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TRIBUNALE AMMINISTRATIVO DEL CANTONE DEI GRIGIONI SENTENZA. nella vertenza di diritto amministrativo. A., rappresentato dall'avvocato Nicola Fornara,

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R 13 172

5a Camera presieduta da

Priuli, vicepresidente, e composta dal presidente Meisser, e dal giudice Audétat, attuaria Krättli-Keller

SENTENZA

del 3 dicembre 2013

nella vertenza di diritto amministrativo

A._____,

rappresentato dall'Avvocato Nicola Fornara,

ricorrente contro

Comune Y._____,

convenuto B._____,

e

C._____,

convocati concernente domanda di costruzione (recinzione)

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1. Il 2 dicembre 2010 il Comune Y._____ rilasciava ad A._____, proprietario della particella no. 1660, la licenza edilizia per l’edificazione di una casa bifamiliare. Nella pianificazione locale tale fondo è inserito in zona residenziale, eccetto una striscia di circa un metro - lungo il confine con le particelle ni. 1658 prima di D._____ e poi della figlia C._____ e 1659 di B._____ - che è destinata alle opere viarie e viene concretamente indicata come percorso pedonale. Nell’ambito della procedura di licenza edilizia, su questa fascia del fondo no. 1660 il Comune Y._____

pretendeva e otteneva la costituzione in suo favore di una servitù di passo pedonale e ciclabile pubblico nonché una servitù di passo carrozzabile limitata ai veicoli di servizio comunali. Quale controprestazione veniva stabilito il versamento al proprietario di un indennizzo di fr. 20'000.--.

2. Nell’ambito dei lavori di sistemazione esterna della palazzina, in sostituzione dei cassonetti con arbusti inizialmente previsti soprastare il muro di cemento posto a confine giusta i piani approvati dall’autorità edilizia, lungo il confine tra la proprietà no. 1660, da un lato, e i fondi ni.

1659 e 1658, dall’altro, A._____ intendeva procedere alla posa di una rete metallica. Poiché i vicini non concordavano con tale modifica, il 4 marzo 2013, al comune veniva introdotto il progetto di dettaglio della sistemazione esterna, nel quale si chiedeva l’autorizzazione alla posa di una rete metallica “di un’altezza minima di 100 cm”. Con decisione 3 giugno 2013 tale modifica della sistemazione esterna non veniva approvata. Per l’autorità edilizia comunale, la posa della recinzione sul muretto in cemento già eseguito comporterebbe un superamento dell’altezza massima legale di 1.5 m per simili impianti. Senza espresso accordo del vicinato, l’opera non sarebbe approvabile.

3. Nel tempestivo ricorso proposto al Tribunale amministrativo in data 4 luglio 2013, A._____ chiedeva l’accoglimento dell’istanza e che venisse

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autorizzata la posa della recinzione metallica giusta i piani presentati in data 4 marzo 2013. Sostanzialmente, l’istante ritiene che la variante del 4 marzo 2013 divergerebbe talmente poco dai piani inizialmente approvati (invece dei previsti cassonetti con arbusti recinzione metallica) che dovrebbe forzatamente essere approvata. La posa della recinzione migliorerebbe poi la sicurezza della tratta aperta al pubblico in conformità a quanto raccomandato dall’associazione svizzera dei professionisti della strada e dei trasporti (VSS), anche se non potrebbe essere definita come necessaria. Ammettendo poi la legislazione applicabile la costruzione di muri di 1.5 m di altezza, la stessa dovrebbe permettere la posa delle necessarie misure di sicurezza giusta quanto previsto dalle relative norme tecniche, altrimenti sarebbe palese la contrarietà della normativa edilizia alle direttive della VSS.

Nell’ulteriore scritto del 10 luglio 2013, l’istante allegava poi al Tribunale amministrativo la lettera inviatagli dal comune convenuto il 5 luglio 2013 e stando alla quale l’opera in questione avrebbe potuto essere collaudata (e quindi venir corrisposta da parte del comune l’indennità pattuita nel contratto di servitù) solo dopo la posa della recinzione. Per il ricorrente, adducendo una simile pretesa, l’autorità comunale contravverrebbe a quanto finora richiesto, essendosi precedentemente propriamente rifiutata di autorizzare la posa della rete metallica.

4. Nella risposta del 20 agosto 2013, il Comune Y._____ postulava la conferma del rifiuto pronunciato. La modifica della sistemazione esterna oggetto della domanda di costruzione del 4 marzo 2013 non sarebbe approvabile in quanto contraria all’ordinamento edilizio. Anche una deroga non entrerebbe nell’evenienza in considerazione, poiché farebbe difetto l’accordo di almeno uno dei vicini.

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5. Dei due proprietari confinanti, il 26 agosto 2013 (data del timbro postale) solo B._____ confermava la ferma intenzione di opporsi al richiesto cambiamento dell’impianto tra i due fondi, violando la posa della recinzione l’altezza massima consentita per opere poste a confine e non essendo egli disposto a concedere deroghe al riguardo. L’altra vicina interessata non prendeva invece posizione sul ricorso.

6. Nell’ambito del secondo scambio di scritti processuali le parti si riconfermavano essenzialmente nelle loro precedenti allegazioni e proposte che verranno, per quanto utile ai fini del giudizio, riprese nelle considerazioni di merito che seguono.

Considerando in diritto:

1. La controversia riguarda il rifiuto di autorizzare la posa di una recinzione metallica sul muro di cemento esistente e la cui legalità, indipendentemente dall’altezza raggiunta in determinati punti, non viene in questa sede messa in discussione. La questione legata all’indennizzo della servitù stipulata tra le parti ed in particolare i termini della sua esecuzione non sono e non potevano essere oggetto della decisione impugnata e su tale problematica, di eventuale pertinenza della giurisdizione civile, a questo Giudice non è pertanto dato statuire. Vada comunque a questo proposito precisato che quanto preteso dall’autorità comunale in data 5 luglio 2013 sembra effettivamente in parte contraddire il rifiuto della licenza di costruzione impugnato in questa sede. Infatti dalla committenza viene pretesa l’ultimazione della recinzione che, non potendosi riferire alla posa della rete metallica espressamente rifiutata, potrebbe riguardare quanto era stato a suo tempo oggetto dei piani approvati. Per quanto verrà meglio esposto al considerano 4 che segue

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però, dai piani iniziali approvati non è dato concludere al valido rilascio di una licenza di costruzione per un tipo di recinzione con cassonetti comunque passibile di superare l’altezza massima per opere poste a confine.

2. Giusta l’art. 107 cpv. 2 cifra 5 della legge cantonale sulla pianificazione del territorio (LPTC; CS 801.100) entrata in vigore il 1. novembre 2005, le disposizioni direttamente applicabili della presente legge, come le prescrizioni edilizie cantonali di cui fanno parte anche le norme sulle distanze di cui agli art. 75 ss. LPTC, hanno la precedenza su prescrizioni comunali divergenti. Laddove la LPTC ammette prescrizioni comunali complementari o divergenti, continua ad essere applicato il diritto comunale esistente. Restano inoltre riservate prescrizioni in genere più severe dei comuni (art. 107 cpv. 3 LPTC). Per quanto riguarda le distanze da confine per altre opere che le costruzioni, l’art. 76 cpv. 4 LPTC prevede che opere di cinta come steccati, muri e pareti di legno fino ad un'altezza di 1.5 m dal livello del suolo naturale possano essere posti a confine. Recinzioni più alte devono essere arretrate in misura della loro maggiore altezza, tuttavia al massimo di 2.5 m. Il diritto cantonale ammette però la possibilità di derogare a queste distanze legali minime;

l'autorità edilizia comunale può autorizzare distanze inferiori rispetto a quelle stabilite nella presente legge e nella legge edilizia del comune, se è stata conclusa una convenzione tra gli interessati e non vi si contrappongono interessi pubblici preponderanti (art. 77 cpv. 1 LPTC). In virtù del diritto cantonale direttamente applicabile pertanto, le recinzioni poste a confine non possono superare 1.5 m di altezza rispetto al terreno naturale, a meno che i vicini acconsentano ad accordare una deroga a questo riguardo.

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3. Nel caso concreto la domanda di costruzione riguarda la posa di una rete metallica “di un’altezza minima di 100 cm” (vedi richiesta di licenza edilizia del 4 marzo 2013). Vada al riguardo precisato che l’altezza determinante della recinzione è quella che contano i paletti e non quella - solitamente inferiore - che misura la struttura a maglie della rete. Questa precisazione si impone, non essendo chiaro dalla domanda di costruzione quale altezza abbia effettivamente le recinzione che si intende posare. In ogni caso, la posa della recinzione di un’altezza minima di un metro è prevista sul nuovo muro di cemento eretto a confine della proprietà. Il muro conta un’altezza variante da 50 cm a 1.3 m rispetto al terreno naturale e complessivamente pertanto l’impianto verrebbe a contare un’altezza variabile da un minimo di 1.5 m ad un massimo di almeno 2.3 m circa. E’

allora evidente che l’opera (muro in cemento con soprastante recinzione metallica) che l’istante vorrebbe veder autorizzata supera complessivamente l’altezza di 1.5 m dal livello del terreno naturale e non può, senza l’accordo dei proprietari dei fondi confinanti, venire approvata.

L’altezza massima di 1.5 m che il proprietario della particella no. 1659 vuole veder rispettata riguarda solo la parte di infrastruttura che confina con il suo fondo. Di riflesso, l’eventuale accordo dato da un’altra confinante non può che concernere il tratto di opera di cinta a confine con il fondo di detta proprietaria ed è pertanto nell’ottica del rifiuto deciso privo di pertinenza, giacché è indubbio che la recinzione di cui si chiede l’autorizzazione superi l’altezza massima consentita dalla LPTC laddove il fondo del ricorrente confina con quello del convocato in ricorso e proprietario della particella no. 1659 che rifiuta qualsiasi accordo privato a titolo di eccezione alla regola generale.

4. a) Per l’istante il minimo cambiamento della sistemazione esterna rispetto ai piani approvati non potrebbe giustificare il rifiuto deciso. Questa tesi non si rivela però del tutto corretta. Inizialmente, sul muro posto lungo il

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confine qui in discussione, era prevista la soprastante posa di cassonetti in cemento con degli arbusti. Sui piani inizialmente approvati, la sistemazione esterna era indicata solo parzialmente, nel senso che veniva indicata espressamente solo l’altezza del muro di cemento, ma non quella del cassonetto e neppure degli arbusti ivi piantati. Nella sua complessità, sui piani approvati l’infrastruttura poteva effettivamente essere reputata raggiungere un’altezza di 1.5 m o superare anche se di poco tale altezza massima legale. Anche in quest’ultima ipotesi però, non è dato concludere che tale (maggiore) altezza fosse stata formalmente approvata. L’altezza degli arbusti non poteva infatti essere considerata che indicativa. La mancanza di precise indicazioni di dettaglio sugli elementi della sistemazione esterna era stata verosimilmente il motivo per cui il comune richiamava genericamente alla committenza la necessità di attenersi alla normativa applicabile in materia di distanze da confine. A questo riguardo la licenza allora rilasciata richiamava espressamente l’art.

76 LPTC.

b) Questo disposto contempla pure una regola relativamente alle opere di recinzione con arbusti. Giusta l’art. 76 cpv. 5 LPTC, le siepi possono essere piantate a 0.5 m dal confine, purché vengano ogni anno tagliate fino al confine e fino ad un'altezza di 1.5 m dal suolo naturale. Siepi più alte devono essere arretrate in misura della loro maggiore altezza, tuttavia al massimo di 2.5 m. In merito alla precisa questione dell’altezza, il ricorrente deve pertanto riconoscere che giusta le disposizioni applicabili qualsiasi struttura posta a confine o a 0.5 m dal confine (siepe) è tenuta ad ossequiare complessivamente l’altezza massima di 1.5 m. Se la struttura è più alta, occorre retrocedere di conseguenza. In casu, pertanto, anche i cassonetti con relativi arbusti posti sul muro di cemento e previsti sui piani iniziali avrebbero in ogni caso dovuto ossequiare nel loro complesso l’altezza massima di 1.5 m. Per contro, trattandosi di

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cassonetti con arbusti, l’autorità non sembrava pretendere la retrocessione di 0.5 m dal confine per tali fito-elementi, come previsto al cpv. 5 dell’art. 76 LPTC. Ne consegue che anche dagli iniziali piani approvati l’istante non può dedurre il diritto ad erigere una struttura a confine che superi complessivamente 1.5 m di altezza dal terreno naturale.

5. a) Anche il richiamo alle norme sulla sicurezza di cui alla LPTC e di sicurezza consigliate dalla VSS non giova alla tesi di ricorso. L’art. 79 cpv.

2 LPTC prevede che edifici ed impianti devono soddisfare le regole riconosciute della tecnologia delle costruzioni e non devono costituire una minaccia per persone, animali e cose né durante la costruzione né durante la loro esistenza e il loro utilizzo. Per quanto riguarda le norme svizzere di sicurezza (SN) il ricorrente invoca la SN 640 568. Da questa norma l’istante deduce che i muri di altezza superiore a un metro con superficie a impatto morbido in luoghi con un’affluenza di pubblico superiore a 20 ma inferiore a 200 persone al giorno non richiederebbero imperativamente un dispositivo di protezione, ma lo stesso sarebbe generalmente necessario. A prescindere dall’effettiva applicabilità di detta norma nel caso concreto, già il fatto che la stessa non richieda imperativamente la posa di una protezione non può essere invocata per pretendere a questo titolo il rilascio dell’autorizzazione richiesta. Inoltre, l’istante sembra dimenticare che la costruzione del muro in cemento di altezza superiore ad un metro è avventa per volontà della committenza e non per cause imputabili ad altri. Dalle norme svizzere invocate non è poi neppure dato concludere che il dispositivo di sicurezza debba necessariamente essere di almeno un metro di altezza, come prevede il progetto dell’istante. Teoricamente, al ricorrente resta possibile la posa di una recinzione entro il parametri previsti dalla normativa edilizia cantonale

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direttamente applicabile, nella misura in cui l’altezza della recinzione viene ridotta di conseguenza.

b) Parimenti priva di pertinenza è l’allegazione fatta dal ricorrente quanto alla situazione di illegalità che comporterebbe l’applicazione della normativa edilizia in questione. Per l’istante, il fatto che la normativa permetta l’erezione a confine di muri e pareti in legno fino ad un’altezza di 1.5 m, dovrebbe necessariamente implicare anche la possibilità di garantire la sicurezza di tali impianti, altrimenti l’ordinamento edilizio contrasterebbe con le SN della VSS. A questo proposito va ricordato che le SN invocate nell’evenienza non si applicano che laddove è prevista una determinata affluenza di pubblico, mentre l’art. 76 LPTC si riferisce in generale alle opere di cinta poste a confine tra fondi privati e che quindi non hanno nessuna necessità di adempiere ai criteri di sicurezza che l’istante invoca.

Come si è poi già detto, è stata una scelta del ricorrente quella di voler erigere a confine con i vicini un muro in cemento a tratti di altezza superiore ad un metro. Il presente preteso conflitto tra SN e LPTC è quindi frutto di una scelta di parte e non delle disposizioni applicabili.

6. In conclusione, il ricorso deve essere integralmente respinto e le spese occasionate dal presente procedimento seguono la soccombenza in conformità a quanto stabilito all’art. 73 della legge sulla giustizia amministrativa (LGA; CS 370.100). I privati convocati in ricorso non hanno diritto a ripetibili, non essendo ricorsi alla collaborazione di un patrocinatore legale (art. 78 cpv. 1 LGA).

Il Tribunale decide:

1. Il ricorso è respinto per quanto è dato entrare nel merito dello stesso.

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2. Vengono prelevate

- una tassa di Stato di fr. 1'500.--

- e le spese di cancelleria di fr. 224.--

totale fr. 1'724.--

il cui importo sarà versato da A._____, entro trenta giorni dalla notifica della presente decisione all’Amministrazione delle finanze del Cantone dei Grigioni, Coira.

3. [Vie di diritto]

4. [Comunicazioni]

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