• Non ci sono risultati.

VERSO UN NUOVO DIRITTO ALL’ABORTO.

3. Se l’aborto è ineliminabile.

Nel corso di quest’analisi, si è visto come, la disciplina sull’interruzione volontaria di gravidanza sia contenuta, prevalentemente157, in fonti di rango primario. Come logica conseguenza di tale collocazione, non è irragionevole ipotizzare, che laddove un partito o un movimento politico in genere, di impronta pro life, dovesse ottenere la maggioranza dei seggi parlamentari, le norme in materia di interruzione volontaria di gravidanza si ritroverebbero esposte al rischio, non solo di strumentalizzazione politica, ma soprattutto di abrogazione parziale o totale. I giudici della Consulta, evidentemente consapevoli di tale pericolo, hanno posto la legge n. 194 al riparo da tali ingerenze. L’occasione si è presentata nel 1997, quando il

156R. ROMBOLI, Il consenso del non avente diritto, cit., p. 2113.

157Fa eccezione ad esempio il sistema spagnolo, che regola l’interruzione

volontaria di gravidanza con una legge organica. Nella gerarchia delle fonti essa si colloca al di sotto della Costituzione e delle leggi costituzionali, e al di sopra delle normative di rango primario.

123

Partito Radicale ha promosso un referendum abrogativo158 della legge n. 194/1978159. La “richiesta radicale” mirava a scardinare il modello discorsivo introdotto dalla legge n. 194, e a liberalizzare in generale il ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza, entro i primi novanta giorni di gestazione, abolendo il monopolio delle strutture pubbliche nella pratica delle IVG, a favore di un diritto all’aborto fondato sulla reale autodeterminazione della donna. Con la sentenza n. 35/1997160, la Corte Costituzionale dichiara inammissibile la proposta referendaria, entrando nel merito della vicenda abortiva161. A parere dei giudici l’abrogazione degli artt. 1, 4, 5, 12 e 13 (e di conseguenza degli altri indicati) travolgerebbe “disposizioni a contenuto normativo costituzionalmente vincolato sotto più aspetti, in quanto renderebbe nullo il livello minimo di tutela necessaria, dei diritti costituzionali inviolabili alla vita, alla salute nonché di tutela necessaria della maternità, dell’infanzia e della gioventù”. Con la sentenza n. 16/1978 la Corte ha affermato

158 Si tratta del secondo tentativo di abrogazione della legge n. 194 e

successiva liberalizzazione dell’aborto promosso dal Partito radicale. Il primo risale al 1981, dichiarato in quel caso ammissibile dalla Corte Costituzionale, esso ha dato luogo a una consultazione popolare che ha visto la partecipazione di 30.984.904 votanti. Circa l’88, 40% degli votanti però, pari a 27.395.909 ha espresso parere negativo. Per un’analisi dottrinale del giudizio di ammissibilità del referendum abrogativo si veda A. PERTICI, Il giudice delle leggi e il giudizio di ammissibilità del referendum abrogativo, in Quaderni del Dipartimento di Diritto Pubblico, Università di Pisa, Torino, 2010.

159 In particolare si chiedeva l’abrogazione limitatamente agli artt.1, 4, 5, 6

lett. b, 7 primo comma , 8, 11,12, 13, 14, 15 secondo comma, 19 nelle parti incompatibili con la liberalizzazione dell’aborto di donna consenziente nei prima novanta giorni, 22 terzo comma. Per una lettura delle argomentazioni radicali, si veda, http://www.radioradicale.it/exagora/memoria-referendum- aborto.

160 Corte Cost., sentenza n. 35/1997, in Giur. Cost., I.

161 Parte della dottrina, vede nella decisione della Corte una significativa

ingerenza nella sfera di autonomia legislativa, sul punto si veda G. BRUNELLI, L’interruzione volontaria della gravidanza, cit., p.824.

124

infatti, che al di là dei casi di inammissibilità del referendum, espressamente previsti all’art. 75, secondo comma, Cost., all’interno del dettato costituzionale sono rintracciabili alcuni valori, che meritano una protezione così alta, da essere esclusi dai tentativi di abrogazione sia referendaria, che legislativa. In particolare, nel caso in esame, i valori che vengono in rilievo sono la tutela della maternità e della vita umana fin dal suo inizio, la salvaguardia della salute e della vita della gestante, dell’infanzia e della gioventù.

Ora, a parere dei giudici della Corte, le disposizioni della legge n. 194, oggetto della richiesta referendaria, hanno realizzato il bilanciamento tra quelle diverse esigenze, indicate come meritevoli di una tutela necessaria minima dallo stesso giudice Costituzionale, con la sentenza n. 27/1975. Così la procedura autorizzativa è funzionale tanto alla tutela del concepito, ancorando la liceità dell’aborto ad “ una previa valutazione delle condizioni atte a giustificarlo”, quanto alla protezione della salute materna, essendo la consulenza del medico improntata a valutare il serio pericolo per la salute fisica e psichica della gestante. Non solo, gli art. 12 e 13, nella misura in cui assicurano l’accesso all’IVG, anche alla minore o alla donna interdetta, tutelano altri interessi costituzionalmente protetti, anche se non espressamente previsti dalla sentenza n. 27/1975, e cioè l’infanzia e la gioventù, in conformità all’art. 31, secondo comma, della Costituzione.

Va sottolineato, che in merito alla tutela della vita umana fin dal suo inizio, a prima vista la Corte, sembra in tale sentenza rafforzare la posizione giuridica del concepito. I giudici

125

ritengono che l’art. 1 della legge n.194, nella misura in cui riconosce il valore sociale della maternità e tutela, la procreazione cosciente e responsabile, e la vita umana fin dal suo inizio, stia, in realtà, dando attuazione a valori di rango costituzionale già enunciati dalla sentenza n. 27/1975, la cui portata è confermata a livello internazionale. Nella Dichiarazione sui diritti del fanciullo, infatti, approvata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, nel 1959, a New York, è scritto che “il fanciullo a causa della sua mancanza di maturità fisica ed intellettuale, necessita di una protezione e di cure particolari, ivi compresa una protezione legale appropriata, sia prima che dopo la nascita”. Il valore delle vita prenatale è da iscriversi, infatti, ricordano i giudici, tra quei diritti inviolabili di cui all’art. 2 della Costituzione, che occupano una posizione privilegiata nell’ordinamento e che appartengono “all’essenza dei valori supremi sui quali si fonda la Costituzione italiana”. In realtà, a parere di chi scrive, i giudici della Consulta non rilevano una maggiore soggettività del concepito162, la tutela della vita fin dal suo inizio è sempre stata tra gli obiettivi del giudice costituzionale, come emerge dalla stessa sentenza n. 27/1975 laddove, la Corte afferma che la tutela del concepito trova fondamento costituzionale all’artt. 2 e 31, secondo comma, Cost163. Si potrebbe effettivamente obiettare, che non compare invece nella sentenza n. 35/1997, nessun riferimento alla differenza tra l’effettiva natura personale della gestante e quella

162Per un approfondimento in tal senso si veda M. OLIVETTI, Verso il

riconoscimento della soggettività giuridica del concepito? Osservazione alla sentenza Corte Cost. n. 35/1997, in Giur. Cost., 1997, I, p. 316.

163 In tal senso anche R. FATTIBENE, M. IADICICCO, L’aborto nella

giurisprudenza costituzionale, in Centro Universitario di Ricerca Bioetica, 2010.

126

solo potenziale del concepito, ma ad una lettura più attenta, si rileva che in nessun punto il giudice costituzionale invita il legislatore ad adottare un modello più restrittivo in tema di aborto, anzi vede nel sistema approntato agli art. 4 e 5 della legge n. 194, la giusta modalità per realizzare quel contemperamento, tra diritto alla vita e alla salute fisica e psichica delle gestante e diritto alla vita del concepito.

Semmai, emerge, come il modello del bilanciamento appaia ancora, ai giudici costituzionali, come l’esclusiva tecnica pensabile per regolare la procedura abortiva. A tal punto, da decidere di “blindare” quello attuato dalla legge n. 194, impedendone l’abrogazione di qualsiasi natura. L’astrazione del concepito dal corpo materno, resta dominante e ,alla luce di tale sentenza, difficile da scardinare. Va riconosciuto però, a favore della Corte Costituzionale, che effettivamente questa è la scelta prevalente a livello nazionale e sovranazionale, e che la traduzione in termini giuridici di quel rapporto unico, che è la gravidanza, non è semplice164. Senza considerare che seppur costruita come vicenda di conflitto, tale soluzione ha permesso all’aborto di uscire gradualmente dalla clandestinità, preservando molte donne da seri rischi per la propria vita e per la propria salute. Ritornando poi, alla sentenza in esame, il riconoscimento, da parte dei giudici del contenuto

164Voci autorevoli in dottrina, hanno rintracciato la difficoltà di disciplinare

giuridicamente la vicenda abortiva, sul punto G. ZAGREBELSKY, “ Ci sono forse ambiti che sono per loro natura preclusi alla norma esterna giuridica e necessariamente rimessi alla norma morale. Forse le fonti della vita e della società sono tra questi. Quel che c’è prima della nascita non riguarda il diritto, perché esso è impotente e può fare solo danni”, ancora S. RODOTA’ “… Il dare la vita – attribuzione del genere femminile – impone un rispetto che non può tutto risolversi nel gioco delle norme, o peggio, delle tattiche politiche”, come citati in T. PITCH, Un diritto per due, Milano, 1998, p. 97.

127

costituzionalmente vincolato della legge n. 194, non solo, pone le norme sull’interruzione volontaria di gravidanza, a riparo da tentativi di abrogazione e strumentalizzazione politica, ma soprattutto, nel consacrare il diritto all’aborto – seppure come extrema ratio – sembra ammettere che sì, l’aborto, prima come fenomeno sociale e dopo, come diritto, è ineliminabile.

Se si pensasse infatti, che l’educazione sessuale e la prevenzione siano da sole capaci di aggirare il problema delle gravidanze indesiderate, sarebbe stato necessario “blindare” le disposizioni contenute nella legge n. 194? Ad avviso di chi scrive no. E questo non perché la sensibilizzazione e le campagne di educazione al sesso responsabile non siano una buona cosa, al contrario, lo sono e vanno incoraggiate. Come va incoraggiata la contraccezione in generale - soprattutto in un regime di sessualità maschile non sempre troppo attento ai desideri della partner165- , e favorita, nello specifico, quella ormonale femminile, introducendo ad esempio, le pillole e i cerotti anticoncezionali nei farmaci mutuabili. Ma nonostante questo, a meno che non si pratichi l’astinenza sessuale o si accolgano tutti i figli che si concepiscono, scelte comunque rispettabilissime, può accadere,

165Secondo il Columbia Journal of Gender and Law, molte donne sarebbero

vittime di una nuova forma di violenza sessuale, lo “Stealthing”, consistente nella rimozione da parte dell’uomo del preservativo senza il consenso della donna. Tra gli effetti, ovviamente, oltre al rischio del contagio di malattie sessualmente trasmissibili, si aggiunge quello delle gravidanze indesiderate. In Svizzera, a gennaio 2017, il Tribunale di Losanna, ha condannato un uomo a dodici mesi di prigione con sospensione condizionale della pena, contestandogli il reato di stupro, per essersi spogliato del profilattico durante il rapporto sessuale e senza avvisare la donna, nonostante la partner avesse posto come condizione al rapporto sessuale l’uso del metodo a barriera. Si veda, https://cjgl.cdrs.columbia.edu/article/rape-adjacent- imagining-legal-responses-to-nonconsensual-condom-removal/,

http://www.ilpost.it/2017/02/01/stupro-preservativo-violenza-sessuale- consenso/.

128

anche alla donna, che abbia un livello alto di istruzione, e che non provenga da realtà sociali sfortunate, una donna che si presume quindi, viva una sessualità libera e cosciente, di ritrovarsi ad affrontare una gravidanza inaspettata. Ora, se il diritto alla prosecuzione della gestazione è sacrosanto, e va protetto, soprattutto per permettere alle donne meno abbienti di scegliere la maternità con la stessa tranquillità di chi dispone di risorse economiche maggiori, allo stesso modo, va protetto il diritto di quella gestante che una gravidanza non la desidera o non può permettersela fisicamente o emotivamente, perché magari ha altri figli a cui badare, o vive una situazione personale o di coppia non rassicurante. E’ chiaro però, che alla luce di queste valutazioni, ancorare il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza al solo pericolo per la salute fisica e psichica della gestante, appare riduttivo.