di Annalisa Lendaro * e Thomas Sommer-Houdeville **
1. L’accoglienza come problema pubblico nel Paese basco francese
Un elemento salta rapidamente agli occhi del/la sociologo/a che si inte-ressa ai movimenti sociali, passati e presenti, nel Paese basco: l’alta densità delle reti attiviste, spesso legate alla lotta politica e culturale per il ricono-scimento della nazione basca. Ed è proprio una parte di questa rete militan-te abertzale3 che si attiva per prima in materia di accoglienza dei migranti.
Non è un caso se due dei tre più importanti collettivi pro-migranti hanno un nome basco: “Bestearekin” (“Con l’altro”), “Etorkinekin” (“Con i migran-ti”)4. Ciononostante, la realtà associativa pro-migranti sul territorio non è una semplice estensione del movimento abertzale, poiché essa include nu-merosi attori che non rivendicano un sostegno politico alla causa indipen-dentista. La causa dei migranti unisce, per esempio, molte persone di fede cattolica, attive a livello della loro parrocchia, ma anche strutture associati-ve e/o umanitarie laiche, oltre a persone che si avvicinano per la prima vol-ta a quesvol-ta causa perché amiche, conoscenti, o vicine di una persona impe-gnata in una delle strutture precitate.
Le tre reti principali della sfera “pro-migranti”, “Bestearekin”, “Etorki-nekin” e “Diakité”, sono state create tra il 2015 e il 2018, in un momento storico durante il quale la questione migratoria occupa la scena mediatica a livello europeo, ma anche perché a livello locale, in seguito alle evoluzioni delle rotte, i migranti sono sempre più numerosi ad attraversare la frontiera basca tra la Spagna e la Francia. A partire dal 2018, infatti, la visibilità dei migranti nello spazio pubblico urbano diventa una questione spinosa a li-vello politico (Hassenteufel, 2011), a Bayonne come già a Calais o a Ven-timiglia. La nascita di queste tre realtà associative illustra l’evoluzione del contesto socio-politico in materia di accoglienza dei migranti nel Paese ba-sco francese.
3. “Abertzale” vuol dire «patriota» in lingua basca. Ci si rivendica abertzale e si appartiene al movimento abertzale quando si reclama l’indipendenza, ovvero l’autonomia e l’unità del Paese basco, ad oggi appartenenti alla Spagna e alla Francia. Attualmente, diversi partiti politici rappresentano questo movimento nel Paese basco francese. La maggior parte si situano a sinistra dello scacchiere politico, e fanno parte della coalizione Euskal Herria Bai (EH Bai).
4. Il terzo protagonista, “Diakité”, porta il nome di uno dei primi migranti che l’associazione ha accolto quando ancora era in via di costituzione.
L’associazione Bestearekin viene creata nel 2015, poco dopo l’onda di emozione diffusa suscitata dalla mediatizzazione del corpo senza vita di Alan Kurdi, un bambino curdo-siriano di tre anni ritrovato su una spiaggia turca (Lendaro, 2016). Il nucleo fondatore dell’associazione è formato da un gruppo di persone affiliate ad alcune grandi ONG francesi. Con un’azione discreta ma diffusa sul territorio, Bestearekin interviene unica-mente a sostegno delle famiglie la cui domanda di asilo è stata respinta. Il registro d’azione è l’intervento umanitario, e l’associazione si dissocia su-bito dalle altre iniziative pubbliche più rivendicative (manifestazioni, sit in di protesta etc.) in materia di accesso ai diritti degli stranieri. Poco dopo na-sce la rete Etorkinekin, che raggruppa militanti e associazioni locali, sinda-cati, partiti indipendentisti e della sinistra francese. Il suo motto è l’accoglienza incondizionata, tradotta in iniziative concrete (alloggio, scola-rizzazione etc.) a favore di tutti e a prescindere dallo status giuridico; inol-tre, queste iniziative di ospitalità si combinano con una presa di posizione pubblica di tipo politico-rivendicativo per denunciare le conseguenze nefa-ste delle politiche europee e francesi sui diritti di tutti.
In ultimo, l’associazione Diakité nasce dall’urgenza dell’autunno 2018 a Bayonne. Di fronte a una presenza migrante sempre più numerosa che oc-cupano la centralissima Piazza dei Baschi da diverse settimane, decine di cittadini, soprattutto giovani studenti universitari, si organizzano per fornire cibo, vestiti, e per trovare soluzioni abitative temporanee presso volontari.
Tale rete di solidarietà si estende rapidamente, soprattutto grazie ai social networks. In poche settimane, centinaia di abitanti di Bayonne, ma anche di residenti della campagna basca, alcuni già membri di Etorkinekin o delle parrocchie, altri completamente novizi, vengono in sostegno all’associazione. La pressione sociale e mediatica, ma anche il degradarsi delle condizioni socio-sanitarie e metereologiche per le molte persone an-cora presenti in Piazza dei Baschi, spingono gli enti locali a una reazione.
Nell’ottobre 2018, il Comune di Bayonne e la Communauté d’Agglomération du Pays Basque (CAPB), decidono di aprire il centro Pausa che sarà co-gestito dal comune, dall’associazione Diakité appena creata, e dall’associazione Atherbea che già gestisce il centro di accoglien-za per richiedenti asilo (CADA) di Bayonne. Pausa è quindi nato come centro di transito in una situazione considerata da tutti come un’urgenza:
l’obiettivo iniziale è quello di ospitare tutti i migranti presenti in piazza dei Baschi per un massimo di tre giorni e tre notti.
L’apertura del centro farà parlare di Bayonne su molti giornali, compre-si quelli nazionali e internazionali5, anche perché tale evento ha luogo no-nostante l’opposizione chiara del prefetto e dell’allora ministro degli Inter-ni, Christophe Castaner. Sorprende in effetti che i 233 rappresentanti che formano l’assemblea della CAPB votino all’unanimità il cospicuo budget necessario al funzionamento del centro Pausa6. Questo accordo unanime, nonostante i membri votanti appartengano a partiti con orientamenti politici diversi, evidenzia un consenso diffuso circa l’accoglienza dei migranti nel Paese basco francese, quando questo tema rimane tra i più politicamente divisivi sia in Francia che in Europa.
Fin dalla sua apertura, il centro Pausa accoglie stranieri neoarrivati in Francia e sprovvisti di un titolo di soggiorno, e questa scelta è accettata dall’insieme delle persone che lo gestiscono7. Oltretutto, tale consenso sembra trascendere il campo politico: l’insieme delle persone intervistate durante la nostra ricerca, seppur non negando l’esistenza di attitudini e pra-tiche razziste e/o discriminatorie nel Paese basco francese, hanno sottoli-neato la scarsa frequenza di forme di ostilità manifesta verso i migranti sul territorio. L’assenza di un movimento organizzato di estrema destra è senza dubbio un altro elemento di contesto importante. Il passato e la storia del Paese basco hanno un impatto sulla concezione che gli abitanti condividono del proprio territorio, inteso come una “terra di passaggio e di emigrazio-ne”, e una “terra di tolleranza” che ha accolto rifugiati e dissidenti, nel 1936 durante la guerra civile spagnola, in seguito durante il regime di Franco, o ancor più di recente, durante il periodo della lotta armata nazionalista. Così, queste esperienze e memorie contribuiscono a disegnare i contorni di un immaginario collettivo in cui il territorio è percepito da un lato come “rifu-gio” e dall’altro come luogo di resistenza e di opposizione allo Stato (fran-cese e spagnolo). Le pratiche diffuse di sostegno e aiuto reciproco tra resi-denti, in particolare nelle zone più rurali e meno densamente popolate che il BAB8 o le località costiere, sono da considerarsi in stretta relazione con il rapporto, distaccato se non conflittuale, che intrattengono molti abitanti con lo Stato e con le istituzioni pubbliche nazionali.
5. Si veda, per esempio, l’articolo del quotidiano New York Times:
https://www.nytimes.com/2019/02/12/world/europe/bayonne-migrants-jean-rene-etche garay.html.
6. La CAPB lo ha stimato a circa 1 milione di Euro all’anno (CAPB, Procès-Verbal de la séance du conseil communautaire 9 novembre 2019).
7. CAPB, procès-verbal, op. cit.
8. BAB è la sigla che si riferisce a tre comuni limitrofi Bayonne-Anglet-Biarritz ad alta densità abitativa, che formano un’unica agglomerazione urbana tra Bayonne e la costa atlantica.
2. Accogliere e far ripartire: compromessi e tensioni