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IV. Il romanzo del Novecento

IV.4. Romanzo e mitologia

Concludiamo questa conversazione sul Romanzo del Novecento

riagganciandoci al suo inizio: ovvero, i punti di tangenza con l’esperienza debenedettiana al Saggiatore. In particolare, prendiamo in considerazione un testo, pubblicato nella collana «Biblioteca delle Silerchie», che le lezioni non citano, ma che viene in qualche modo evocato in questo brano (circoscritto – come tanti altri relativi alla psicologia del profondo – nello spazio delimitato da due parentesi), che parla di Jung:

515

È questo il titolo posto dalla curatrice a una parte del Romanzo del Novecento che analizza i personaggi pirandelliani. Cfr. RN, pp. 440-454.

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(Un alleato, un complice sconosciuto, del quale si ignorano quasi sempre gli studi e le idee; forse bisognerà giungere a Thomas Mann per trovare un artista che accetta, anche se non lo confessi, confluenze e parallelismi con Jung, se non altro per il tramite di quel mitologo junghiano che è Karl Kerényi).517

Ebbene, nel ’60, sotto il titolo Romanzo e Mitologia, il Saggiatore pubblica proprio un carteggio tra Thomas Mann e Károly (o Karl) Kerényi.518 Il coinvolgimento di Debenedetti nel progetto non è oggetto di discussione, secondo Paolo Chiarini:

per quanto riguarda le Note adespote che aprono il doppio carteggio di cui si è detto sopra, la loro attribuzione al critico piemontese risulta fin troppo facile. A parte altre considerazioni, lo stile sempre animato dall’estro dell’intelligenza, l’aggettivazione mai inerte e soprattutto “spie” lessicali come la paradigmatica e ritornante coppia “vocazione e destino” valgono a fugare qualsiasi dubbio in proposito.519

Anche Domenico Tarizzo dà per scontata la redazione debenedettiana della Nota, se la assume come testimonianza dell’atteggiamento proprio del critico a quell’altezza storica:

Col passare degli anni l’artista non è ormai più, per Debenedetti, il malato ribelle e romantico, ma l’uomo-che-ricorda junghiano. Il mitologo Thomas Mann che ricorda-e-non-sa (nonostante tutto quello che gli ha detto Carlo Kerényi?) [...] e che con candore sospetto se ne esce con questa battuta: ‘Eppure mi pareva che dovesse essere divertente tentare una psicologia mitica’, che Giacomino immediatamente annota.520

Il carteggio, prima parte di un corposo epistolario che inizia nel ’34 e si

517

Ivi, pp. 468-469.

518

Cfr. CARLO KERÉNYI, THOMAS MANN, Romanzo e mitologia. Un carteggio, traduzione di Ervino Pocar, Milano, Il Saggiatore, 1960 (ed. orig. Zürich, 1945).

519

PAOLO CHIARINI, Debenedetti e Thomas Mann, in R.TORDI (a cura di), Il Novecento ..., cit., p. 34.

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protrae fino al ’55, contempla molti dei nomi che abbiamo fin qui incontrato: da Freud a Wagner, da Nietzsche a Jung, riuniti e riaccordati in una sintesi felice e ricca di spunti. Leggiamo, ad esempio, cosa scrive Mann nel ’36:

L’articolo orfico è anche questa volta interessantissimo. […] - E poi una quantità di allusioni a Nietzsche e appunto perciò molto avvincenti per me in tutta l’analisi o definizione di orfico fin nel nome del «Solitario» e fin nella menzione della «deserta alta montagna» come paesaggio dionisiaco. – Questo scritto è tra quelli che metto da parte per rileggerli nel momento in cui dovessi concretare seriamente il saggio su Nietzsche che ho in mente da molto tempo e che fa parte dei miei più precisi programmi.521

In quello stesso anno, Kerényi così si esprime a proposito di Giuseppe in

Egitto, un volume della tetralogia manniana Giuseppe e i suoi fratelli:

Qui e, in genere, in tutta l’opera trovo il definitivo superamento del freudismo in quanto analisi di natura dissolvente (non conosco purtroppo la Sua conferenza di Freud e per «superamento»intendo la perfetta comprensione e, insieme, un passo più in là) a vantaggio della visione di realtà universali organiche, non suscettibili di ulteriori analisi, come […] il mondo palustre o il cigno o la Mut-en-emet, questa rinata sorella della Fedra di Euripide. Essa ha una forma così esemplare, senza freudismo, naturale e classica come la protagonista di una tragedia greca522

Passando ai riferimenti junghiani, ecco una lettera del’41; a scrivere è Mann, da Princeton:

che Lei si sia trovato in compagnia di Jung sul terreno della scienza, che la mitologia abbia incontrato la psicologia, è un avvenimento molto singolare e tipico di questo momento dello spirito. Il Fanciulli divino mi è arrivato regolarmente. È un libro interessantissimo, e non c’è da meravigliarsi che quando due iniziati di tal fatta lavorano insieme, ne nasca un interessamento

521

C.KERÉNYI,T.MANN, Romanzo e mitologia..., cit., pp. 52-53.

522

169 meraviglioso.523

Qualche riga più avanti:

Per parte mia sono lieto di vedere con quanto zelo e con quanta commozione sono ancora capace di leggere quando mi trovo davvero nel mio elemento, e quale dovrebbe essere ora il mio elemento se non il mito aggiunto alla psicologia? Da un pezzo sono un amico appassionato di questa combinazione poiché di fatto la psicologia è il mezzo per strappar di mano il mito agli oscurantisti fascisti e «trasfunzionarlo» in umanità. Questa unione rappresenta per me addirittura il mondo avvenire, un’umanità benedetta dall’alto, dallo spirito, e «dal profondo che è sotto di noi».524

Nella Nota introduttiva, Debenedetti cita un passo molto simile, tratto dalla

Autobiografia dello scrittore tedesco:

Mito e psicologia: i bigotti anti-intellettualisti pretendevano che fossero due cose ben distinte. Eppure mi pareva che dovesse essere divertente tentare una psicologia del mito mediante una psicologia mitica.525

Ecco, proprio in queste parole di Mann, mi sembra che risieda il nucleo più profondo, il senso più alto e autentico, dell’idea debenedettiana di psicologia del profondo. Forse non sempre essa emerge chiaramente dalla sua saggistica; ma quando lo fa, quando riesce a svincolarsi dalla meccanica applicazione di “complessi” e di statiche categorie dell’Io, l’analisi approda a uno studio tematico in grado di creare un tessuto connettivo tra il testo letterario e dimensioni di ampio respiro, sfere ataviche e imperiture quali, appunto, il Sacro il Mito.

523 Ivi, p. 82. 524 Ivi, p. 83. 525 Ivi, p. 7.

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