• Non ci sono risultati.

L’evoluzione della società nel tempo ha mutato i bisogni dell’individuo e di conseguenza la forma dell’abitare. Per poter garantire che questa forma sia adeguata alle esigenze dell’uomo è necessario studiare i suoi bisogni e i suoi comportamenti e quindi predisporre una matrice razionale di analisi che individui, attraverso dei parametri, soluzioni possibili per un progetto architettonico capace di soddisfare queste esigenze. Una forma abitativa può considerarsi idonea allo scopo per la quale è stata progettata, quando è diretta espressione dei bisogni di chi è destinato ad abitarla. Le riflessioni sui temi dell’abitare sono, in questo ambito di studio, rivolte al tema del bisogno, elementare e completo, dell’abitare, attraverso il progetto di uno spazio minimo con l’ausilio di criteri di razionalità.

L’esigenza primaria per l’uomo è quella di modificare lo stato naturale dei luoghi per potere abitare. Abitare, dal latino habitare (habère, avere), porta con se il significato di continuare ad avere, consuetudine con un

luogo, vivere in un luogo, risiedere.1

L’abitazione deve estrinsecare i bisogni mutevoli dell’uomo. Questi, nel tempo si modificano a secondo delle situazioni sociali, politiche e economiche e quindi influenzano la misura progettuale degli spazi vitali. Lo spazio abitativo esprime e contemporaneamente contiene la dimensione biologica, sociale e creativa che l’uomo costruisce per se stesso, all’interno del quale soddisfa le necessità per la propria esistenza.

La forma dell’abitare, con il mutare dei bisogni, si è modificata adattandosi ad essi. La storia dell’architettura, ci dimostra come le forme abitative sono mutate, nei secoli in relazione sia ai bisogni elementari, (cibarsi, vestirsi, riposarsi, ecc) sia in funzione dei cambiamenti sociali che si sono susseguiti, (rivoluzioni, guerre, catastrofi, industrializzazioni). Al

1

G. Dev oto, G. Oli, Dizionario della lingua Italiana, Milano 2007.

mutare delle condizioni al contorno, cambiano le forme abitative secondo un sistema razionale di misure che, a sua volta, determina le dimensioni degli elementi architettonici.

“L’alloggio che ci costruiamo deve essere in relazione attiva ed

organica con le condizioni di vita ed i bisogni culturali della nostra epoca, inoltre deve soddisfare le necessarie richieste di maggiore economia e semplicità; in una parola, deve aiutarci in ogni sua parte e sotto ogni punto di vista a renderci più facile la vita e nel contempo a mantenere le nostre

energie fisiche e spirituali”2. Così Alexander Klein descrive il rapporto

strettissimo che lega le dimensioni e l’esigenza dell’abitare con la condizione socio-culturale dell’uomo. “La soluzione di tale problema è

sempre stata importante, tuttavia oggi essa acquista una particolare preminenza sociale e politica, in un’epoca che da un lato ci impone una riduzione dei mezzi e delle risorse disponibili e dall’altro presenta una carenza di alloggi mai esistita prima e da superare nel più breve tempo possibile. Devono essere quindi fatti tutti gli sforzi possibili e necessari per

risolvere il problema del minimo d’abitazione”3. L’architetto russo, tedesco

di adozione, nel descrivere le esigenze sociali della società in questo articolo scritto nel 1928, sembra delineare uno scenario che si ripete nel tempo, in luoghi diversi del pianeta, al manifestarsi di eventi caratterizzati da profonde criticità. La descrizione di una società in profonda crisi, infatti, potrebbe adattarsi perfettamente alle condizioni sociali dei giorni nostri, per aree particolarmente depresse oppure per contesti di margine nelle città industrializzate, dove nuove dimensioni comuni, legate alla globalizzazione, hanno deter minato fenomeni di sovraffollamento degli alloggi esistenti e profonde discrasie con i tessuti sociali consolidati.

Con il cambiamento delle esigenze sociali nel tempo, il significato dell’abitare si è evoluto da quello tradizionale come luogo di spazi e di abitudini in cui si svolgevano le diverse fasi della vita familiare, ad una visione come luogo in cui, si aggiungono nuovi requisiti legati alle potenzialità di modificazione ed adattamento degli spazi, in funzione delle diverse esigenze della vita personale e della loro evoluzione. Le modificazioni degli spazi abitativi possono ricondursi ad una serie di fenomeni, di carattere sociale e di carattere tecnologico. Al primo caso è possibile associare mutamenti derivati da eventi eccezionali, quali catastrofi naturali e guerre, oppure derivati da cambiamenti del tessuto socio- economico, quali differenziazione dei tipi familiari e delle forme di convivenza, aumento dell’occupazione lavorativa femminile, modificazione delle attività lavorative con l’aumento della flessibilità e delle attività

2

M. Baffa Rivolta e A. Rossari, a cura di, Alexander Klein, lo studio delle piante e la progettazione degli spazi negli alloggi minimi. Scritti e progetti dal 1906 al 1957. Milano 1975. Pag.77

3

M. Baffa Rivolta e A. Rossari, op cit. pag. 77 D/E/DK͛/d/KE

all’interno dell’abitazione. Alle mutazioni di carattere tecnologico è possibile associare fenomeni quali la diffusione dei mezzi di comunicazione di massa, la diffusione di elettrodomestici ad alta tecnologia, l’impiego di impianti tecnologici a controllo automatico ecc.

Alla luce di queste esigenze, di natura sempre più complessa, è diventato necessario riconsiderare, nei criteri progettuali, condizioni che hanno caratterizzato la concezione mobile dell’abitare, ovvero la flessibilità, la trasformabilità e la adattabilità rispetto a situazioni diverse che possono mutare nel tempo. La natura di questa tipologia è già tra le righe contemplate nei due aggettivi mobile e transitorio, che cos ì, associati al termine stesso di architettura, la sostanziano. Attraverso l’aggettivo mobile essa acquista la caratteristica di “compiere o subire spostamenti nello

spazio e (…) nel tempo”4, attraverso l’aggettivo transitorio acquista la

caratteristica di “fenomeno relativo al passaggio di un sistema da una

regime ad una altro”5, ma riferito ad una fase, la transizione indica anche il

“passaggio da una situazione ad un’altra, sia in senso statico, come

condizione intermedia definita, che in senso dinamico in quanto implichi

l’idea di una evoluzione in atto”6

La considerazione di queste condizioni infatti, implicherebbe la rottur a e il superamento della “rigidità tipologica”, cioè la rottura e il superamento dell’incapacità di uno schema tipologico a trasformarsi nel tempo secondo configurazioni diverse da quelle inizialmente previste nella fase progettuale, rispetto ad una struttura spaziale predefinita. In questa fase, infatti, è importante poter prevedere o stabilire le possibili “variazioni” dello schema tipologico in relazione ai cambiamenti dei bisogni dell’utenza, (ipotesi progettuale già affrontata, in qualche modo, dai maestri del razionalismo, con il concetto di “casa ampliabile”). L’assemblaggio delle parti, la mobilità di alcune, la flessibilità di altre, possono regolare modi di abitare modificabili nel tempo, condizionati da esigenze umane mutevoli, comportano la possibilità di definire soluzioni progettuali diverse rispetto a strutture spaziali predefinite generando possibilità di trasformazione e di

adattabilità degli spazi in funzione di tali bisogni.7

4

G. Dev oto, G.C. Oli, Dizionario della lingua italiana, 2009, v oce: mobile. 5

G. Dev oto, G.C. Oli, op. cit, voce: transitorio. 6

Ibidem, voce: transizione. 7

Cfr. T. Paduano, La costruzione razionale della casa alla luce delle categorie del mobile e del transitorio, tesi di dottorato, Napoli, 2006, pag.179

DK/>/d͛ dZE^/dKZ/d͛

3.2

ARCHETIPI, ORIGINI E SPERIM ENTAZIONI DI

ARCHITETTURE TRANSITORIE FINO ALL’ULTIM O