Tema d’Esame del 4 novembre 2016 – Parziale di Algebra Lineare
𝐴𝑘 = ( 𝑘 𝑘 − 2 −2
−𝑘 + 2 −𝑘 + 4 2
0 0 4
)
• Com’è noto, gli autovalori di 𝐴𝑘 sono le radici del polinomio caratteristico 𝑝(𝜆) = det[𝐴𝑘− 𝜆𝐼𝑑].
det ( 𝑘 − 𝜆 𝑘 − 2 −2
−𝑘 + 2 −𝑘 + 4 − 𝜆 2
0 0 4 − 𝜆
) = −(4 − 𝜆) det ( 𝑘 − 𝜆 𝑘 − 2
−𝑘 + 2 −𝑘 + 4 − 𝜆)
= (𝜆 − 4)[(𝑘 − 𝜆)(4 − 𝑘 − 𝜆) − (𝑘 − 2)(2 − 𝑘)]
= (𝜆 − 4)[4𝑘 − 𝑘2− 𝜆𝑘 − 4𝜆 + 𝑘𝜆 + 𝜆2+ 𝑘2 − 4𝑘 + 4]
= (𝜆 − 4)(𝜆2− 4𝜆 + 4) = (𝜆 − 4)(𝜆 − 2)2= 0
Dal calcolo segue che gli autovalori della matrice 𝐴𝑘 sono 𝜆 = 4 con molteplicità algebrica 1 e 𝜆 = 2 con molteplicità algebrica 2.
• Affinché la matrice sia diagonalizzabile, questa deve avere autovalori con molteplicità algebriche e geometriche coincidenti.
Calcoliamo quindi le molteplicità geometriche degli autovalori, ossia le dimensioni degli autospazi 𝑉𝜆 ad essi associati.
Per 𝜆 = 2 abbiamo che
[𝐴𝑘− 2𝐼3] = ( 𝑘 − 2 𝑘 − 2 −2
−𝑘 + 2 −𝑘 + 2 2
0 0 2
) .
Calcoliamo quindi il rango della matrice al variare di 𝑘, che sappiamo essere sicuramente minore o uguale a 2, dato che det[𝐴𝑘− 2𝐼3] = 0. Consideriamo quindi il minore di ordine 2 in basso a destra.
det (−𝑘 + 2 20 2) = 2(2 − 𝑘) ≠ 0 ⟹ 𝑘 ≠ 2 Ne segue che ∀𝑘 ∈ ℝ ∖ {2} la matrice [𝐴𝑘− 2𝐼3] ha rango 2, ossia
𝑚. 𝑔. (2) = dim 𝑉2 = 𝑛 − rg[𝐴𝑘− 2𝐼3] = 3 − 2 = 1 ≠ 𝑚. 𝑎. (2) = 2 .
Dato che per ogni 𝑘 ≠ 2 l’autovalore 𝜆 = 2 ha molteplicità algebrica e geometrica diverse, sappiamo certamente che 𝐴𝑘 non è diagonalizzabile.
Consideriamo quindi il caso 𝑘 = 2, per il quale si ha
𝐴2 − 𝜆𝐼3 = (2 − 𝜆 0 −2
0 2 − 𝜆 2
0 0 4 − 𝜆
) . Per 𝜆 = 2, si ha che la matrice
[𝐴2− 2𝐼3] = (0 0 −2
0 0 2
0 0 2
) ha rango 1, quindi
𝑚. 𝑔. (2) = dim 𝑉2 = 𝑛 − rg[𝐴2− 2𝐼3] = 3 − 1 = 2 = 𝑚. 𝑎. (2) . Per 𝜆 = 4, invece, la matrice
𝐴2− 4𝐼3 = (−2 0 −2
0 −2 2
0 0 0
)
ha rango 2, dato che il minore in alto a sinistra non è singolare, ossia det (−2 0
0 −2) ≠ 0 . Di conseguenza
𝑚. 𝑔. (4) = dim 𝑉4 = 𝑛 − rg[𝐴2 − 4𝐼3] = 3 − 2 = 1 = 𝑚. 𝑎. (2) .
Nel caso 𝑘 = 2, dato che le molteplicità algebriche e geometriche degli autovalori coincidono, la matrice 𝐴2 è diagonalizzabile.
In definitiva, la matrice 𝐴𝑘 è diagonalizzabile solo per 𝑘 = 2.
Affinché la matrice sia ortogonalmente diagonalizzabile, questa deve essere simmetrica.
Siccome la matrice
𝐴2 = (2 0 −2
0 2 2
0 0 4
)
non è simmetrica, allora non è neanche ortogonalmente diagonalizzabile, cioè non ammette una base ortogonale costituita da autovettori che la diagonalizza.
𝐴ℬ→ℬ′ = (1 −1 2
0 2 3) ℬ = ((1; −1; 2); (0; 2; 3); (1; 0; 0)) ℬ′= ?
Per gli ingegneri, la matrice del cambiamento di base da ℬ a ℬ′ esprime i coefficienti di combinazione lineare per i vettori della base di arrivo ℬ′ rispetto a quelli della base di partenza ℬ. Tali coefficienti sono disposti sulle righe.
Per i matematici, invece, la matrice del cambiamento da ℬ a ℬ′ esprime i coefficienti di combinazione lineare per i vettori della base di partenza ℬ rispetto a quelli della base di arrivo ℬ′ e i coefficienti in questione sono disposti sulle colonne.
Giacché questo è un tema d’esame di ingegneria, abbiamo che i vettori della base di arrivo sono dati da
𝑣⃗1′ = (1; −1; 2) − (0; 2; 3) + 2(1; 0; 0) = (3; −3; −1) 𝑣⃗2′ = 2(0; 2; 3) + 3(1; 0; 0) = (3; 4; 6)
𝑣⃗3′ = (1; −1; 2) , quindi la base di arrivo è
ℬ′ = ((3; −3; −1); (3; 4; 6); (1; −1; 2)) .
Nonostante l’insieme ℂ è isomorfo a ℝ2, 𝑀𝑎𝑡2(ℂ) ha dimensione 4 poiché siamo sul campo dei numeri complessi e non sullo spazio vettoriale complesso. Ora, il sottospazio dato dalla chiusura lineare di
𝐴 = {(1 00 0) + 𝑎 (0 01 0) + 𝑏 (0 00 1)}
ha dimensione 3, mentre la dimensione dell’intersezione tra la chiusura di 𝐴 e il suo complemento diretto dev’essere nulla. Per il teorema di Grassmann dev’essere
dim(𝐴 + 𝐴𝑐) + dim(𝐴 ∩ 𝐴𝑐) = dim 𝐴 + dim 𝐴𝑐 , da cui
dim 𝐴𝑐 = 4 − 3 = 1 .
Ne segue che non esiste un complemento diretto di dimensione 2 per il sottospazio generato da 𝐴.
𝑣⃗ = (0; −1; 3) = 𝑎(1; 0; −4) + 𝑏(0; −1; 3) + 𝑐(4; 5; 6) = (𝑎 + 4𝑐; −𝑏 + 5𝑐; −4𝑎 + 3𝑏 + 6𝑐) { 𝑎 + 4𝑐 = 0
𝑏 − 5𝑐 = 1
−4𝑎 + 3𝑏 + 6𝑐 = 3
⟹ { 𝑎 = −4𝑐 → 𝑎 = 0
𝑏 = 5𝑐 + 1 → 𝑏 = 1 16𝑐 + 15𝑐 + 3 + 6𝑐 = 3 → 𝑐 = 0
⟹ 𝑣⃗|ℬ= (0; 1; 0)
La matrice 𝐴 non è simmetrica, quindi non è possibile determinare una base ortonormale (costituita da autovettori) che diagonalizza 𝐴.
Anzitutto, sia da notare che lo spazio delle matrici quadrate di ordine 7 ha dimensione dim 𝑀𝑎𝑡7(ℝ) = 49. Per ipotesi abbiamo dim 𝑈 = 30 e dim 𝑉 = 20. Per il teorema di Grassmann
dim(𝑈 + 𝑉) + dim(𝑈 ∩ 𝑉) = dim 𝑈 + dim 𝑊 = 30 + 20 = 50 .
Se vogliamo minimizzare la dimensione dell’intersezione, dobbiamo massimizzare quella della somma, ossia imponiamo che la somma dei due sottospazi costituisca tutto l’insieme 𝑀𝑎𝑡7(ℝ) = 𝑈 + 𝑉. Ne segue
dim(𝑈 ∩ 𝑉)𝑚𝑖𝑛 = dim 𝑈 + dim 𝑉 − dim(𝑈 + 𝑉)𝑚𝑎𝑥 = 50 − 49 = 1 .
Per massimizzare la dimensione dell’intersezione, invece, dobbiamo minimizzare quella della somma, quindi dobbiamo supporre che il sottospazio di dimensione minore sia incluso in quello di dimensione maggiore; nel nostro caso 𝑈 ⊆ 𝑊, per il quale si ha che l’intersezione coincide proprio con il sottospazio 𝑈, ossia 𝑈 ∩ 𝑉 = 𝑈. Ne segue
dim(𝑈 ∩ 𝑉)𝑚𝑎𝑥 = dim 𝑈 = 20 .
Una matrice è invertibile se e solo se ha determinante non nullo. Calcoliamo quindi i determinanti delle matrici.
det 𝐴 = det (1 −10 3 ) = 3 ≠ 0
det 𝐵 = det (1 2 0 0 1 −1 1 3 −1
) = −1 − 2 + 3 = 0
Da questo primo test del determinante, sappiamo che la matrice 𝐴 è invertibile, mentre la matrice 𝐵 non lo è. Ricordiamo che l’inversa di una matrice si trova dividendo la matrice costituita dai complementi algebrici trasposta per il determinante.
𝐴−1= 1
det 𝐴(𝑐̃11 𝑐̃12
𝑐̃21 𝑐̃22)𝑇=1
3(3 01 1)𝑇 = (1 0 1 3
1 3 )
𝑇
= (1 1 3
0 1
3 )
Dato che lo spazio delle matrici quadrate di ordine 2 ha dimensione 4, allora non è possibile costruire un sistema di generatori formato da solo 3 vettori. È invece possibile costruire una sequenza libera di 3 vettori, cioè formata da vettori linearmente indipendenti, come ad esempio i primi tre vettori della base canonica.
((1 00 0) ; (0 10 0) ; (0 01 0))