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II. Savinio, Bazlen e Bernhard

II.3. Bernhard rilegge Jung

Nel 1996, il filosofo e psicoterapeuta junghiano Romano Màdera, definiva Ernst Bernhard «uomo e analista originale, forse bizzarro, poliedrico fino allo smarrimento».212

Bernhard era nato a Berlino, da genitori ebrei, il 18 settembre 1896.213 Proveniva da una famiglia consacrata alla medicina e agli studi scientifici, e solo durante la Prima Guerra Mondiale, alla quale partecipò come volontario nel Corpo della Sanità, si trovò per la prima volta faccia a faccia con opere e trattati filosofici; fu in questa circostanza che si imbatté, restandone profondamente colpito, nel pensiero di Martin Buber. L’impatto con le riflessioni buberiane fu la prima “rivoluzione copernicana” della sua formazione. Conseguita la laurea in medicina, apre un ambulatorio pediatrico e collateralmente si dedica allo studio

210

M.E.DEBENEDETTI, Cronologia, cit., p. LXXVII.

211

L'analista junghiano Aldo Carotenuto, che ha studiato a fondo la figura di Bazlen, insiste sull'impossibilità che una mente non dogmatica e naturalmente propensa alla "molteplicità", come era quella di Bazlen, non potesse riporre una fede autentica nelle teorie freudiane. Cfr. JCI, p. 124.

212

R.MÀDERA,Maestri scomodi: Ernst Bernhard, Buber e Jung, «Rivista di psicologia analitica»,

54, 1996, pp. 12-41.

213

Quando non diversamente indicato, le informazioni biografiche su Bernhard, sono tratte dal già menzionato volume di Aldo Carotenuto, che resta, a tutt'oggi, la più completa fonte di informazioni sullo psicologo berlinese. Cfr. JCI, pp. 44-45.

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della figura di Cristo, nella quale già Buber aveva rinvenuto quella del rabbi ebraico. Sempre a quel tempo, lette compulsivamente tutte le opere di Freud, sceglie di iniziare un percorso di analisi e scavo dell’inconscio, dapprima con Sandor Rado e successivamente con Otto Fenichel. Al 1932, si può far risalire il suo incontro con il chirologo, dalla eterogenea e poliedrica cultura, Julius Spier, trasferitosi a Zurigo proprio a quell’altezza storica per affiancare Jung nel lavoro analitico e che divenne l’elemento di mediazione tra Bernhard e lo psicologo ginevrino.

Rapporto difficile, complesso, segnato da avvicinamenti e silenzi singolari, fu quello tra i due. Il pensiero junghiano mostrava delle puntuali analogie con quelle che erano state le prime riflessioni di Bernhard e questi reputava Jung un modello imprescindibile di etica deontologica e folgorazioni dell’intelletto; tuttavia, il tanto amato maestro mantenne sempre, nei riguardi dell’allievo, un atteggiamento di moderata diffidenza, come testimonia il loro carteggio.214

Nel discorso commemorativo per la morte di Jung, a riprova di quanta stima avesse nutrito nei confronti del mentore, Bernhard ricostruì sub specie junghiana la propria formazione personale e professionale:

Il primo libro di Jung che lessi, lo trovai, appena terminata la mia esperienza freudiana, su un carrettino a Berlino nell’autunno del ’31. Era Il mistero del fiore d’oro, in cui Jung scrisse la famosa introduzione psicologica per la traduzione fatta da Richard Wilhelm, di un testo yoga buddistico cinese. Appena aperto tale libro il mio interesse fu risvegliato da certi passi degli ultimi capitoli, che a mio parere sono tra le cose più essenziali che Jung abbia scritto [...] Si tratta dello stato di "compimento" come meta della presa di coscienza, nello yoga così come nella psicologia junghiana.215

A causa del mutato clima politico, e dopo il fallimento di un primo tentativo di rifugiarsi in Gran Bretagna, Bernhard e la sua compagna Dora si trasferirono a

214

G. SORGE (a cura di), Lettere tra Ernst Bernhard e Carl Gustav Jung 1934-1959, Milano, Vivarium, 2001.

215

ERNST BERNHARD, Discorso commemorativo per la morte di Jung, in «Minerva Medicopsicologica», n. 73, 1961, pp. 31-32.

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Roma, nel dicembre del 1936. Poche sono le informazioni relative ai primi anni italiani, noto, invece, è che nell’appartamento di via Gregoriana 12, egli allestì in breve tempo un punto di convergenza per moltissimi pazienti ed allievi, futuri analisti, celebri artisti (Federico Fellini, tra gli altri), scrittori (Giorgio Manganelli e Natalia Ginzburg) ed intellettuali, come Giacomo Debenedetti.216 Importante, in questi primi anni della seconda vita bernhardiana, fu il rapporto di amicizia e collaborazione con lo psicoanalista freudiano Edoardo Weiss, che lo accolse con autentica bonomia, mandandogli i primi pazienti, nonostante l'aspro conflitto che allora regnava tra le loro rispettive scuole. Entrambi medici votati alla psicoterapia ed entrambi ebrei, Weiss e Bernhard costituirono un inossidabile sodalizio umano e professionale. Determinante, per il configurarsi del pensiero filosofico e psicoanalitico di Bernhard, fu anche la frequentazione di Giuseppe Tucci, noto orientalista che allora ricopriva l’incarico di Presidente dell’Istituto italiano per il Medio ed Estremo Oriente, i cui sforzi intellettuali, proprio in quegli anni, erano diretti alla stesura di Teoria e pratica del mandala.

In seguito all’emanazione delle leggi razziali, Bernhard venne arrestato, il 18 giugno 1940, e trasferito, in un primo momento, nel carcere di Regina Coeli; di lì fu poi deportato nel campo di internamento di Ferramonti, presso Cosenza. Fonti biografiche tramandano che lasciò l’abitazione portando con sé solo il diario personale e l’I Ching.217 Nell’aprile 1941, Tucci riuscì a farlo liberare e ritornare a Roma.218 Nei primi mesi, le difficoltà del reinserimento nella vita quotidiana furono aggravate dall’amnesia e dallo stato paranoico che lo avevano colpito, ma nonostante ciò, egli in breve tempo riprese a leggere e studiare, rivelando particolari inclinazioni per la filosofia tedesca e la critica biblica protestante. Molti suoi lavori, raccolti poi in Mitobiografia, ebbero origine in questi anni di forzato nascondimento e, per lo più, riguardano riflessioni sull’entelechia (uno dei cardini del suo pensiero) e sui costrutti della psicologia junghiana.

216

Cfr. JCI, pp. 144-147.

217

Anche Bazlen era un attento lettore de I Ching, come riferisce MANUELA LA FERLA, Diritto al

silenzio. Vita e scritti di Roberto Bazlen, Palermo, Sellerio, 1994, p. 54.

218

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I suoi studi di esoterismo e misticismo si avvalsero, poi, degli stimoli offertigli dal «ciclone» Bazlen.219 Tra i due nacque un legame fortissimo, cementato dai comuni interessi verso la psicologia analitica e non solo. Come ci riferisce la biografa bazleniana Manuela La Ferla:

a Roma Bobi conosce colui che più di chiunque altro avrà un'influenza decisiva sulla sua esistenza: Ernst Bernhard [...]. Per molti aspetti essi appaiono uno l’immagine speculare dell’altro, e infatti tra di loro sembra come verificarsi una perfetta corrispondenza empatica. I molteplici interessi di Bazlen trovano, attraverso il suo insegnamento diretto, quasi una consacrazione a linguaggio unitario.220

Rispetto alla loro formazione junghiana, La Ferla osserva che:

Grazie a lui, sia l'attenzione all'astrologia, cui entrambi credevano fermamente quale strumento ulteriore di decifrazione e comprensione, che il filtro-mobile della chirologia e le infinite correlazioni con la filosofia orientale vengono collegate tra loro e analizzate in rapporto al pensiero e alle teorie di Carl Gustav Jung.221

Segue un passaggio che fa pensare molto a Debenedetti:

L'intellettuale tedesco aveva fondato la sua terapia sul concetto del proprio destino, di cui bisogna ritenersi responsabili come dei propri sogni, non scindendo vita interiore ed eventi esterni, ma predisponendosi alla ricezione dell'entelechia: «ciò che porta in sé il fine».222

A Bernhard e Bazlen si deve la fondazione di «Psiche e Coscienza», la

219

Carotenuto dice che per Bazlen Bernhard fu «come un ciclone». Cfr. JCI, p. 127. Carotenuto ricorda anche che Bazlen «rinnegava [...] apertamente il valore dei classici e si avventurava in ardite esplorazioni culturali, cercando lo strano, l'inconsueto» (ivi, p. 123).

220

MANUELA LA FERLA,Diritto al silenzio. Vita e scritti di Roberto Bazlen, Palermo, Sellerio,

1994, pp. 52-53.

221

Ivi, p. 53.

222

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«Collana di testi e documenti per lo studio della psicologia del profondo» della casa editrice Astrolabio, nella quale verranno pubblicati, tra gli altri: Psicologia e

alchimia (con la traduzione di Bazlen); la prima edizione italiana dell’I Ching

(con prefazione di Jung); e L’abbandono alla provvidenza divina del gesuita Jean- Pierre De Caussade, il volume sovente regalato da Bernhard ai propri amici e pazienti.223

In quegli stessi anni, al civico numero 12 di via Gregoriana iniziò un flusso continuo di un’ intellighenzia ricca e varia, che riconosceva, nel muoversi tra saperi certo non convenzionali e nell’aperta religiosità – ebraica ma legatissima alla figura del Cristo, con una profonda attenzione alla filosofia taoista – un agire stimolante e non convenzionale.224

Bernhard sarebbe morto nel 1965, a breve distanza da Bobi Bazlen: durissimi colpi per Debenedetti, privato, al contempo, di due amici e di due interlocutori d’eccezione.