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GIORNALE ITALIANO DI DIABETOLOGIA E METABOLISMO

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Academic year: 2021

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Impatto dei “nuovi” farmaci antidiabetici nella storia

naturale della nefropatia

The impact of “new” antidiabetic drugs impact on natural history of diabetic nephropathy

E.V. Greco, S. Bacci, A.P. Palena, A. Rauseo, S. De Cosmo

Struttura Complessa di Medicina Interna, IRCCS “Casa Sollievo della Sofferenza”, San Giovanni Rotondo (FG)

RIASSUNTO

Il diabete mellito tipo 2 (DMT2) è un rilevante problema sanitario per l’elevata incidenza di complicanze. La nefropatia diabetica (ND) è una complicanza cronica del DMT2, e la più comune causa di insufficienza renale cronica terminale (end-stage renal disease, ESRD). I controlli glicemico e pressorio riducono il rischio di ND. La gestione del diabete è complessa, multidisciplinare e costosa nei pazienti affetti da DMT2 e malattia renale cronica (MRC). Nuove opzioni terapeutiche si rendono necessarie per ridurre le complicanze e lo sviluppo di ND. Trial clinici con le terapie a base di incretine hanno dimostrato di ridurre l’albuminuria e rallentare il declino della velocità di filtrazione glomerulare (glomerular filtration rate, GFR) nel DMT2 complicato da MRC. Questi farmaci sembrano avere effetti metabolici ed emodinamici che potrebbero ridurre il rischio di malattia renale diabetica; vi è un crescente interesse nell’identificare queste azioni nefroprotettive. Gli inibitori dei cotrasportatori sodio-glucosio tipo 2 (sodium-glucose cotransporter 2, SGLT2), gli ipoglicemizzanti orali più recenti, avrebbero un effetto nefroprotettivo non solo riducendo la glicemia attraverso l’escrezione di glucosio con le urine, ma anche la pressione arteriosa (PA), ed effetti diretti a livello renale quali riduzione dell’iperfiltrazione e della pressione intraglomerulare. Studi clinici condotti con gli SGLT2 inibitori hanno dimostrato che essi riducono l’emoglobina glicosilata, la PA e l’albuminuria. Da considerare che questi farmaci, a causa del loro peculiare meccani- smo d’azione, sono meno efficaci nel migliorare il controllo glicemico nei pazienti con alterata funzione renale. Nonostante ciò, è auspicabile che un precoce e mantenuto controllo sia glicemico che del peso corporeo, in associazione alla riduzione della progressione verso la macroalbuminuria ottenuti con le terapie a base di incretine e gli SGLT2 inibitori, preserveranno a lungo termine la funzione renale con riduzione dei casi di ESRD.

SUMMARY

Type 2 diabetes mellitus (T2DM) is a growing public health problem with high rates of complications. Diabetic nephropathy (DN) is a major burden among the chronic complications of T2DM, and is the most common cause of end-stage renal disease (ESRD). Blood glucose and blood pressure (BP) control reduce the risk of DN. Diabe- tes management is complex, multi-dimensional and potentially expensive in patients with T2DM and chronic kidney disease (CKD). New therapeutic options are needed to improve macro- and microvascular outcomes and reduce the burden of renal disease in diabetes. Clinical trials with incretin-based therapies have shown a potential to reduce albuminuria and slow the decline in glomerular filtration rate (GFR) in T2DM and CKD. Incretin-modulating drugs seem to directly influence renal physiology and have metabolic and hemodynamic effects that might reduce the renal risk in T2DM, so there is growing interest in identifying these glucose-independent protective actions on kidneys. Sodium-glucose cotransporter-2 (SGLT2) inhibitors, the most recent glucose-lowering oral agents, may exert renal protection not only improving glycemia by inducing glycosuria, but also through glucose-independent effects, such as lowering blood pressure (BP) and direct renal effects involving the reduction of hyperfiltration and intraglomerular pressure. Clinical trials with SGLT2 inhibitors have consistently documented positive effects, lowering glycosylated hemoglobin, BP and albuminuria.

However, their own action implies that these inhibitors are less effective in improving glycemic control in patients with impaired renal function. Nonetheless, we hope that early and sustained control of glucose and weight together with reduced progression to macroalbuminuria achieved with incretin-based therapies and SGLT2 inhibitors will ultimately translate into long-term preservation of kidney function and a lower incidence of ESRD.

Rassegna

Corrispondenza: Salvatore De Cosmo, Struttura Complessa di Medicina Interna, IRCCS “Casa Sollievo della Sofferenza”, viale Cappuccini 1, 71013 San Giovanni Rotondo (FG) – Tel. +39 0882 410629 – E-mail: [email protected] Parole chiave: diabete mellito tipo 2, nefropatia diabetica, incretine, SGLT2 inibitori, nefroprotezione • Key words: type 2 diabetes mellitus, diabetic nephropathy, incretins, SGLT2 inhibitors, renal protection Pervenuto il 23-05-2018 • Accettato il 15-06-2018

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Introduzione

Il diabete mellito tipo 2 (DMT2) determina l’insorgenza di complicanze croniche micro- e macrovascolari, con un impatto rilevante da un punto di vista non solo sani- tario, ma anche socio-economico. Una delle più temibili è la nefropatia diabetica (ND), definita dalle alterazioni strutturali e cliniche che descrivono la patologia renale nel diabete mellito. La sua prevalenza è elevata nei pae- si occidentali, e negli Stati Uniti rappresenta la causa di circa il 50% dei nuovi casi di insufficienza renale termi- nale (end-stage renal disease, ESRD), che necessita di terapia renale sostitutiva (emodialisi o trapianto). Inoltre la ND rappresenta di per sé un rilevante fattore di rischio per malattie cardiovascolari (CV), la causa principale di mortalità e morbilità nel diabete 

1

.

La ND si sviluppa a causa di fattori metabolici e altera- zioni metaboliche, tra cui l’iperglicemia svolge un ruolo preponderante. Anche l’obesità favorisce l’ipoperfusio- ne e l’iperfiltrazione glomerulare e, associata all’iperten- sione arteriosa, porta allo sviluppo e alla progressione della ND. Nel paziente affetto da DMT2, le caratteristi- che istologiche della ND sono variabili, con prevalen- ti lesioni glomerulari in alcuni casi, oppure vascolari o tubulo-interstiziali, o non è evidenziabile una patologia renale significativa. Clinicamente la ND è caratterizzata da un’aumentata permeabilità glomerulare all’albumina, con sviluppo di micro- e macroalbuminuria, un progres- sivo declino della velocità di filtrazione glomerulare (glo- merular filtration rate, GFR), sino allo sviluppo di ESRD e ipertensione arteriosa. Alla comparsa della macroal- buminuria, ma anche in presenza di microalbuminuria, il filtrato glomerulare tende a ridursi progressivamente.

In effetti, la ND nel DMT2 si caratterizza per una mag- giore eterogeneità con una percentuale significativa di pazienti che sviluppano una riduzione del GFR, pur in presenza di normoalbuminuria 

2

. Nel DMT2, la prevalen- za di microalbuminuria è di circa il 30%; fino al 10-15%

dei soggetti può presentare microalbuminuria o talvolta un quadro di nefropatia conclamata già alla diagnosi.

Anche valori di albuminuria nel range normale-alto com- portano un aumentato rischio di malattie CV, la principa- le causa di morbilità e mortalità nel paziente diabetico nefropatico 

3

.

La gestione dell’iperglicemia, in associazione all’ottimiz- zazione dei valori di pressione arteriosa (PA) con l’utiliz- zo, laddove appropriato, di farmaci bloccanti il sistema renina-angiotensina-aldosterone (renin-angiotensin-al- dosterone system, RAAS), rappresenta la strategia tera- peutica cruciale per la prevenzione e il trattamento della ND. Però, nonostante i moderni approcci per il tratta- mento dell’iperglicemia e dell’ipertensione arteriosa, è

presente un rischio residuo ancora molto rilevante di sviluppo e progressione delle complicanze renali. La te- rapia con gli ipoglicemizzanti orali (IO) tradizionali, oltre ad avere un impatto limitato sul controllo glicemico, può essere gravata da effetti collaterali quali rischio di ipogli- cemia e aumento ponderale 

4

. Quindi il loro utilizzo può essere fortemente limitato dalla presenza di malattia re- nale cronica (MRC), che può determinare un rischio ele- vato di ipoglicemia a causa di un diminuito metabolismo ed eliminazione della maggior parte dei farmaci ipogli- cemizzanti e, per una minore attività di gluconeogenesi renale. Pertanto, in caso di riduzione del GFR, è indi- spensabile un’attenta selezione degli IO da utilizzare, oltre che un appropriato adeguamento della loro dose.

Verso lo sviluppo di nuovi farmaci antidiabetici

Il peggioramento della funzionalità renale nel paziente affetto da DMT2 si associa a un progressivo aumento della mortalità per cause CV, è quindi particolarmente utile adoperare dei farmaci che abbiano un effetto ne- froprotettivo. Per la gestione dell’iperglicemia è altresì necessaria una scelta oculata dei farmaci ipoglicemiz- zanti, soprattutto nell’attuale periodo in cui le classi di farmaci a disposizione sono numerose. I nuovi farmaci antidiabetici adoperati per il trattamento del DMT2 pon- gono le basi per la fenotipizzazione del trattamento in base alle caratteristiche individuali dei pazienti, al fine di prevenire le complicanze e gli eventi CV. Alcuni nuo- vi farmaci antidiabetici hanno dimostrato di agire anche sui fattori di rischio delle complicanze CV e renali.

Le terapie a base di incretine, quali gli agonisti del re- cettore del glucagon-like peptide-1 (GLP-1R) sommini- strati per via iniettiva e gli inibitori dell’enzima dipeptidil- peptidasi 4 (DPP-4) che inibiscono la degradazione del GLP-1, somministrati invece per via orale, potrebbero conferire nefroprotezione nell’ambito dei loro effetti ple- iotropici, attraverso meccanismi aggiuntivi che differi- scono dall’azione ipoglicemizzante.

Gli inibitori del cotrasportatore sodio-glucosio tipo 2 (so- dium-glucose cotransporter 2, SGLT2) sono farmaci che vengono somministrati per via orale, agiscono inibendo prevalentemente il SGLT2 localizzato a livello del tubulo contorto prossimale e inducendo glicosuria, con conse- guente effetto di riduzione della glicemia, si sono dimo- strati efficaci nel prevenire le complicanze CV e renali del diabete.

Nell’ultima decade sono stati condotti numerosi trial cli-

nici di outcome CV con i nuovi farmaci antidiabetici, e

in molti di questi sono emerse rilevanti informazioni su

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Inoltre, sia l’insulina che il glucosio stesso regolerebbe- ro l’attività della NHE3 e dei SGLT renali, suggerendo un’azione natriuretrica indiretta del GLP-1 

6

.

Da un punto di vita emodinamico, gli agonisti del GLP- 1R in condizioni fisiologiche sembrano indurre un’iperfil- trazione glomerulare con incremento del GFR. Un effetto diretto di vasodilatazione dell’arteriola afferente potreb- be spiegare questo, ipotizzando un’azione mediata dal GLP-1R delle cellule muscolari lisce vasali glomerulari.

Nei pazienti con DMT2, gli agonisti del GLP-1R inibireb- bero invece numerosi mediatori implicati nel processo di iperfiltrazione glomerulare, modificando l’emodina- mica renale e conferendo potenzialmente un’azione ne- froprotettiva (Fig.  1). I meccanismi attraverso i quali il GLP-1 ridurrebbe l’iperfiltrazione glomerulare potrebbe- ro essere il ripristino del feedback tubulo-glomerulare per un aumentato apporto di sodio alla macula densa, l’inibizione della NHE3, la riduzione post-prandiale del glucagone, il calo ponderale e la modulazione del RA- AS, con riduzione dei livelli plasmatici di angiotensina II e dell’attività reninica plasmatica.

Gli agonisti del recettore del GLP-1 potrebbero inoltre avere un effetto benefico sulla funzione endoteliale, me- diante il rilascio di fattori vasoattivi quali ossido nitrico potenziali effetti benefici a livello renale, anche non di-

rettamente correlati alle variazioni glicemiche.

Le terapie a base di incretine:

agonisti dei recettori del GLP-1 e nefroprotezione

Il GLP-1 è secreto principalmente dalle cellule L dell’ileo distale e del colon, e le azioni sono mediate dal suo re- cettore, il GLP-1R, una proteina transmembrana associa- ta alle proteine G. Le cellule L rilasciano il GLP-1 stimolate dal glucosio luminale attraverso la via del cotrasportatore sodio-glucosio 1 (SGLT1), ma anche in risposta a carboi- drati, proteine, amminoacidi, acidi grassi a corta catena.

A livello renale nell’uomo i recettori del GLP-1 sono stati individuati nei tubuli prossimali, nelle cellule mesangia- li e nelle cellule muscolari lisce vascolari preglomeru- lari 

5

. Un importante meccanismo di protezione renale potrebbe essere legato all’effetto diuretico e natriuretico del GLP-1, ottenuto attraverso l’inibizione dell’isoforma 3 dello scambiatore sodio-idrogeno (sodium-hydrogen exchanger 3, NHE3), localizzata a livello dell’orletto a spazzola del tubulo contorto prossimale in un comples- so che contiene anche la DPP-4, attraverso la via della protein-chinasi A e della pompa Na+/K+ ATPasi.

Figura 1. Effetti del GLP-1 sull’emodinamica renale nel diabete mellito.

Ripristino del feedback tubulo-glomerulare

↓ Iperfiltrazione glomerulare nella ND

↑ ANP?

GLP-1

↓ ET-1

↑ NO

↑ insulina

↓ SGLT1/2 ↓ NHE3 ↓ Glucagone ↓ ROS ↓ Angiotensina II ↓ Renina

GLP-1: glucagon-like peptide-1; ANP: peptide natriuretico atriale; ET-1: endotelina-1; NO: ossido nitrico; SGLT1/2:

cotrasportatore sodio-glucosio 1 e 2; NHE3: scambiatore sodio-idrogeno isoforma 3; ROS: radicali liberi dell’ossigeno.

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peptide, BNP), la stromal cell-derived factor-1α (SDF- 1α), e la proteina High Mobility Group Box 1 (HMGB1), che svolge un ruolo cruciale nell’infiammazione 

6

. L’ini- bizione della DPP-4 in questo ambito potrebbe avere un ruolo indipendente dal GLP-1 nella protezione renale.

Anche gli inibitori della DPP-4 inibirebbero l’attività del- la NHE3. In studi su modelli animali murini mancanti del GLP-1R la somministrazione di DPP-4, ma non di GLP-1R agonisti, ha dimostrato un effetto natriuretico, suggerendo che esso sia parzialmente indipendente dal GLP-1R 

6

. Pertanto, molte azioni a livello dei sistemi cardiovascolare e renale mediati dalla inibizione del- la DPP-4 potrebbero essere effettivamente GLP-1 in- dipendenti. L’effetto natriuretico e ipotensivante risulta però meno evidente con gli inibitori della DPP-4 rispet- to agli agonisti del GLP-1R.

I DPP-4 inibitori potrebbero ridurre sia l’iperfiltrazione glomerulare che lo stress ossidativo e l’infiammazio- ne con un meccanismo GLP-1 indipendente, attraver- so l’aumento di livelli di SDF-1α. Questo substrato della DPP-4 svolge un ruolo chiave nei processi di riparazio- ne cellulare in condizioni di ischemia e occlusione va- scolare (Tab. I). Il linagliptin ha dimostrato di aumentare l’espressione di questa citochina nei podociti, sugge- rendo pertanto un effetto farmaco-specifico.

Tuttavia, un potenziamento dell’inibizione della DPP-4 po- trebbe avere effetti potenzialmente dannosi a livello renale, poiché l’attivazione della proteina HMGB1 determinereb- be un incrementato stato infiammatorio. Sono necessari, (nitric oxide, NO) e peptide natriuretico atriale (atrial na-

triuretic peptide, ANP), la diminuzione dell’espressione dell’endotelina-1 (ET-1) e un’azione sul sistema nervoso autonomo. Tali meccanismi inibirebbero i processi di fi- brosi e sclerosi glomerulare della ND, alla base della progressione del danno renale.

Inoltre, studi compiuti su modelli animali murini hanno dimostrato che le terapie a base di incretine riducono la produzione di radicali liberi dell’ossigeno (reactive oxygen species, ROS), l’espressione del recettore per i prodotti di glicosilazione avanzata (advanced glycation end-products, AGE), lo stress ossidativo e i markers di infiammazione e fibrosi, migliorando persino le altera- zioni istologiche della ND. Infine, le azioni immunomo- dulatorie degli agonisti del GLP-1R potrebbero derivare anche dal calo ponderale indotto da questi farmaci 

6

.

Le terapie a base di incretine:

inibitori dell’enzima DPP-4 e nefroprotezione

Nel rene la DPP-4 è presente come proteina transmem- brana a livello dell’orletto a spazzola del tubulo contorto prossimale e dei podociti, associata alla NHE3. Gli ini- bitori della DPP-4 potrebbero avere un meccanismo di protezione a livello renale sia GLP-1 dipendente che at- traverso effetti indipendenti dal GLP-1. Infatti, oltre che del GLP-1 la DPP-4 è responsabile del clivaggio di altre molecole, quali neuropeptide Y, il peptide YY, la sostan- za P e il peptide natriuretico cerebrale (brain natriuretic

Tabella I. Potenziali meccanismi di nefroprotezione delle terapie a base di incretine.

Fattore di

rischio renale Agonisti dei

recettori del GLP-1 Inibitori

della DPP-4 Possibili meccanismi GLP-1 dipendenti Possibili effetti propri dei DPP-4 inibitori Ipertensione

arteriosa Riduzione Riduzione

o effetto neutrale

Calo ponderale Vasodilatazione

↑ Natriuresi

↓ Assorbimento intestinale di sodio

↓ Introito di sodio

(possibile effetto diretto sul SNC)

↓ Attività del RAAS?

↑ ANP?

↑ Natriuresi (↑ SDF-1α?

↓ NHE3? ↑ BNP?)

↑ Vasodilazione (↑ BNP? ↑ bradichinina)

Iperfiltrazione

glomerulare Riduzione o effetto

neutrale Effetto

neutrale Ripristino del feedback tubulo-glomerulare (↓ NHE3)

↓ Glucagone post-prandiale

↓ Peso corporeo

Rallentamento dello svuotamento gastrico (↓ iperfiltrazione post-prandiale?)

↓ Attività del RAAS?

Infiammazione

e fibrosi Riduzione Riduzione ↓ Produzione di ROS a livello renale

↓ AGE ↑ SDF-1α

↓ Transizione

epitelio-mesenchimale

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dell’albuminuria, vi era la maggiore differenza nel con- trollo glicemico tra braccio di trattamento e gruppo di controllo, a favore di un effetto nefroprotettivo legato al farmaco stesso 

8

.

Nello studio Evaluation of Lixisenatide in Acute Coro- nary Syndrome Trial (ELIXA) condotto con lixisenatide in 6068 pazienti affetti da DMT2 e recente ospedaliz- zazione per sindrome coronarica acuta, è stata eviden- ziata solo una lieve differenza nell’aumento del rappor- to albuminuria/creatininuria (albumin-to-creatinine ratio, ACR) nel gruppo in trattamento con lixisenatide rispetto al placebo. Analisi post-hoc con eliminazione dell’effetto confondente dell’emoglobina glicosilata hanno ridimen- sionato l’effetto benefico renale della lixisenatide, sug- gerendo piuttosto un meccanismo protettivo glucosio- dipendente 

9

.

Tuttle KR et al. hanno valutato i dati prodotti da nove trial clinici di fase II e III condotti con dulaglutide su pazienti affetti da DMT2, riscontrando che il farmaco non ha mo- dificato i valori di GFR e ha determinato una lieve ma significativa riduzione dell’albuminuria rispetto ai gruppi di trattamento con exenatide, sitagliptin, insulina glargi- ne o placebo. Nel recente trial A study Comparing Du- laglutide with Insulin Glargine on Glycaemic Control in Participants with Type 2 Diabetes and Moderate or Se- vere Chronic Kidney Disease (AWARD-7) la dulaglutide è stata confrontata con insulina glargine in 576 soggetti affetti da DMT2 e MRC stadi 3 e 4, e analogamente ai risultati dei trial sopra citati, è stata riportata una riduzio- ne significativa dell’albuminuria e un rallentamento nel declino del GFR, più evidente nei pazienti macroalbu- minurici al baseline. Essendo i target glicemici simili nei due bracci di trattamento, può essere ipotizzato che la riduzione dell’albuminuria nel trial AWARD-7 nel gruppo di trattamento con dulaglutide sia dovuta a un’azione di- retta del farmaco a livello renale 

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.

Lo studio Saxagliptin and Cardiovascular Outcomes in Patients with Type 2 Diabetes Mellitus (SAVOR-TIMI) è stato disegnato per verificare la sicurezza in termini di rischio CV e l’efficacia del saxagliptin. 16.492 pazienti con DMT2 e malattia CV o multipli fattori di rischio per essa, sono stati randomizzati a ricevere saxagliptin o placebo in aggiunta alla terapia standard. Lo studio ha inoltre valutato l’impatto del saxagliptin sulla ACR, di- mostrando che i pazienti trattati col farmaco avevano un ridotto rischio di sviluppo e progressione della microal- buminuria. Infatti dopo due anni si riduceva sia la ACR che la probabilità di un peggioramento della stessa nel gruppo trattato con saxagliptin rispetto al placebo. Il trattamento con saxagliptin ha ridotto significativamente l’albuminuria indipendentemente dai livelli basali di ACR o di GFR, ha favorito la regressione da macro- a microal- però, ulteriori studi nell’uomo che dimostrino la rilevanza

di questi effetti e le conseguenze sul piano clinico.

La nefroprotezione con i farmaci

a base di incretine: risultati dei trial clinici

Studi in vitro e nell’animale suggeriscono quindi come le incretine possano avere un effetto benefico nella ND, al di là dei loro effetti metabolici. I recenti trial clinici rando- mizzati condotti su larga scala per valutare la sicurezza CV di questi farmaci, nonostante avessero come outco- me primario gli eventi CV, hanno dato l’opportunità di esplorare anche l’efficacia su outcome renali.

Lo studio Liraglutide Effect and Action in Diabetes: Eva- luation of Cardiovascular Outcome Results (LEADER) è un trial randomizzato, controllato, in doppio cieco, con- dotto su 9.340 pazienti affetti da DMT2 ad alto rischio CV. L’utilizzo di liraglutide non solo si dimostrava sicu- ro, ma rispetto al placebo, si associava a una riduzio- ne significativa degli eventi che costituivano l’endpoint primario quali morte CV, infarto e ictus non fatale. Il trat- tamento con liraglutide ha determinato anche una ridu- zione del 22% del rischio di comparsa o peggioramento della nefropatia, outcome rappresentato dalla combina- zione dello sviluppo di macroalbuminuria, del raddop- pio della creatinina sierica, progressione verso l’ESRD e morte per cause renali. L’effetto nefroprotettivo era da ricondurre principalmente alla riduzione del 26% della comparsa di macroalbuminuria, mentre il farmaco non è stato significativamente efficace sulla prevenzione del raddoppio della creatinina sierica o del ricorso al trat- tamento emodialitico. Questi risultati offrono prospetti- ve interessanti riguardo a possibili effetti specifici del farmaco nella prevenzione della ND. La riduzione del GFR è stata di poco, ma significativamente inferiore nel braccio a trattamento attivo, anche se limitatamente ai soggetti con un GFR basale tra 30 e 59 ml/min/1,73 m

2

. Da notare che il trattamento con liraglutide non ha deter- minato un aumento del rischio di eventi avversi renali 

7

. Nello studio Trial to Evaluate Cardiovascular and Other Long-term Outcomes with Semaglutide in Subjects with Type 2 Diabetes (SUSTAIN-6), condotto su 3.297 pa- zienti affetti da DMT2 con pregressa malattia CV o fattori di rischio CV, l’aggiunta di semaglutide invece che di placebo alla terapia standard si associava a una ridu- zione di morte CV, infarto miocardico e ictus non fatale.

Anche in questo studio sono risultati più bassi i tassi

di ND neodiagnosticati o in progressione nel gruppo di

trattamento con semaglutide rispetto al placebo, e ta-

le riduzione era da ricondurre principalmente alla mino-

re progressione della microalbuminuria. Inoltre, in que-

sto trial che ha documentato la più rilevante riduzione

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le miglioramento del controllo glicemico è stato altresì riscontrato. La riduzione farmacologica della glicemia diminuisce l’insorgenza di macroalbuminuria del 20- 25%, e anche la riduzione del peso corporeo e della pressione arteriosa possono avere effetti benefici a li- vello renale.

In conclusione, i trial clinici con farmaci a base di increti- ne, soprattutto gli analoghi del GLP-1, hanno dimostrato chiaramente di ridurre l’albuminuria con un effetto meno rilevante sul declino dell’GFR nel DMT2. È auspicabile che un precoce e duraturo controllo glicemico e del pe- so corporeo, insieme a una ridotta progressione verso la macroalbuminuria raggiunta con le terapie a base di incretine, si possa tradurre nel mantenimento della fun- zione renale e nella riduzione dell’incidenza di ESRD.

Gli SGLT2 inibitori e nefroprotezione

Gli SGLT2 inibitori o gliflozine sono farmaci sommini- strati per via orale che hanno un effetto ipoglicemiz- zante aumentando l’escrezione renale di glucosio. I co- trasportatori sodio-glucosio sono localizzati nel tubulo prossimale e riassorbono il glucosio filtrato. Due cotra- sportatori sodio-glucosio sono stati descritti, SGLT2 re- sponsabile del riassorbimento renale di circa il 90% del glucosio, e SGLT1 che riassorbe il restante 10%. Questi farmaci hanno un effetto ipoglicemizzante, oltre che na- triuretico.

Gli inibitori di SGLT2 potenziano il meccanismo di feed- back tubulo-glomerulare attraverso un maggiore appor- to di sodio alla macula densa, determinando vasocostri- zione dell’arteriola afferente e riduzione della pressione intraglomerulare e dell’iperfiltrazione glomerulare, evi- denziata clinicamente con una modesta iniziale ridu- zione dell’eGFR che successivamente si stabilizza. In questo modo le gliflozine hanno un ruolo nefro-protettivo rafforzato dalla nota efficacia antiipertensiva e portano a una riduzione dell’albuminuria (Fig. 2). La rilevanza clini- ca dell’iperfiltrazione glomerulare risiede, oltre che nella sua capacità di dare un danno glomerulare, anche nella sua associazione con un aumentato rischio CV 

16

. L’ef- fetto di riduzione dell’albuminuria sembra essere indi- pendente dall’uso contemporaneo di farmaci bloccanti il RAAS e potrebbe non essere spiegato da una con- comitante riduzione dell’emoglobina glicosilata, della pressione arteriosa e del peso corporeo.

L’uso contemporaneo di un bloccante del RAAS e di un inibitore di SGLT2, con la contemporanea costrizione dell’arteriola afferente e la dilatazione dell’arteriola effe- rente, potrebbe però trasformarsi da condizione protet- tiva a livello renale in elemento potenzialmente rischioso per il rene in caso di ipotensione sistemica o di disidra- tazione con ipoperfusione renale severa. Tuttavia, dagli buminuria e da micro- a normoalbuminuria indipenden-

temente dalle variazioni di emoglobina glicosilata 

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. Groop et al. hanno valutato la capacità del linagliptin, in aggiunta alla terapia con inibitori del RAAS, di influen- zare l’escrezione urinaria di albumina (EUA). Sono stati analizzati i dati di quattro studi di fase III randomizzati, a doppio cieco, controllati verso placebo della durata di 24 settimane. 217 pazienti affetti da DMT2 e albuminu- ria sono stati randomizzati a ricevere il trattamento con linagliptin 5 mg (n = 162) o placebo (n = 55); l’endpoint primario era la percentuale di variazione della EUA dal valore basale. Dopo 24 settimane, la EUA si riduceva del 32% nei pazienti in trattamento attivo e del 6% nei pazienti trattati con placebo. In evidenza come la diffe- renza osservata era indipendente sia dal controllo glice- mico sia dalla variazione dei valori pressori, ipotizzando quindi un effetto diretto del farmaco stesso 

12

.

Tuttavia, nello studio Efficacy, Safety & Modification of Albuminuria in Type 2 Diabetes Subjects with Renal Disease with Linagliptin (MARLINA-T2D) condotto su 360 pazienti affetti da DMT2 con un eGFR  ≥  30  mL/

min/1.73 m

2

e una EUA di 30-3000 mg/g nonostante i pazienti fossero già in terapia con un agente bloccante il RAAS, il linagliptin non ha dimostrato di ridurre signifi- cativamente l’albuminuria 

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. Il trial Cardiovascular and Renal Microvascular Outcome Study With Linagliptin in Patients With Type 2 Diabetes Mellitus (CARMELINA) tutt’oggi in corso, determinerà gli effetti renali a lungo termine del linagliptin in 7003 pazienti in larga parte af- fetti da CKD, i risultati sono attesi quest’anno.

Nello studio The Examination of Cardiovascular Outco- mes With Alogliptin Versus Standard of Care in patients with type 2 diabetes mellitus and acute coronary syn- drome (EXAMINE) condotto con alopgliptin le variazioni di GFR rispetto al basale erano simili sia nel gruppo di trattamento attivo con il farmaco, che in quello con pla- cebo dopo 18 mesi di terapia 

14

.

Nello studio di sicurezza CV Trial Evaluating Cardiova- scular Outcomes with Sitagliptin (TECOS), dopo due anni i valori medi di GRF erano lievemente inferiori nel gruppo di trattamento con sitagliptin rispetto al placebo, e il dato era confermato anche dopo aggiustamento dei valori per il controllo glicemico. Il trattamento con sita- gliptin ha determinato, invece, una lieve ma significati- va riduzione dell’ACR rispetto al placebo indipendente- mente dallo stadio di MRC. Se le modeste riduzioni sia del GFR che dell’ACR indotte dal trattamento con sita- gliptin possano avere delle implicazioni a livello clinico, queste devono essere ancora delucidate 

15

.

Nonostante questi trial clinici controllati abbiano docu-

mentato una riduzione dell’albuminuria con le terapie a

base di incretine, è da considerare che un sostanzia-

(7)

È stato ipotizzato che il trattamento con questi farmaci aumenti i livelli di corpi chetonici, i quali rappresentano il substrato energetico principale a livello renale quando disponibili in quantità sufficienti, producendo energia in maniera più efficiente di glucosio o acidi grassi 

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. Gli inibitori di SGLT2 potrebbero inoltre migliorare l’ossi- genazione renale, l’infiammazione e la fibrosi nella ND, riducendo il declino progressivo della funzione renale.

studi effettuati dove la maggior parte dei pazienti trat- tati con inibitori di SGLT2 assumeva anche farmaci at- tivi sul RAAS non sono emerse evidenze in tal senso, probabilmente perché i meccanismi di autoregolazione renale non sono compromessi dall’azione di questi far- maci. I meccanismi di protezione renale potrebbero, di- rettamente o indirettamente, spiegare in parte il miglio- ramento degli outcome CV.

Figura 2. Azioni degli inibitori di SGLT2 sul sistema vascolare renale.

SGLT2 inibitori

↑ apporto di sodio alla macula densa

Vasocostrizione arteriola afferente

↓ pressione intraglomerulare

↓ iperfiltrazione glomerulare

↓ GFR

↓ albuminuria

Tabella II. Possibili azioni protettive a livello renale degli SGLT2 inibitori.

Meccanismi diretti Meccanismi indiretti

↓ Tossicità del glucosio a livello tubulare Effetto ipoglicemizzante e ↓ della HbA1c

↓ Pressione intraglomerulare Perdita calorica e calo ponderale

↓ Iperfiltrazione glomerulare ↓ Pressione arteriosa sistolica e diastolica

↓ Albuminuria ↓ Acido urico

Prevenzione dell’ipertrofia tubulare renale ↑ Insulinemia

Modulazione del sistema RAAS ↑ Sensibilità insulinica (per ↓ glucotossicità)

↑ Natriuresi ↓ Stress ossidativo e infiammazione

↑ Ossigenazione renale ↑ Integrità morfo-funzionale dei tubuli

(8)

invece riscontrata alcuna differenza tra i gruppi di trat- tamento quanto all’incidenza di albuminuria di nuova insorgenza.

Pertanto, nei pazienti affetti da DMT2 ad alto rischio CV, l’empagliflozin ha ridotto la progressione della ma- lattia renale e la frequenza di eventi renali significativi rispetto al placebo, quando aggiunto alla terapia stan- dard. Da notare come i risultati erano sovrapponibili per le due dosi di empagliflozin (10 e 25 mg). I mec- canismi degli effetti renali di empagliflozin hanno pro- babilmente un’origine multifattoriale, ma è stato ipotiz- zato che effetti diretti a livello renale possano avere un ruolo. Pur essendoci bassi valori pressori a livello dei glomeruli, in corso di terapia con empagliflozin è stata osservata una riduzione della pressione intraglomeru- lare di circa 6-8 mmHg.

Nel trial EMPAREG l’empagliflozin ha mostrato un’azio- ne simile ai farmaci bloccanti il RAAS per quanto con- cerne il cambiamento della funzione renale (riduzione a breve termine seguita da successiva stabilizzazione del GFR). Inoltre la funzione renale è migliorata significati- vamente dopo la sospensione dell’empagliflozin, il che dimostra come le modificazioni dell’emodinamica rena- le siano reversibili persino dopo un trattamento a lungo termine. La maggior parte dei pazienti nel trial era in trattamento con farmaci bloccanti il RAAS, e gli effetti re- nali dell’empagliflozin erano evidenti anche con l’uso di questi farmaci. Questo dato supporta il potenziale uso dell’empagliflozin in associazione ai farmaci bloccanti il RAAS nei pazienti affetti da DMT2 e MRC.

Inoltre gli effetti di riduzione della pressione sistolica, di modulazione del RAAS, di calo ponderale sono ele- menti che essi stessi sono in grado di ridurre il filtra- to glomerulare; tuttavia i dati dello studio mostrano il miglioramento della funzionalità renale con inversione delle curve relative all’andamento del GFR dopo i pri- mi mesi di terapia. Altri effetti, come quelli sulla rigidi- tà della parete delle arterie, sulle resistenze vascolari, sui livelli di acido urico nel siero e sulla modulazione neuroormonale a livello renale e sistemico, potrebbero contribuire al miglioramento della progressione della malattia renale osservato con empagliflozin. Ulteriori ri- cerche sono necessarie per valutare se i cambiamen- ti nel volume o nella perfusione renale determinati dall’empagliflozin possano alterare la creatininemia o gli indici di funzionalità renale 

20

.

È da sottolineare come l’effetto di protezione cardiova- scolare associato all’utilizzo di empaglifozin era presen- te anche in pazienti con MRC, la maggior parte dei quali con GFR inferiore a 60 ml/min, proprio in questi pazienti non è consentito l’inizio della terapia con il farmaco 

21

. Il Canagliflozin Cardiovascular Assessment Study Il tubulo prossimale riassorbe acqua, soluti organici ed

elettroliti; essendo questi processi ossigeno-dipendenti, si ha una riduzione dell’ossigenazione renale. La ridu- zione del trasporto di sodio e glucosio mediata dall’ini- bizione di SGLT2 ridurrebbe il carico di lavoro del tubulo e, attraverso un aumento dell’ossigenazione, ne risulte- rebbe in un miglioramento dell’integrità strutturale e fun- zionale delle cellule tubulari. Inoltre, attualmente diversi studi preclinici e clinici stanno valutando gli effetti degli SGLT2 inibitori sui markers di infiammazione e fibrosi nel rene diabetico, sulla base di risultati positivi emersi da studi sperimentali 

16

La peculiarità del meccanismo d’azione di questi far- maci è che la loro azione è indipendente sia dalla se- crezione che dall’azione insulinica. La glicosuria indotta dagli inibitori di SGLT2 aumenta in modo lineare in fun- zione del GFR e della glicemia. L’uso delle gliflozine non è approvato in pazienti con GFR < 45 ml/min/1,73 m

2

. Questa limitazione è posta a causa della ridotta effica- cia ipoglicemizzante che si ha con la perdita di filtrato glomerulare.

La nefroprotezione con gli SGLT2 inibitori:

risultati dei trial clinici

Il primo studio di outcome CV condotto con SGLT2 ini- bitori, il trial Empagliflozin, Cardiovascular Outcomes, and Mortality in Type 2 Diabetes trial EMPA-REG OUT- COME, ha valutato la sicurezza dell’empagliflozin in pa- zienti con DMT2 con un focus particolare sugli outcome microvascolari. Il trial è stato condotto su 7.020 pazienti affetti da DMT2 e pregressa malattia CV o multipli fattori di rischio CV, nel gruppo di trattamento con empagliflo- zin è stata riscontrata una riduzione di eventi quali morte CV, infarto e ictus non fatale rispetto al placebo. Lo stu- dio ha escluso i pazienti con insufficienza renale severa (eGFR < 30 ml/min/1,73 m

2

18

.

Un’analisi del trial EMPAREG ha determinato gli effet-

ti renali a lungo termine di empagliflozin, dimostrando

che il farmaco agisce su tutti gli outcome renali: riduce

il rischio di insorgenza e rallenta la progressione del-

la MRC nel diabete preservando il filtrato glomerulare,

riduce lo sviluppo di albuminuria, rallenta il raddoppio

della creatinina sierica, la necessità di ricorso al trat-

tamento dialitico e riduce la morte per cause renali 

19

.

Inoltre, nello studio EMPA-REG OUTCOME a partire

dalla 12ma settimana di trattamento con empaglifozin

in aggiunta alla terapia con ACE inibitori, si è verificata

una riduzione significativa dell’ACR che persisteva per

almeno 3 anni indipendentemente dai livelli basali di

albuminuria, ed era indipendente dal controllo glicemi-

co rispetto al gruppo trattato con placebo. Non è stata

(9)

hanno evidenziato come il trattamento con il farmaco era associato a una riduzione dell’ACR del 45% rispetto al placebo già alla 4 settimana di terapia. Tale riduzio- ne raggiungeva il 33% rispetto al gruppo trattato con placebo dopo 12 settimane di trattamento. La riduzione dell’albuminuria nei soggetti in trattamento con dapagli- flozin era documentata anche dopo correzione per fat- tori confondenti come riduzione dell’emoglobina glicosi- lata, della glicemia a digiuno, della pressione sistolica e del peso corporeo, a indicare che l’effetto positivo sulla riduzione sull’albuminuria fosse indipendente dall’azio- ne ipoglicemizzante 

25

.

Dati rilevanti sono attesi dallo studio Multicenter Trial to Evaluate the Effect of Dapagliflozin on the Incidence of Cardiovascular Events (DECLARE-TIMI58), in cui uno degli outcome secondari è un endpoint composito rena- le costituito da: GFR < 60 ml/min/1,73m

2

, ESRD o morte per cause renali o CV.

In conclusione, dati renali più solidi al momento dispo- nibili sono quelli forniti dallo studio EMPA-REG OUTCO- ME, dove gli outcome renali sono stati oggetto di analisi post-hoc.

Conclusioni e prospettive

Il diabete mellito è una malattia cronica complessa e multidisciplinare, sono quindi indispensabili interventi sia sui livelli glicemici che sui fattori di rischio CV, al fine di prevenire le complicanze e ridurre la mortalità.

L’introduzione dei nuovi farmaci antidiabetici quali le incretine e gli inibitori di SGLT2 ha modificato in modo radicale l’approccio terapeutico, secondo il principio di “patient centered medicine” proposto dall’American Diabetes Association.

Tra i nuovi farmaci disponibili nella pratica clinica em- pagliflozin, canagliflozin e liraglutide oltre a effetti ipo- glicemizzanti, hanno dimostrato rilevanti benefici renali.

Nei pazienti diabetici con pregresso evento CV tali nuo- vi farmaci dovrebbero essere parte della terapia, anche per i loro effetti di protezione renale.

Verosimilmente l’effetto nefroprotettivo riguarda l’intera classe delle gliflozine, mentre quello di liraglutide anche altri agonisti del GLP-1R, tali ipotesi devono ancora es- sere verificate con studi clinici di outcome renale attual- mente in corso.

La terapia con inibitori di SGTL2 e agonisti del GLP-1R in aggiunta ad altri farmaci ipoglicemizzanti consen- tirebbe inoltre di ridurre la spesa sanitaria legata agli eventi CV e renali del DMT2, a fronte di un rischio di ipo- glicemia molto basso o nullo.

È auspicabile che la terapia del DMT2 venga rivoluzio- nata attraverso la sostituzione dei farmaci ipoglicemiz- (CANVAS) Program comprende due trial (CANVAS E

CANVAS-R) condotti su 10.141 pazienti con precedenti eventi CV o con fattori di rischio CV, disegnati per va- lutare l’efficacia e la sicurezza CV di canagliflozin. Nel- lo studio CANVAS l’aggiunta di canaglifozin alla dose di 100 o 300 mg/die invece che di placebo alla terapia standard, era associata a una riduzione di morte CV, in- farto e ictus non fatale e di ospedalizzazione per scom- penso cardiaco. Purtroppo il trattamento con canaglifo- zin era associato a un aumentato rischio di amputazione delle dita degli arti inferiori. Sebbene canagliflozin non abbia determinato nello studio CANVAS una riduzione statisticamente significativa degli eventi renali, i risultati hanno mostrato un possibile beneficio sulla progressio- ne dell’albuminuria 

22

.

CANVAS-Renal (CANVAS-R) è stato disegnato come un secondo studio CANVAS, non solo per stabilire la sicurezza CV, ma anche gli effetti sulla progressione dell’albuminuria. I pazienti hanno ricevuto in manie- ra random una volta al giorno canagliflozin 100  mg (con opzionale aumento fino a 300  mg) o placebo, per un periodo medio di follow-up di 2,5 anni. Il suo scopo principale era valutare se gli effetti favorevo- li dell’inibizione del SGLT2 sulla glicemia, sulla pres- sione arteriosa e sul peso corporeo si associavano a una protezione verso outcome renali avversi. L’outco- me primario era la progressione della malattia renale, definito come un cambiamento della classe dell’albu- minuria. La progressione dell’albuminuria risultava ri- dotta in maniera statisticamente significativa con ca- nagliflozin rispetto al placebo, nello stesso modo la regressione dell’albuminuria era maggiore nel gruppo di trattamento con canagliflozin 

23

. Infine, evidenze de- finitive sugli effetti di canagliflozin sugli outcome renali saranno verosimilmente fornite dallo studio Canagliflo- zin and Renal Endpoints in Diabetes with Established Nephropathy Clinical Evaluation trial (CREDENCE), tutt’ora in corso.

Dekkers et al. hanno incluso in un’analisi post-hoc di 11 trial clinici di fase III 3220 pazienti affetti da DMT2 e MRC stadi 3 e 4, con GFR tra 15 e 45 ml/min/1,73 m

2

per valutare l’efficacia e la sicurezza del dapagliflozin in questa classe di pazienti. Il trattamento con il farmaco ha determinato un lieve declino del GFR nella prima set- timana di trattamento, con successivo ritorno al valore di partenza. È ipotizzabile che questo fenomeno sia do- vuto a cambiamenti nell’emodinamica renale avendo il dapagliflozin un lieve effetto diuretico a livello del tubulo contorto prossimale 

24

.

Heerspink HJL et al. in un’analisi post-hoc di studi con-

dotti con dapagliflozin in confronto a placebo in pazienti

diabetici in trattamento stabile con bloccanti del RAAS,

(10)

base di incretine sembrano essere di minore entità di quelli ottenuti con gli SGLT2 inibitori.

Attualmente questi nuovi farmaci antidiabetici sono im- piegati in un numero ridotto di pazienti, può essere ipo- tizzato che il loro maggior costo potrebbe essere bi- lanciato dal risparmio legato alla minore incidenza di ipoglicemie ed eventi CV e renali.

In conclusione, i trial clinici attualmente in corso daranno ulteriori informazioni sul potenziale impatto delle nuove terapie ipoglicemizzanti nei pazienti affetti da ND e MRC in stadio avanzato. Infine, studi di intervento condotti in futuro potranno indagare se una terapia di associazio- ne con queste due classi di farmaci possieda maggiori effetti benefici sugli outcome CV e renali rispetto a una sola classe, o a un regime di trattamento intensivo con altri farmaci ipoglicemizzanti.

Conflitto di Interessi

Nessuno.

zanti tradizionali con questi nuovi farmaci che hanno di- mostrato una riduzione della mortalità, soprattutto nei pazienti con malattia CV.

Il calo ponderale e la riduzione della PA potrebbe- ro spiegare i modesti benefici renali della terapia con agonisti del GLP-1R e, con minore entità, degli inibitori dell’enzima DPP-4.

La terapia di combinazione con incretine e inibitori di SGLT2 potrebbe avere effetti benefici sul controllo gli- cemico e sui fattori di rischio per la ND ben superiori ri- spetto a una sola delle due classi di farmaci.

Quanto discusso nella presente rassegna ha l’obiettivo di evidenziare come i più recenti trial di outcome CV ab- biano permesso di ampliare le conoscenze anche sugli effetti di protezione renale indotti dai più moderni farma- ci ipoglicemizzanti.

I risultati dei trial di outcome CV indicano che gli agonisti del GLP-1R, e in misura minore gli inibitori della DPP-4 migliorano solo modestamente l’albuminuria nel DMT2, con un meccanismo probabilmente indipendente da quello ipoglicemizzante. I benefici renali delle terapie a

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