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Un’amicizia di “lungo corso”: Bazlen e Debenedetti, letteratura e scienze del profondo

II. Savinio, Bazlen e Bernhard

II.6. Un’amicizia di “lungo corso”: Bazlen e Debenedetti, letteratura e scienze del profondo

Se, come accennato sopra, delle comunicazioni personali intercorse tra Debenedetti e Bernhard non abbiamo che qualche fugace segnalazione, dato il segreto professionale e il culto della privacy che costituivano la base del loro rapporto, ben diverso il caso dell’amicizia e della lunga frequentazione che legò i destini di Debenedetti e Bazlen. Per chi volesse, infatti, ricostruire il contesto storico-culturale di quegli anni, a metà tra editoria e psicologia del profondo, imprescindibili sono i contatti che essi mantenendo per un quarantennio, dal 1924 fino alla metà degli anni Sessanta. Fin dalla lettera, datata 25 aprile 1924, in cui Umberto Saba preannuncia a Debenedetti la visita di Bazlen, desideroso di raggiungerlo a Torino per fare la sua diretta conoscenza, prende corpo, davanti ai nostri occhi, un’esaltante avventura umana e libresca.236 A parere di Saba, Bazlen doveva conquistare l’attenzione di Debenedetti in quanto lettore d’eccezione, conoscitore di Proust e personalità brillante, ed effettivamente fin dal primo incontro si instaurò, pur tra le mille reticenze che un’educazione alto-borghese come quella di Debenedetti doveva comportare, una vivace complicità, che nel corso degli anni si sarebbe cementata sulla base di gusti e visione della vita comuni. Immediata, visto il successo del primo colloquio, la replica, in parte

235

Fornisce una ricostruzione accurata M.LA FERLA,Diritto al silenzio ..., cit., pp. 54-55.

236

Condivido il giudizio di Manuela La Ferla che parla di "lettura come espressione" per Bazlen. Cfr. indice del libro.

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piccata e in parte compiaciuta, di Umberto Saba il quale, amico di Debenedetti fin dal 1923, in una missiva del 29 novembre del '24, accenna alla possibilità che Bobi introduca il proprio corrispondente «nel suo e tuo ambiente giovanile»,237 da cui, forse, egli si sentiva escluso. Emerge, nelle comunicazioni che Bazlen e Montale si scambiano, una ironica bonomia laddove ci si riferisca a Debenedetti; Bazlen sembra quasi parodiare certe “convinzioni” del critico e, in talune missive, si propone, a riprova della confidenza che legava i tre amici, di utilizzare, demistificando, proprio le categorie interpretative e gnoseologiche del Nostro. Quando, ad esempio, egli allude a Lodovici e alla possibilità di scorgere nelle sue pagine un’«esperienza (non debenedettiana) di miti e spudorate antropofagie sentimentali»,238 sembra quasi offrire il destro, al temperamento beffardo e sardonico di Montale, per qualche battuta sul conto di Debenedetti. Vera miniera di dettagli e aneddoti sono, poi, le missive che Bazlen spedisce al poeta ligure nell’estate del ’26, quando il rapporto con Linuccia Saba sembra ancora piuttosto saldo e, complice la bella stagione, maggiori sono le occasioni di incontro con gli amici. In esse si parla delle primizie editoriali che egli consigliava a chi aveva vicino (Levet «prestato a Giacomino, quand’era a Trieste»),239 dei componimenti

in fieri di Saba (l’Uomo, «molto bello, ma [che] appartiene lo stesso alla categoria

delle cose che non si fanno»),240 di altri personaggi di rilievo nel panorama letterario della metà del secolo scorso, come Giacomo Noventa, spesso accomunato, con la consueta giovialità di Bazlen, proprio a Debenedetti per la concettosità delle conversazioni, sprovviste, o almeno così a lui sembrava, di “leggerezza”. Anzi, proprio riferendo a Montale di una serata trascorsa insieme, Bazlen annota che essi «hanno detto cose molto gravi e difficili, che non ho nemmeno ascoltato. Solo la Linuccia si è accorta che sono molto scemi».241

Vogliano essere, queste citazioni, una finestra aperta sulla quotidianità di quei

237

UMBERTO SABA, Lettere a Giacomo Debenedetti, a cura di G. Debenedetti, «Nuovi Argomenti», n. 41, novembre-dicembre 1959, p. 12.

238

ROBERTO BAZLEN,Scritti, a cura di Roberto Calasso, Milano, Adelphi, 1984, p. 360.

239 Ivi, p. 368. 240 Ivi, p. 370. 241 Ivi, p. 374.

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personaggi, capaci di discorrere di recensioni e fotografie così come di viaggi e di programmi per il ferragosto; non appena molti di essi si trasferirono a Roma – Debenedetti fra il ’36 e il ’37, come Bernhard, Bazlen dal ’39 -,242 data la possibilità di incontrarsi de visu ed essere anche fisicamente presenti nella vita gli uni degli altri, le informazioni contenute nelle lettere perdono di consistenza e di rilievo.

Quanto Bazlen sapesse essere di conforto e di sostegno agli amici in difficoltà ci viene descritto anche da Antonio Debenedetti, che tra le pagine di Giacomino, ricostruisce il periodo in cui, a causa di alcuni dissapori tra Giacomo e Renata, egli orbitava di frequente nella loro abitazione, suggerendo comportamenti e strategie, intrattenendo i due figli della coppia e cercando, il più delle volte, di smorzare le crisi di insoddisfazione di Debenedetti con un pizzico di scanzonato relativismo. Nel ricordo di Antonio, Bazlen era sulfureo ma non demonico, una figura originale e bizzarra che, nei momenti di disagio, invitava gli amici ad essere caoticamente creativi. E coraggioso, almeno nelle esplorazioni dell’intelletto, Bazlen lo era davvero, almeno per ciò che concerne le scienze umane e la psicoanalisi, il punto di riferimento era lui, così come l’apripiste, lo Sciamano, il propulsore e il punto di raccordo tra le discipline più distanti tra loro, che egli approcciava per scorgervi varchi in direzione dell’Oltre e dell’Indicibile.243

Ad un giovane Pedullà, col quale si era recato in una galleria di arte moderna, Bazlen appariva, come Debenedetti, un uomo intento a guardare «l’albero per vedere le radici, quelle che penetrano fino al fondo dell’universo e che, trasformandosi in reticolato di vario colore, reggono il mondo dai livelli più

242

Cfr. M.LA FERLA,Diritto al silenzio ..., cit., pp. 36 e 48.

243

Della Psicologia Analitica forse a Bazlen sembrava suggestiva soprattutto l'idea dell'inconscio collettivo, in quanto implicava l'analisi di miti, figure e leggende presenti nelle culture più disparate, alla ricerca di archetipi come la morte, la nascita, Dio. Per lui, poi, erano particolarmente affascinanti gli agganci della dottrina junghiana con l'astrologia, le scienze occulte, l'alchimia, l'etnologia, le filosofie e le religioni orientali, tutti campi del sapere, insomma, verso cui si sentiva irrimediabilmente attratto e in cui avrebbe compiuto, nel corso degli anni, sortite e incursioni a più riprese. Anche del pensiero junghiano egli rifiutava la parte sistematica, mentre si avventurava con entusiasmo nell'esplorazione di quelle tracce che potessero mettere in comunicazione i diversi aspetti della temporalità, la cultura occidentale con quella orientale; il concreto e il metafisico.

79 oscuri».244

Era proprio quest’attitudine alla contemplazione, non scevra da originalità di pensiero, ad aver determinato l’interesse di Bazlen nei confronti della psicologia analitica: prima e forse più di Bernhard, il tramite di Debenedetti per tutti gli scritti di Jung fu l’amico triestino; scrittore sì senza libri, ma lettore onnivoro.

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