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a Thatyur, Sirva, Khera: paesaggi di modernità alternative

Paesaggi Himalayani

1.4 a Thatyur, Sirva, Khera: paesaggi di modernità alternative

Durante la ricerca sul campo è stato fondamentale mettere in relazione le pratiche quotidiane sui campi con un comprensione temporale dell'evoluzione agricola, nel ciclo colturale, stagionale e in relazione alla storia economica recente.

Infatti, la mancata conoscenza dell'agricoltura di montagna, il mio ritrovarmi in un paesaggio di cui mi mancava la pratica agricola indispensabile per riconoscerlo, non mi consentiva di avere un'immagine dinamica delle relazioni tra colture e delle periodicità stagionali di lavoro, che implicavano una variabile disponibilità di tempo degli uomini e delle donne. Di conseguenza mi risultava anche ostico riuscire a ricollegare le pratiche attuali all'interno di dimensioni temporali che comprendessero più vasti processi di trasformazione economica e sociale. La mia percezione delle pratiche agricole a cui cercavo di prendere parte attivamente era quello di atti congelati nel tempo, una sorta di passato di un'agricoltura a me un po' familiare. Il pregiudizio etnografico che ha accompagnato il mio arrivo sul campo così come i primi periodi di ricerca, è stato quello di appiattire il paesaggio rurale in cui mi trovavo ad una dimensione temporale passata e senza evoluzione, da documentare come forma di resistenza delle agri-culture montane di fronte al cambiamento globale. Un tempo altro, quindi, un allocronismo (Fabian: 2000) in grado di riportare la diversità delle pratiche alla distanza temporale.

Il viaggio, il movimento, l'allontanamento dalla familiarità, la distanza, l'attraversamento di diversi paesaggi immaginati sono stati, come ho messo in evidenza nei paragrafi precedenti, momenti fondamentali dell'esperienza etnografica. L'aspetto complementare del viaggio etnografico, però, è la permanenza prolungata nel tempo, l'inserimento in ritmi giornalieri quanto stagionali attraverso la partecipazione alle routine quotidiane che agli eventi eccezionali. Solo la permanenza può far prendere confidenza con la dimensione temporale, indispensabile per una visione dinamica delle pratiche colturali e delle trasformazioni socio-culturali in atto.

La scelta di un luogo limitato nello spazio come "campo" segue, molto più spesso di quanto venga esplicitato, il caso, gli incontri fortuiti, le simpatie, le emozioni e la personalità dell'etnografo/a

quanto dei suoi interlocutori/trici. L'identità del ricercatore, tutt'altro che neutra, non solo influenza scopi, metodi quanto paradigmi interpretativi ma anche, a priori, influisce sulla scelta stessa del "paesaggio" di ricerca, inteso come scenario invisibile della vita quotidiana, sulla predilezione per certe pratiche di costruzione dei luoghi a cui attribuisce, in modo pregiudiziale e in base alla propria esperienza passata, specifici valori estetici ed etici che lo/a spingono a prenderne parte attivamente.

Nel mio caso, il viaggio iniziato seguendo le narrative ambientaliste di Navdanya, le proteste di Dehra Dun come capitale del neonato stato himalayano e l'ideale coloniale delle Hill stations a Mussourie, ha proseguito con diversi periodi di permanenza a Khera Talla, un villaggio composto da 18 famiglie (per un totale di 127 persone) in Jaunpur block, nella parte nord-occidentale del distretto di Tehri Garhwal. Nel gennaio 2002 arrivai, grazie ad un amico del mio insegnante di hindi, a Thatyur, dove aveva la sede l'ONG in cui lavorava. Thatyur, il villaggio più popoloso di tutta la vallata, luogo di partenza/arrivo delle jeep che rappresentano l'unico mezzo di trasporto pubblico, e quindi punto di snodo per il movimento di merci quanto persone verso le città di Mussourie e Dehra Dun. Lo sviluppo recente di Thatyur come centro commerciale è al centro delle trasformazioni che hanno caratterizzato l'economia, l'agricoltura e i cambiamenti sociali percepiti come radicali degli ultimi quattro decenni. Thatyur è il risultato della crescente dipendenza delle famiglie pahari dall'economia di mercato e, d'altra parte, è l'espressione urbanistica del loro crescente potere d'acquisto. Il centro a cui si riferiscono gli abitanti dell'intera vallata, è composto da una trentina di piccole imprese commerciali a gestione familiare, tra cui un paio di negozi di provvigioni che vendono le merci essenziali come cherosene, zucchero, riso e grano a prezzi controllati; una serie di negozi che commercializzano una vasta gamma di prodotti, dai vestiti, ai biscotti, dal latte in polvere a ciabatte, ombrelli e quaderni per la scuola. A parte i negozi, ci sono una serie di locali di piccole dimensioni che vendono tè, dolci, e snacks e qualche altro negozio di sartoria e battitura del ferro. Tra i servizi pubblici, invece, si possono annoverare una scuola primaria, un inter-college, la posta, una banca, un ufficio di agricultural extension, gli uffici del

block office per le politiche di sviluppo locale e una farmacia. A Thatyur si può trovare risposta ai

bisogni commerciali (siano essi basilari quanto consumistici) di base e ai servizi che non richiedono una competenza specialistica. La desolazione del posto, composto da recenti costruzioni in cemento situate attorno alla polverosa strada principale, e la sua natura commerciale, basata sui traffici delle colture locali che si cercava di vendere in mercati più convenienti di quello locale, oltre all'esclusiva presenza degli uomini negli spazi pubblici, hanno rappresentato il primo shock etnografico. L'immagine di villaggio himalayano che mi aveva portato fino a lì, si scontrava con la dimensione quasi frenetica con cui si anelava alla connessione con i centri urbani. Essendo ospite presso la sede dell'ONG, le ragazze

locali che contribuivano alle attività di educazione primaria nei villaggi, ritennero inopportuna la mia permanenza a Thatyur. In quanto donna e sola, a Thatyur mi sarebbe mancato il contesto familiare di accoglienza e mi sarei ritrovata in un posto considerato "maschile": è lì che, infatti, gli uomini si incontrano a bere e a giocare a carte, a scambiarsi informazioni, a fare "businnes" organizzando il traffico di prodotti locali. Le donne dei villaggi non arrivano mai sole a Thatyur. Così mi affidai con piacere all'ospitalità di una maestra della scuola elementare di un villaggio lungo la strada che da Thatyur porta verso le vallate più interne. Sirva, un villaggio recente, che è sorto in seguito alla costruzione della strada che porta in direzione di Deval sari, dove il tempio dedicato a Naag Devta (la divinità serpente venerata localmente) attira i devoti in percorsi turistici. Il trasferimento delle residenze dai villaggi di metà collina a valle, rispondeva alle facilità di movimento e di circolazione di beni, al desiderio di commerciare e di essere "connessi", anche se perifericamente, alla realtà urbana. Con il passare delle settimane, mi resi conto che Sirva era un villaggio nato anche dalla frammentazione di una famiglia allargata, composta da otto fratelli e relative famiglie, che risiedeva a Khera talla, villaggio raggiungibile solo a piedi, percorrendo la mulattiera che dalla strada a valle sale verso la cima della collina. I primi mesi di ricerca sul campo si sono articolati tra la notte a valle, a Sirva, e il giorno a Khera, seguendo le relazioni familiari tra i due villaggi. Mi resi conto nel tempo delle gelosie che scatenava il mio spostamento quotidiano che, in realtà, esprimevano vecchie contese familiari. L'allontanamento di una parte di famiglia che dall'altitudine si era trasferita a ridosso della strada era stata motivo di conflitto all'interno della famiglia allargata sia per le abitudini (abuso di dharu, alcolici locali, ed occasionalmente di oppio) che per uno stile di vita sempre più individualistico che si scontrava con la dimensione collettiva delle strategie di sopravvivenza della famiglia allargata. Con il passare del tempo, mi trasferii completamente a Khera, anche per le crescenti relazioni di simpatia che mi rendevano meno faticoso il lavoro di partecipazione alle attività quotidiane sui campi. La loro ospitalità e il mio aiuto sui campi sono stati una forma di scambio reciproco, rafforzato da un un crescente senso di fiducia, nonostante la difficoltà a comprendere (da parte loro) ed esprimere (da parte mia) le finalità della mia "ricerca sui campi".

Il viaggio che mi ha portato da Mussourie a Thatyur, da Thatyur a Sirva ed infine da Sirva a Khera è stato un percorso in parte fortuito ed in parte da me ricercato, verso un luogo in cui potevo immaginare la mia permanenza nel tempo. Ciò non esclude il fatto che Thatyur quanto Sirva abbiano rappresentato dei luoghi importanti dal punto di vista etnografico, spazi della modernità percepita e che esprimono appieno la trasformazione delle relazioni agricole e le ambizioni locali di partecipazione al mercato. La stessa scelta del "campo" (villaggio remoto, di medie-piccole dimensioni, non raggiungibile

se non a piedi, situato in una vallata interna) quindi, ha seguito sia i miei pregiudizi sugli effetti locali dell'economia di mercato che il desiderio di partecipare ad un paesaggio che ritenevo in un certo senso "intatto", "autentico", pienamente "locale" e in quanto tale alternativo alla modernità, completamente "altro" rispetto ad una dimensione globale. La permanenza nel tempo che implica l'esperienza etnografica ha rappresentato il passaggio da un atto di "contemplazione" di un paesaggio immaginato, che mi aveva portato a Khera, a forme di conoscenza pratica e di partecipazione alle strategie di sussistenza che mi riportavano alla "temporalità del paesaggio" (Ingold, 1993), alle forme di connessione, trasformazione, ibridazione che facevano di Khera un villaggio di "alternative modernities" (Appadurai, 1991, Camaroff, 1993; Miller 1994; Piot 1999).