Intertestualità dell’Hymn Ap.
P. Oxy 841, Oxy 2240 + 2442, Oxy 1792, Louvre E 7734 + 7733).
2.2 ἑ]κατηβελέταο ἂνακτος: Apollo in P Lit.Goodspeed 2.
Le occorrenze del nome di Apollo nei papiri d’epoca pretolemaica e tolemaica possono dividersi in due grandi classi: la prima, in cui rientrano gli usi letterari, variati nella forma e nel contenuto, delle vicende del dio; la seconda, formata invece dalle epiclesi di Apollo in preghiere e invocazioni che differiscono dai modelli del V sec. nell’impiego dei moduli espressivi.
La classe a costituire oggetto della nostra riflessione sarà quella dei riusi letterari, essendo l’altra delle epiclesi difficile da praticare in questa sede per i molteplici problemi legati alla trasformazione della figura d’Apollo nella religione greca del tardoellenismo.31 Mi limito semplicemente a ricordare, tra i papiri della seconda classe, gli esempi particolari di PMG III (trasmesso da P. Louvre 2396) e PMG VI (P. Par.
Bibl. Nat. Suppl. gr. no. 574).32 In quest’ultimo è riportato ad esempio un inno rivolto ad Apollo-Helios e a Selene al fine di ottenere una rivelazione in sogno:33 il contatto col dio è ricercato attraverso un’invocazione in forma espansa, in cui l’epiclesi, in un
27 Sappiamo che Callimaco parlò dell’opera di Antimaco come di un καὶ παχὺ γράμμα καὶ οὐ τορόν (fr.
398 Pfeiffer = 715 A Matthews = 19 Wyss). Sul rapporto Antimaco e Callimaco, Krevans 1993, pp. 150- 3. Per Callimaco nel De Pietate, si pensi anche al P. Herc. 243 (p. 101 Schober).
28 Serrao 1979, pp. 91-98.
29 Dubbi sull’esistenza di una Artemis di Antimaco in Carrara 1986, pp. 213-6.
30 Un secondo tema da approfondire è a mio avviso la nascita e la morte di Dioniso in Euforione di
Calcide alla luce di P. Herc. 247 III ( = Orph. fr. 59, I, PEG II). Cfr. [Orph.] frr. 89, 280-83, PEG II; [Oph.], fr.. 301-17, PEG II; [Orph.], frr. 321-22, 327 PEG II. Sulle implicazioni orfiche della morte di Dioniso, si veda Detienne 1979, pp. 68-94. Cfr. West 1983, pp. 140-75.
31 Cfr. Micheli 1995, p. 5; Monbrun 2007, p. 185. Per la henosis tra le figure d’Apollo, Dioniso e Pan,
Gordano 2011, con i riferimenti a Massa 2007 e Maas – MacIntosh Snyder 1989, p. 69.
32
Per l’edizione dei papiri greci così citati, v. Turner 1980, pp. 154-77. Per i papiri demotici (PDM), vd. Johnson 1975, pp. 29-64; Johnson 1977 (Suppl.), pp. 55-102.
33 PMG VI, vv. 6-7 = Hymn. 13. 12. Cfr Preisendanz, II, p. 248; von Sybl [in Roscher, 1884-1886], pp.
954-55 s.v. Daphne. Per l’inno magico a Selene – Hecate – Artemis (PMG IV 2714 – 83), si veda Faraone 1997.
34
contesto di pratica di magia simpatetica (oneiromanzia, in questo caso),34 è piegata retoricamente all’ottenimento del favore del dio (ἀεροδρόμε Πύθιε Παιὰν Κολοφώνιε Φοῖβε, Παρνήσσιε Φῖβε, Καστάλιε Φοῖβε, ὑμνήσω Μέντορι Φοίβῳ, σε καλῶ, Κλάριε Ἄπολλον, Καστάλιε, Πύθιε, Μουσῶν Ἄπολλον).35
Oltre a contenere un andamento erratico dell’invocazione (ancora più caratteristico in PMG III, vv. 256-62), PMG VI testimonia la sovrapposizione della figura d’Apollo con quella d’Helios. Proprio questa particolare dinamica invocativa e la qualificazione solare del dio rendono i qurantasette versi di PMG VI importanti ai fini della nostra indagine, in quanto le stesse caratteristiche ricorreraranno in forma simile nelle pratiche invocative degli inni orfici (cfr. infra, cap. 4).
La presenza di Apollo nei papiri magici non sorprende come nel papiro di Chicago, grande rappresentante della prima classe e che sarà, a partire d’ora, il nostro oggetto d’analisi.
Facendo una rassegna dei papiri che conservano inni o antologie di inni, si noterebbe innanzitutto che Apollo è pressoché assente come destinatario della preghiera: incontriamo spesso i nomi di Afrodite (P. Köln VI 242;36 P. Berol. inv. 21160, in cui compare insieme ad Anubi), di Cibele (PSI I, Bartoletto 1965, pp. 9-15), di Hellos (O. Edfu III 326), di Poseidone (P. Köln I.6, che doveva in realtà contenere un inno a tutti gli dèi), di Irene (Pap. Fiorentino dell’Istituto Vitelli, inv. 2409), di Hermes e Antinoo (P. Oxy. 6 3537), ma quasi mai quello d’Apollo.
Nella raccolta Powell, inoltre, la presenza del dio sembra essere alquanto evanescente, ricordata a margine, ad esempio, nel peana a Dioniso (Phil. Sc. 62). La presenza d’Apollo in quest’ultimo componimento non mi sembra tuttavia da sottovalutare, rappresentando in qualche modo un antecedente dell’inno del papiro di Chicago quando si legge inaspettatamente al v. 24 πολυσταφύλ’ὦ Διόνυσε.37
A ragione, dunque, il P. Lit. Goodspeed 2 (ora conservato a Chicago e appartenente alla collezione di Edgard Goodspeed) può dirsi un unicum nel repertorio dei papiri letterari contenenti inni o antologie di inni.38 Oltre ad essere uno dei pochi
34
Fondamentale lo studio di Eitrem 1991.
35 Cfr. PMG I, 310; Oracl. Siyl. III 1 (Geffcken). Per Apollo come il più invocato nei papiri come divinità
mantica, Suárez de la Torre 2009, p. 21. Per l’invocazione apollinea alla base dei riti di magia simpatetica, Faraone 2004, pp. 315-25, 341-2.
36
P. Köln VI 242, inv. 20270 – 4. LDAB 6860; Maresch 1991, 26-51; Kannicht – Snell, TrGrF 1. 646.
37
Il nome d’Apollo compare ancora in Powell in Sim. 2; Is. 19; Euph. 95, 102; Phoen. 2.2; Arist. 1.5, 2.7; Pac. Erythr. Ap. init., 2, 9, 16; Alex. Aet. 13; Hermes, 7. 89; Pac. Sel. I, Phil. Sc., 62, fr. 4; Hymn. Dact. Id. 10.
38
GDRK I2; LIX 179-199; Preisendanz PMG 1-2 (Pack 1065, 1863), 7 (Pack 1965, 1967). Si ricorda anche il papiro di Parigi (P. Paris. Bibl. Nat., Suppl. Gr. 574). Per gli inni cristiani, si veda Grassien 2005.
35
testimoni di raccolte innografiche, esso è in più l’unico a restituire un inno ad Apollo, divinità a cui raramente si fa riferimeto negli inni (pre)tolemaici.
Non considero rilevante ai fini della nostra indagine il P. Lond. III 970, che trasmette delle informazioni a mio parere non sufficientemente coerenti e numerose sulla figura di Apollo. Esso è testimone infatti di un componimento che con difficoltà definirei inno e, consultandone l’edizione Kenyon 1907, mi è parso di leggervi il nome d’Apollo una sola volta insieme a quello di Galatea (ragione per cui alcuni lo hanno interpretato come un epyllion incastonato all’interno di un inno andato perduto).39
D’altre premesse è invece il papiro di Chicago.
Dei versi trascritti nel verso di questo rotolo vergato tra II e III d.C., ciò che a noi interessa è il carme teogonico che occupa la sesta e la settima delle dodici colonne rimaste, quelle cioè dell’inno a Apollo e Zeus.40
Composto con molta probabilità in epoca ellenistica o (pre)tolemaica, a giudicare dalla tecnica di versificazione e dal contenuto, ne riporto il testo seguendo la recente edizione di Meliadò:
(col. vi Powell = fr. b col. I Meliadò):41
]πολὺν ἠέρα καὶ χθόνα δῖαν ] καὶ σύσπορα τερπνὰ τὰ γαίης ] γὰρ ὁμοῦ χλοεροῖς σπορίμοισιν ] δροσερῶν ἀνέμοιο λαβόντα ]ι καιροῖς ἰδίοισι δοθέντων 5 ] μέγαν οὐρανὸν ὀλβίοτα Ζεῦ ].ο Κρονίονος ἀγκυλομήτου ]..(.)εοι δέ τ’ἒχοι πρὸς Ὂλυμπον ] α κεραυνοβίην γόνον ὠκύν ]ραν ἱερᾶς χθονὸς ἡμετέρηισιν 10 ]ν Ἄστερον ἡγεμονῆα ]καὶ ἀριστέας ἧις παλάμηισιν ]κρατερῶτατα φῦλα γιγάντων ]ν γένος ἂγριον ἀνδρῶν ] . . [ . . ] . . [ . . ]..παλων κατὰ κῦμα θαλάττης 15 ] . . . [ . ] ε [. . . ]τον ἐπὶ χθονὶ ‹καὶ› κατὰ πόντον
39 Körte 1932, p. 30: forse un epitalamio? 40
Nelle colonne I-V, forse anche nell’XI, è conservato un inno a Afrodite, con riferimento ad Arsinoe παλαιγενὲς οὒνομα (II 5); nella col. X un inno a Dioniso, Ecate, Artemide, Isis. Per l’Epyllion
Andromedae (col. VIII – IX), si veda Powell 1918, p. 127.
41 Meliadò 2004 - 2008. P. Chic. 2 (inv. 1061, LDAB 5005 / MP 3 1620). Cfr. Powell 1918, pp. 82-89;
Cameron 1995, p. 271 n. 47; Barbantani 2004. Per la storia controversa del ritrovamento, Barbantani 2008, pp. 1-2.
36 ]ασεινα . [. ἑ]κατηβελέταο ἂνακτος ] ν ἠύκομος τέκε Λητώ ]κορυφᾶς λασιώτιδος ὓλης ].α βροτοῖς καὶ σεμνὸ[ν] ἀρωγό[ν 20 ] . . ν[.]μοιο προπέμπων μαντικὸν ἠδέ σε [δ]αίμον ] . . τον κλαδόνα σφιν ἐλαίας ]οντο πολυσταφύλ’ὦ Διόνυσε ] ἐπ’ἀγνώστοις ἐπιλοιβαίς 25 ] μαντικὸν οἱδὲ καλοῦντες42
Come osservato da Powell, dunque, questa parte di testo sarebbe ciò che rimane di un inno a Apollo in cui i vv. 1-5 sarebbero riferiti all’Egitto e i 9-13 alla ritirata dei Galati dall’invasione del santuario delfico:43
interpretazione che non trova conferma nel testo, ma che continua ad essere oggi riproposta dagli studiosi.44
Quello che più colpisce di questa testimonianza sta non nel contenuto, bensì nella forma. Discutendo la ipotetica performatività di questi inni e la loro eventuale esecuzione in contesti iniziatico-misterici - come sembrano d’altronde far pensare i riferimenti a Artemide dal triplice aspetto, ad Apollo profeta e ai suoi mystai (col. X 2, 6, 8, 13) – si è notato che un gruppo di particolarità ortografiche non condivise con la restante produzione su papiro sarebbe indizio di una fruizione orale del testo.45
Vorrei tuttavia far notare dei dati di contenuto che distinguono l’Inno da quelli presi sino ad ora in considerazione. La sesta colonna presenta infatti degli elementi che meritano di essere considerati, primo fra tutti il ritardo con cui compare il nome d’Apollo rispetto alle gesta di Eracle. Esse sembrano più della figura del dio significative per la definizione di una cornice di riferimento per l’uditorio: prima di incontrare Apollo, si deve prima passare per i vv. 9- 14, in cui si ricordano Asteros (Ἄστερον ἡγεμονῆα, uno dei Meropi contro cui si batté Eracle e la cui sconfitta è
42 1 Il., 24 532: ἐπὶ χθόνα δῖαν ἐλαύνει. 6 Il., 61 497: ἠερίη δἀνέβη μέγαν οῦρανὸν Οὒλμπόν τε
15 Il., 1 496 ἀλλ᾽ ἥ γ᾽ἀνεδύσετο κῦμα θαλάσσης 18 Ιl., 1 75 μῆνιν Ἀπόλλωνος ἑκατηβελέταο ἄνακτος 19 Il., 1 36 Ἀπόλλωνι ἄνακτι, τὸν ἠΰκομος τέκε Λητώ 25 Nonn., D. 20 122: σύνδρομος ἡνιόχευε φιλοσταφύλωι Διονύσωι.
43 I θεοὶ ἂγνωστοι del v. 26 sono da connettere alle realtà indagate da Norden 1913. 44 Meliadò 2004, p. 111 (cfr. Powell 1918, p. 126).
45 Cfr. Barbantani 2008, sul doppio iota (ἱεραᾶς, VI 10; cfr. Buck 1955, p. 52) e il doppio sigma nei
gruppi σπ- / στ- (σύσσπορα, VI 2; ἀρισστέας, VI 12; πολυσσταφύλ[, VI 25; ἀγνώσστοις, VI 26) come spie di una revisione finalizzata all’esecuzione pubblica del testo. L’inserzione di consonante prima di un attacco con aspirata, κχ (ἐπὶ΄κχθονί, VI 16) viene spiegata come tentativo, a fini soprattuto prosodici e performativi, di creare lo stacco nella sillabazione e renderlo più marcato all’orecchio di chi ascoltava. Per l’uso anomalo del sigma, Gignac 1976, p. 459; Buck 1955, p. 89; Devine – Stephens 1994, pp. 38-9. Per il kappa prima di un’aspirata, Schwyzer 1939, p. 207; Gignac 1976, pp. 154-62.
37
riechieggiata al κεραυνοβίην γόνον ὠκύν de v. 9)46 e la vittoria di Eracle contro i Giganti e i Meropi, se si accetta come qui l’integrazione al v. 14 di Μερόπω]ν γένος ἂγριον ἀνδρῶν.47
In questa che sembra essere la narrazione di una spedizione civilizzatrice dell’eroe, che ha portato alla moderna definizione per i vv. 1-26 di carme
cosmogonico – e che ritroviamo anche in P. Oxy. 2442 fr. 1 insieme ad una profezia
d’Apollo elogiativa della politica del Filadelfo48
- compare il dio, ἑ]κατηβελέταο ἂνακτος, al v. 17. Il suo luogo di nascita è reso al v. 19 con le parole κορυφαῖς λασιώτιδος ὓλης, con probabile riferimento al monte Cinto, come sembra d’altronde confermare il ramo d’olivo menzionato subito dopo (κλαδόνα … ἐλαίας).49
Se si confrontasse questo inno con quello, meglio conservato, ad Afrodite/Arsinoe (il primo della raccolta, col. I-IV), si noterebbero delle differenze.
Per ragioni di evidente disparità nella quantità di materiale conservato, è difficile innanzitutto rintracciare le particolarità dell’inno-encomio (categoria in cui sembrano rientrare tutti i componimento dell’antologia): menzione del dio tra i mortali (]μονα πᾶσι βροτ[οῖ]ς II 4, II 9); le invocazioni (II 5, III 5, IV 4); la forte ricorrenza di σεμνός, come in II 1, 2, III 15, IV 9; l’uso della prima persona, come in μῦθον μὲν τοῦτον παρελώμεθα, IV 8.50
Sappiamo però che il primo inno del papiro di Chicago doveva essere stato composto per la celebrazione dell’antico nomo d’Arsinoe (Ἀρσινόα Πτολεμα[ί], II 5, chiave interpretativa dell’intero inno) attraverso il culto di Afrodite (Iris/Arsinoe, per l’appunto), all’occorrenza potente strumento di propaganda per assicurare e pubblicizzare la continuità dinastica entro l’orbe tolemaico.51
Presentare la dea come patrona dell’amore coniugale, accompagnata per questo da Eroti, e signora del mare
46
Così è anche nella Meropis, di cui P.Köln III 126, attribuibile al Peri Theon di Apollodoro (ora SH 903 A). Si veda Führer 1977, p. 42; Lloyd-Jones 1984, pp. 141-150; Breglia Pulci Doria 1996, pp. 385-98. Testi chiave per la vittoria di Eracle sono Od., 11 617-26; Hes., frr. 25. 24-33, 33. 24 M. – W.; Eur., Herc.
fur. 1250; Call., Aet. fr. 23 19-20 Pf; Nonn., D. 25. 197. 47
Non è tuttavia da escludere la sovrapposizione tra i Giganti e i Meropi (Philostr., Her. 8.14). L’impresa d’Eracle contro i Meropi è parafrasata in Quint. 8.6.71; Strab. 7, fr. 58.
48 [POxy] 2442 in Lobel 1961. Tolomeo I è θεὸν σωτῆρ[α] in Milet. I 3. 139 (cca. 262 a.C.). Cfr. Paus.,
1.6.2.
49
Lycurg., fr. 82 Blass; Plut., Thes. 18, 22; Eur., IT 1098 – 1100. Cfr. Bernardini 2009; Hardie 2000.
50
Per l’inno-encomio per fondazioni o celebrazioni di città, si veda Hunter 2003, pp. 8-24.
51 Per un’altra dedica locale a Arsinoe-Iris-Serapis, OGIS 415, 16. Per l’assimilazione d’Arsinoe a
Afrodite, si veda Pirenne-Delforge 1994, pp. 430 e ss. Per la variante del culto cipriota d’Arsinoe, Anastassiades 1998, pp. 129-40; Barbantani 2003, pp. 143-47. Per l’aspetto nuziale dell’inno, Goodspeed 1903, p. 239; Weber 1993, pp. 260-61.
38
associata ai Dioscuri doveva rispecchiare perfettamente le tendenze della propaganda lagide tra III e II a.C.52
L’obiettivo per il quale era stato composto l’inno ad Apollo non doveva essere differente, se si considera che l’episodio di Eracle rimanda – come spesso accade per l’eroe nella tradizione - alla sfera civilizzatrice e di ordinamento quasi cosmogonico.53
Su quest’ultimo punto tornerò più avanti, quando un’immagine trasmessa da P. Oxy. 2442 solleverà problemi interpretativi inscindibili da un nuovo contesto di
performance.
Ultimo punto su cui vorrei soffermarmi, per quanto riguarda il P. Lit.
Goodspeed, è il sottile gioco di richiami espressivi tra la sua sesta colonna e a) il
primo dell’Iliade, col quale condivide un numero considerevole di formule; b) l’inno omerico a Dioniso (XXVI), di cui al fr. b 125 viene ripreso l’intero emistichio πολυσταφύλ’ὦ Διόνυσε, 24;54
c) l’Hymn. Ap., la cui panegyris dal v. 146 è ripresa in termini analoghi nel fr. I 1-8. Si può riscontrare soprattutto ai vv. 18-19 di fr. 6 col. I un impiego atipico di nessi formulari che, per quanto presenti più volte in epica, non ricorrono mai in posizioni così ravvicinate. Mi sembra, infatti, che espressoni similari si trovino, in versi contigui, solo ai vv. 177-9 dell’Hymn. Ap. (αὐτὰρ ἐγὼν οὐ λήξω ἑκηβόλον Ἀπόλλωνα / ὑμνέων ἀργυρότοξον ὃν ἠΰκομος τέκε Λητώ), che sono qui riplasmati con una evidente stilizzazione dell’epiclesi d’Apollo.