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TERZO CAPITOLO

3.7 Incorporare il paesaggio

L’immaginario culinario viene spesso connesso ad un immaginario identitario di relazione ecologica e di appartenenza spaziale (Feldman P. 2006): la produzione di cibo e comunità (Jackson 1983), i gusti e preferenze, le disponibilità stagionali e di riserve rimandano ad un paesaggio agricolo87

come riferimento identitario. La mandua e jhangora, (detti anche mota anaag, grani grossi) due tipi di miglio che richiedono poca acqua e sono resistenti alle difficili condizioni atmosferiche montane, sono il simbolo di un’alimentazione che è diventata rappresentativa anche di un modo di essere e di vivere il territorio impervio del Garhwal. Colture tradizionali che hanno svolto un ruolo importante per la sicurezza alimentare delle famiglie, mandua e jhangora, nonostante l’elevato valore nutritivo, hanno subito una svalutazione progressiva con la rivoluzione verde (cfr. introduzione) . Spesso sostituite con colture considerate più “produttive” (high value cash crop88) in quanto commerciabili sul mercato e

86 Come ho già messo in evidenza con il riferimento alla relazione sasu-bhwari (suocera-nuora), non si può parlare di una prospettiva monolitica degli uomini o delle donne sulla località. Piuttosto, è il posizionamento individuale (età, abilità, carattere, specificità della proprio ruolo nella configurazione parentale, complicità con le altre donne della famiglia allargata, presenza nel nucleo familiare di altre donne con maggiore autorità o di spose più giovani, presenza di figli maschi, casta, proprietà familiari etc; ) che influenza il modo di abitare lo spazio di residenza e di vivere il legame con la famiglia di origine e le relazioni con il proprio villaggio natale. Così, anche la prospettiva maschile è profondamente influenzata da una serie di variabili che definiscono la specificità del legame individuale con il territorio. Quando parlo di discorso dominante, non lo faccio coincidere con le storie di uomini quanto alla legittimazione sociale del predominio maschile.

87 Mitchell (1994) mette in evidenza l'azione performatrice del paesaggio nel processo e nelle dinamiche di definizione delle identità collettive quanto individuali. Mitchell propone una transazione del termine landscape dalla sua forma nominativa a quella verbale: non si tratta di definire ciò che un paesaggio significa/o ciò che è, ma piuttosto ciò che fa come pratica culturale. Il paesaggio come medium culturale (idem: 2) svolge un doppio ruolo secondo Mitchell: se da una parte naturalizza le costruzioni sociali e culturali rappresentando un mondo artificiale come dato ed inevitabile, dall'altra rende operativa quella stessa rappresentazione

88 DASP 2002: 8, opuscolo informativo del progetto della World Bank implementato nel Garhwal, Diversified Agricultural Support Project.

rispondenti ai gusti alimentari di potenziali clienti delle pianure, il grano e il riso sono diventati indici di benessere economico e di un’alimentazione “moderna”.

L’associazione delle colture tradizionali di mandua e jhangora ad un paesaggio ecologico quanto sociale si può riscontrare anche in alcune canzoni popolari note nell’area di Tehri Garhwal. La Kuder

Geet (tipologia di canzone che racconta la nostalgia-khud- per la persona amata che si trova lontano o

per la casa natale che si deve lasciare col matrimonio) ci può fornire alcuni indicatori di come le gerarchie “colturali”e alimentari intervengano come rimostranze delle giovani spose nei confronti della scelta di matrimonio accordato dalla famiglia d'origine. La non accettazione del nuovo spazio sociale e del proprio ruolo subalterno in esso viene esemplificato in termini di cibo indesiderabile, paesaggio impervio, incessante lavoro.

Nella canzone che segue una ragazza di Rishikesh (città in riva al Gange, situata nella pianura adiacente alle montagne) chiede di non essere data in sposa ad un pahari; denigra lo stile di vita delle famiglie che abitano le montagne facendo riferimento ai loro costumi alimentari:

Caro padre, quali sono i costumi sociali Dove cerchi un compagno di vita per me? Che vestiti vestono là?

Che cibo mangiano? Vestono sari di lana

E mangiano jhangora e mandua Non ci andrò mai là

Caro padre, non ci andrò mai là

In un'altra canzone, le difficoltà per i comportamenti considerati ingiusti della suocera vengono descritti in termini di ciò che è consentito mangiare alla nuora nel nuovo luogo di residenza. Mandua e

jhangora diventano i simboli della nuova residenza virilocale, della casa maritale inospitale e della

nostalgia per lo stile di vita e relazioni della mait. La gastropolitica implicita a questa canzone sembra risultare una traslazione culinaria dei conflitti sui ruoli

Mia suocera è molto cattiva vuole farmi male tutto il tempo mi dà da mangiare

roti di jhangora e mandua..89

La posizione subalterna della giovane sposa all'interno della famiglia del marito viene rappresentatain termini di “culinary victim of her husbands's home” (Appadurai 1981: 501).

“Essere di un posto”, appartenere ad un luogo piuttosto che ad un altro, far parte di uno specifico paesaggio agrario (come insiste Ingold attraverso i suoi scritti, nella mutua costituzione tra persone ed ambiente), ha a che fare con la produzione di cibo in uno specifico contesto ecologico, quanto con il suo consumo, individuale e collettivo. Seguendo l'insegnamento di Ingold, può rivelarsi utile considerare la produzione agricola non tanto in termini di imposizione di un disegno culturale sulla realtà esterna della natura e, di conseguenza, il consumo come l'accomodamento della natura all'interno di preesistenti categorie culturali. Piuttosto, produzione quanto consumo sono due aspetti dello stesso processo di interazione tra persone ed ambiente, due facce dello stesso paesaggio che non si può mai ritenere concluso e definitivo. Nel processo in continuo divenire della produzione, le persone creano il loro ambiente attraverso un coinvolgimento pratico, non tanto conferendo significati culturali alle cose, ad una natura inerte (reality of), quanto piuttosto come incorporazione delle attività e relazioni passate, attraverso l'incarnazione delle forme dell'abitare nel proprio corpo in termini di abilità, sensibilità, disposizioni (Ingold 2004: 141-187). “Through both [produzione e consumo], the environment enters actively into the constitution of persons; i.e. In the mutually constitutive interrelation between persons and environment, production is a becoming of the environment, consumption is a becoming of persons”. (Ingold 2000: 51) . Attraverso i due momenti della produzione e consumo, quindi, l'ambiente diventa costitutivo delle persone, della loro identità sociale. Le persone diventano parte del paesaggio e, viceversa, il paesaggio diventa parte integrante dell'identità individuale quanto collettiva.

Sono numerose le ricerche antropologiche sull'agricoltura indiana che fanno riferimento all’agronomia sostanzialista90 (cfr. Vasavi, Sax, Gupta etc) intendendo con questa definizione come non solo la terra conferisca le proprie qualità alla coltivazione che a sua volta deve essere predisposta a

89 Al di fuori dell’ideologia modernista, ancora oggi mangiare roti di mandua o jhangora è sinonimo di una relazione di radicamento alla terra del Garhwal.

90 Mi affido alla definizione di sostanzialismo avanzata da Vasavi (1994:287) “as the basis of agrarian practices (…) is in contradistiction to western dualistic conceptualizations and is based on the notion that 'natural matter, actions, words and thoughtare all substances and all imbued with relational properties. Human actions are thought to derive their 'substance' from the context in which they are enacted, thereby firmly linking the variation of actions and actors to context”

riceverle; ma anche come queste stesse proprietà fluiscano all’uomo attraverso la catena di processi implicati nella produzione di cibo. Le relazioni che rendono le pratiche agricole appropriate rispondono spesso a forme di agronomia umorale: il benessere delle piante viene descritto in termini di equilibrio tra umori, di una appropriata relazione tra caldo ed umido91. La terra non “afferra” (pakadnaa) qualsiasi pianta ma solo quelle che sono compatibili alle sue qualità descritte non come “generica fertilità” quanto piuttosto di relativa calura rispetto al coltivo. Il terreno non è concepito come sostanza inerte ma come qualcosa che, piuttosto, passa le sue qualità alla coltivazione che, a sua volta, dovrebbe essere predisposta a riceverne le proprietà. Il caldo e il freddo del suolo, la sua umidità o secchezza sono proprietà della terra che vanno il più possibile assecondate nella scelta di cosa si può essere proficuo coltivare su di un campo. Il sistema di rotazione delle colture (fasal chakra), di riposo dei campi, o le coltivazioni miste a loro volta, cercano di essere il più possibile funzionali a come i coltivi “lasciano” il terreno. Anche le azioni del contadino vengono almeno in parte92 calibrate secondo l'apporto di calore ed umidità93 alla terra, alla loro capacità di indebolire, esaurire oppure dar forza (taakat), far riposare

91 Zimmermann (1987), mette in relazione la concezione ecologica della distinzione tra jangala, la terra a savana, secca ed erbosa, e anupa, terreno invece umido e paludoso, ai fondamenti della medicina ayurvedica . Quest'autore sostiene che il tema ecologico stia al cuore stesso della medicina Hindu articolata come insieme di opposizioni che motivano le classificazioni di flora e fauna, dei malesseri e malattie, delle tipologie di corpo e dei relativi trattamenti. 92 Gupta mette in evidenza come sia inadeguato il concetto di “saperi indigeni” (come nativi, tradizionali, autentici) in

posizione dicotomica rispetto ai saperi moderni (come occidentali, scientifici, innovativi) per comprendere le epistemologie e pratiche agricole nei contesti rurali del Nord India. Scrive Gupta (1998: 216)“I argue that a move away from explanations that rely on the alterity of “indigenous knowledge” to those that embrace contradictory and perhaps unremarkable combinations (ranging from the imperatives of market prices, responsability to the family, caste solidarity and humoral agronomy) is a necessary step in order to understand epistemologies and practices of farmers in postcolonial settings”. Inoltre, “focusing on the practices of agriculture, rather than on indigenous knowledge gives substance to the interrelationship between humoral theories of agronomy, local politics, and the development oriented institutions and policies of the nation state” (idem:226). Per questo motivo cerco di evidenziare, tramite il condizionale o relativizzando le mie affermazioni, come i miei riferimenti agli equilibri umorali non rappresentino un'epistemologia agraria esaustiva dal punto di vista delle pratiche, quanto piuttosto una tra le altre. Le pratiche e le modalità di comprensione agricole sono caratterizzate da discorsi ibridi, tra loro irriducibili, con riferimento a genealogie tra loro incommensurabili. Inoltre, i discorsi sull'agricoltura non rappresentano un sistema chiuso di pensiero ed azione ma sono profondamente influenzate da politiche di differenziazione di casta, classe, genere.

93 Per esempio, il fertilizzante viene considerato rilasciare calore alla terra, necessario alla crescita dei coltivi. La dieta (kuraak, intendendo con “dieta” la quantità approssimativa di fertilizzante ritenuto necessario) di un campo dipende dal tipo di terra, dalle caratteristiche del coltivo e dal tipo di fertilizzante disponibile. I bisogni specifici di ogni tipologia di terreno vengono descritti in termini di appetiti e diete appropriate.

(sastaana) in relazione al calore che viene conferito o tolto al terreno. La debolezza (kamjori) sia della terra (meetti) che dei coltivi dipende quindi dagli equilibri di calore, risultato di molteplici e variabili interconnessioni, più o meno appropriate, tra diverse forme di agency qualità del terreno, proprietà delle piante, efficacia delle azioni umane, agenti atmosferici (hava-vento, paani-acqua, garmi-calore solare).

Così gli stati di malessere o le malattie o in generale le condizioni di vulnerabilità vengono considerate come conseguenza dell'eccesso di un umore nel proprio corpo, come bisogno di riequilibrare il calore o l'umidità attraverso cibi adatti. Durante la ricerca di campo compiuta nel 2006 scoprii di essere incinta. Il mio stato, considerato vulnerabile, fu accompagnato da atteggiamenti di cura da parte delle altre donne che si manifestavano attraverso rigide prescrizioni alimentari. Mi furono elencati i cibi che erano appropriati alla mia condizione e quelli che invece erano vivamente sconsigliati94. La classificazione dei cibi rispondeva alla nomenclatura delle qualità di caldo e freddo che andavano ad interagire con gli equilibri umorali del mio corpo. La gravidanza, insieme agli stati di malessere legati agli organi riproduttivi, la menopausa, le mestruazioni, i rapporti sessuali, vengono ritenuti creare stati calore nel corpo, che possono e devono essere regolati, riequilibrati. L'attenzione e la cura a me rivolte da parte delle altre donne, a partire dal momento della diagnosi della gravidanza, sono stati soprattutto culinari.

La nascita di un/a figlio/a segnano gli 11 giorni di separazione della puerpera (siuli) dalla collettività. Nei giorni che seguono il parto, i movimenti da fuori a dentro della stanza da dove la puerpera non deve uscire (bondu), sono segnati dalla circolazione di cibo considerato “freddo” (taza

khana), dalla cura e nutrizione da parte delle altre donne che hanno già avuto figli95. La cura dello squilibrio di umori e dell'eccesso di calore provocato dalla nascita si affida ad una comunità di pratica femminile in grado di riequilibrare per mezzo del cibo. Tutto ciò che ha a che fare con la riproduzione, ed in particolar modo con il sangue mestruale, crea calore. Un calore che non rimane incistato in un corpo che semplicemente ne subisce le conseguenze. Piuttosto il corpo sembra avere confini permeabili, e le sue qualità fluiscono attraverso ciò che le donne cucinano e che condividono con gli altri. Il divieto

94 In base alle prescrizioni date da diverse donne, mi costruii una tabella in cui si distingueva tra cibi freddi (per esempio urdu daal, una varietà di lenticchia coltivata sulle montagne del Garhwal, hare subzi, le verdure verdi) e cibi caldi (per esempio le melanzane, le uova sode, il limone), i primi da privilegiare nella mia dieta come compensazione del mio calore, i secondi da evitare per l'eccesso di calore che avrebbero provocato nel mio stato umorale già alterato. 95 L'isolamento della giovane madre generalmente avviene nella stalla o in altri luoghi coperti considerati “impuri”

dove potrà ricevere visite da parte delle donne che hanno già avuto figli. Viene considerato di cattivo auspicio che donne senza figli entrino nei luoghi del parto e post-parto. Il cibo quotidiano della puerpera consiste in kitchery, riso fatto cuocere con lenticchie e senza sale e spezie alcune.

di cucinare rivolto alla donna mestruata, per esempio, è riconducibile al suo stato di calore che influisce sulle qualità del cibo che cucina, alterandone le proprietà e di conseguenza influendo sullo stato di equilibrio di colui/colei che lo mangia.

Il benessere della terra non è semplicemente rappresentato per analogia alla salute del corpo umano. Terra, piante e corpi sono direttamente connesse tra di loro in forme di ecologia agraria96: le azioni che influenzano la qualità della terra hanno un effetto diretto sulle qualità del cibo che viene prodotto; a sua volta, il cibo ha implicazioni sullo stato delle persone che lo consumano. Le qualità del terreno (zameen) fluiscono attraverso la catena dei processi implicati nella produzione di cibo. Come scrive in modo efficace Gupta, “the (...) relationship between the environment and the body is their lack of exteriority with respect to one another. The lack of exteriority is exhibited most clearly in the intimate relationship between the pruduction of food and its consumption” (Gupta 1998: 234).

La specificità del cibo connesso al contesto ecologico e quindi alle pratiche adatte alla sua produzione, diventa spesso un elemento di identità collettiva e di distinzione sociale, simbolo di uno stile di vita, rehen sehen, di un “modo di risiedere”, di abitare, di fare paesaggio e di incorporarlo.

Il processo di cambiamento del paesaggio agricolo viene spesso riferito alla progressiva debolezza della terra e al cibo meno nutriente: il passato97 viene invocato non tanto come un preciso punto di riferimento temporale quanto per significare importanti cambiamenti del paesaggio locale in termini di produzione di cibo e di conseguenti effetti sia sugli individui che sulla collettività, sulla forza dei corpi quanto sui legami di socialità98.

96 Cfr. Guha 1998; Zimmermann 1987; Marriott 1989, Vasavi 1994

97 A questo proposito può essere utile riferirsi agli studi di Appadurai (1990) sugli effetti del cambiamento tecnologico nel contesto rurale dell'India Occidentale (Maharashtra) in termini di progressiva erosione della socialità ed imposizione dell'individualismo come orientamento morale. Il processo di commercializzazione dell'agricoltura e la separazione del sapere tecnico agronomico dalla “fabbrica epistemologica della comunità” (idem:188), ci suggerisce Appadurai, hanno inevitabilmente avuto effetti su ciò che si intende per “produttività” ed “abbondanza” come valori sociali e morali di riproduzione comunitaria. Analizzando il processo di cambiamento della società agraria moderna, Appadurai riconosce implicitamente come l'agricoltura e la produzione di sussistenza in genere, colte dall'interno di un paesaggio condiviso, difficilmente potranno essere ridotte alla quantità di un raccolto, ad una temporalità estranea alle interazioni tra i diversi ritmi che scandiscono le periodicità sociali, ecologiche, agronomiche, cosmologiche, rituali ed economiche.

98 Come è stato messo in evidenza nel paragrafo precedente, è importante riconoscere l'orientamento morale e il valore sociale di riproduzione della comunità e dei suoi valori fondamentali (Appadurai 1990) nella celebrazione dell'abbondanza e della produttività performata dai movimenti di Naag Devta. La capacità della divinità di fornire

un’identità pubblica ad un gruppo si fonda quindi su una relazione collettiva con l’ambiente attraverso il cibo che è

prasaad . L’abbondanza, bateru, sta nelle relazioni feconde di cooperazione tra uomini/donne, divinità e località. Come

scrive Vasavi , “these rites indicate both the ricongnised source of production (the earth) and the social and moral orientation (to meet economic needs and social obligations) of such production” (Vasavi 1994:290).