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GIORNALE ITALIANO DI DIABETOLOGIA E METABOLISMO

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(1)

L’approccio al paziente critico con iperglicemia

Management of hyperglycemia in critically ill patients

V. Resi, E. Orsi

Servizio di Diabete e Malattie Metaboliche, Fondazione IRCCS Ca’ Granda, Ospedale Maggiore, Policlinico di Milano

RIASSUNTO

L’incremento della glicemia è una condizione che i pazienti spesso presentano all’ingresso in ospedale e durante la degenza, in concomitanza con eventi acuti, quali pato- logie di tipo internistico, traumatismi, ustioni e interventi chirurgici. In particolare, la prevalenza di pazienti con iperglicemia all’ingresso in ospedale è del 32-40% e questo dato comprende sia i diabetici già noti, che i soggetti senza storia pregressa di malattia(1). Nel complesso, i soggetti senza storia pregressa di malattia rappresentano circa l’80% di quelli ricoverati in aree critiche(2-4). Questi ultimi, a loro volta, includono pazienti con diabete misconosciuto o di nuova insorgenza e soggetti con iperglicemia da stress, ovvero una condizione transitoria che compare durante una patologia acuta e scompare con la risoluzione della stessa, senza successiva evidenza di diabete mellito.

L’iperglicemia all’ingresso in ospedale, sia nei diabetici noti, che in soggetti senza precedente diagnosi di diabete, comporta un incremento del rischio di morbilità e mor- talità e un allungamento della degenza, con aumento dei costi economici per l’ospedalizzazione(5-8). Il trattamento dell’iperglicemia, che dovrà essere istituito anche in caso di iperglicemia transitoria, e più frequentemente rappresentato dalla terapia insulinica e gli obiettivi glicemici dovranno essere modulati in base alle condizioni del paziente e al tipo di patologia acuta intercorrente.

SUMMARY

Patients being admitted to hospital and during their stay often present high blood glucose in conjunction with acute events such as internal medicine disorders, trauma, burns and surgery. The prevalence of patients with hyperglycemia at hospital admission is 32-40%, and this includes both known diabetics and subjects with no history of the disease(1). Those with no history of diabetes account for about 80% of patients admitted to critical areas(2-4). These critical cases may include patients with unknown or newly emerging diabetes or with stress hyperglycemia, a transient condition that can occur during an acute disease but disappears when the disease ceases, with no fur- ther signs of diabetes mellitus. Hyperglycemia at hospital admission, in known diabetics and in subjects with no previous diabetes diagnosis, raises the risk of morbidity and mortality and prolongs the hospital stay, with increased costs(5-8). Hyperglycemia should be treated even in the case of transient high values, and most frequently requires insulin. Glycemic targets should be dictated by the patient’s condition and the type of acute intercurrent disease.

Corrispondenza: Emanuela Orsi, Servizio di Diabete e Malattie Metaboliche, Fondazione IRCCS Ca’ Granda, Ospedale Maggiore, Policlinico di Milano, via Francesco Sforza 35, 20122 Milano - Tel. +39 025 5034590 - Fax +39 02 50320605 - E-mail: e.orsi@policlinico.mi.it

Parole chiave: iperglicemia, ospedalizzazione, insulina, algoritmo, mortalità • Key words: hyperglycemia, hospitalization, insulin, algorithm, mortality

Pervenuto il 21-04-2017 • Accettato 01-06-2017

Rassegna

(2)

Fisiopatologia dell’iperglicemia acuta nel paziente critico

L’iperglicemia acuta in ospedale può sottendere di- verse condizioni, permanenti o transitorie. L’iperglice- mia durante gli eventi acuti è la risultante di complesse interazioni fra gli elevati livelli di ormoni contro-insula- ri (glucagone, epinefrina e cortisolo), che sostengono l’incremento glicemico e l’insulino-resistenza, e il deficit relativo di insulina, che impedisce un efficace compen- so agli effetti iperglicemizzanti di questi ormoni (Fig. 1).

Sebbene quest’ultima condizione venga definita ipergli- cemia da stress, lo stress legato all’evento acuto che ha portato all’ospedalizzazione rappresenta un mecca- nismo comune a tutte le forme di iperglicemia acuta in ospedale, in quanto peggiora il controllo glicemico in un paziente con diabete noto e smaschera la presenza di un diabete misconosciuto o di nuova insorgenza

(7)

. Oltre ai meccanismi della contro-regolazione e all’eccesso di citochine proinfiammatorie circolanti che caratterizzano lo stress fisiologico, anche l’insulino-resistenza transito- ria e l’alterazione del segnale insulinico contribuiscono nel sostenere l’iperglicemia, sia nei diabetici noti che nei soggetti senza storia pregressa. Il ruolo del glucagone nel determinare l’iperglicemia da stress durante eventi acuti, in particolare, l’effetto inibitorio dell’insulina, risulta insufficiente e non verrebbe ripristinato neppure da dosi soprafisiologiche di insulina stessa

(4,9)

. A questo mecca- nismo si aggiunge l’azione dell’epinefrina, che stimola direttamente la produzione di glucagone. Infatti, in con-

dizioni fisiologiche, l’effetto dell’epinefrina sul glucago- ne risulta essere modesto, per aumentare di circa 1000 volte rispetto al valore di base durante le patologie acu- te

(10)

. Infine, anche il cortisolo agisce sul glucagone con modalità simili a quelle dell’epinefrina, sia in condizioni fisiologiche che in condizioni critiche, contribuendo al peggioramento l’iperglicemia.

Iperglicemia nel paziente critico:

dalla letteratura alla pratica clinica

Nella popolazione generale, esiste una stretta relazione tra livelli di glicemia e mortalità intra-ospedaliera, come dimostrato da uno studio che ha raccolto i dati di circa 260.000 pazienti ricoverati in Unità di terapia intensiva medica, chirurgica e cardiologica

(11)

.

Il monitoraggio glicemico

Il monitoraggio glicemico è fondamentale nei pazienti critici, sia che siano sottoposti a terapia insulinica infu- sionale che a schema di terapia insulinica multi-iniettiva sottocutanea, al fine di raggiungere il target glicemico prestabilito per quel paziente, evitando gli episodi ipo- glicemici medio-severi. Il monitoraggio capillare della glicemia ogni ora nei pazienti critici in terapia insulini- ca mantiene il paziente in target glicemico per una du- rata maggiore del tempo, con minori escursioni iper- o ipoglicemiche, e di conseguenza una minore variabilità glicemica, rispetto a intervalli di tempo più lunghi tra le determinazioni

(12)

.

I target glicemici

Lo studio multicentrico randomizzato e controllato, in aperto, denominato NICE-SUGAR, ha valutato in più di 6000 pazienti l’effetto del controllo glicemico strin- gente rispetto alla morbilità e alla mortalità per tutte le cause; i soggetti con un target glicemico più ambizio- so (81-108  mg/dl) presentavano un più alto rischio di morbilità e di mortalità a 90 giorni dalla dimissione ri- spetto a pazienti che avevano come obiettivo una gli- cemia < 180 mg/dl

(13)

. Inoltre, gli Autori hanno sottoline- ato come gli episodi ipoglicemici fossero più frequenti nel gruppo con obiettivi più ambiziosi, anche se non è possibile affermare che fossero la causa diretta de- gli eventi avversi verificatisi successivamente. Un’ulte- riore analisi del NICESUGAR

(14)

e altri studi

(15-16)

hanno altresì evidenziato come gli episodi ipoglicemici asso- ciati al trattamento intensivo fossero indipendentemente correlati all’eccesso di mortalità, a indicare la necessità Figura 1. (da Harp, Yancopopoulos, Gromada, 2016,

mod.)

(4)

.

(3)

i pazienti critici, che sono ricoverati in reparti di terapia intensiva e necessitano di elevata intensità di cure, e i pazienti non critici, ricoverati in reparti internistici o di chirurgia generale, che necessitano di media o bassa intensità di cura

(23-25)

. I target glicemici sono invece gli stessi sia per pazienti con diabete noto che in quelli con iperglicemia senza storia pregressa diabete (Tab. 1).

Trattamento dell’iperglicemia acuta nel paziente critico

Numerosi studi hanno dimostrato un migliore outcome e una riduzione della durata della degenza nelle Unità di terapia intensiva postchirurgica

(26)

nei pazienti critici che ricevevano un trattamento per l’iperglicemia acuta. Ri- sultati simili sono stati osservati in soggetti trattati in mo- do intensivo durante infarto del miocardio

(8,27)

, ictus

(28)

e scompenso cardiaco

(29)

con risultati migliori rispetto a soggetti in cui gli obiettivi terapeutici erano meno strin- genti e di conseguenza il trattamento meno intensivo.

I soggetti quindi che presentavano iperglicemia acuta senza storia pregressa di diabete mellito mostravano outcome peggiori rispetto ai diabetici noti

(28,30)

. Questi risultati hanno favorito lo sviluppo di algoritmi terapeuti- ci intensivi per la gestione dell’iperglicemia acuta in am- biente ospedaliero

(26,31)

. I dati sulla mortalità ospedaliera non hanno però confermato un beneficio concreto se si perseguivano obiettivi più stringenti come ampiamente descritto in precedenza. Le linee guida dell’American Diabetes Association e gli Standard di Cura italiani sug- geriscono quindi per i pazienti critici in terapia insulini- ca in infusione endovenosa l’adozione di algoritmi sem- plici, sicuri, condivisi, in cui il monitoraggio glicemico avvenga almeno ogni 1-2 ore. È importante sottolinea- re che non è utile effettuare controlli random allo scopo di impostare la terapia insulinica secondo il modello sli- ding scale, cioè al bisogno, poiché si rischia di aumen- tare la variabilità glicemica. Il monitoraggio glicemico di modulare gli obiettivi terapeutici in base alla condi-

zione del paziente

(17)

. A questo proposito, ad esempio, lo studio DIGAMI

(18)

è stato disegnato per verificare se l’infusione endovenosa acuta di insulina seguita dall’im- postazione di uno schema insulinico sottocute verso la terapia convenzionale producesse un impatto positivo sul rischio di mortalità in soggetti ricoverati per infarto del miocardio con iperglicemia acuta. I risultati hanno confermato l’ipotesi di lavoro, ma non hanno definito se il beneficio fosse dovuto all’infusione acuta di insulina, al migliore controllo glico-metabolico intra-ospedaliero o nel follow-up successivo, o ad altri fattori, quali la con- comitante somministrazione di glucosio e potassio. Al fine di chiarire questo aspetto, è stato pertanto disegna- to lo studio DIGAMI 2

(19)

, che comprendeva i due gruppi di pazienti dello studio DIGAMI più un terzo, che veni- va sottoposto a infusione acuta di insulina seguita dalla terapia convenzionale. I risultati non hanno conferma- to quelli dello studio precedente, anche per il mancato raggiungimento degli obiettivi glicemici prefissati. Dalle analisi effettuate successivamente è emersa la necessi- tà di un atteggiamento non aggressivo nel trattamento di pazienti ricoverati in area critica per infarto miocardi- co. Infine, un ruolo importante nel determinare un incre- mento del rischio di morte in soggetti in condizioni criti- che è stato attribuito anche alla variabilità glicemica. La variabilità glicemica, infatti, correla in modo indipenden- te con l’incremento della mortalità in soggetti ospedaliz- zati nei reparti di terapia intensiva

(20-22)

. Queste osserva- zioni riguardo all’impatto negativo dell’ipoglicemia sulla mortalità dei soggetti con iperglicemia trattati in maniera intensiva hanno portato a una rivisitazione dei target gli- cemici. Infatti, pur confermando l’importanza di mante- nere un buon controllo della glicemia nel corso del rico- vero, gli obiettivi glicemici sono stati resi meno stringenti e personalizzati in base alla condizione del paziente, bilanciando così la necessità di trattare l’iperglicemia con la prevenzione dell’ipoglicemia. I target attualmente considerati nei soggetti ospedalizzati sono differenti per

Tabella 1. Target glicemici in pazienti ospedalizzati (ADA, 2016)

(24)

.

Pazienti Target

Critici Generale 140-180

Casi selezionati (es. pz. cardiochirurgici o con eventi ischemici cardiaci o cerebrali) in assenza di ipoglicemie

110-140

Non critici Generale Digiuno e preprandiali < 140

Durante la giornata < 180 Pazienti stabili clinicamente con storia di ottimo compenso precedente all’ospeda-

lizzazione

< 140

(4)

ne insulinica endovena sono l’associazione di insulina con soluzione fisiologica allo 0,9%, alla concentrazione di 1 UI/ml, l’associazione con glucosio e potassio (solu- zione glucosata al 10%, 15 U/I di insulina rapida rego- lare e 10 mEq di cloruro di potassio), e le infusioni se- parate di insulina e glucosio mediante doppia pompa di infusione. La prima, essendo di più semplice gestione, è quella che viene più frequentemente utilizzata. L’impo- stazione, la velocità di infusione e le relative modifiche, come già indicato, vengono stabilite in base alle carat- teristiche del paziente (sensibilità insulinica, tipo di in- tervento, terapie concomitanti ecc.) e seguono algoritmi specifici, in base al valore glicemico rilevato

(38)

.

Terapia insulinica nel paziente in nutrizione artificiale

Uno dei problemi rilevanti nella gestione del paziente critico con iperglicemia riguarda lo stato nutrizionale, in- fatti il 40% dei pazienti critici presenta rischio di malnu- trizione e conseguentemente di complicanze intraospe- daliere a essa associate, quali ad esempio le infezioni.

Pertanto, per compensare il deficit nutritivo, i pazienti possono essere sottoposti a terapia nutrizionale artifi- ciale. In particolare, in corso di alimentazione entera- le in continuo, viene suggerito di somministrare insulina glargine una volta al giorno, oppure detemir due volte al giorno. La quantità totale di insulina ad azione rapi- da deve essere distribuita durante la giornata, sommi- nistrando gli analoghi rapidi ogni 4 ore oppure l’insuli- na rapida regolare ogni 6 ore. Se l’alimentazione viene effettuata a intervalli durante il giorno, si imposta sem- pre l’insulina basale e l’insulina analogo o rapida rego- lare con gli intervalli di 4-6 ore, avendo cura di cessare la somministrazione insulinica nell’intervallo prima del- la sospensione. Infine, se la nutrizione viene effettuata a boli intervallati, verrà somministrata solo insulina ana- logo o rapida regolare in corrispondenza del bolo ali- mentare. In corso di nutrizione parenterale totale, l’in- sulina deve essere somministrata in parallelo alla sacca nutrizionale, per evitare che possa precipitare ed esse- re inattivata. Il fabbisogno viene calcolato in base alla quantità di carboidrati presenti e allo stato del paziente e deve essere modificato in base ai livelli glicemici

(24-25,2)

.

Shift terapeutico da terapia insulinica endovenosa a sottocutanea

Superata la fase critica, il paziente deve passare dalla te- rapia per via endovenosa a quella per via sottocutanea, secondo lo schema basal bolus. Per far ciò, è necessario deve essere strutturato da subito prefissando un obietti-

vo glicemico per quel paziente, al fine di impostare uno schema terapeutico ben definito che permetta le even- tuali modifiche terapeutiche in sicurezza.

Approccio terapeutico nel paziente ospedalizzato critico

Non esistono specifiche linee guida per il trattamento dell’iperglicemia da stress o transitoria. In considerazio- ne dei numerosi studi pubblicati e sopra riportati, relativi al rischio di morbilità e mortalità, l’approccio terapeutico deve essere lo stesso utilizzato per il trattamento dell’i- perglicemia acuta in corso di diabete. Per ottenere ciò, vanno innanzitutto sensibilizzati gli operatori dei reparti non diabetologici a non sottostimare questa condizione e a mettere in atto le dovute strategie terapeutiche per ottenere un compenso glicemico accettabile durante l’ospedalizzazione.

Terapia insulinica endovenosa

La terapia di elezione per il trattamento dell’iperglice-

mia acuta in ospedale è rappresentata dall’insulina, nel-

le diverse vie di somministrazione. Gli ipoglicemizzanti

orali nel diabete tipo 2 vengono di regola sostituiti dalla

terapia insulinica

(24-25)

. Nei pazienti critici, con elevata in-

tensità di cura, ricoverati in terapia intensiva medica o

chirurgica, si preferisce effettuare la terapia insulinica

per via infusionale, con il dosaggio regolato da algorit-

mi specifici

(32-35)

. Tali algoritmi devono essere condivisi

dal team di cura, affinché possano essere utilizzati in

sicurezza, e soprattutto devono essere di semplice ap-

plicazione

(36)

.Vi sono molti esempi di algoritmi pubblica-

ti in letteratura, alcuni validati ed altri costruiti autono-

mamente in diverse realtà ospedaliere, che differiscono

tra loro per target glicemico e scala di correzione. Tra i

più noti algoritmi utilizzati vi è il protocollo di Yale, nel-

la sua forma rivisitata nel 2012, che prevede la deter-

minazione del dosaggio insulinico non solo in base ai

valori assoluti di glicemia, ma anche all’andamento nel

tempo della glicemia stessa

(34,25)

(Fig. 2). Questo algo-

ritmo, disegnato per reparti di terapia intensiva per pa-

tologie internistiche e spesso modificato nelle diverse

realtà ospedaliere, può anche essere gestito autonoma-

mente dal personale infermieristico, se adeguatamente

formato. L’insulina utilizzata normalmente è quella rego-

lare, a cinetica rapida. Nel caso si volesse utilizzare un

analogo dell’insulina, va altresì segnalato che la glulisi-

na non può essere impiegata in soluzione glucosata o

Ringer

(25,37)

. I metodi più comuni per la somministrazio-

(5)

Figura 2. Protocollo di Yale per la somministrazione di insulina endovena (Standard di cura, 2014).

(6)

daliere. A tutt’oggi la terapia insulinica rappresenta il gold standard nel trattamento dell’iperglicemia acuta in regime ospedaliero nel paziente critico e numerosi studi confermano la necessità di stabilire target glicemici per- sonalizzati per quel determinato paziente, evitando le ipoglicemie e riducendo la variabilità glicemica. In con- dizioni critiche, la somministrazione di insulina viene ef- fettuata per via endovenosa secondo algoritmi specifici, modulando il dosaggio impostato in base ai valori gli- cemici rilevati. Tali algoritmi devono essere di semplice applicazione e condivisi dal team di cura al fine di otti- mizzare la gestione del paziente e garantirne non solo la sicurezza terapeutica, ma un miglior outcome in termine di morbilità e mortalità.

Conflitto di interessi

Nessuno calcolare il fabbisogno insulinico basandosi sulle ultime

6-8 ore di somministrazione endovena e somministrare il 60-80% della dose sottocute. Il dosaggio può variare a seconda del tipo alimentazione (nutrizione naturale o artificiale) e della terapia concomitante o della sua so- spensione (ad esempio i corticosteroidi). Se il paziente si alimenta attraverso la nutrizione enterale o parenterale in continuo, la dose calcolata va somministrata tutta come infusione basale, mentre se si alimenta per os, la dose to- tale va suddivisa in modo che il 50% venga somministra- to come basale e il 50% come boli prandiali.

Conclusioni

L’iperglicemia acuta nel paziente critico, sia nel diabe- tico noto che in soggetti senza precedente diagnosi di diabete, comporta un incremento del rischio di morbilità e mortalità e un allungamento della degenza, con au- mento dei costi e maggior impiego delle risorse ospe-

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