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III. Probabile autobiografia di una generazione

III.5. La dimensione etica

Resta un ultimo punto. Restano da collocare un’ultima funzione e un’ultima forma. Per farlo, riprendiamo a pedinare il percorso dello Spirito all’altezza in cui lo avevamo lasciato: quella che vedeva protagonista l’uomo-economico. Non diversamente dai suoi predecessori (l’artista e il filosofo), nel momento stesso in cui realizza l’atto proprio della sua sfera di competenza, egli diviene preda di un’insopprimibile, quanto inevitabile, moto d’insoddisfazione:

L’atto volitivo, in quanto economico, ci appaga come individui in un determinato punto del tempo e dello spazio; ma se esso non ci appagherà insieme come esseri trascendenti il tempo e lo spazio, la nostra soddisfazione sarà effimera e si muterà presto nella insoddisfazione.314

Per fare uno scarto, per compiere un’azione che trascenda l’interesse 312 Ibidem. 313 Ivi, p. 376. 314

97 specifico, occorre l’intervento dell’uomo-morale:

colui che si arrestasse all’affermazione dell’individuale, considerando come luogo di riposo quello che è il primo passo di uno svolgimento, entrerebbe in contraddizione col profondo sé stesso. Egli deve volere non solo in sé stesso individualizzato, ma insieme quel sé stesso che, essendo in tutti i sé stessi, è il loro comune Padre. [...] L’individuo morale ha questa coscienza di lavorare pel Tutto. Ogni più diversa azione conforme al dovere etico è conforme alla Vita, la deprimesse o la mortificasse.315

A differenza dell’attività economica, dunque, quella morale si ispira a valori universali ed eterni:

Giova anzitutto distinguere due ordini affatto diversi di valori: i valori universalmente umani, che si dicono di cultura, e i valori empirici o, come si chiamano, storici [...] il criterio distintivo dei due ordini è nettissimo: i primi sono istanze supreme, i secondi no; i primi sono non nati e imperituri, i secondi nascono e muoiono.316

In rottura, o almeno in disarmonia, con il sistema tetradico, che pone su un piano paritetico i diversi valori e le diverse attività, l’Etica appare così godere di uno statuto speciale. Senonché, avvertita la possibile aporia, Croce tiene a precisare che:

La moralità ha imperio assoluto sulla vita, e non c’è atto di vita, piccolo che si pensi, che essa non regoli o non debba regolare. Ma la moralità non ha imperio alcuno sulle forme e categorie dello spirito; e come non può distruggere o modificare sé medesima, così non può distruggere o modificare le altre forme spirituali, che le sono necessario sostegno e presupposto.317

315

Ivi, pp. 292-293.

316

IDEM, Contro l’astrattismo e il materialismo politici (1912), in IDEM, Cultura e vita morale.

Intermezzi polemici, Bari, Laterza, 1955, p. 184.

317

IDEM, Filosofia della pratica..., cit., p. 235. Per ragioni di chiarezza, sembra il caso di riportare, almeno in nota, il seguito del brano: «Da ciò l’insigne fatuità di coloro che pretendono

98

La medesima distinzione tra valori, connessa a una simile difesa delle prerogative di ogni singola funzione psichica, ritroviamo nella descrizione junghiana del Sentimento, ovvero dell’unica funzione psicologica che non abbiamo ancora preso in considerazione:

Annovero il sentire fra le quattro funzioni psichiche fondamentali. [...] Il sentire è [...] anche una sorta di giudizio, diverso tuttavia dal giudizio fondato sul pensiero [...] Come il pensare ordina i contenuti della coscienza secondo concetti, così il sentire ordina i contenuto della coscienza secondo il loro valore.318

In particolare, nella sua versione introversa, questa funzione guarda proprio a quegli stessi valori universitari e imperituri verso cui, come abbiamo visto, si indirizzava l’Etica ritratta da Croce:

Poiché il sentimento introverso è fondamentalmente sottoposto a presupposti soggettivi e si occupa solo secondariamente dell’oggetto, esso [...] apparentemente svaluta gli oggetti [...]. Esso non cerca di inserirsi nella realtà obiettiva ma di sovrapporsi a essa, tentando inconsciamente di realizzare le immagini che ne sono alla base.319

E prosegue, in termini che ancora più chiaramente lasciano intravedere l’affinità che qui sosteniamo:

Esso aspira a una intensità interiore alla quale gli oggetti apportano tutt’al più un incentivo. La profondità di questa forma di sentimento può essere solo intravista vagamente, ma non colta con chiarezza. [...] Com’è noto, le immagini primordiali sono insieme idea e sentimento. Perciò anche le idee fondamentali di Dio, di libertà, d’immortalità, hanno importanza tanto come valori di

regolare moralmente l’opera dell’arte, della scienza o dell’economia, e professano teoria moralistiche dell’arte e della filosofia o una scienza economica moralizzata. Il poeta, lo scienziato, l’industriale debbono (ben s’intende) essere uomini onesti, come ogni altro uomo; ma non è loro dato, per una sorta di follia d’onestà, convellere la natura della poesia, della scienza e dell’industria» (ibidem).

318

TP, pp. 480-482.

319

99 sentimento quanto come idee.320

Si obietterà che, a differenza di Croce, Jung non parla tanto di “etica”, quanto di “sentimento”, e che, essendo questa parola tutt’altro che aliena al vocabolario del filosofo, sarebbe più opportuno impostare il confronto tra le due accezioni del medesimo termine, piuttosto che riferirsi all’attività morale. Per rispondere all’ipotetica replica, torniamo a Croce e, nello specifico, alla fase dell’intuizione lirica, per vedere come si presenta il sentimento all’interno della tetralogia dello Spirito. Notiamo immediatamente che esso rappresenta un ingrediente ineliminabile della creazione artistica, la quale non deve però riproporlo nella sua immediatezza, bensì filtrarlo, coniugarlo con l’intuizione, al fine di realizzare una sintesi delle due componenti:

l’arte è una vera sintesi a priori estetica, di sentimento e immagine nell’intuizione, della quale si può ripetere che il sentimento senza l’immagine è cieca, e l’immagine senza il sentimento è vuota.321

Scendendo più nel particolare:

ciò che dà coerenza e unità all’intuizione è il sentimento: l’intuizione è veramente tale perché rappresenta un sentimento, e solo da esso e sopra di esso può sorgere. Non l’idea, ma il sentimento è quel che conferisce all’arte l’aerea leggerezza del simbolo: un’aspirazione chiusa nel giro di una rappresentazione: ecco l’arte [...] Ciò che ammiriamo nelle genuine opere d’arte è la perfetta forma fantastica, che vi assume uno stato d’animo. [...] Ciò che ci dispiace, nelle false e imperfette, è il contrasto non unificato di più e diversi stati d’animo322

Appellandosi, quindi, alla comune esperienza di ogni fruitore d’arte, Croce si chiede:

320

Ibidem.

321

B.CROCE,Pregiudizi intorno all’arte (1912), in ID.,Breviario..., cit., p. 53.

322

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Come potrebbe nascere quella sintesi estetica che è la poesia, se non la precedesse uno stato d’animo commosso? [...] E questo stato d’animo, che abbiamo chiamato sentimento, che cosa è altro mai se non tutto lo spirito, che ha pensato, ha voluto, ha agito, e pensa e desidera e soffre e gioisce, e si travaglia in sé stesso?323

Da qui, una definizione dell’arte e dell’artista fortemente improntata alla capacità di empatia e alla componente morale (non moralistica, ovviamente), che accompagna in modo costante e indissolubile il processo creativo, senza per questo limitarne l’autonomia:

fondamento di ogni poesia è la personalità umana, e, poiché la personalità umana si compie nella moralità, fondamento di ogni poesia è la coscienza morale. Ben inteso, con questo non si vuol dire che l’artista debba essere pensatore profondo e critico acuto, e neppure che debba essere uomo moralmente esemplare o eroe324

Il compito del vero artista dovrebbe allora essere, in primo luogo, quello di coltivare in sé una spassionata «partecipazione al mondo del pensiero e dell’azione che gli faccia vivere, o per propria esperienza diretta o per simpatia con l’altrui, il pieno dramma umano».325

Quanto detto lascerebbe supporre che il sentimento crocianamente inteso sia appannaggio esclusivo della fase artistica, quindi non assimilabile a quello junghiano, che abbiamo ipotizzato essere il corrispettivo non della prima, bensì della quarta forma dello Spirito, quella relativa all’Etica. In realtà, se è vero che il sentimento si presenta all’intuizione artistica come una sorta di materia grezza, ancora da forgiare ed elaborare, vuol dire che esso si situa in una zona e in un momento precedenti detta intuizione. Ma quest’ultima, come ben sappiamo, rappresenta la prima fase del processo: quindi, il sentimento nasce prima della

323

IDem, L’arte nelle sue relazioni (1912), in IDEM, Breviario..., cit., p. 202.

324

Ivi, p. 203.

325

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prima fase. In considerazione della circolarità che caratterizza il sistema tetradico dei distinti, dobbiamo allora ipotizzare che esso si sviluppi nella quarta forma, o quanto meno che l’attraversi. La quale forma, come più volte ricordato, è proprio l’Etica.

Deduzione, questa, che sembra trovare conferma nel seguente brano: Che cosa è il sentimento, che abbiamo postulato al principio della nostra disamina come necessario presupposto e materia della poesia, e in quanto tale, informa la materia, e a cui abbiamo tuttavia riconosciuto forma e concretezza per sé, fuori o prima che venisse in questa relazione con la poesia?326

La risposta che si dà Croce è che il sentimento, nella sua autonomia extra- poetica,

non è altro che la stessa vita pratica, la quale, se è fare, è per ciò stesso patire (per stare alle denominazioni delle due categorie aristoteliche), e, tutt’insieme, azione e sentimento dell’azione, azione e piacere e dolore. E la pratica si chiama «sentimento» solo [...] quando, non essendo più attualità di azione, è sentita e riguardata nel solo aspetto di passione.327

La conclusione è dunque che:

La risoluzione del concetto di sentimento in quello di vita pratica salda il circolo spirituale; e questa è la sua importanza per la generale concezione della realtà.328

Il sentimento, dunque, nasce, si produce e si identifica con la stessa vita pratica: il che è come dire che esso sia in parte riconducibile all’Economia, in parte all’Etica, quindi al terzo e al quarto momento della dialettica dei distinti. La tesi che si sosteneva e che lo voleva non estraneo alla dimensione morale appare

326

IDEM,La poesia. Introduzione alla critica e storia della poesia e della letteratura (1936), a

cura di Giuseppe Galasso, Milano, Adelphi, 1994, p. 39.

327

Ibidem.

328

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in tal modo confermata. Anche cavillando sui termini (preferendo “sentimento” a “morale” o viceversa), anche concedendo che l’accezione crociana risulti più estensiva, permane infatti la sostanziale affinità tra la funzione junghiana e la relativa attività dello Spirito. O meglio – si può, a questo punto azzardare senza incorrere in troppo scoperti fraintendimenti –, tra l’intero sistema della Filosofia

dello Spirito e quello dei Tipi psicologici.