• Non ci sono risultati.

La criminalizzazione della solidarietà tra pratiche umanitarie e politicizzazione

di Luca Giliberti * e Davide Filippi **

3. La criminalizzazione della solidarietà tra pratiche umanitarie e politicizzazione

I processi di criminalizzazione della solidarietà ai migranti che riguar-dano la Val di Susa si confrontano innanzitutto con un territorio denso di attivismo politico, a partire dal Movimento No Tav. L’elevata conflittualità da esso espressa nel corso degli anni ha determinato un’attività giudiziaria frenetica nei confronti dei militanti che hanno partecipato alle diverse mo-bilitazioni del Movimento (Senaldi, 2016). Da questo punto di vista, Sara, attuale assessora del Comune di Bussoleno ed ex avvocata di una parte di attivisti, sottolinea come «se noi quantificassimo il numero di denunce, il tasso di criminalità della Val di Susa sarebbe paragonabile a quello di Scampia». L’evocazione, lungi dal proporre una lettura razzializzante della situazione (Curcio, 2011; Mellino, 2011), vuole sottolineare come dal suo punto di vista sia evidente una strategia complessiva volta a rappresentare i militanti No Tav come criminali (Chiaramonte, 2019). A partire dal prota-gonismo di questi nelle pratiche di sostegno al transito, l’universo solidale valsusino risponde alla definizione di “umbrella notion”, la quale rappre-senta la convergenza verso un obiettivo condiviso di registri d’azione, di attori e di pratiche estremamente eterogenei (Birey et al., 2019). È a questo livello che si inseriscono anche i processi di criminalizzazione della solida-rietà ai migranti in Val di Susa.

In letteratura, i cosiddetti “reati di solidarietà” vengono associati a una serie differenziata di azioni penalizzate; si inscrivono all’interno di questa dimensione i reati connessi al favoreggiamento dell’immigrazione clande-stina, ma anche alla protesta e al dissenso nei confronti delle politiche mi-gratorie o alle attività di matrice umanitaria messe in campo dalle realtà so-lidali nelle border-zone (Müller, 2020; Giliberti, 2020). Guardando lo sce-nario valsusino non emergono procedimenti giudiziari volti alla criminaliz-zazione delle pratiche umanitarie ma, al contrario, questi si presentano quando i solidali assegnano alle stesse pratiche un significato politico. Inte-ressante in questo senso ricostruire la principale indagine che ha coinvolto i solidali in Val di Susa, quella riguardante le occupazioni del sotto-chiesa di Claviere prima e, in seguito, della Casa Cantoniera di Oulx. Le accuse che vengono rivolte ai 24 indagati – tra cui sono presenti attivisti e volontari di entrambe le reti – non sono inerenti la loro attività solidale ma, appunto, si concentrano sul reato di occupazione11. Tuttavia, analizzando la notifica

11. Importante sottolineare che la presente indagine ha portato all’applicazione di 17 misure cautelari nel divieto di dimora nei comuni di Claviere, Bardonecchia, Oulx e Salbertrand, ovvero i comuni coinvolti nella rotta che attraversa questi territori.

della denuncia, si comprende in modo chiaro come l’occupazione venga letta a partire dalla politicizzazione delle pratiche umanitarie verso i mi-granti:

Il presente procedimento raccoglie gli esiti delle indagini svolte a seguito di invasioni di edifici, accompagnate da varie iniziative di propaganda, realiz-zate nel periodo marzo 2018 - agosto 2019 […]. Da qui, venivano posti in essere, in origine, soprattutto iniziative di natura assistenziale, come punti di raccolta di indumenti invernali, di contributi economici e di allestimento di foresterie temporanee […]. Nel breve volgere di alcuni mesi, tuttavia, le ini-ziative della rete anarco-ambientalista cominciavano ad assumere sempre più aspetti di concreta strumentalizzazione dei loro interventi a favore di un’azione di contrasto alle politiche governative in materia di gestione dei flussi migratori e alla promozione di una rotta migratoria clandestina nella zona del valico del Monginevro (Ordinanza di applicazione di misura caute-lare N. 7666/18 + 27252/18 R. G., N. 4794/20 R. G. G.I.P.: 3-4).

Dallo stralcio riportato è possibile comprendere come gli inquirenti ri-costruiscano una progressione storica delle attività solidali; queste, inizial-mente, si riferivano ad attività assistenziali ed umanitarie mentre, con il passare del tempo, si sono trasformate in una contestazione politica alla ge-stione dei flussi migratori e alle politiche di chiusura della frontiera, accu-sati di promuovere una “rotta migratoria clandestina”. Si tratta di una di-namica che in parte si differenzia da altri procedimenti giudiziari rivolti a attivisti e solidali nei luoghi di frontiera, affermando in qualche modo la legittimità delle pratiche umanitarie e condannando invece le pratiche poli-tiche. Questa dimensione appare coerente con la constatazione che presso-ché la totalità degli attori – includendo quelli istituzionali – ritiene priorita-rio salvare le vite di chi tenta di varcare il confine franco-italiano dai terri-tori valsusini, anche se con approcci differenti.

Le testimonianze che abbiamo raccolto nel corso dell’etnografia sono in questo senso molteplici. Il sindaco di Oulx, per esempio, riflette sul fatto che «tanto questi partono… non è che se non gli dai le scarpe tornano in-dietro, se non gli dai le scarpe muoiono!». Allo stesso livello, i Carabinieri, ricostruendo l’approccio tenuto dall’Arma, affermavano: «noi prima diamo una persona che rischia l’ipotermia e gli diamo assistenza, poi si ve-de». O ancora, Davide, pastore della Chiesa Valdese, rivendica la propria attività come necessaria ad evitare i morti: «noi, in montagna, interveniamo come la gente in mare che non lascia morire i naufraghi». Dal punto di vista interpretativo, la postura umanitaria che emerge dalle frasi riportate si con-nette innanzitutto alle condizioni di contesto che caratterizzano un territorio di alta montagna come la Val di Susa: distribuire indumenti adeguati a

vali-care le montagne o indivali-care il giusto sentiero da percorrere sono pratiche che in modo diretto salvano le vite delle persone in transito.

Altri attori, a loro volta implicati nell’amministrazione del territorio, hanno invece un distinto posizionamento e pur riconoscendo la necessità di tutelare l’incolumità di chi transita, sostengono che la pratica umanitaria dei solidali determinerebbe un pull factor che incentiva l’arrivo di migranti in questi territori, oltre a essere concausa dei pericoli che i migranti vivono sulla propria pelle. In questo senso, il sindaco di Bardonecchia ci dice: «Mi chiedo se quelli che dicono ai ragazzi di prendere i sentieri e poi li lasciano andare da soli, quelli che gli forniscono le scarpe da montagna, non hanno dei problemi di coscienza se qualcuno si fa male?». Secondo questo ragio-namento, che finisce per avere in valle una certa legittimità, le morti sono causate da chi sostiene il transito e non dal regime di frontiera con cui si confronta chi sceglie di tentare in ogni modo di attraversare il confine.

L’attivismo umanitario, inoltre, si presenta come una pratica necessaria affinché i transitanti riescano nel proprio obiettivo di superare la frontiera, viste le condizioni ambientali della Val di Susa; in questo senso, permette alla politica del laisser passer (Ciabarri, 2015) – logica implicita delle auto-rità italiane, che lasciano ai propri omologhi francesi il compito di bloccare e respingere i migranti in uscita dal proprio Paese (Tazzioli, 2020) – di concretizzarsi in modo più efficace. Al contrario, come si evince dall’analisi della notifica di denuncia che abbiamo presentato, ad essere contestati sono gli approcci che connettono le pratiche umanitarie a ele-menti di contestazione politica. In altre parole, la criminalizzazione viene attivata nel momento in cui il sostegno al transito dei migranti si caratteriz-za come “lotta di territorio” (Giliberti, 2020), ovvero nel momento in cui sono le scelte degli attori istituzionali, nazionali e locali, ad essere messe in discussione.

Riflettiamo a questo punto sulle letture e sulle reazioni che queste dina-miche generano tra i differenti attori solidali valsusini. Secondo alcuni in-terlocutori, in particolare quelli che si definiscono in termini identitari come militanti No Tav, l’attività giudiziaria messa in campo ha l’obiettivo di frammentare le diverse reti che operano in Val di Susa, criminalizzando quelle che assegnano un significato politico alla propria azione umanitaria.

A riflettere attorno a questa dinamica è Luisa, una delle persone indagate, secondo la quale «hanno deciso di colpire noi per far capire al Movimento No Tav di stare attento. Io penso che è stata una scelta simbolica, l’hanno fatto per lanciare un messaggio: chi va con lo zoppo, impara a zoppicare…

come mi hanno detto in Prefettura durante la prima deposizione, proprio questa frase hanno usato…». Tuttavia, se l’obiettivo politico del procedi-mento penale doveva essere quello di isolare la componente anarchica della

solidarietà, l’effetto che ha prodotto è stato esattamente di segno opposto.

Infatti, a seguito delle misure cautelari rivolte a 17 degli attivisti accusati e alle continue richieste di sgombero della Casa Cantoniera, i volontari del Rifugio hanno lanciato una raccolta firme online in cui si afferma il ruolo fondamentale svolto dall’occupazione nel salvare le vite, schierandosi con-tro il suo sgombero e raccogliendo, all’oggi, circa 11.000 adesioni12.

I processi di criminalizzazione, poi, determinano delle reazioni differen-ti tra gli attori che li subiscono o che temono di subirli. Da questo punto di vista, alcuni dei soggetti incontrati raccontano di percepire la paura di esse-re coinvolti in procedimenti penali per l’attività umanitaria che agiscono e di essere accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. È il caso di Giulia, volontaria del Rifugio con un background di matrice cattoli-ca, che si interroga su questo aspetto: «A volte ho avuto paura di avere pro-blemi con la giustizia, chissà se un giorno penalizzeranno anche noi per quello che facciamo. Abbiamo visto quello che è successo a Lorena e Gian Andrea e siamo molto preoccupati»13. Al contrario, gli attivisti maggior-mente legati in termini identitari al movimento No Tav sentono che la cri-minalizzazione delle loro pratiche solidali rappresenta la conferma della centralità politica delle loro iniziative. Per esempio, Nicoletta, portavoce storica del Movimento, afferma con convinzione che «se ti arriva una de-nuncia, per noi della Valle è un vanto, è una medaglia che ci conferma di essere dalla parte giusta».

Infine, è possibile osservare anche uno slittamento, una trasformazione relativa al significato delle azioni umanitarie messe in campo. In questo ca-so, come accade in altre border-zone in cui le pratiche umanitarie ed assi-stenziali vengono criminalizzate, si assiste ad una loro politicizzazione di rimando (Reggiardo, 2019; Giliberti, 2020). Particolarmente emblematica in questo senso l’affermazione di Giovanna, altra volontaria del rifugio e attivista No Tav: «oggi penso che quello che facciamo sia politico, ma non in senso partitico. Politica nel senso di Polis, nel senso di prendersi cura della propria comunità… anche, e mi viene da dire soprattutto, quando ci criminalizzano». La criminalizzazione, in questo senso, partecipa alla co-struzione identitaria dei gruppi solidali, facilitando processi di “ibridazio-ne” (Gerbier-Aublanc, 2018; Della Porta e Steinhilper, 2021) e divenendo-ne in qualche modo elemento costitutivo.

12. Si veda: https://www.change.org/p/prefetto-di-torino-c-%C3%A8-chi-accoglie-e-chi-re spinge-no-alla-chiusura-della-casa-cantoniera-oulx (12/3/2020).

13. Il riferimento è alle accuse rivolte a due dei solidali attivi a Trieste. Si veda:

https://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cronaca/2021/02/24/news/trieste-io-volontario-di-84-anni-messo-sotto-indagine-perche-aiuto-i-migranti-1.39947651 (12/3/2020).

Conclusioni

La frontiera nord tra la l’Italia e la Francia, come diversi altri nodi di confine in Europa, diviene in tempi recenti teatro per l’azione di gruppi che sostengono il transito dei migranti. Se la “chiusura” della frontiera non blocca il passaggio dei migranti, i sentieri alpini, specie in inverno, attra-versati per lo più di notte per cercare di evitare i respingimenti delle forze di polizia francesi, divengono particolarmente pericolosi e mortiferi. In questo scenario, le reti di solidarietà assumono protagonismo;

dall’ospitalità al supporto al transito, anche attraverso le relazioni che co-struiscono con altri gruppi omologhi prima o dopo lungo la rotta – in parti-colare con i francesi del Brianzonese, subito oltre il confine – le reti solidali conformano una “ferrovia sotterranea” (Queirolo Palmas e Rahola, 2020) che sfida il proibizionismo migratorio europeo.

Le due stazioni della ferrovia sotterranea che nel presente articolo ab-biamo provato a cartografare si fanno espressione di diversi approcci, di-scorsi e pratiche, condividendo differenti ambiti di azione e definendo una risposta complementare al passaggio dei migranti sul territorio. La solida-rietà, in questo modo, diviene “lotta di territorio”, per la sua “difesa”, e tro-va profonda connessione con le altre lotte che nello stesso contesto hanno preso forma. In questo senso, non è un caso che il Movimento No Tav sia la piattaforma di riferimento delle reti solidali ai migranti.

In una valle che vive di turismo emergono in ogni caso diverse etiche – oltreché interessi – della montagna e dunque diversi modi di intendere il concetto di “difesa del territorio”. Da un lato la preservazione del turismo, che è alla base dell’economia locale; dall’altro lato, la difesa della vita di chi prova a varcare quel confine. Emerge, in questo senso, l’“etica della montagna” (Chomette, 2020) che spinge a salvare vite umane, alla stessa maniera in cui nel Mediterraneo la ’“legge del mare” induce ad aiutare i naufraghi (Orsini, 2014); le reti di solidarietà, in questo senso, si configura-no come fattore di contrasto della “necropolitica” (Mbembe, 2016) che ca-ratterizza le politiche migratorie contemporanee (Vergnano, 2021).

Se una delle reti solidali qui analizzate – quella anarchica della Casa Cantoniera – è strutturata attorno a soggetti che arrivano da diverse parti d’Italia e d’Europa, in termini complessivi la solidarietà si presenta come nativa del territorio ed è prioritariamente legata al movimento No Tav e a diversi altri segmenti di società civile valligiana, come l’universo scout. La solidarietà ai migranti valsusina ha quindi tendenzialmente una composi-zione autoctona, a partire dalle diverse storiche lotte territoriali che caratte-rizzano la costruzione identitaria della valle. Se in altri luoghi di frontiera, come per esempio a Lampedusa (Filippi, Giliberti e Queirolo Palmas,

2021) o in Val Roja (Giliberti, 2020), sono dei nuovi arrivati ad agire la so-lidarietà ai migranti – rispettivamente “neoisolani” e “neorurali” partico-larmente attivi nella vita culturale locale – in Val di Susa è la popolazione autoctona ad esserne in questo senso protagonista. Si tratta, in ogni caso, di una solidarietà endogena che partecipa alla costruzione di un determinato modello di territorio.

La criminalizzazione della solidarietà nelle aule dei tribunali e nei fasci-coli della magistratura si concentra sugli approcci che assegnano un signifi-cato politico al sostegno dei migranti in frontiera. Parimenti, il processo di criminalizzazione determina una politicizzazione degli approcci solidali di matrice umanitaria, partecipando alla loro costruzione identitaria. In ultima istanza, i differenti registri assunti dalle reti di solidarietà valsusine finisco-no per vivere un processo di ibridazione, seppur nella permanenza dei di-versi posizionamenti politici.

Realizzata nel periodo della pandemia – che, come abbiamo visto, dopo il blocco del primo lockdown, si caratterizza per un’intensificazione dei flussi – la ricerca, in un’analisi della complessa realtà della chiusura della frontiera, conformata da una “turbolenza migratoria” (Papastergiadis, 2000) già preesistente ma in ulteriore aumento, ha fatto luce sulla solidarietà ai migranti in transito, che finisce per configurarsi come elemento costitutivo delle rotte migranti.

Bibliografia

Agier M. (2008). Gérer les indésirables. Des camps de réfugiés au gouvernement humanitaire. Paris: Flammarion.

Aime M. (2016). Fuori dal tunnel. Viaggio antropologico nella Val di Susa. Roma:

Meltemi.

Amigoni L., Aru S., Bonnin I., Proglio G. e Vergnano C., a cura di (2021). Debor-dering Europe: Migration and Control across the Ventimiglia Region. Basing-stoke: Palgrave Macmillan.

Amnesty International (2017). Des contrôles au confin du droit. Violations de droits humains à la frontière française avec l’Italie. Paris: Amnesty Interna-tional.

Anafé (2019). Persona non grata. Conséquences des politiques sécuritaires et mi-gratoires à la frontière franco-italienne. Paris: Anafé.

Bachellerie S. (2020). Chasing Down Foreigners at the French-Italian Border (Hautes-Alpes) as a Matter of Social and Racial Policing. Journal of Alpine Re-search | Revue de géographie alpine [Online], 108, 2: 1-13; https://doi.org/

10.4000/rga.7248.

Bachellerie S. (2019). Traquer et faire disparaître les étranger.e.s indésirables. La fabrique de l’invisibilité du contrôle migratoire à la frontière franco-italienne du Briançonnais. Mémoire de recherche Master 2: ENS de Lyon.

Birey T., Cantat C., Maczynska E. e Sevinin, E. (2019). Challenging the Political Across Borders: Migrants’ and Solidarity Struggles. Budapest: Center for Poli-cy Studies.

Chamayou G. (2010). Les chasses à l’homme. Paris: La fabrique éditions.

Chiaramonte X. (2019). Governare il conflitto. La criminalizzazione del movimen-to No Tav. Milano: Meltemi.

Chiaramonte X. e Senaldi A. (2015). Criminalizzare i movimenti: I No Tav fra eti-chettamento e resistenza. Studi sulla questione criminale, 10, 1: 105-144.

Chomette P. (2020). Mountains at Work. The Geopolitics of Refuge in the Clarée Valley. Journal of Alpine Research | Revue de géographie alpine [Online], 108, 2: 1-16; https://doi.org/10.4000/rga.7172.

Ciabarri L. (2015). Corridoi migratori via mare verso l’Italia. In: Pinelli B. e Cia-barri L., a cura di, Dopo l’approdo. Un racconto per immagini e parole sui ri-chiedenti asilo in Italia. Firenze: EditPress.

Curcio A. (2011). Il Management della razza in Italia. Mondi Migranti, 3: 91-120;

https://doi.org/ 10.3280/MM2011-003005

De Genova N. (a cura di) (2017). The borders of “Europe”. Autonomy of migra-tion, tactics and bordering. Durham: Duke University Press.

De León J. (2015). The Land of Open Graves: Living and Dying on the Migrant Trail. Oakland: University of California Press.

Del Biaggio C. (2020). Oplopoiesi del confine alpino. Come le politiche migratorie trasformano la montagna in uno spazio ostile e letale. GEA paesaggi territori geografie, 42: 10-17.

Del Biaggio C., Giannetto L. e Noûs, C. (2020). Rifugiat* e montagna. Journal of Alpine Research | Revue de géographie alpine [Online], 108, 2: 1-9;

https://doi.org/10.4000/rga.7262.

Della Porta D. e Steinhilper E. (2021). Introduction: Solidarities in Motion: Hibrid-ity and Change in Migrant Support Practices. Critical Sociology, 47, 2: 175-185; https://doi.org/10.1177/0896920520952143.

Dicks B., Soyinka V. e Coffey A. (2006). Multimodal Ethnography. Qualitative Research, 6, 1, 1-20; https://doi.org/10.1177/1468794106058876.

Fekete L. (2018). Migrants, Borders and the Criminalisation of Solidarity in the EU. Race & Class, 59, 4, 65-83; https://doi.org/10.1177/0306396818756793.

Filippi D. e Giliberti L. (2021). Italian reception policies and pandemic: from ex-clusion to abandonment. Dve Domovini / Two Homelands, 54: 131-142;

https://doi.org/10.3986/dd.2021.2.10

Filippi D., Giliberti L. e Queirolo Palmas L. (2021). From Lampedusa to the Susa Valley: solidarity networks in two border battlegrounds. Journal of Modern Italian Studies; https://doi.org/10.1080/1354571X.2021.1953776.

Gerbier-Aublanc M. (2018). L’hybridation de l’humanitaire: des citoyens ordi-naires dans les camps de migrants en France. Alternatives humanitaires, 9: 90-101.

Giliberti L. (2020). Abitare la frontiera. Lotte neorurali e solidarietà ai migranti sul confine franco-italiano. Verona: Ombre Corte.

Giliberti L. e Filippi D. (2021). Fare etnografia delle migrazioni ai tempi della pandemia. Note di ricerca dal confine franco-italiano nel primo lockdown. RE-MHU - Revista Interdisciplinar da Mobilidade Humana, 29, 61: 91-106;

https://doi.org/10.1590/1980-85852503880006105.

Giliberti L., Potot S. e Trucco, D. (2020). Solidarités et (dé)politisation de la fron-tière. In: ObsMigAM, Le manège des frontières. Criminalisation des migra-tions et solidarité dans les Alpes-Maritimes (pp. 91-133). Paris: Le Passager Clandestin.

Giliberti L. e Queirolo Palmas L. (2020). Solidarities in transit on the French/Italian border. Ethnographic accounts from Ventimiglia and the Roya Valley. In: Ambrosini M.; Cinalli M. e Jacobson D., a cura di, Migration, Bor-ders and Citizenship. Between Policy and Public Spheres. Basingstoke: Pal-grave Macmillan.

Gisti-Cimade-Adde-Anafé (2015). Contrôles frontaliers à Vintimille: référé liberté devant le Conseil d’Etat. Paris: Gisti-Cimade-Adde-Anafé.

Lendaro A., Rodier C. e Vertongen Y.L. (2019). La crise de l’accueil. Frontières, droits, rèsistances. Paris: La Dècouverte.

Mbembe A. (2016). Necropolitica. Verona: Ombre Corte.

MEDU (2021). Il rapporto sulla rotta Nord-Ovest delle Alpi: Alta Valle di Susa.

Ottobre-Dicembre 2020; https://mediciperidirittiumani.org/medu/wp-content/uploads/2021/02/Report-sulla-rotta-Nord-Ovest-delle-Alpi_-Alta-Valle -di-Susa-Ottobre-dicembre-2020_def.pdf.

MEDU (2020). Rapporto sulla situazione umanitaria dei migrant in transito lungo la frontiera nord-ovest tra Italia e Francia. Ottobre 2020; https://medici peridirittiumani.org/medu/wp-content/uploads/2020/11/LEGGI-IL-RAPPOR TO-COMPLETO.pdf.

Mellino M. (2011). De-provincializzare l’Italia: note su colonialità, razza e razzia-lizzazione nel contesto italiano. Mondi Migranti, 15, 3: 57-90; https://doi.org/

10.3280/MM2011-003004.

Müller O. (2020). ‘Solidarity Crime’ at the Border: A Lesson from France. In:

Ambrosini M., Cinalli M. e Jacobson D., a cura di, Migration, Borders and Cit-izenship. Between Policy and Public Spheres. Basingstoke: Palgrave Macmil-lan.

ObsMigAm (2020). Le manège des frontières. Criminalisation des migrations et solidarité dans les Alpes-Maritimes. Paris: Le Passager Clandestin.

Orsini G. (2014). Un’isola in mezzo al confine: oltre il razzismo istituzionale e ri-torno. Storie di pesca e migrazioni a Lampedusa. In: Grasso M., a cura di, Raz-zismi, discriminazioni e confinamenti. Roma: Ediesse.

Papastergiadis N. (2000). The turbulence of migration: globalization, deterritorial-ization and hybridity. New Jersey: Wiley.

Papastergiadis N. (2000). The turbulence of migration: globalization, deterritorial-ization and hybridity. New Jersey: Wiley.