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L’approccio dinamico di Hoekstra 1969.

Poligenesi e forma dell’Hymn Ap.

6. Vocabolario dell’Hymn Ap.

7.2 Linee generali della storia degli studi sulla formularità dell’Hymn Ap: da Zumbach 1955 a a Sbardella 2012.

7.2.1 L’approccio dinamico di Hoekstra 1969.

Per quanto riguarda Hoesktra, sarebbe interessante ripartire dalla sua rassegna per meglio comprendere lo statuto delle formule non omeriche e il variare delle stesse rispetto all’originale epico tramite i fenomeni di declinazione, movimento all’interno

453

Lesky 1966, p. 84.

454

Vd. Edwards 1971, p. 201 per delle critiche alla teoria di Notopoulos alla scuola rapsodica continentale precedenti alla ripresa della stessa in Pavese. Cfr. Hoekstra 1965, p. 25 e ss.

455

Pavese 1972 e 1974.

456

Come già in Fick 1887.

457 Già in Hoekstra 1965. 458

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del verso, separazione, inversione, giustapposizione di membri autonomi. Casi di variazione formulare sono stati discussi anche da Di Benedetto, che, distinguendo tra formularità esterna e formularità interna, enumera i casi di modifica della formula originaria (per parziale sostituzione o per ampliamento tramite enjambement, per riuso con rovesciamento di funzione o con discussione) in direzione di una dizione non formulare e appropriata al contesto.459In tal senso, l’importanza dei fenomeni linguistici diventa per sé secondaria rispetto al loro impiego finalizzato all’innovazione formulare. La rassegna formulare che sarà oggetto del prossimo paragrafo muove esattamente da questo intento. Il valutare i rapporti del dettato dell’Hymn. Ap. con lo stile formulare omerico e non omerico potrà indicare se si possa, astraendo dai dati, individuare delle costanti e fare riferimento non più su singole (e ipoteticamente emblematiche) somiglianze, ma sullo stesso carattere tipologico dell'intero sistema formulare.

Per una lettura diacronica di un campione limitato di formule, è prima necessario ripartire dall’insieme dei nessi dell’Hymn. Ap considerati tradizionalmente non omerici o variati. I dati di seguito presentati sono dunque di carattere eminentemente descrittivo. 1. Per la declinazione di una formula omerica, segnalo Ἀπόλλωνά τ’ἂνακτα al v. 15,

che confronta Ἀπόλλωνι ἀνάκτι a Il., I 36 e Th. 347, con insensibilità per il suono del digamma e anzi il τε anti – iato. Per quanto riguarda il trattamento del digamma, un caso emblematico è la formula πρῶτον ἴδῃ φάος ἠελίοιο, che è anche in Aphr. 256, basata sull’omerico ὁρᾷ φάος ἠελίοιο (due volte nell’Il., tre nell’Od.).

Anche il v. 163 non è da meno, per la presenza concomitante del ni-mobile prosodico (cfr. l’elisione in μέγ’ἀνάσσεις al v. 181, che richiama il πᾶσι θνητοῖσι ἀνάσεις del v. 29) 460

mantenuto nella espressione emendata da Barnes partendo dalla lezione dei manoscritti μιμεῖσθαι ἲσασιν.461

Nello stesso verso abbiamo Ἂρτεμιν ἰοχέαιραν, che compare in Omero per otto volte solo al nominativo, mentre la forma all’accusativo si ritrova anche in Hymn.

Ap. 159 e in Th. 14 e 918; al v. 52 ricorre πίονα νήον, presente al dativo in Il., II

549, mentre ai vv. 95, 105 abbiamo una resa al genitivo della formula λευκώλενος Ἣρη, ricorrente per ventidue volte in Il. con un caso significativo all’accusativo in

459

Di Benedetto 1994, p. 115. Per la definzione di formularità esterna e formularità interna, a seconda delle quali la ripetizione di una formula avviene per il riuso di un modello espressivo preesistente oppure in funzione dei criteri espressivi propri del poeta, Id., pp. 108-109.

460

Cfr. Il. X 32 e Th. 403.

461

Cfr. Hoekstra 1969, p. 24 e ss. Càssola 1975 a.l. difende la versione dei manoscritti. Janko 1982, p. 105, osserva che oltre a Theogn. 370 questa è la prima occorrenza della radice μιμ- prima di Pindaro e Eschilo.

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Il., XX 112 (come anche in Hymn. Hom. I 27; Hymn. Herm. 8; Hymn. Hom. XVIII

8) e al dativo a Il., I 572. Ἣρη φραδμοσύνης λευκωλένου all’inizio di verso a

Hymn. Ap. 99 implica sia inversione che separazione e movimento della formula,

oltre che la semplice declinazione del nesso che avrà senz’altro esercitato un influsso per la neoformazione ζηλοσύνῃ al verso successivo (confrontabile solo col φραδμοσύνῃσιν nella Th. 626, 884, 891, e nelle Op. 245).462

2. Per la separazione di una formula, abbiamo, oltre al v. 99 sopra menzionato, anche il caso di βιόν… καὶ… φαρέτρην, con un antecedente in βιὸν ἠδὲ φαρέτρην a Il., X 260 e a Od., XXI 233 e XXII 2.

3. Tra gli usi non omerici, si distinguono il ναυσικλειτή del v. 31, che in Omero (Od., VI 22) è usato per le persone, mentre qui per un luogo in una formula interamente spondaica grazie all’emendazione in Αἲγινη della lezione manoscritta Αἲγινα; la formula πόλις Μερόπων ἀνθρώπων al v. 42, insolita rispetto all’uso omerico di non far seguire mai ἂνθρωποι al nome di un popolo, formula variata dunque dalla base πόλις / -εις μερόπων ἀνθρώπων (ricorrente a Il., XVIII 432, 490; XX 217).463 4. Di non poco conto è lo ἦ μὴν al v. 87, mai presente nei giuramenti prima del quinto secolo e che, proprio per questo, potrebbe essere in realtà corruzione di ἦ μέν, che è invece presente nei giuramenti in Il. I 77, XIV 275; Od., XIV 160.464

Al v. 90 si ha un uso di γόνος, che sta qui a significare ‘nascita’, non attestato in Omero e presente altrove con questa accezione solo in Aesch., Suppl. 173. Altrettanto significativo è l’uso di ἐπήρξατο al v. 125, che solitamente indica il libare agli dèi durante un banchetto, mentre qui sta per ‘servire’.

5. Includo nei miscellanea il πρὸς κίονα πατρὸς ἑοῖο del v. 8, risultato verosimile della conflazione di πρὸς κίονα μακρὴν /-ὸν e πατρὸς ἑοῖο (Il., II 662; Od., XIV 177). Caso simile è quello di βεβλήαται ᾠδῆς al v. 20, che potrebbe essere la prima occorrenza della forma contratta del sostantivo, anche se facilmente è stata emendata la stessa formula in βεβλήατ’ἀοιδής da Ilgen 1796 e Càssola 1975, a partire da βεβλήται ἀοιδής in Ludwich 1908, p. 184 e Laroche 1949, p. 172.465

Si tratta di un luogo comunque molto problematico dell’inno, sul quale gli interpreti hanno variamente discusso. Non ritengo che sia qui necessario emendare ᾠδῆς in

462 Cfr, Janko 1982, p. 103. 463

Per il significato oscuro della formula, cfr. Chantraine 1936; Leumann 1950, p. 214 n. 8; Kirk 1985 a

Il. I 250; Russo 1992 a Od., XX 49.

464 Vd. Denniston 1954, pp. 350-1 e 398 soprattutto. 465

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ἀοιδής solo perché la forma contratta non è attestata in Omero: essa si trova ad esempio nell’Hymn. Dem. 494 e nella Th. 48.466

Al v. 46 troviamo parimenti un innovativo genitivo γαιέων in sinizesi nella formula εἴ τίς οἱ γαιέων υἱεῖ θέλοι οἰκία θέσθαι, con in più un – ει non soluto in υἱεῖ e l’assenza di digamma in οἰκία (queste sono le caratteristiche più rilevanti del verso, in cui si trova eccezionalmente il κε con ottativo).467 In Omero si trova solo γαιάων (che è la lezione di tutti i manoscritti della famiglia p e che può essere derivata dalla correzione della formula σοι γαιέων), e una forma analogica nell’Hymn. ApD. è ἑδράων al v. 3.

6. Rispetto poi al Πρύτανις in Il., V 678, risulta estraniante il πρυτανεύσεμεν del v. 68, forma che non ha paralleli prima del periodo ellenistico e che risulta qui attestata per la prima volta.468 Un impiego particolare del verbo in accezione tecnica è nella formula “X ἐπρυτάνευσε», che troviamo anche in Aristofane (Ach. 60) ma che è da escludere senza dubbio per questo verso.

Questi dati possono essere alla base di una ricerca dal duplice indirizzo. Da un lato, emerge la questione della bassa dimestichezza con il repertorio formulare tradizionale, che può avere spesso generato delle sezioni di per sé grossolane e dai tratti tipici del centone, come i vv. 7-10, che danno subito l’impressione di essere un pastiche di versi omerici (soprattutto dell’Odissea: VIII 65-70, 105; XX 289; XXI 53).469

Dall’altro, si profila uno studio altrettanto interessante sui particolari passaggi omerici nascosti dietro gli esemplari atipici dell’Hymn. Ap.: la scena di Apollo e dei naviganti cretesi ai vv. 387-546 si presta bene a questo tipo di riflessione, essendo il modello odissiaco, oltre che quello oracolare e gnomico, presente in filigrana nelle parole del dio.470