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Classificazione del vocabolario dell’Hymn Ap.: criteri e finalità.

Poligenesi e forma dell’Hymn Ap.

6. Vocabolario dell’Hymn Ap.

6.1 Classificazione del vocabolario dell’Hymn Ap.: criteri e finalità.

Sulla base della condivisione o meno delle forme lessicali con Omero e Esiodo, il vocabolario dell’Hymn. Ap. è stato analizzato mediante una ripartizione in nove categorie.

C’è da dire che la ripartizione del materiale è stata effettuata considerando le voci nella esatta forma in cui esse sono attestate nell’Hymn. Ap. Alcuni elementi sono quindi riportati declinati o coniugati nel caso in cui una forma specifica (ad esempio un participio o il presente indicativo di un verbo) sia l’elemento tipico presente dell’Inno. Per la variazione delle stesse voci in genere, numero e caso, rimando al capitolo successivo dedicato ai nessi formulari dell’Hymn. Ap., visti nel loro formarsi e trasformarsi tra giustapposizione e combinazione di elementi.

Viene qui a porsi una questione di metodo: perché scegliere di ripartire il lessico dell’Hymn. Ap. secondo la forma specifica del termine e non piuttosto per lemmi o campi semantici? Credo che queste due ultime scelte avrebbero senz’altro conferito al capitolo un impianto molto meno analitico e statico. Ritengo d’altra parte che riordinare secondo criteri specifici le forme impiegate dal poeta costituisca un doveroso punto di partenza per permettere ricerche più avanzate (uno studio del verbo nell’Hymn. Ap. per radici e campi semantici, ad esempio, non potrebbe prescindere dai dati di frequenza di una determinata forma rispetto ad un’altra). Registrare gli elementi nell’esatta forma in cui essi sono presenti nell’Hymn. Ap. potrebbe d’altronde risultare utile laddove di alcune voci se ne conosce un uso parziale e limitato solo ad alcuni casi: ἀπορνύμενος del v. 29 è un esempio di parola che nella sua esatta forma l’Hymn. Ap. non condivide con la restante produzione esametrica arcaica; si è però a conoscenza di ἀπορνύμενον (Il., V 105), di ὀρνυμένη (Od., XII 183), e ἀπορνυμέναι (Th., 9).

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Ho ritenuto opportuno non includere nell’elenco quei termini spesso impiegati in Omero e in Esiodo (es. ἀθάνατος, βροτός, θεός) se non nelle forme in cui è possibile incontrare il tratto ionico del ν efelcistico, più frequente negli Inni che nell’Iliade.336 Accogliere questo criterio ha permesso di notare un dato interessante: l’indifferenza dell’uso prosodico del ni efelcistico in nessi formulari, condotta che in forma significativa l’Hymn. Ap. condivide con i Cypria. Dal momento che la maggioranza dei casi di ni è al di fuori delle formule e o dei confini formulari, si potrebbe forse pensare che questo tratto facesse parte della lingua dell’esecutore, il quale ne fa un uso discretamente frequente dimostrando continuità evolutiva con la dizione omerica. 337 Per quanto discutibile come criterio se non considerato in senso diacronico (fondamentali sono in merito le osservazioni dello Chantraine),338 questo pretesto linguistico ha se non altro contribuito a presentare i Cypria come un nuovo termine di paragone per l’analisi della stratificazione interna dell’Hymn. Ap.339

La classificazione del materiale si differenzia in quattro diversi momenti, così come quattro sono le parti con cui dall’inizio ho proposto di leggere il nostro Inno (Hymn. ApD. 1-146; pericope delia dei vv. 147 – 178; Hymn. ApP. 179 – 513; appendice pitica dei vv. 514-546, composta a sua volta da un peana e da un oracolo rielaborati in forma narrativa).340 Ho ritenuto opportuno escludere temporamente dall’analisi i toponimi e l’onomastica delle sezioni catalogiche, intendendo per sezioni catalogiche sia quelle maggiori relative alla geografia dei percorsi di Leto e Apollo, sia quelle (minori in estensione e per significato) comprendenti i nomi delle divinità coinvolte nella nascita del dio. Queste stesse forme saranno debitamente considerate nel capitolo relativo alla cronologia e alla topografia dell’Hymn. Ap. Un discorso a parte meriterebbe il nome di Zeus, che varie volte si incontra nel corso della lettura.

336

Janko 1982, pp. 64-9, soprattutto p. 68.

337 Janko 1982, p. 66 dà una frequenza di circa il 35% per l’uso del ni davanti a consonante in Omero.

Interessante è il caso dei Cypria, che egli considera di genesi eolica. La percentuale è a mio avviso variamente interpretabile, dato che si tratta di un fenomeno sia ionico, sia in parte eolico. Si è preferito qui considerare il dato in senso diacronico.

338 Chantraine 1948, p. 161 n. 1 dice chiaramente: “Il n’y a lieu de voir dans le formes sans allongement

ni des éolismes comme on l’a pensé, ni des atticismes [...] ni le traitement normal en ionien [...] mais une possibilité phonétique qui existait en ionien et dont les aèdes ont tiré parti suivant les besoins de la métrique ”, p. 162: “L’existence de doublets, voyelle longue ou diphtongue/voyelle brève, est bien établie. Il est possible que les formes avec allongement se trouvent surtout dans les vielles formules qui, à l’origine de la langue épique, ont pu avoir ξένϝος, καλϝός, et que le formes à brève se soient ultérieurement répandues. Mai, nous l’avons dit, les nécessités métriques ont pu jouer un rôle décisif.”

339

Per un’edizione dei Cypria, rimando a Scaife 1995; Burgess 1996; Finkleberg 2000; West 2003. Sulle differenti visioni della multiformità dei Cypria, vd. Finkelberg 2000 e Burgess 2002. Per un’Iliade multiforme, vd. Nagy 1996, pp. 29-112; Nagy 1999 e 2000.

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Tralasciando il nominativo, la declinazione del nome non si dimostra varia, dal momento che si ha solo il tema in δι- ( gen. Διὸς, dat. 9.5 Διὶ), ma non quello in ζην- (dat. Ζηνὶ, acc. Ζῆνα, forma relativamente recente di accusativo, che si trova in due passi omerici: Il., XIV 157 e Od., XXIV 472; in Esiodo: Th., 47, 457, 479, e in Hymn. XXIII 1 [inno omerico a Zeus] con un uso simile al fr. 18.1 dei Cypria).341

Tornando alla ripartizione del vocabolario, nella prima categoria sono confluite le forme condivise dall’Hymn. Ap. con tutti e tre i modelli, mentre nella seconda solo quelle che accomunano l’Inno con Iliade e Odissea. Queste due classi costiuiscono insieme un indicatore della tradizionalità dell’Hymn. Ap. A seguire, tutto il materiale che l’Hymn. Ap. condivide solo con Iliade e Esiodo oppure con Odissea e Esiodo. Ho proceduto considerando separatamente le forme condivise con solo una delle tre fonti, così da evidenziare il grado di parentela dell’Hymn. Ap. con ciascuna di esse. Le ultime due classi – forse le più interessanti per continuare a riflettere sui rapporti genetici dell’Hymn. Ap. – raccolgono da un parte tutte le forme condivise dall’Hymn. Ap. con i restanti inni omerici, dall’altra le forme indipendenti e di cui il nostro inno è, tra tutti i componimenti presi in analisi, l’unico testimone. In tutti e tre i casi, per la scelta dei passi paralleli ho tenuto conto non solo delle affinità di contenuto, ma anche di indicatori formali come il mantenimento della stesse sede metrica al variare degli altri elementi della formula di appartenenza.

Quanto al repertorio condiviso con gli altri Inni, è risultato che la comunanza di forme ed espressioni è maggiore nell’Hymn. Dem. e nell’Hymn. Herm. che non nell’Hymn. Aphr. (118 sono i luoghi paralleli complessivamente condivisi con quest’ultimo inno, a fronte dei 164 dell’Hymn. Dem. e dei 162 dell’Hymn. Herm.). Tra gli inni minori, quello con cui l’Hymn. Ap. condivide un maggior numero di forme – ventisette in tutto - è l’Hymn. Dion., VII; a seguire l’Hymn. Artem., XXVII con venti forme; l’Hymn. Dion., I con diciassette e l’Hymn. Pa., XIX con sedici. Tra gli ultimi incontriamo l’Hymn. Hest.; Sel. XXXII; Diosk., XXXIII.

Quanto invece alle forme nuove dell’Hymn. Ap., esse possono essere ulteriormente suddivise in due classi: la prima comprendente tutte quelle forme uniche

341 Janko 1992 ap. Il., XIII 620-5. Cfr. Parlato 2007a, p. 14 n.3, sullo sviluppo postomerico degli

appellativi di Zeus in Esiodo e nei Cypria: βασιλεύω, ἐμβασιλεύω, βασιληίδα τιμήν, tutti concentrati in

Th., 883-892.

Nelle parti della Teogonia che trattano di regalità divina il termine e i derivati sono usati quasi come termini tecnici. È per la mancanza di questa necessità che secondo Kullmann 1960, p. 49 e ss. in Omero il termine manca. Si potrebbe forse anche pensare che il termine non sia tradizionale e venga usato nella Teogonia per esprimere specifici concetti. Tuttavia vi sono anche attestazioni esterne alla Teogonia (vd. Pavese 1974, p. 154 e ss.).

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da un punto di vista solo grammaticale (es. ἀγινήσουσ’ 57, caso di elisione non altrove presente per questo verbo variamente impiegato altrove) e le vere e proprie innovazioni rispetto al repertorio omerico e esiodeo (es. βαμβαλιαστύν 163). Accanto a queste, saranno segnalati i luoghi non omerici più significativi potenzialmente dipendenti dall’uso dell’Hymn. Ap., mentre accanto alle prime riporterò le voci parallele nel corpus omerico. Dalla classificazione delle forme isolate, è emerso che il loro impiego, per quanto dipendente da esigenze compositive, può rimandare ad una tradizione per certi versi alternativa a quella omerica, come sarà ancora più chiaro nella parte dedicata al sistema formulare.

Interessandoci ora dell’aspetto quantitativo dell’innnovazione nell’Hymn. Ap., credo sia un dato significativo il fatto che nella pericope delia, la più breve delle quattro parti, vi sia un pari numero di forme tradizionali e innovative, indizio forse di una minore dipendenza dall’epos maggiore in una sequenza realmente avulsa dal resto per il fatto di riprodurre un effettivo momento performativo. Già nella parte di inno precedente è possibile notare, del resto, una significativa presenza di forme innovative (novantuno rispetto alle novantatre tradizionali). Nella sezione pitica il rapporto risulta addirittura raddoppiato, dal momento che sono 257 le forme nuove rispetto alle 182 condivise dall’Hymn. Ap. con Iliade, Odissea e Esiodo. Questa che sembra essere una costante del componimento non è riconfermata in quella che, come i dati formali vorrebbero d’altronde far intendere, definirei un’appendice dell’Hymn. Ap. In quest’ultima parte, breve tanto quanto la pericope delia, la proporzione tra tradizionalità e innovazione risulta invertita: trentasette sono le forme condivise rispetto alle diciassette uniche.

Meriterebbero di essere esposti e valutati autonomamente alcuni degli elementi che iper-connotano gli ultimi trenta versi dell’Hymn. Ap. nel senso della tradizione, primi tra tutti quelli prossimi alla sfera della tecnica estemporanea di improvvisazione oracolare (a quella soprattutto del terzo periodo). Per questa ragione farò precedere alle vere e proprie pagine di classificazione un breve paragrafo sulla dizione della scena oracolare, senza dubbio la più importante dell’appendice pitica e che presenta elementi di familiarità con l’Hymn. Herm. La discussione del tema permetterà a sua volta di apportare dei chiarimenti sull’epifania di Apollo, descritta secondo modalità parzialmente ravvisabili anche nell’Hymn. Dion., VII.

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Prima però di passare al prossimo paragrafo, è doveroso esporre in sintesi le conclusioni che possono trarsi da uno studio sulla frequenza del lessico, soprattutto se considerato come elemento interno di datazione dell’Hymn. Ap.

La lingua che si riscontra nell’Hymn. Ap. è quella tradizionale dell'epica, di marca ionica;342 l'evoluzione riscontrata nell’Hymn. Ap. pare procedere lungo un'ideale linea evolutiva Iliade-Odissea-Hymn. Ap., con coerenti riscontri nella poesia del Ciclo (si pensi ai punti di contatto con i Cypria, che verranno di volta in volta segnalati in nota).343

Questi punti di contatto stimolano nuove riflessioni sulla genesi compositiva dell’Hymn. Ap., soprattutto grazie alla logica che lega i frammenti maggiori dei Cypria. Essi rappresentano scene citate dalla tradizione indiretta probabilmente in virtù della loro unità interna, unità che è sicuramente ravvisabile in virtù di criteri compositivi. Si tratta in molti casi di scene in sé concluse e la ricostruzione contestuale indica inoltre che tali scene erano giustapposte in ogni caso ad altri elementi corrispondenti in un contesto più ampio.344 Ciò è provato dalla frequenza del δέ, cheville de raccord per Van Groningen,345 particella che compare nel primo verso dei frr. 5, 9, 15 e 32 (frr. 1.5s., 4.6, 5.4, 9.7, 11, 15.7, 18.1) e a più riprese nell’Hymn. Ap. (vv. 12, 56, 58, 65, 88, 119, 169, 202, 235, 259 etc.).346 In tutti i frammenti citati la scena era probabilmente giustapposta ad altre scene unitarie riguardanti altri personaggi (ad esempio le altre dee presenti al giudizio nel fr. 5, i Dioscuri nel fr. 9, gli altri attori della battaglia nel fr. 15),347 secondo una logica discussa recentemente da Sbardella per l’Hymn. Ap.348

Quanto agli elementi interni di datazione, si potrebbe affermare che, per quanto ai dati e silentio non vada data importanza decisiva, la mancata ricorrenza di elementi innovativi in alcuni campi (come le contrazioni, che invece caratterizzano fortemente

342

Kirk 1985, p. 5 e ss.

343 Rimando per questo a Cassio 2009, p. 180 e ss. Una serie di studi è stata dedicata al riconoscimento

dei valori espressivi di elementi che la tradizione parriana più osservante tendeva invece a ritenere di mero valore riempitivo. Cf. Bremer - De Jong 1987; Tan 2012 (e riferimenti bibliografici).

344

Cfr. Willcock 1997, p. 186, che critica gli apporti della scuola neoanalitica alla lettura dei Cypria, per cui rimando a Kelly 2006. Cfr. Fantuzzi – Hunter 2004, p. 96 per una lettura del Ciclo come funzionale ad Omero.

345 Van Groningen 1960, p. 41 e ss. 346

L'uso del γάρ anche da un punto di vista strettamente compositivo va associato all'uso del δέ come nesso di raccordo: cfr. Van Groningen 1960, p. 42.

347 Su Elena e i Dioscuri nei Cypria, rimando a Eitrem 1902, pp. 31-33; West 1975, pp. 10-11;

Hirschberger 2004, p. 469.

348

Sbardella 2012. Un’utile analisi dei motivi presenti nel Ciclo epico, più in generale, si trova anche in Kullmann 1992, pp. 11-134 e, secondo un’altra prospettiva, in Vielle 1996, pp. 1-70.

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l'attico, la presenza dell'articolo, l'applicazione regolare della sillabazione tautosillabica) possa dire qualcosa a favore dell’antichità dell’Hymn. Ap.349

In realtà, per quanto i fenomeni linguistici antichi possano essere spiegati come semplici arcaismi (si vedrà comunque che il linguaggio tradizionale è distinguibile dalla lingua più precisamente databile in base alla definizione e analisi dei nessi formulari), la possibilità di influsso della tradizione è tale che non si possono usare alcune caratteristiche (le desinenze in –αις, ad esempio) come elementi probanti. Non sarebbe in altre parole corretto ritenere, tenendo conto solo di un campione linguistico come il dativo plurale attico, che l’Hymn. Ap. faccia uso ad esempio delle desinenze attiche. Ci si dovrebbe piuttosto interrogare sul motivo della coesistenza delle uscite, che attesta probabilmente ο una situazione di genuina evoluzione linguistica oppure una parziale atticizzazione del frammento.350 Accanto a ciò, bisogna poi tenere in conto, per valutare oculatamente l'antichità dell’Inno, lo scarto tra un'ideale data di composizione e la fissazione del poema nella forma tràdita sino a Proclo.

Al di là di ciò, nessuno degli elementi sospetti dell’Hymn. Ap. obbliga a una datazione bassa e a una particolare caratterizzazione ambientale, che anche se verosimile rimane tutt’oggi indimostrabile. Gli eolismi presenti nell’Hymn. ApP., ad esempio, non costituiscono in nessun caso qualcosa di particolarmente accentuato rispetto a Omero e mi sembrano prevalentemente impiegati per ragioni metriche.351 Quanto agli elementi continentali, essi proseguono perlopiù la diffusione degli stessi fenomeni nei poemi omerici, tanto che la valutazione linguistica dell’Hymn. Ap., sia nella sua parte delia che nella sua parte pitica, risulta inscindibile dalla questione linguistica omerica (motivo per cui la lingua dell’inno è stata da sempre valutata, come si dirà più avanti, soprattutto in un'ottica di relazione).

349 Per la cronologia dei Cypria, vd. Davies 1989, p. 98, che però opta comunque per una datazione bassa

del poema in generale; allo stesso modo anche West 2013, p. 59 segue idee analitiche suggerendo non solo che il proemio sia un contributo tardo per dare unità ai fatti, ma che il poema contenesse “section fixed at different dates”, ma poi non tiene questo in alcun conto (p. 63 e ss.) nel datare il poema al VI secolo. Per la tesi della posteriorità del fr. 1 vedi anche Sbardella 2012, pp. 146-150. Cfr. Haslam 1997, 80s., citato anche in Finkelberg 2000, p. 4 e ss.

350 Bethe 1966, pp. 342-45, che chiama in causa i culti attici di Nemesi, Temi, Ifigenia, Artemide etc.,

personaggi tutti presenti nella prima parte dei Cypria, prova questa da molti giudicata assai debole. Vedi Debiasi 2004, pp. 113 n. 19 (con riferimenti a Jouan 1966): il rapporto viene capovolto, nel senso che alcuni elementi comuni al poema e ad Atene si devono considerare piuttosto come influssi del poema sulla cultura ateniese che non viceversa. Sui contesti esecutivi (in particolare attici) del ciclo epico vedi Burgess 2004a. Per l’importanza dei Cypria sul teatro attico e sulla cultura attica in generale fondamentale Jouan 1966.

351

Janko 1982, p. 180 per un raffronto con Hymn. Aphr. Cfr. i forti dubbi di Faulkner 2008, p. 41 e ss. a riguardo. Per una visione globale degli eolismi, West 1988, p. 159 e ss.

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