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Definire “danno riflesso” la “propagazione intersoggettiva delle conseguenze negative di uno stesso fatto genetico illecito”

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Academic year: 2022

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Danni riflessi e danno esistenziale Prof. Flavio Peccenini*

Definire “danno riflesso” la “propagazione intersoggettiva delle conseguenze negative di uno stesso fatto genetico illecito”1, ovvero il danno risentito a seguito di altro danno recato mediante lesione illecita ad un soggetto diverso2, nulla dice sul primo (e prioritario) quesito che deve porsi chi voglia analizzare o utilizzare la pretesa categoria dei danni riflessi: il rapporto tra il tema in esame, l’ingiustizia del danno e la causalità.

L’importanza di questo approccio alla tematica dei danni riflessi è sottolineata in dottrina3 attraverso l’esame delle più recenti sentenze di legittimità, talune4 “adottanti una linea argomentativa basata sulla applicazione del principio della regolarità causale”, un’altra5 “basata sulla valutazione dell’ingiustizia del danno”.

S’impone in via preliminare una precisazione apparentemente terminologica: il sintagma “danno riflesso” è correttamente usato -

* Professore di diritto Privato – Università di Bologna.

1 Cass. 7 gennaio 1991, n. 60, in Resp. civ. e Prev., 1991, 446, con nota di Pellecchia e in Foro it. 1991, 459 con nota di Simone. Si tratta della sentenza che, per prima, ha riconosciuto “in astratto”, la risarcibilità dei danni riflessi, affermando che sono risarcibili i danni patrimoniali c.d. riflessi, cioè i danni subiti dai familiari del soggetto sinistrato in un incidente stradale provocato da altri, con la ulteriore previsione, che i danni mediati e indiretti da fatto illecito sono suscettibili di risarcimento soltanto a condizione che essi si presentino come effetto normale del fatto stesso, rientrando nella serie delle conseguenze ordinarie cui esso dà origine (nel caso di specie, il marito di una donna che era stata colpita da neurosi depressiva post-traumatica, aveva preteso il risarcimento del danno conseguente al pensionamento anticipato dal medesimo richiesto per poter assistere la moglie; la domanda non è stata accolta, ma il principio affermato).

2 MONATERI – BONA, Il danno alla persona, Padova, 1998, 292.

3 ARRIGO, Il danno alla persona come danno biologico. Le nuove tipologie di danni risarcibili ai congiunti. I criteri di quantificazione del danno, in Risarcimento del danno contrattuale ed extracontrattuale, a cura di Visintini, Milano, 1999, 251 ss.

4 Cass. 23 aprile 1998, n. 4186, in Danno e Resp., 1998, 686, con nota di De Marzo;

Cass. 15 maggio 1999, n. 4852, in Foro It., 1999, 2874 con nota di Filograno e in Danno e Resp., 2000, 157, con nota di Grondona; Cass. 1 dicembre 1998, n. 12195, in Danno e Resp., 1999, 522, con nota di Filograno, e in Giust. Civ., 1999, I, 672.

5 Cass. 11 febbraio 1998, n. 1421, in Danno e Resp., 1998, 895, con nota di Pellecchia e in Resp. Civ. Prev., 1998, 1008, con nota di P. (atrizia) Z. (iviz).

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anche se con funzione meramente descrittiva - là dove serve ad unificare tutte le ipotesi di risarcibilità di danni incidenti su persone diverse dalla vittima iniziale del fatto illecito, ma ricollegabili causalmente a quest’ultimo6; è, invece, causa di ambiguità, quando si tenda ad identificare il danno riflesso, proprio perché di rimbalzo, con il danno mediato e indiretto7, risarcibile ove ricorra, quanto meno, un nesso di regolarità causale. Come è stato correttamente rilevato8 “il rischio insito in un siffatto modo di procedere attiene alla mancata considerazione di quello che, invece, appare il problema preliminare da risolvere, avente ad oggetto, piuttosto, la individuazione di un interesse meritevole di tutela in capo al soggetto diverso dalla vittima iniziale, così da poter procedere a quella qualificazione in termini di ingiustizia del danno che costituisce il filtro per la selezione dei danni risarcibili: ove tale processo di qualificazione dovesse risolversi con esito positivo, non si vede per quale ragione il

“danneggiato di rimbalzo” - in presenza di tutti gli altri elementi della fattispecie risarcitoria - dovrebbe aver subito solo danni mediati, laddove invece (non diversamente dalle ipotesi in cui esiste un’unica vittima) ben potrebbe aver subito pregiudizi tanto diretti e immediati, quanto indiretti e mediati”9.

Condivido pienamente, pertanto, che “si tratta, in sostanza, di spostare l’attenzione dal danno (riflesso o di rimbalzo che sia) al danneggiato, dal momento che il problema che viene in considerazione non è tanto quello della propagazione di un unico danno, bensì quello della individuazione di “vittime secondarie”, che intanto saranno tali in quanto subiscano una ingiustificata

6 VISINTINI, Il risarcimento del danno, in Riv. Dir. Civ., 1988, II, 679.

7 PELLECCHIA, La Corte di Cassazione e i c.d. danni riflessi: divagazioni e decisioni sul tema, nota a Cass. 7 gennaio 1991, n. 60, in Resp. Civ. e Prev., 1991, 453.

8 PELLECCHIA, nota a Cass. 11 febbraio 1999, n. 1421, in Danno e Resp., 1998, 899.

9 Nello stesso spirito BIANCA, Diritto Civile, 5, La responsabilità, Milano, 1994, 115: “Quelle situazioni nelle quali la giurisprudenza ha riconosciuto il diritto al risarcimento a persone diverse dalla vittima sono situazioni nelle quali il fatto lesivo si rivela idoneo a colpire direttamente una pluralità di interessi, autonomamente identificabili e tutelati”.

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lesione di un proprio interesse meritevole di (autonoma) tutela: un

“doppio livello di ingiustizia” (in relazione alla vittima primaria ed alla vittima secondaria) si renderà pertanto necessario, ma non sufficiente, poiché occorrerà comunque verificare la sussistenza di tutti gli altri elementi per l’imputazione della responsabilità in relazione alla seconda fattispecie illecita”10.

In conclusione dunque solo l’ingiustizia del danno consente di apprezzare giuridicamente gli eventi materiali nei confronti dei soggetti coinvolti11: “In sostanza, dire, come fa la Corte12, che

<trattasi di danni solo apparentemente mediati perché l’evento dannoso tocca immediatamente la famiglia> vuole dire che non è la causalità a venire in rilievo, ma la famiglia. Trattasi quindi della valutazione giuridica di un evento che il nostro sistema fa compiere, sotto il profilo logico-giuridico, al requisito della

<ingiustizia del danno> mentre, sempre sotto questo profilo la

<causalità> interviene o prima (per valutare se il comportamento è causa dell’evento materiale in questione) o dopo (per valutare quali conseguenze di quell’evento possano essere risarcite ai soggetti coinvolti). In quest’ottica, indiretti o mediati potranno risultare eventualmente i danni pregiudizio in concreto richiesti (come quello patrimoniale da anticipato pensionamento considerato dalla sentenza n. 60/91) e non già gli interessi ritenuti meritevoli di tutela che di quelli ne sono il presupposto”. Del resto, è proprio nella sentenza ora richiamata che si parla di diritti riflessi, eziologicamente collegati in via diretta ed immediata con il fatto illecito.

Si può in tal modo anche rivalutare l’aggettivo “riflesso”, in quanto richiama, appunto, la natura relazionale dell’interesse in gioco: “è l’interesse a che la relazione intersoggettiva non venga mutata dall’intervento di terzi a rendere rilevanti in ambito

10 PELLECCHIA, La Corte di Cassazione e i c.d. danni riflessi: divagazioni e decisioni sul tema, cit., 453.

11 ARRIGO, Il danno alla persona come danno biologico, cit. 244.

12 Cass. 17 settembre 1996, n. 8305, in Resp. Civ. Prev., 1997, 123 e in Famiglia e Diritto, 1997, 69.

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aquiliano le conseguenze per i richiedenti della modificazione della realtà che si è verificata e si verificherà dal punto di vista fenomenico…È l’alterazione della compagine del consorzio familiare, per il solo fatto di essere esistente prima del fatto che ha leso o privato della vita la vittima iniziale, a rendere meritevoli di tutela le pretese dei familiari”13.

Anche sotto un altro profilo viene ribadita l’utilità e l’opportunità della formula, in quanto si è in presenza di danni comunque collegati nel giudizio risarcitorio al fatto illecito che ha leso la vittima iniziale. Su questo secondo fronte si osserva che: “se per la modificazione del rapporto con il familiare sono derivati al congiunto anche cambiamenti in peius della sua sfera di rapporti con l’esterno della famiglia (esemplificando, perché deve dedicarsi ad assistere l’infortunato e non può pertanto autodeterminare liberamente il proprio tempo o comunque perché le frequentazioni o stile di vita risultavano legate alla presenza ed al contributo del leso che ora non può più esplicarle come prima) anche questo aspetto ulteriore è da ritenersi meritevole di considerazione da parte del giudice al momento della quantificazione della somma di denaro che ritiene equa”14.

Per questo tipo di pregiudizio viene proposta la denominazione di

“danno per la lesione del rapporto familiare”, e tale denominazione - in quanto contenente il riferimento immediato all’interesse protetto - viene ritenuta preferibile a quella di danno esistenziale, categoria all’interno della quale, come noto, i sostenitori della stessa collocano la casistica dei danni non patrimoniali dei congiunti15 (diversi dal danno morale così come ridisegnato dalla Corte Costituzionale), vero e proprio crocevia dove il tema odierno e la marea montante del danno esistenziale trovano il loro terreno di elezione e di sicuro sviluppo. Ne sono

13 ARRIGO, Il danno alla persona come danno biologico, cit., 256, il quale definisce la formula “danni riflessi” utile ed opportuna.

14 ARRIGO, Il danno alla persona come danno biologico, cit., 257.

15 ARRIGO, La lesione della salute dei congiunti, in CENDON – ZIVIZ (a cura di), Il danno esistenziale, Milano, 2000, 98.

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dimostrazione le opinioni che, nell’ambito dei pregiudizi patiti dai congiunti del soggetto macroleso, fanno ricorso al danno esistenziale come la via più logica e sicura per dare adeguato ristoro alle vittime secondarie dell’illecito. Secondo i fautori del danno esistenziale, infatti, “il pregiudizio del congiunto si concretizza nell’adottare nella vita di ogni giorno comportamenti diversi dal passato, come il rinunciare alle abituali frequentazioni sociali, all’esistenza mondana precedente, per dedicare il proprio tempo all’assistenza dell’infermo”16.

La formula “danno per lesione del rapporto familiare” è stata recentemente adottata anche in giurisprudenza, senza tuttavia porsi il problema del rapporto con l’emergente danno esistenziale.

Il Tribunale di Treviso17, senza motivazione alcuna, assegna al coniuge ed ai figli della vittima principale defunta, oltre al risarcimento del danno morale, anche quello “a titolo di danno biologico da morte, riconosciuto iure proprio per la perdita del rapporto parentale”, così vagamente richiamandosi, per l’attento lettore, alle già note ipotesi di allargamento del danno biologico al di fuori dei suoi confini medico-legali18.

16 ZIVIZ, Alla scoperta del danno esistenziale, in Contratto e impresa, 1994, 863.

17 Trib. Treviso 25 novembre 1998, in Danno e Resp., 2000, 68, con nota di Caso.

18 BONA, Perdita del nascituro: un nuovo precedente per il danno esistenziale, nota a Giudice di Pace di Casamassima, 10 giugno 1999, in Danno e Resp., 2000, 94 e 95.

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Più articolata19 la sentenza 31 maggio 1999 del Tribunale di Milano20, che ha riconosciuto ai congiunti del defunto, oltre al danno morale, “il risarcimento del danno patrimoniale suddivisibile in due voci, una consistente nel danno emergente e lucro cessante, l’altra identificabile con il danno derivante dalla lesione del rapporto parentale (quantificato nella metà del danno morale)”, sostenendosi la “piena legittimità giuridica di un principio <edonistico>, che risarcisca al superstite la perdita del godimento del congiunto e dei diritti-doveri che costituiscono il contenuto dei vari status: coniugale, filiale, etc.” In corso di pubblicazione di questo scritto il Tribunale di Firenze21 ha confermato la risarcibilità del c.d. danno edonistico, quale danno patrimoniale riflesso del superstite conseguente alla perdita del godimento del congiunto e del rapporto parentale (tale danno, in mancanza di consolidati criteri di calcolo, è stato liquidato in una somma pari alla metà del danno morale).

In ipotesi di questo tipo il ricorso al danno esistenziale appare quasi la naturale, logica conseguenza della lettura estensiva del

19 Non consentendolo lo spazio di questo intervento, mi limito a trascrivere i passi più significativi della motivazione …ora, non è irrazionale opinare che il danno dovuto alla perdita del rapporto parentale e del godimento del congiunto possa avere contenuto patrimoniale qualora si rifletta sul permanente vulnus inferto alla vita di relazione dalla perdita irrimediabile di una persona, e sulla deminutio insita nell’impossibilità di essere moglie o marito, figlio, fratello o sorella di una persona determinata ormai scomparsa …E’

difficile contestare che la perdita di un congiunto, facendo venir meno nel superstite la qualità di coniuge, figlio o genitore (rispetto alla persona deceduta) sia il più grave dei danni c.d. riflessi, e che, come tale, debba trovare una giuridica soddisfazione, nel rispetto della tripartizione del danno operata dalla Corte costituzionale nella nota sentenza n. 184 del 1986. Appare infatti illogico e contrario al principio di ragionevolezza, riconoscere la risarcibilità del danno morale jure proprio ai congiunti della persona lesa nel caso di lesioni personali (cfr. Cass., sez. III, 23 aprile 1998, n. 4186), la risarcibilità del danno subito dal coniuge impossibilitato ad avere rapporti sessuali con l’altro coniuge che ha subito una lesione nella sfera sessuale per l’imperizia di un sanitario (cfr. Cass. 11 novembre 1986, n. 6607) la risarcibilità insomma della lesione dei contenuti e dei diritti dei vari status di coniuge, figlio, genitore e fratello nel caso di lesione di un congiunto e negarla poi nell’ipotesi più grave di danno riflesso, quello determinato dal venir meno della persona cara.”

20 In Danno e Resp., 2000, 67, con nota di Caso, nonché in Arch. Giur. Circ., 2000, 55 e 231, con nota di Agrizzi; ora anche in Nuova Giur. Civ. Comm., 2000, 1, 4 con nota di Chindemi.

21 Trib. Firenze 24 febbraio 2000, n. 451, in Guida al Diritto, 25, 8 luglio 2000, 46.

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danno biologico anche in assenza di una precisa patologia fisico- psichica, così come già avevano deciso prima il Tribunale di Treviso22, giungendo a far coincidere questo danno “con il fatto storico di non aver più il marito o il padre o il figlio e quindi di non poter più essere moglie, figlio o genitore”, poi il Tribunale di Torino, che ebbe così a statuire: “poiché nella famiglia si esplica la personalità di ciascun componente, estrinsecandosi in diritti inviolabili riconosciuti e garantiti a livello costituzionale, il fatto illecito del terzo -incidente sul diritto di un congiunto – che determini in via immediata e diretta la lesione dei diritti correlati dei familiari, determina in capo a questi ultimi un danno ingiusto, autonomamente risarcibile ex art. 2043 c.c. e qualificabile come danno esistenziale”23.

Torniamo ora alla proposta di riconoscimento nel sistema di un danno per la lesione del rapporto familiare al di fuori del danno esistenziale; a sostegno24 di tale proposta si afferma che “la formazione di una super-categoria idonea ad includere tutti i pregiudizi riguardanti le attività a-reddituali del soggetto diversi dalla perdita di reddito e dal dolore-patema d’animo, pur perseguendo l’obiettivo meritorio di richiamare l’attenzione sui metodi di quantificazione del danno, eccessivamente automatici e poco personalizzati, potrebbe ingenerare l’erroneo convincimento che i pregiudizi, ovvero le modificazioni di vita quotidiana del soggetto, siano rilevanti in quanto tali (l’autore sembra accedere alla qualificazione del danno esistenziale come danno conseguenza) e non perché derivanti dalla lesione dell’interesse protetto al quale l’ordinamento appresta la tutela aquiliana … Diversa questione è se con la formula “danno esistenziale” si voglia alludere non ai pregiudizi derivanti dalla lesione dell’interesse protetto (ovvero ai rapporti familiari), ma ad un diverso interesse della persona quale quello alla <libertà di

22 Trib. Treviso 5 maggio 1992, in Resp. Civ. e Prev, 1992, 441, con nota di Comandé.

23 Trib. Torino 8 agosto 1995, in Resp. Civ. e Prev., 1996, 282.

24 ARRIGO, Il danno alla persona come danno biologico, cit. 259 e 260.

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autodeterminazione> nelle scelte della propria esistenza (questo sarebbe un danno-evento). In questo caso, si intende piuttosto spostare l’attenzione dai profili relazionali agli aspetti individualistici dell’esistenza, in quanto si valuta la possibile presenza di una lesione della personalità del soggetto richiedente, che risulta svincolata dai rapporti tra quest’ultima e la vittima iniziale. Qui, il fatto dannoso subito dall’altro soggetto diventa un mero fatto storico e non incide sulla qualificazione della fattispecie e pertanto una tale prospettiva con la tematica dei danni riflessi che si è descritta non ha nulla a che fare.

Debbo dire che mi risulta difficile condividere la preferenza accordata alla figura del “danno per lesione del rapporto familiare”, sia perché mi trovo ad avversare, in via di principio, la creazione di singoli tipi di danno, essendo, al contrario, pienamente favorevole al fenomeno del c.d. assorbimento del danno estetico, di quello alla vita di relazione e di quello alla serenità familiare all’interno del danno biologico, sia perché la nuova categoria non risolve il problema della risarcibilità dei danni areddituali, sia infine, perché non ritengo giustificata la critica mossa al danno esistenziale per sostenere le ragioni del danno per lesione del rapporto familiare: pur senza voler prendere posizione sulla disputa danno esistenziale come danno-evento o come danno-conseguenza, non è condivisibile che, parlando di danno esistenziale come danno-evento, si affermi che esso non ha nulla a che fare con la tematica dei danni riflessi; è ben vero il contrario: se solo si pone mente al fatto che, per la risarcibilità di un pregiudizio, è necessaria la prevedibilità dello stesso, si deve convenire che, proprio secondo l’id quod plerumque accidit, sia prevedibile che le lesioni cagionate ad un soggetto si ripercuotano negativamente sui congiunti dello stesso (viceversa, se si ritiene che il danno-esistenziale sia un danno-conseguenza, ben difficilmente esso potrà assumere autonomia rispetto alla classica tripartizione “danno patrimoniale – danno biologico – danno morale”).

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A mio parere, o si ammette che il danno al congiunto (vittima secondaria), incidente sulla sua libertà di autodeterminazione, non è relativo ad un interesse protetto (costituzionalmente garantito ex art. 2 Cost.) e quindi privo di tutela – quale ne sia la qualifica (esistenziale o altro) - o, nel caso opposto, si tratta di danno ingiusto e risarcibile, causato dallo stesso fatto illecito che ha cagionato il danno alla vittima primaria.

In ogni caso, quindi, al di là del nome da voler dare al pregiudizio subito dal congiunto, si è in presenza di una vittima secondaria legittimata ad agire per vedere risarcito il proprio danno. Danno riflesso sarà il nomen con cui indicare tutte le ipotesi nelle quali è risarcibile il pregiudizio patito da vittime secondarie in base alla clausola generale dell’ingiustizia del danno.

Un’ultima notazione: tutto il dibattito sul danno esistenziale rimane in ogni caso subordinato alle scelte che saranno compiute in ordine al disegno di legge 4 giugno 199925, laddove esso propone la modifica dell’art. 2059 c.c., eliminando il riferimento ai “casi determinati dalla legge”, e modificandone la rubrica con l’introduzione della locuzione “danno morale”, in sostituzione di quella “danno non patrimoniale”.

Infatti, qualora venga accolta tale proposta, probabilmente non sarà più necessario elaborare una quarta categoria di pregiudizio (quella appunto del danno esistenziale), preclusa dall’ormai univoca interpretazione del danno morale quale “danno morale soggettivo (o puro)”; nulla quindi cambierà per quanto concerne la riparazione dei pregiudizi subiti delle vittime secondarie, posto che già ora è riconosciuto il risarcimento del danno patrimoniale, di quello biologico e di quello morale…salvo riaprire il dialogo sul significato di danno morale, comprensivo o meno dei

25 Sul punto, si veda TRAZZI, Il danno morale nel disegno di legge 4 giugno 1999 sul danno alla persona: questioni problematiche e valori costituzionali, in Contratto e Impresa, 2000, 548. Il testo del disegno di legge è riportato in Guida al diritto, 24/2000, 100. Anche il progetto ISVAP presentato nel gennaio 1998 (lo si può leggere in Tagete, 1/1999, 788) prevede all’art. 2 la sostituzione della dizione “danno non patrimoniale”

con quello “danno morale” e così pure la proposta di legge n. 6817 del 1° marzo 2000 presentata alla Camera dei deputati.

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pregiudizi a-reddituali diversi dal semplice patema d’animo transeunte.

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