OSTRUZIONISMO LEGALE?
3. Quanti sono gli obiettori? Quando l’obiezione diventa “ambientale”.
A quasi quarant’anni dall’entrata in vigore della legge 194, abortire in Italia può risultare ancora difficile. Questo, nonostante la Corte Costituzionale abbia riconosciuto alla suddetta legge, con la sentenza 35/1997, contenuto costituzionalmente vincolato, proteggendo così il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza, da eventuali tentativi di abrogazione di natura ideologica. Nei fatti, l’altissimo numero di medici obiettori ostacola l’accesso all’IVG, con evidenti ripercussioni sulla salute e sull’ autodeterminazione delle donne.
62 A dicembre 2016, una donna è stata rifiutata da 23 strutture prima di poter
accedere alla IVG in Veneto,
http://www.repubblica.it/cronaca/2017/03/01/news/padova_aborto_respinta _23_ospedali-159526952/.
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Secondo l’annuale Relazione del Ministero della salute, ex art. 16 della legge n.194, in merito all’ “Attuazione della legge contenente norme per la tutela sociale della maternità e per l’interruzione volontaria di gravidanza”, approvata il 7 dicembre 2016, con riferimento agli anni 2014/2015, la percentuale di ginecologi obiettori è salita dal 2005 ad 2014 dal 58.7% al 70.7%63. In particolare, le percentuali più alte riguardano soprattutto il centro Sud, con l’89.7% in Molise, 88.1% in Basilicata, 89.1 % in Sicilia e la regione Lazio con il 78%.5 Al centro nord, la provincia autonoma di Bolzano con l’85.9%, il Veneto con il 77%. Da notare invece che le percentuali di obiezione di coscienza del personale medico impiegato nei consultori pubblici sono nettamente inferiori, con il 10% per il Molise, l’11% per Bolzano, il 5% per il Lazio. Più ragionevole, a parere di chi scrive, rispetto a ipotizzare una casuale concentrazione di obiettori negli ospedali, è leggere in questi dati una certa tendenza del personale medico ad evitare, sia il rischio chirurgico di un intervento non particolarmente stimolante dal punto di vista professionale, sia un inevitabile carico di lavoro64, fattori assenti invece nell’attività di consulenza.
63 Si veda la Relazione annuale del Ministero della Salute sull’attuazione
della legge contenente norme per la tutela sociale della maternità e per l’interruzione volontaria della gravidanza, 2016, p. 43 ss.
64 Sul punto si vede l’analisi delle ginecologhe A. KUSTERMANN, A.
MARCONI, Obiezione di coscienza e aspetti medici, in M. D’AMICO, B.LIBERALI (a cura di), Procreazione medicalmente assistita e interruzione volontaria della gravidanza: problematiche applicative e future, Napoli, 2016. Per una testimonianza diretta, si legga l’intervista al Dottor Mariani, ginecologo responsabile del reparto per l'interruzione volontaria di gravidanza dell'ospedale Antonio Cardarelli di Campobasso, unico medico non obiettore in Molise,
http://www.repubblica.it/cronaca/2017/02/24/news/michele_mariano_sono _il_ginecologo_degli_aborti_ma_che_gioia_se_la_madre_si_convince_a_t enere_il_bimbo_-159100593/.
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Nello stesso periodo di riferimento, la percentuale di obiezione degli anestesisti invece è del 48.4%, quella del personale paramedico del 45.8%. Si tratta di numeri consistenti che uniti a quelli dell’obiezione dei ginecologi, e al fatto che la dichiarazione di obiezione del personale sanitario non deve essere specificatamente motivata né tantomeno viene verificata, in più di un’occasione ha dato luogo a una vera e propria obiezione “ambientale” o se si preferisce di “struttura”, sicuramente ponendosi quale invalicabile ostacolo al corretto esercizio dei diritti previsti dalla legge. E’ accaduto nell’Ospedale pubblico di Treviglio in provincia di Bergamo; ad Ascoli Piceno dove il 100% dei medici si è dichiarato obiettore e il servizio di IVG è stato appaltato dalla Regione all’AIED (Associazione italiana per l’educazione demografica); poi ancora a Jesi, provincia di Ancona, quando gli ultimi due medici non obiettori hanno smesso di praticare IVG avvalendosi anche loro dell’art. 9, per ben nove mesi non si sono effettuate interruzioni volontarie di gravidanza. E questo, nonostante lo stesso art. 9 preveda: “Gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare l'espletamento delle procedure previste dall'articolo 7 e l'effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti secondo le modalità previste dagli articoli 5, 7 e 8. La regione ne controlla e garantisce l'attuazione anche attraverso la mobilità del personale”.
Ora, per quanto interessante a livello statistico, l’analisi di questi dati, è utile piuttosto per ragionare in termini di effettiva applicazione della legge e di conseguenza, di effettiva tutela della donna, della sua salute e della sua libertà in ambito sessuale
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riproduttivo. Il rischio infatti è che, assicurando la libertà di coscienza del personale sanitario, la gestante, già sottoposta a una ovvia situazione di stress psico-fisico, si ritrovi a cercare lei stessa, un medico del servizio sanitario nazionale disposto a praticare l’interruzione della gravidanza, nel rispetto ovviamente del limite dei novanta giorni ai sensi dell’art. 4. A ciò poi si aggiunga che per ogni settimana di gestazione, il rischio di morire di aborto aumenta del 30%65.
Tali pericoli sono stati percepiti, come spesso accade, prima dalla società civile66 che dal legislatore67. A Marzo 2017 è nato proprio a Pisa, a seguito del primo sciopero nazionale organizzato dalla rete Non una di meno, la piattaforma online “Obiezione respinta”, all’interno della quale, donne di tutta Italia segnalano
65 Si veda C. FLAMIGNI, L’aborto. Storia e attualità di un problema
sociale, Bologna, 2008, p. 93, “il rischio di morte aumenta del 30% per ogni settimana di gestazione, cosa che dovrebbe convincere tutti che, una volta che la decisione è stata presa, l’intervento dovrebbe essere considerato urgente e che parla in favore di una modifica sostanziale della norma che prevede l’obiezione di coscienza, responsabile di enormi ritardi nell’esecuzione degli interventi in molti ospedali”.
66 Nella lotta per la legalizzazione dell’aborto la spinta proveniente dai
movimenti dal basso, tra i quali molti femministi è stata fondamentale. Si ricordino il gruppo Rivolta femminile, il collettivo femminista milanese Libreria delle donne di Milano. In tempi più recenti, la mobilitazione Yo decido, nata in Spagna e diffusasi in molti paesi europei, per contrastare la proposta Gallardon di riformare la Ley Orgánica de salud sexual y reproductiva y de la interrupción voluntaria del embarazo, voluta dal governo Zapatero.
67 Le probabili disfunzioni legate a un uso distorto dell’obiezione di
coscienza da parte del personale sanitario furono, a onor del vero, intuite in seduta di discussione parlamentare della legge n.194, da qualche deputato. Si veda G. GALLI, V. ITALIA, F. REALMONTE, M. SPINA, C.E. TRAVERSO, Interruzione volontaria della gravidanza. (Commento alla legge 22 maggio 1978, n.194 Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza), Milano, 1978, p. 226, nota 1, sull’art.9 la deputata Adele Faccio osserva che “ appare ispirato, più che ad un autentico rispetto di motivi di coscienza, allo scopo di vanificare ulteriormente, attraverso una massiccia astensione del personale medico, la possibilità di abortire… si preannuncia un’obiezione di massa da parte dei medici che si risolverà in favore dell’aborto clandestino”.
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le loro esperienze con ginecologi del SSN e farmacisti, nel tentativo di mappare gli obiettori di coscienza e permettere a tutte di accedere, con maggiore facilità, a un servizio, almeno in teoria, sempre garantito.
4. CGIL c. Italia: la decisione del Comitato Europeo dei