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III. Probabile autobiografia di una generazione

III.7. Gli abiti volitivi e l’individualità

Prima di tornare nei ranghi debenedettiani, tuttavia, sarà forse opportuno fornire qualche altro puntello a supporto dell’accostamento Croce-Jung. Non del tutto alieno dal discorso, potrà risultare, ad esempio, un brano tratto dalla

Filosofia della pratica, dove si parla della funzione della psicologia:

psicologo non è solamente lo scrittore e il professore: psicologo è l’uomo stesso: perfino il selvaggio costruisce, in qualche modo, la sua psicologia di tipi e classi.337

Ancora più pregnante, e ricca di indizi a suffragio della nostra tesi, risulta la lettura di uno dei capitoli che compongono lo stesso volume: quello intitolato Gli

abiti volitivi e l’individualità.338 Il pensiero va naturalmente al processo d’individuazione e agli atteggiamenti psichici descritti nei Tipi; ma, prima di stabilire affrettate associazioni, proviamo a ricercare qualche riscontro testuale:

Giustificata, sebbene pur sempre di carattere empirico è [...] la distinzione che si suole porre tra gli affetti, gl’impulsi, i desiderî da un lato, e le passioni dall’altro, considerando queste non già come il singolo e istantaneo desiderio o impulso che spinge a una singola azione, ma come inclinazione o abito di desiderare e volere in un certo indirizzo.339

Ma l’«inclinazione» o l’«abito di desiderare e volere in un certo indirizzo», che Croce attribuisce qui alla «passione», non sono forse le medesime prerogative che Jung riconosce ai «tipi»?340

Altra caratteristica comune: l’insistere sulla non rigidità, sulla non fissità e, in

337

B.CROCE, Filosofia della pratica..., cit., p. 66. 338

Cfr. ivi, pp. 147-157.

339

Ivi, p. 147.

340

«Il tipo è un esempio o un modello che riproduce in modo peculiare il carattere di una specie o di una collettività. Nel senso più ristretto del presente lavoro il tipo è un modello caratteristico di un atteggiamento generale che ricorre in molte forme individuali. [...] Nella misura in cui un atteggiamento siffatto è abituale e conferisce così un’impronta determinata al carattere individuale, parlo di un tipo psicologico.» (TP, p. 491). Corsivi del testo.

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definitiva, sulla non categoricità da un lato dei tipi psicologici, dall’altro delle passioni:

Codeste passioni o abiti volitivi non sono rigidi e fissi, perché niente di rigido e di fisso v’ha nel campo del reale. Come il letto del fiume regola il corso del fiume e ne viene insieme di continuo modificato, così accade delle passioni e degli abiti volitivi che la realtà viene formando e modificando, e nel modificare forma da capo e nel formare modifica.341

Così Jung:

l’orientamento di un individuo in una data situazione può essere perfetto come l’indicazione geografica di un luogo in base alla latitudine e alla longitudine. Le quattro funzioni sono come i quattro punti cardinali e sono altrettanto arbitrarie e indispensabili. Nulla ci impedisce di spostare i punti cardinali di parecchi gradi, a piacer nostro in questa o quella direzione e di chiamarli con altri nomi. Si tratta soltanto di una convenzione in vista di una maggiore chiarezza.342

E ancora Croce:

qualcosa di arbitrario vi ha sempre nel definire gli abiti come se rispondessero a una realtà ferma e bene delimitata. Gli abiti non sono categorie né sono pensabili come concetti distinti, ma sono il simile nel dissimile [...] La loro importanza è grande, perché costituiscono come l’ossatura del corpo della realtà. E in essi ha fondamento l’individualità, intesa come concetto empirico, nel qual caso non designa altro che un complesso di abiti più o meno duraturi e coerenti.343

Ennesima analogia: esattamente come le funzioni e le tipologie junghiane, gli «abiti volitivi» sono in parte innati e in parte connessi all’esperienza individuale:

Ogni individuo, secondo le circostanze tra le quali viene al mondo, è fornito,

341

B.CROCE, Filosofia della pratica..., cit., p. 148.

342

C.G. JUNG, Tipologia psicologica (1928), in TP, p. 544.

343

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come si dice, da natura di certi abiti determinati; e altri ancora ne acquista lungo la vita, per effetto delle vicende ed esperienze attraverso cui passa e delle operazioni che compie. Quegli abiti, che ha fin dal nascere, sono le attitudini, disposizioni e tendenze che si chiamano naturali; e gli altri, quelle che si chiamano acquisite. L’individuo non è in realtà, come si è avvertito, se non questi gruppi di abiti, e muta col mutare di essi. Ora, è razionale e possibile (le due domande ne formano qui una sola), che l’individuo nel suo volere e operare si disfaccia di tali abiti?344

Croce passa quindi a esporre le proprie idee in materia di compito individuale, in pagine che vale la pena di citare per ampi stralci, non solo per le analogie che esse tradiscono con il pensiero junghiano, ma anche perché fanno pensare a Debenedetti e alla nozione a lui cara di “destino”:

Certamente, la disposizione naturale o acquisita non è la virtù; e il temperamento (poiché temperamento non è altro che complesso di abiti e attitudini) non è il carattere. Ma la virtù e il carattere richiedono abiti e passioni, delle quali porgono la sintesi volitiva e razionale, e sono la forma di quella materia. [...] Il primo dovere di ogni individuo che voglia efficacemente operare consiste perciò nel cercare sé medesimo, nell’indagare le proprie disposizioni, nello stabilire quali attitudini abbia in lui deposte il corso della realtà così nel momento della sua nascita come durante il lavorio della sua vita individuale345

Leggiamo ora come Jung definisce l’«individuo»:

Individuo vuol dire essere singolo. L’individuo psicologico è caratterizzato dalla sua psicologia particolare, e, sotto un certo aspetto, irripetibile. [...] l’individualità psicologica esiste inconsciamente a priori, coscientemente invece soltanto nella misura nella quale sussiste la consapevolezza di un peculiare modo d’essere, ossia nella misura nella quale sussiste una consapevole differenza da altri individui. [...] Per rendere cosciente l’individualità, ossia per trarla fuori dall’identità con l’oggetto, v’è bisogno d’un processo cosciente di

344

Ivi, p. 151.

345

108 differenziazione: l’individuazione.346

La convergenza di vedute appare netta.

Restituiamo ora la parola a Croce, che mostra più nel dettaglio come e perché si debba tenere ben presente il concetto di individualità e agire traendone le debite conseguenze:

Invano chi è disposto e preparato a guidare gli uomini nelle lotte politiche, e ha percezione viva e chiara delle forze e debolezze umane, di ciò che si può e di ciò che non si può fare, ed è provvisto, come si dice, di senso pratico (del senso delle complicazioni e sfumature), tenterà poi (salvo, ripetiamo, casi rarissimi ed eccezionali, e tale riserva è da sottintendere in tutto ciò che andiamo qui dicendo) di prender posto tra i cultori dell’astratto e dell’universale, operazioni che richiedono attitudini quasi contrarie; invano chi è nato per cantare, si proverà a calcolare [...] Peggio che superfluo, è stupido piangere sul proprio temperamento collerico o flemmatico. Vi sono stati santi collerici, che adoperavano perfino il bastone, e santi flemmatici, che riuscivano eccellenti nella paziente persuasione: il mite Francesco, «tutto serafico in ardore», e l’impetuoso Domenico, che «negli sterpi eretici percosse». La realtà è diversità, e ha bisogno degli uni e degli altri; e ciascuno è bravo se fa bene ciò a cui è chiamato. [...] l’individuo è la situazione storica dello spirito universale in ogni istante del tempo347

In linea con quanto detto a proposito del momento economico e in coerenza con tutto il sistema di pensiero crociano, questa ricerca dell’individualità non può, in alcun modo, essere disconnessa dalle istanze dell’universale:

Pure, se l’individuo non esaurisce l’universale, l’universale vive negli individui, la Realtà in ciascuna delle sue forme particolari.[...] L’individuo ha l’obbligo di cercare sé stesso; ma, per fare ciò, ha l’obbligo insieme di coltivarsi come uomo in universale. [...] l’universale non opera se non specificandosi, ma la

346

TP, p. 465.

347

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specificazione non è davvero tale se non contiene in sé l’universalità.348

Potrebbe, a questo punto, sorgere il dubbio che le parole di Croce e il suo stesso interesse per la dimensione individuale e per la specificità di ogni individuo costituiscano una sezione del suo pensiero non necessariamente connessa con la dialettica dei distinti. Siamo, infatti, certi che, sebbene il capitolo che ne parla sia inserito nella Filosofia della pratica (quindi in uno dei volumi che costituiscono la

Filosofia dello Spirito), i diversi abiti volitivi rispecchino lo schema e le fasi del

sistema tetradico?

Per rispondere a questa domanda, ci avvaliamo dell’opinione di chi, studiando Croce da filosofo, avvalendosi cioè degli strumenti più idonei a condurre l’indagine, ritiene necessaria l’esistenza della connessione. Così, ad esempio, Giuseppe Pezzino vede proprio nel principio di specificazione di cui stiamo discorrendo «il riflesso di quella crociana distinzione che giammai frantuma o annulla l’unità spirituale».349 Nella sua prospettiva, infatti,

sarebbe mostruoso e ben lontano dalla filosofia crociana interpretare la specificazione non solo come frattura dell’unità spirituale o incomunicabilità fra le forme distinte, ma addirittura come assoluto ed unilaterale predominio di una qualsiasi delle quattro forme sulle rimanenti.350

Pezzino conclude, quindi, che

se è vero che in base alla specificazione-distinzione si ha il poeta, il filosofo, il politico e il santo; è anche vero che, in base all’unità, ognuno di questi è fondamentalmente uomo nella sua interezza.351

Dalle parole dello stesso Croce, in effetti, apprendiamo che:

non c’è attimo e non c’è individuo nel quale esso [il dramma stesso dell’unico

348

Ibidem.

349

G.PEZZINO, Il filosofo e la libertà..., cit., p. 244.

350

Ibidem.

351

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mondo] non si celebri intero [...] Ma i momenti ideali, indivisibili nel dramma ideale, si possono vedere come divisi nella realtà empirica, quasi simbolo corpulento dell’ideale distinzione. Non che siano realmente divisi [...] ma empiricamente appaiono tali a chi osserva tipeggiando, e altro modo non ha di determinare nei tipi la individualità dei fatti [...] Così sembra che vivano l’uno distinto dall’altro l’artista, il filosofo, lo storico, il naturalista, il matematico, l’uomo d’affari, l’uomo buono352

Che Croce, proprio come farà qualche anno più tardi Jung, utilizzi il suo sistema quaternario non solo per rappresentare la vita dello Spirito, ma anche per distinguere le singole individualità, per comprendere i connotati fondamentali della psiche, lo dimostrano vari luoghi della sua opera. Pensiamo, ad esempio, a quanto dice sulle diverse personalità di Leopardi e di Marx, in merito alla possibilità di considerarli o meno dei filosofi:

Una critica del Marx, concepita quale critica del filosofo Marx, mi sembra [...] tanto unilaterale e ingenua, quanto sarebbe quella di Giacomo Leopardi, considerato come filosofo. Il Leopardi ebbe, senza dubbio, cultura filosofica e abbozzò un sistema; ma, sostanzialmente, fu poeta, e sotto l’aspetto artistico bisogna guardare l’opera sua e la sua stessa filosofia, riflesso o detrito della sua poesia. Il Marx [...] ebbe, anche più del Leopardi, cultura filosofica e, più di lui, ambizioni di teorico; ma fu, sostanzialmente, uomo pratico, rivoluzionario, agitatore, consigliere politico del movimento proletario.353

Come si vede, la Filosofia e la Pratica non restano affatto isolati nel loro Empireo, ma si concretano nei particolari “tipi umani” del filosofo e dell’uomo d’azione. Quindi, sebbene questi ritratti non coincidano in toto con quelli tracciati da Jung, il brano appena citato legittima comunque l’operazione di accostare la tetralogia dello Spirito a una classificazione che si concentra sulle differenze individuali, su qualcosa cioè di non molto distante dai crociani «abiti volitivi».

352

B.CROCE, Il posto dell’arte..., cit., p. 94.

353

IDEM, Marxismo e filosofia (1909), in IDEM., Conversazioni critiche. Serie prima, Bari, Laterza, 1950, pp. 296-297.

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In conclusione, proviamo a riassumere schematicamente le linee generali di questo confronto. Le quattro forme dello Spirito non sono perfettamente sovrapponibili alle quattro funzioni psichiche; i punti di contatto, però, appaiono nettamente superiori alle divergenze. Inoltre, i concetti crociani di «principio di specificazione» e di «abito volitivo», così come la nozione di «individuo», sono più che affini, direi quasi identici, ai corrispettivi elementi descritti da Jung. Va aggiunto che i due sistemi condividono alcune caratteristiche di base, come la duttilità, la consapevolezza dell’arbitrarietà delle categorie e la ricerca dello specifico individuale.