧η − Z

M

ω ∧η = Z

M

dα∧η = Z

M

d(α∧η)±α∧dη = Z

∂M

α∧η = 0 Per cui tale dualit`a fornisce un’applicazione

H

cn−p

(M ) → (H

p

(M ))

Dimostreremo che tale applicazione `e in realt`a un isomorfismo per cui possiamo dire che il duale della coomologia `e la coomologia a supporto compatto. Tale dualit`a `e una delle tante manifestazioni della dualit`a di Poincar´e. Per dimostrarlo useremo le successioni di mayer-vietoris per le due teorie, insieme al lemma dei 5 ed un procedimento di induzione sulla semplicit`a della variet`a M .

7.6. Dualit`a sulle palle di R

n

: Costruzione del cilindro per forme a supporto compatto. Sia M una variet`a differenziabile, sia φ una funzione liscia su R a supporto compatto tale che R

+∞

−∞

φ = 1 e sia π : M × R → M la proiezione. Si definiscono gli operatori

Ψ : Ω

p+1c

(M × R) → Ω

pc

(M ) e Φ : Ω

pc

(M ) → Ω

p+1c

(M × R) come

Ψ(ω)[V

1

, . . . , V

p

] = Z

+∞

−∞

ω[∂

t

, V

1

, . . . , V

p

]dt Φ(ω) = φ(t)dt ∧ π

ω

Lemma: d ◦ Φ = −Φ ◦ d. Dimostrazione:

d(Φ(Ω)) = d(φdt∧π

(ω) = −φdt∧d(π

(ω)) = −φdt∧π

(dω) = −Φ(dω).

Lemma: d ◦ Ψ = −Ψ ◦ d. Dimostrazione: Per linearit`a basta di- mostrarlo per i monomi di ω. In coordinate locali, in ω ci sono due tipi di monomi, quelli che contengono dt e quelli senza. Per i mo- nomi del tipo a

I

(t, x)dtdx

I

il risultato segue dalla portando la deri- vazione sotto segno di integrale, ed il segno meno viene dal fatto che

∂a∂xI

i

dx

i

dtdx

I

= −

∂a∂xI

i

dtdx

i

dx

I

. Per i monomi del tipo a

I

(t, x)dx

I

(16)

abbiamo Φ(a

I

(t, x)dx

I

) = 0 e che Ψ(d(a

I

dx

I

)) = 0 segue dal teore- ma fondamentale del calcolo integrale e dal fatto che ω `e a supporto compatto.

L’anticommutazione con gli operatori di bordo implica che sono ben definiti gli omomorfismi Φ

e Ψ

sulla coomologia. Siccome R φ = 1, per ogni ω ∈ Ω

pc

(M ) si ha Ψ(Φω) = ω. Per cui Ψ

◦ Φ

= Id su H

cp

(M ) . Ci `o ancora non basta per dire che Ψ e Φ sono entrambi isomorfismi.

Lemma: Esiste un operatore K : Ω

p+1c

(M × R) → Ω

pc

(M × R) tale che

Kd + dK = Id − Φ ◦ Ψ.

Dimostrazione: Definiamo Kω come

(Kω)(x, t)[V

1

, . . . , V

p

] = Z

+∞

−∞

φ(s)ds Z

t

−∞

ω(x, s)[∂

t

, V

1

, . . . , V

p

]ds

− Z

t

−∞

φ(s)ds Z

+∞

−∞

ω(x, s)[∂

t

, V

1

, . . . , V

p

]ds

= Z

t

−∞

ω(x, s)[∂

t

, V

1

, . . . , V

p

]ds − Z

t

−∞

φ(s)ds Z

+∞

−∞

ω(x, s)[∂

t

, V

1

, . . . , V

p

]ds

= Z

t

−∞

ω(x, s)[∂

t

, V

1

, . . . , V

p

]ds −

Z

t

−∞

φ(s)ds



π

Ψ(ω).

Come al solito, per linearit`a possiamo fare la verifica che K sia un operatore di omotopia sulle forme monomiali. In coordinate, se ω non contiene il termine dt allora Kω = 0 e quindi anche dKω = 0.

D’altronde, in questo caso anche Ψω = 0. Il teorema fondamenta- le del calcolo integrale ed il fatto che ω sia a supporto compatto ci dicono adesso che Kdω = ω e la formula di omotopia `e verificata.

Supponiamo adesso che ω sia della forma ω = f (x, t)dtdx

I

. Abbia- mo

dω = X

i

∂f

∂x

i

dx

i

dtdx

I

= − X

i

∂f

∂x

i

dtdx

i

dx

I

K(dω) = − X

i

Z

t

−∞

∂f (x, s)

∂x

i

ds



dx

i

dx

I

+ X

i

Z

t

−∞

φ(s)ds

Z

+∞

−∞

∂f (x, s)

∂x

i

ds



dx

i

dx

I

(17)

ed infine

dK(ω) = ω + X

i

Z

t

−∞

∂f (x, s)

∂x

i

ds



dx

i

dx

I

− φ(t)dt ∧ π

Ψ(ω)

− X

i

Z

t

−∞

φ(s)ds

Z

+∞

−∞

∂f (x, s)

∂x

i

ds



dx

i

dx

I

Da cui l’ugualianza cercata.

L’operatore K si usa come gli operatori di omotopia e la sua esi- stenza implica che Φ

◦ Ψ

= Id su H

cp

(M × R) per cui adesso pos- siam concludere che sia Ψ

che Φ

siano isomorfismi. In particolare, abbiamo dimostrato il seguente

Teorema: H

cp+1

(M × R) = H

cp

(M ) .

Quindi, ponendo M = R

n

, per induzione si ha

Teorema: H

cp+i

(R

n+i

) = H

cp

(R

n

) . Se p > n non ci sono forme diffe- renti da zero per cui H

cp

(R

n

) = 0 . Se p < n H

cp

(R

n

) = H

c0

(R

n−p

) = 0 perch´e non esistono funzioni costanti a supporto compatto su R

n−p

. Se p = n H

cn

(R

n

) = H

c0

(R

0

) = R.

Corollario: Per R

n

vale la dualit`a di Poincar`e:

(H

p

(R

n

))

= H

cn−p

(R

n

).

Nota: l’isomorfismo H

cn

(R

n

) = H

c0

(R

0

) `e dato da Ψ

n

e quindi non `e altro che l’integrazione ω 7→ R

Rn

ω = hω, 1i e quindi l’isomorfismo tra (H

p

(R

n

))

e H

cn−p

(R

n

) `e dato proprio dall’accoppiamento di dualit`a.

7.7. Ricoprimenti buoni. Un ricoprimento di aperti localmente fi- nito U = U

α

di una variet`a M si dice semplice se ogni intersezione finita di elementi di U `e diffeomorfa a R

n

. U si dir`a buono se `e sem- plice e se in pi ´u vale la seguente propriet`a: per ogni U

α1

∩· · ·∩U

αi

6= ∅ l’aperto

i

U

αi

`e diffeomorfo a R

n

. La dimostrazione dell’esistenza di ricoprimenti buoni arbitrariamente fini, che si pu `o fare con l’aiuto di una metrica Riemanniana su M considerando pallette fortemente convesse, esula dagli scopi di queste note.

7.8. Dualit`a sulle Variet`a di tipo finito. Una variet`a si dice di tipo finito se ammette un ricoprimento finito buono, per esempio se M `e la parte interna di una variet`a compata (con o senza bordo.)

Sia M una variet`a orientata di tipo finito. Allora vale (H

cp

(M ))

= H

cn−p

(M ) .

Dimostriamo l’isomorfismo per induzione sul numero degli aperti

di un ricoprimento buono. Su ogni singolo aperto, che `e diffeomorfo

a R

n

, l’isomorfismo `e dimostrato nelle pagine precedenti. Suppo-

niamo di essere nella situazione X = A ∪ B con C = A ∪ B ove

(18)

per induzione sappiamo che per A, B, C vale l’isomorfismo di dua- lit`a. Scriviamo il diagramma con le due successioni esatte lunghe di Mayer-Vietoris, quella della coomologia a supporto compatto e la dualizzata della normale coomologia di De Rham, con i relativi omomorfismi di dualit`a:

H

cn−p

(C)

 //

H

n−pc

(A) ⊕ H

n−pc

(B)

 //

H

n−pc

(X)

 //

H

n−p+1c

(C)



(H

p

(C))

//

(H

n

(A))

⊕ (H

p

(B))

//

(H

p

(X))

//

(H

p−1

(C))

Le frecce verticali corrispondenti a H(C) e H(A) ⊕ H(B) sono iso- morfismi per ipotesi induttiva, se dimostriamo che il diagramma commuta a meno del segno, per il lemma dei 5 modificato avremo che anche H

cn−p

(X) → (H

p

(X))

`e un isomorfismo e la dimostrazio- ne sar`a completa (per motivi di spazio nella pagina sono scritti solo 4 colonne del diagramma, che va pensato lungo, tutto intero.)

Vediamolo dettagliatamente, lasciando il resto delle verifiche per esercizio, sul quadrato

H

cn−p

(X)

α

δc //

H

cn−p+1

(C)

 β

(H

p

(X))

δ //

(H

p−1

(C))

Sia ω ∈ H

cn−p

(X) e η ∈ H

p−1

(C) . Per calcolare δ

c

ω si deve ripercor- rere il procedimento della costruzione del triangolo esatto, quindi si prende una partizione dell’unit`a f

A

, f

B

subordinata al ricoprimento A, B , si considerano le fomre ω

A

= f

A

ω e ω

B

= ϕ

B

ω e si calcola il loro differenziale:

δ

c

ω = dω

A

= −dω

B

per cui, sfruttando che dω = 0 si ha

hβ(δ

c

ω), ηi = Z

C

A

∧ η = Z

C

(df

A

∧ ω + f

A

dω) ∧ η = Z

C

df

A

∧ ω ∧ η dall’altro lato, se θ ∈ (H

p

(X))

, per definizione si ha

θ, ηi = hθ, δηi

δη lo si calcola cos´ı (sempre dalla costruzione del triangolo esatto):

si scrive η come η

A

+ η

B

) , con η

A

= f

A

η e η

B

= f

B

η si calcolano i differenziali, che sono l’uno l’opposto dell’altro su C, e si prende la forma

δη =  dη

A

su B

−dη

B

su A

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