di Luca Giliberti * e Swanie Potot **
3. Caratteristiche spazio-temporali e processi di ibridazione delle reti di solidarietà
L’azione solidale è strettamente legata e condizionata allo spazio e ai contesti in cui prende forma (Caciagli, 2021), cambia nel tempo rispetto al-le diverse temporalità e alal-le contingenze in atto (Della Porta, 2021) in rela-zione alle politiche di contenimento dei migranti (Tazzioli e Garelli, 2020).
Le reti di solidarietà possono essere endogene – ossia nascere dagli abitanti
di un territorio e inserirsi all’interno di mobilitazioni e processi locali pree-sistenti (Boubakri e Potot, 2012; ObsMigAM, 2020) – o esogene, arrivando da fuori per un determinato obiettivo, intravedendo in quel contesto il luogo ideale per un lavoro dal basso per il sostegno dei migranti in transito, con-tro le frontiere (Giliberti e Queirolo Palmas, 2020).
Le reti endogene – dipendendo dal territorio – si costruiscono attorno a popolazioni native, come nei casi dei Paesi Baschi francesi o della Val di Susa presentati in questo numero. In altri contesti, si strutturano invece at-torno ai “neoabitanti”, da lungo tempo o giunti in tempi più recenti, in ogni caso particolarmente attivi nella vita sociale e culturale del territorio. In Val Roja, a ridosso di Ventimiglia, sono i “neorurali” a divenire protagonisti della solidarietà locale (Giliberti, 2020); a Lampedusa, in una dinamica si-mile, sono i “neoisolani” a portare avanti le reti di solidarietà, così come i comitati ambientalisti e, in termini generali, la vita culturale del territorio (Filippi, Giliberti e Queirolo Palmas, 2021). Scelte di vita come quella del luogo in cui abitare, ispirate a valori alternativi all’insegna della decrescita, della sostenibilità e di valori solidali, facilitano la partecipazione alle reti e alle mobilitazioni preesistenti per un determinato modello di territorio. Per la nascita di reti solidali endogene risulta cruciale, in questo senso, l’importanza di lotte preesistenti e di una coscienza civica di territorio. Nei Paesi baschi e in Val di Susa – luoghi diversamente caratterizzati da stori-che lotte stori-che generano un senso condiviso di cittadinanza dal basso per la giustizia sociale – i gruppi solidali nascono da questo background. Le reti di solidarietà endogena, quindi, si configurano in un certo senso come un vero e proprio prodotto dei territori locali, che nasce dalle sue dinamiche e caratteristiche (Giliberti, 2021); detto in altri termini, la solidarietà ai mi-granti si inserisce all’interno delle mobilitazioni locali, divenendo una lotta di territorio. Nei due contesti studiati, l’emergenza delle reti di solidarietà non viene accompagna con una presenza ostile rilevante verso gli stessi mi-granti, sempre come conseguenza di una consolidata storia e cultura di ter-ritorio.
Nei casi in cui i nodi di frontiera attraversati dai migranti non prevedano invece un’effervescenza culturale preesistente legata a mobilitazioni e lotte territoriali, come nel contesto analizzato da Graziella Marturano sulla rotta balcanica, si assiste alla presenza di reti di cittadini ostili, ma non alla proli-ferazione di reti di solidarietà endogene. In tali contesti si osserva la pre-senza di reti solidali di carattere tendenzialmente esogeno, come emerge nel contributo in questione. In nessun caso possiamo parlare di realtà pure, spesso sono dimensioni miste in cui l’elemento endogeno o l’elemento eso-geno prevalgono, convivendo a volte con l’altra presenza. Abitanti del terri-torio e gente che viene da fuori, in alcuni nodi di frontiera, finiscono per
convivere in una complementarietà d’azione. Nel caso della Val di Susa, per esempio, il contributo di Giliberti e Filippi evidenzia come le due sta-zioni della ferrovia sotterranea collaborino in modo un più o meno fluido, e più o meno conflittuale, in un “federalismo di circostanza” (Giliberti, Potot e Trucco, 2020), attraverso processi che, dipendendo dalla contingenza, prevedono “alleanze diverse” (Bauder e Juffs, 2019) e ampie “coalizioni”
(Queirolo Palmas e Rahola, 2020).
Le reti di solidarietà esogena, nella maggior parte dei casi giunte per partecipare alla lotta contropolitiche migratorie repressive, o per rispondere alle mancanze istituzionali che ricadono sulle vite dei migranti e sul territo-rio, si caratterizzano per diversi orientamenti politici, da un approccio anar-chico come nel caso della rete esogena valsusina, a un approccio più pro-gressista e di stampo umanitario come nel caso della rete balcanica analiz-zata da Marturano e dei soccorritori in mare studiati da Aris Escarcena. I solidali che vengono da fuori possono giungere da altri luoghi del territorio nazionale, da specifici Paesi stranieri – come la rete Kesha Niya a Ventimi-glia, composta in particolare da ragazzi tedeschi – o anche da contesti transnazionali di diverso tipo, che alimentano i processi di transnazionaliz-zazione delle reti solidali (Alcalde Portos, 2018).
Restando su un’analisi della composizione dei gruppi, la presenza fem-minile sembra in termini generali prevalere sulle reti solidali contempora-nee (Queirolo Palmas e Rahola, 2020), non solo per il legame tra genere femminile e mondo della cura che è imposto da una società patriarcale, ma soprattutto per i processi di soggettivazione politica al femminile che pren-dono forma nell’Europa contemporanea; l’esperienza dei movimenti fem-ministi europei, analizzati da Pinar Selek nel suo contributo, dà un chiaro esempio di tali processi. In relazione all’età e alle generazioni dei solidali, in una dimensione di eterogeneità, sembrano prevalere le persone di mezz’età; essere pensionati è certamente un elemento che facilita la parte-cipazione a un’attività che necessita di molto tempo a disposizione. Sempre per la stessa ragione, in particolare nei gruppi più politici, emerge una pre-senza importante di giovani pre-senza figli, con un maggiore capitale temporale da dedicare alla causa.
Le reti solidali intervengono in una pluralità di modi: in termini pretta-mente umanitari, con azioni che evidenziano come gli Stati non ottemperi-no alle proprie responsabilità (Dijstelbloem e Walters, 2019) – come emer-ge in modo prioritario nel contributo sulle reti della rotta balcanica e dell’assistenza in mare in Grecia – o in una cornice più conflittuale e, in fondo, politica, come nell’esperienza delle realtà più radicali del Paese Ba-sco francese e in Val di Susa. Prendono forma, in questo senso, pratiche di disobbedienza civile (Lendaro, 2018), azione sociale diretta (Zamponi,
2018) o azioni di aperta trasgressione contro la frontiera, come nel caso dei movimenti No Borders (Kings, 2016).
Le diverse reti di solidarietà si muovono all’interno di costruzioni iden-titarie e registri d’azione ibridi, più tendenti verso un polo di azione politica o verso un polo di azione umanitaria, come osserviamo da un corpus di studi emergenti. Sinatti (2019) teorizza la compresenza di un “minimalist humanitarism” – basato su una logica di mera protezione e sostegno alla
“nuda vita” dei migranti – con un “enabling humanitarism”, in cui i solidali provano a facilitare l’agency delle persone in viaggio. Come evidenziato dall’articolo di Juan Pablo Aris Escarcena, l’impegno in simili iniziative di sostegno ai migranti e l’opposizione a politiche di criminalizzazione della solidarietà aumentano i livelli di consapevolezza politica e attivismo tra i cittadini comuni. In questo stesso senso, e nella stessa linea dell’“enabling humanitarism”, alcuni autori parlano di “subversive humanitarism” (Van-devoordt, 2019; Vandevoordt e Verschraegen, 2019), nozione che non si rivolge più tanto ai migranti come meri destinatari di aiuti, ma si caratteriz-za per una forma di solidarietà che tiene conto delle loro soggettività di tipo socio-politico. Altri autori, sempre all’interno di questa “solidarietà contro i confini” (Ambrosini e Campomori, 2020), teorizzano il concetto di “strate-gic humanitarism” (Schwiertz e Steinhilper, 2021), forma di sostegno ai migranti in cui gli attori combinano un repertorio di azioni di stampo politi-co politi-con un inquadramento più ristretto in termini umanitari.
Tali posizionamenti e pratiche, in ogni caso, sono di natura dinamica e cambiante; la nozione di “ibridazione” delle pratiche solidali diventa, in questo senso, cruciale per comprendere l’azione delle reti solidali (Della Porta e Steinhilper, 2021). In tali processi, le dimensioni del volontariato religioso e dell’universo no profit entrano in connessione e finiscono per generare processi di ibridazione con l’attivismo politico, specialmente nei termini di una pratica umanitaria che si politicizza e diviene azione solida-le. In questo senso, alcuni autori all’interno della recente letteratura sulla solidarietà si pongono l’obiettivo di costruire connessioni tra i campi di studio sulla società civile e quelli sui movimenti sociali, finora poco comu-nicanti in letteratura (Della Porta, 2020).
L’elemento temporale gioca, parimenti, un ruolo importante nella di-mensione ibrida delle iniziative dal basso in sostengono i migranti. Se l’azione umanitaria è spesso considerata limitata in quanto schiacciata sui bisogni immediati del presente, l’azione dei movimenti sociali è invece pensata su una temporalità di futuro. Le temporalità delle reti solidali si ibridano anche in questo senso su diversi registri, connettendo le proprie azioni tra il presente e il futuro, da un lato per risolvere mancanze
istituzio-nali del qui e dell’ora, dall’altro lato per proporre scenari di “future-making” (Vandevoordt e Fleischmann, 2021).