FrancoAngeli
M NDI
migranti
Rivista di studi e ricerche
sulle migrazioni internazionali
Mondi Migranti. Rivista di studi e ricerche sulle migrazioni internazionali
La Rivista Mondi Migranti è promossa e realizzata dal Centro Studi Medì. Migrazioni nel Mediterraneo (www.csmedi.com) in collaborazione con il Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università di Ge- nova, il Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche dell’Università di Milano e FIERI.
La rivista si prefigge almeno tre obiettivi. Il primo è quello di innalzare la qualità del dibattito scientifico, che risente in Italia della relativa giovinezza del tema,della sua bruciante attualità, delle commistioni tra riflessione scientifica, dibattito politico e polemica militante. In secondo luogo, si propone di essere un luogo di interscam- bio con il dibattito scientifico internazionale. La terza funzione di una rivista scientifica specializzata è quella di ampliare le possibilità di pubblicazione per i lavori meritevoli, di stimolare il dibattito, di rendere disponibile un’ideale agorà per il confronto delle idee e dei risultati di ricerca.
Ogni numero si compone di una sezione monografica e di spazi per articoli su altri argomenti. Una seconda scelta è quella di unire il taglio scientifico, anzitutto sociologico, con un interesse per il dibattito culturale, la produzione artistica, il racconto biografico. Intendiamo dunque proporre una rivista originale (e forse meticcia) anche nell’impianto, in cui il rigore accademico non neghi l’accesso alla vivacità dell’esperienza vissuta e dell’elaborazione artistica e culturale.
Tutte le sezioni attraverso cui è scandita la rivista, ad eccezione di "Prospettive" e "Débat et combat", funzionano sulla base dei criteri della peer review e intendono quindi promuovere criteri di pubblicazione aperti, trasparenti e pluralisti nel seno della comunità accademica.
Direttore: Maurizio Ambrosini (Università di Milano)
Condirettori: Luca Queirolo Palmas (Università di Genova), Andrea T. Torre (Centro Studi Medì, Genova) Comitato Scientifico: Alberto Acosta (ILDIS-FES, Quito), Marco Aime (Università di Genova), Teofilo Altamirano (Pontificia Universidad Catolica, Lima), Jacqueline Andall (University of Bath), Rosa Apariciò (Universidad de Comillas, Madrid), Joaquim Arango (Facultad de Ciencias Políticas y Sociología, Madrid), Maria Ioannis Baganha (Universidade de Coimbra), Laura Balbo (Università di Padova), Elena Besozzi (Uni- versità Cattolica di Milano e Fondazione Ismu), Giancarlo Blangiardo (Università di Milano Bicocca e Fonda- zione Ismu), Kitty Calavita (Università di California Irvine), Stephen Castles (Università di Oxford), Vincenzo Cesareo (Università Cattolica di Milano e Fondazione Ismu), Antonio M. Chiesi (Università di Milano), Robin Cohen (University of Warwick), Michele Colasanto (Università Cattolica di Milano e Fondazione Ismu), Asher Colombo (Università di Bologna e Istituto C. Cattaneo), Enzo Colombo (Università di Milano), Vittorio Cotesta (Università di Roma 3), Alessandro Dal Lago (Università di Genova), Marco De Marie (Compagnia di San Paolo, Torino), Han Entzinger (Erasmus University, Rotterdam), Graziella Favaro (Università di Milano Bi- cocca e Centro Come), Carles Feixa (Universidade de Lleida e CIIMU, Barcelona), Georges Felouzis (Univer- sité Victor Segalen, Bordeaux), Cesar Germana (Universidad Nacional Mayor de San Marcos, Lima), Graziella Giovannini (Università di Bologna) Luis Eduardo Guarnizo (University of California, Davis), Gioconda Her- rera (FLACSOEcuador), Luisa Leonini (Università di Milano), Adriana Luciano (Università di Torino), Sarah Mahler (Florida International University), Robert Maier (Universiteit Utrecht), Alberto Martinelli (Università di Milano e Fondazione Ismu), Enzo Mingione (Università di Milano-Bicocca); Giovanni Mottura (Università di Modena), Beatriz Padilla (Universidade de Lisboa), Maria Cristina Paganoni (Università di Milano), Hector Palomino (Universidad di Buenos Aires), Ferruccio Pastore (FIERI, Torino), Jean-Paul Payet (Université de Geneve), Franco Pittau (Dossier Statistico Immigrazione-Roma), Gabriele Pollini (Università di Trento), En- rico Pugliese (IRPPS-CNR e Università Federico II, Napoli), Emilio Reyneri (Università di Milano Bicocca), Luisa Ribolzi (Università di Genova), Milena Santerini (Università Cattolica di Milano), Giuseppe Sciortino (Università di Trento e Istituto C. Cattaneo), Mara Tognetti (Università di Milano Bicocca), Antonio Tosi (Poli- tecnico di Milano), Catherine Withol de Wenden (Centre d’études et de recherches internationales, Parigi), Laura Zanfrini (Università Cattolica di Milano e Fondazione Ismu), Giovanna Zincone (FIERI, Torino).
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Redazione: Centro Studi Medì. Migrazioni nel Mediterraneo, Via Balbi 16, 16124, Genova, tel. 0102514371, f ax 0102512840, e-mail: [email protected]
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III quadrimestre 2021 - Finito di stampare nel mese di dicembre 2021.
Nella versione cartacea di Mondi Migranti, 2/2021, segnaliamo i seguenti refusi:
- pag. 27 abstract di Franca Bimbi e Paolo Gusmeroli, la parola ‘fìve’ va sostituita con ‘six’ così come ad inizio pag. 28 ‘cinque’ va sostituito con ‘sei’;
le keywords sono: Food in Migration; Ethnography as a Social Practice;
Cultural Capitals and Foodways; Commensality and Hostipitality.
- pag. 55 titolo articolo di Ignazia Bartholini e Rafaela Pascoal la parola ospitale va sostituita con ‘ostipitale’, nel titolo in inglese la parola ‘ham’ va cancellata.
Gli articoli corretti sono disponibili sul sito dell’editore della rivista:
www.francoangeli.it/riviste. Ci scusiamo con lettori.
Sommario
Prospettive
► Usages et mésusages de la notion de solidarité en contexte migratoire, de Jocelyne Streiff-Fénart
Incursioni
Migrazioni, frontiere, solidarietà a cura di
Luca Giliberti e Swanie Potot
► Verso i solidarity studies. Nuove prospettive di ricerca su migrazioni e frontiere, di Luca Giliberti e Swanie Potot
► Sui confini della rotta balcanica: pratiche di solidarietà ai migranti e processi
di criminalizzazione, di Graziella Marturano
► Sanctuary cities in Francia? L’accoglienza dei migranti nel Paese basco, di Annalisa Lendaro e Thomas Sommer-Houdeville
► La solidarietà in frontiera: le reti di supporto ai migranti in transito in Val di Susa, di Luca Giliberti e Davide Filippi
► Féministes et quêteuses d’asile : une lutte
commune ? Une enquête dans les Alpes-Maritimes, de Pinar Selek
► La criminalisation du sauvetage dans la mer Égée.
Le cas de l’ONG PROEM-AID, de Juan Pablo Aris Escarcena
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Contributi di ricerca
► Cosa farò da grande? Progetti, aspirazioni e prospettive degli studenti con background migratorio, di Giustina Orientale Caputo, Alessio Buonomo e Giuseppe Gargiulo
► Fare società attraverso lo sport. L’esempio delle società calcistiche comunitarie in Alsazia (Francia), di William Gasparini
► “Volevo solo un posto tranquillo!”. Carriere abitative di famiglie rom e politiche locali a Milano, di Greta Persico
► Asylum policies and resettlement. Insights and lessons from Canada’s experience, by Ervis Martani and Denise Helly
In Memoriam
► In ricordo di Maria Immacolata Macioti, di Roberto Cipriani
► In ricordo di Antonio Tosi, di Agostino Petrillo
Recensioni
► Mobilità e migrazioni di Luca Raffini e Alberta Giorgi, recensito da Andrea Valzania
► Corpi Migranti di Max Hirzel, recensito da Federico Montaldo
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Prospettive
Usages et mésusages de la notion de solidarité en contexte migratoire
de Jocelyne Streiff-Fénart
*Résumé : Depuis que Durkheim a établi que la solidarité est la relation constitutive de la société, la notion est au cœur des paradigmes théoriques de la discipline et de ses oppositions structurantes : individualisme/holisme, communauté/société, égoïsme/altruisme etc. Dans les sociétés modernes, la contrainte morale qu’exerce l’obligation de solidarité est selon Durkheim la condition de l’intégration sociale.
Elle se manifeste toutefois sous une double face : l’intérêt à s’associer et ce qu’il appelle « le plaisir de communier, pour mener ensemble une même vie morale ».
A partir de cette ambivalence fondamentale, on s’intéressera aux usages de la no- tion de solidarité dans les politiques migratoires et les actions de soutien aux im- migrés. On examinera à travers les discours de différents acteurs (les Etats, les in- stitutions européennes, les associations) l’ambiguïté des appels à la solidarité entre ouverture et protectionnisme (« solidarité avec » et « solidarité contre »), les diffé- rentes conceptions du rapport Nous/Eux qui les sous-tendent, les contradictions internes entre les valeurs que ces acteurs mobilisent pour traduire leur conception de la solidarité et leurs pratiques politiques ou militantes (entre dénonciation et action humanitaire ou entre des identités politiques basées sur les droits de l’homme et la déshumanisation de l’autre).
Mots clefs : solidarité ; migration ; frontière ; politique européenne ; mouvement associatif ; Durkheim.
Uses and misuses of the notion of solidarity in relation to migration
Abstract: Since Durkheim stated that solidarity is the constitutive relationship of society, the notion has been at the heart of the theoretical paradigms of the disci- pline and of its structuring oppositions: individualism/holism, community/society, egoism/altruism etc. In modern societies, the moral constraint of the duty of soli- darity is, according to Durkheim, the condition of social integration. However, it manifests itself in two ways: the interest in associating and what he calls the pleas- ure of communing, for a shared moral life. From this fundamental ambivalence, we
*. Jocelyne Streiff-Fénart, URMIS, Université Côte d’Azur/CNRS ; Jocelyne.Streiff- [email protected].
Mondi Migranti, (1972-4888, ISSNe 1972-4896), 3/2021 Doi: 10.3280/MM2021-003001
will focus on the uses of the notion of solidarity in migration policies and actions in support of immigrants. Through the discourses of different actors (States, Euro- pean institutions, volunteer associations), we will examine the ambiguity of calls for solidarity between openness and protectionism (“solidarity with” and “solidari- ty against”), the different conceptions of the Us/Them relationship that underlie them, the internal contradictions between the values that these actors mobilize to translate their conception of solidarity and their political or militant practices (be- tween denunciation and humanitarian action or between political identities based on human rights and the dehumanization of the other).
Keywords: solidarity; migration; border; EU policy; NGO; Durkheim.
Usi e abusi della nozione di solidarietà in contesto migratorio
Riassunto: Da quando Durkheim ha affermato che la solidarietà è la relazione co- stitutiva della società, la nozione è stata al centro dei paradigmi teorici della disci- plina e delle sue opposizioni strutturanti: individualismo/olismo, comunità/società, egoismo/altruismo, etc. Nelle società moderne, il vincolo morale del dovere di so- lidarietà è, secondo Durkheim, la condizione dell’integrazione sociale. Tuttavia, si manifesta in due modi: l’interesse ad associarsi e quello che lui definisce come “il piacere della comunione, per una vita morale condivisa”. A partire da questa ambi- valenza fondamentale, ci concentreremo sugli usi della nozione di solidarietà nelle politiche migratorie e nelle azioni di sostegno agli immigrati. Attraverso i discorsi di diversi attori (gli Stati, le istituzioni europee, le associazioni di volontariato), esamineremo l’ambiguità degli appelli alla solidarietà tra apertura e protezionismo (“solidarietà con” e “solidarietà contro”), le diverse concezioni del rapporto Noi/Loro che li sottendono, le contraddizioni interne tra i valori che questi attori mobilitano per tradurre la loro concezione di solidarietà e le loro pratiche politiche o militanti (tra denuncia e azione umanitaria o tra identità politiche basate sui diritti umani e disumanizzazione dell’altro).
Parole-chiave: solidarietà; migrazione; frontiera; politica UE; ONG; Durkheim.
Reçu: 04 Mars 2021 Accepté: 26 Mai 2021
Introduction
Depuis que Durkheim a établi que la solidarité était la relation constitu- tive de la société, la notion est au cœur des paradigmes théoriques de la di- scipline sociologique et de ses oppositions structurantes : individualisme- holisme, communauté-société, égoïsme-altruisme etc. Dans les sociétés modernes, l’obligation de solidarité est selon Durkheim la condition de l’intégration sociale. La contrainte qu’elle exerce est éminemment morale, la morale étant précisément « tout ce qui force l’homme à compter avec autrui, à régler ses impulsions sur autre chose que les impulsions de son égoïsme » (Durkheim, 1986 : 394). La solidarité se manifeste toutefois sous
une double face : l’intérêt à s’associer et ce qu’il appelle « le plaisir de communier, pour mener ensemble une même vie morale »1 (Durkheim, 1950 : 63). Les modes d’échange social basés sur la solidarité constituent donc toujours un rempart contre l’égoïsme tout en combinant association d’intérêt, contrainte morale et sentiment de la vie en commun. Ces combi- naisons se manifestent de façon variable aux différents niveaux de la vie sociale où la notion de solidarité trouve sa pertinence.
Au niveau national la solidarité est le lien social qui cimente la commu- nauté des citoyens. Elle est intimement liée à l’idée de Nation, au point que pour Renan elle la résumait à elle seule : « Une nation est donc une grande solidarité, constituée par le sentiment des sacrifices qu’on a faits et ceux qu’on est disposé à faire encore » (Renan, [1882] 1997). A cette conception de la solidarité comme engagement de la personne, répond de façon plus pragmatique la solidarité politique comme pacte d’assistance mutuelle entre les composantes de la Nation : les actifs et les retraités, les travailleurs et les chômeurs, les malades et les bien portants, les détenteurs de hauts et de bas revenus. Garantie par les dispositifs de protection sociale et de redistri- bution des richesses (par exemple en France « Revenu de Solidarité Acti- ve », « Impôt de Solidarité sur la Fortune »), la solidarité institutionnelle de l’État providence constitue un garde-fou contre la logique du marché créa- trice d’inégalités menaçant la cohésion sociale.
Au niveau international, la solidarité se manifeste comme un contrat plus ou moins impératif engageant les États signataires à poursuivre des ob- jectifs communs, qu’il s’agisse de « maintenir la paix et la sécurité interna- tionale » (ONU) ou d’organiser conjointement leurs actions en matière de politique migratoire (UE). Elle recoupe des enjeux complexes bien illustrés par la lutte contre l’épidémie de COVID-19. La solidarité mondiale a été valorisée par des appels au partage des vaccins entre pays riches et pays pauvre, mais par ailleurs elle a été mise à mal par des États les utilisant comme un instrument diplomatique pour manifester leur puissance ou ré- compenser leurs alliés. La mise en œuvre du dispositif COVAX2, montre aussi que dans les relations internationales, la morale de la solidarité est d’autant plus impérative qu’elle rejoint l’intérêt bien compris des États,
1. « Voilà pourquoi, quand les individus qui se trouvent avoir des intérêts communs s’associent, ce n’est pas seulement pour protéger ces intérêts, pour en assurer le développement contre les associations rivales, c’est aussi pour s’associer, pour le plaisir de ne faire qu’un avec plusieurs, de ne plus se sentir perdus au milieu d’adversaires, pour le plaisir de communier, c’est-à-dire, en définitive, pour pouvoir mener ensemble une même vie morale ».
2. Partenariat entre des organismes internationaux publics et privés visant à assurer un accès rapide aux vaccins pour tous les pays quel que soit leur niveau de revenu.
comme l’explique le Directeur général de l’OMS (Organisation Mondiale de la Santé)3 : «Le déploiement urgent et équitable des vaccins n’est pas seulement un impératif moral, c’est aussi un impératif pour la sécurité sani- taire, un impératif stratégique et économique /…/ Nous n’enrayerons la marche de la COVID-19 que grâce à la solidarité, aucun pays ni aucune or- ganisation ne peut y parvenir seul ».
Dans les mobilisations collectives, la solidarité est l’appel à l’union en- tre des individus qui sont souvent liés par un fort sentiment d’appartenance à un groupe borné : solidarité de classe ou de genre contre l’ennemi com- mun que représentent le capitalisme ou le patriarcat, solidarité de race dans le nationalisme noir, le mouvement des droits civiques ou récemment dans le mouvement Black Lives Matter. Mais elle peut aussi être activée de fa- çon plus diffuse et transitoire par des gens qui s’unissent pour dénoncer une injustice ou tenter de résoudre un problème (par exemple dans le mouve- ment des « sans papiers »). Le mouvement des gilets jaunes a récemment fourni l’exemple inédit d’une solidarité forgée dans la sociabilité des ronds- points qui fait éprouver à des gens jusqu’ici isolés un sentiment d’appartenance collective.
A un niveau tout à fait informel, la solidarité est le plus souvent situa- tionnelle, tout en étant plus ou moins investie de significations identitaires.
Elle peut se manifester par des signes de reconnaissance dans les rencontres fugaces (salutations, formes d’adresse puisant dans le registre de la paren- té : frère, cousin) comme un rappel du lien affectif et moral qui unit les membres de groupes minoritaires. Elle peut prendre la forme d’actions ponctuelles d’entraide entre des gens qui entretiennent des liens faibles, par exemple entre voisins lors de catastrophes. Elle peut aussi être instrumen- talisée pour maximiser les chances de réussir une action, ce que font par exemple les migrants bloqués au Maroc en coopérant dans des opérations de franchissement massif des barrières des enclaves espagnoles de Ceuta et Melilla.
1. Solidarité et hospitalité
Lorsqu’il s’agit des immigrés, la solidarité est souvent associée à l’hospitalité, notion à résonance kantienne plus que durkheimienne.
L’hospitalité, insiste Kant, n’est pas affaire de philanthropie mais de Droit : le Droit qui découle de la commune possession de la surface de la terre fai-
3. Ghebreyesus T.A. : Discours d’ouverture de la réunion du Conseil exécutif de l’OMS. Genève : Septembre 2020.
sant de chaque homme un « citoyen du monde » (Kant, [1795] 2007). Ce droit universel à l’hospitalité n’implique pas pour autant un droit de chaque homme à s’installer dans un pays qui n’est pas le sien, mais simplement celui « de ne pas être traité en ennemi » à son arrivée dans le pays d’un au- tre être humain. Elle n’impose pas un devoir d’accueillir l’étranger mais celui de lui accorder un droit de visite et de recevoir sa demande de devenir membre de la société. Certains commentateurs ont proposé de voir dans la discontinuité que Kant établit entre la visite et la résidence dans la trajectoi- re migratoire, deux façons de former une collectivité : l’une (le droit de vi- site) qui limite les rapports personnels à des interactions guidées par l’intérêt individuel, l’autre (le droit de résidence) qui l’autorise à accéder à la sphère publique (Chauvier, 1996 ; Deleixhe, 2014). On retrouve ici la di- stinction de Durkheim entre l’association par intérêt et l’intégration dans une vie morale et civique en commun.
En distinguant la liberté de circulation (individuelle et inaliénable) et d’installation (suspendue à un consentement de l’État), Kant met en évi- dence un autre trait de l’hospitalité qu’on retrouve là encore dans la solida- rité : l’ambivalence entre ouverture et fermeture qui forme la toile de fond des manipulations politiques de ces notions en contexte migratoire. Comme Anne Gotman l’a observé à propos de l’hospitalité4, la solidarité peut être invoquée sur la scène politique par des acteurs qui l’investissent de conno- tations en tout opposées. Elle peut par exemple être mobilisée dans un sens inclusif par les associations qui militent pour l’accueil des étrangers, et dans un sens exclusif par les partis politiques appelant à la défense com- mune des autochtones contre « l’invasion ». Les deux notions se distin- guent toutefois par le type d’échange qu’elles instaurent entre les deux termes de la relation. L’hospitalité est unidirectionnelle. Elle met en rela- tion un dispensateur et un bénéficiaire. Elle est le produit des limites instau- rées entre les groupes (Gotman, 2001) et les renforce en mettant en relief l’asymétrie des relations entre celui qui accueille chez lui et celui qui de- mande l’accueil. Par définition elle définit un chez soi et maintient intacte la frontière entre autochtones et nouveaux arrivants ou entre nationaux et étrangers. Cette asymétrie est au cœur de la condition de l’immigré et de son exclusion du politique. Comme le soulignait Abdelmalek Sayad, elle lui est renvoyée comme un devoir de politesse5, une attente de reconnais-
4. « Elle peut soutenir la revendication des étrangers à bénéficier de droits d’entrée et de séjour accrus ; ou à l’inverse, légitimer les established à faire valoir une souveraineté sélective et exclusive » (Gotman, 2007 : 616).
5. « Quand on est hors de chez soi, chez les autres, chez les hôtes, il faut savoir se tenir, bien se conduire, se comporter et se conduire comme l’exigent et comme l’enseignent les règles de bonne conduite des maîtres des lieux » (Sayad, 1999 : 9).
sance pour l’avoir accueilli, une injonction à se comporter en invité conve- nable6. La solidarité quant à elle peut être unilatérale ou symétrique, elle peut être dirigée vers un Nous (dans le sens durkheimien de l’intégration sociale) ou vers un Eux (être solidaire avec des étrangers au groupe), se dé- ployer horizontalement entre pairs ou du haut vers le bas.
2. La solidarité dans le contexte européen
Durkheim (comme Kant avant lui) pensait que la formation de sociétés plus vastes rapprochait du but idéal d’une société humaine universelle. Il voyait dans l’embryon d’une organisation européenne après le congrès de Vienne la promesse d’un dépassement de l’esprit protectionniste d’un na- tionalisme étroit7. L’Union Européenne s’est bien réalisée, mais force est de constater qu’elle a moins conduit à un dépassement de l’esprit protec- tionniste qu’à son déplacement à l’échelon supérieur. En matière de mobili- té, la liberté de circulation à l’intérieur de l’espace européen est allée de pair avec un renforcement du contrôle des frontières extérieures, « l’esprit protectionniste » se manifestant au plus haut point dans ce qu’on a décrit comme la « forteresse Europe ».
Avec l’afflux récent des migrations de réfugiés, s’est développée une rhétorique de la « crise » qui fait le lien entre la question migra- toire et celle de l’intégration européenne (Agarin et Nancheva, 2018).
Si la gestion des flux migratoires a pris une telle importance à l’échelle de l’Europe, c’est qu’elle représente un risque de renouer avec les égoïsmes nationaux, mettant en cause la solidarité qui fait partie des valeurs sur le- squelles s’est construit le projet européen. Conçue comme une valeur indi- visible et universelle8 la solidarité a néanmoins été mobilisée de façon fle- xible au fil des différents traités et déclarations, en étroite résonance avec les préoccupations de chaque époque. D’abord conçue comme une « solida- rité de production » lors de la création de la Communauté Économique du Charbon et de l’Acier en 1950, elle était supposée rendre « non seulement
6. Pour un exemple de la rhétorique comparant l’accueil des immigrés à l’hospitalité domestique, voir la déclaration du Ministre de l’intérieur J.L. Debré en 1997 : « Est-ce que vous acceptez que des étrangers viennent chez vous, s’installent chez vous, et ouvrent votre Frigidaire, se servent ? ».
7. « La seule (puissance) qui puisse servir de modérateur à l’égoïsme des groupes est celle d’un autre groupe qui les embrasse » (Durkheim, 1986 : 401).
8. « Consciente de son patrimoine spirituel et moral, l’Union se fonde sur les valeurs indivisibles et universelles de dignité humaine, de liberté, d’égalité et de solidarité ».
Préambule de la charte des droits fondamentaux de l’Union Européenne. JOCE C 34 du 18/12/2000.
impensable mais matériellement impossible » les conflits armés entre puis- sances européennes rivales9. Dans la Charte des Droits fondamentaux (2000) la solidarité fait référence à l’harmonisation des politiques nationa- les de la protection sociale et du droit du travail dans la perspective de la construction d’un modèle social européen. Elle fait encore l’objet d’une re- définition dans le traité de Lisbonne (2007) où elle apparaît comme une clause d’assistance mutuelle en cas de menace terroriste et de catastrophe naturelle.
A travers ces différentes acceptions la solidarité est toujours évoquée dans les actes officiels comme une valeur positive, unanimement célébrée.
Mais depuis ce qu’on a appelé « la crise de l’immigration », son occurrence dans les discours politiques et les média témoignent d’une inflexion notable de la rhétorique positive vers le constat d’un manque. Elle est de plus en plus invoquée pour dénoncer le défaut de coopération entre pays européens, le peu d’empressement de certains d’entre eux à se partager équitablement le « fardeau » que représente pour les États membres situés aux frontières de l’Europe l’arrivée de migrants irréguliers. L’européanisation de la ges- tion des flux migratoires vient compliquer ce que Rodriguez (1996) a décrit comme « la bataille pour la frontière », qui se joue dans le contexte améri- cain entre des mouvements migratoires autonomes se déployant indé- pendamment des régulations étatiques et des États tentant de maintenir les lignes de démarcation nationales. La liberté de circulation dans l’espace Schengen crée une interdépendance des États membres, les politiques mi- gratoires de chacun, notamment en matière de contrôle de ses frontières, pouvant affecter les autres. Dans ce contexte, la bataille pour la frontière est l’objet d’un jeu multiple entre les migrants, les institutions européennes et les vingt-sept États membres qui disposent de la souveraineté sur le con- trôle de leurs propres frontières.
Pour pallier ces risques de fracturation, l’Union européenne a conjugué une politique incitative appelant à la responsabilité des États et à la solidar- ité dans la lutte contre la migration clandestine (Pacte sur l’immigration et l’asile) et la mise en œuvre de dispositifs de contrôle communs pour « pro- téger les frontières de l’Europe »: l’attribution de fonds pour la surveillance des frontières extérieures aux pays membres en proportion de leur « exposi- tion aux flux migratoires » ; la base de données Eurodac ; et surtout l’agence européenne de garde-frontières et de garde-côtes Frontex qui n’a cessé depuis sa création en 2004 de voir ses prérogatives et ses moyens ren- forcés. Présentée comme « l’une des pierres angulaires de l’espace de liber- té, de sécurité et de justice de l’UE », l’Agence concentre en réalité toutes
9. Déclaration de Robert Schuman du 9 Mai 1950.
les ambivalences et les contradictions de la politique migratoire eu- ropéenne. Elle est investie d’une double mission : le contrôle des frontières qui implique de bloquer l’arrivée des migrants, et le sauvetage (mission au- paravant assurée par l’opération italienne Mare Nostrum) qui implique outre « un devoir de sollicitude envers les demandeurs d’asile »10, l’obligation, garantie par les traités internationaux, de faire droit à leur de- mande d’accès au territoire. L’UE a tenté (sans succès) de résoudre cette contradiction en externalisant en Afrique les plateformes de triage (hotspot) chargées de séparer le bon grain des vrais réfugiés de l’ivraie des immigrés économiques.
L’élargissement du mandat de l’Agence en 2016 à la lutte contre la cri- minalité transfrontalière et le terrorisme peut aussi s’interpréter comme un moyen de résoudre la dissonance entre le registre du contrôle et celui de l’assistance humanitaire. L’association entre migrations clandestines et ac- tivités criminelles permet de contrer les éventuelles objections à la militari- sation de la surveillance des frontières et à la violence qu’elle engendre. Le directeur exécutif de Frontex y a fait largement référence au cours de son audition par l’Assemblée nationale le 25 septembre 201911. La justification de ce nouveau rôle de l’Agence dans la prévention de la criminalité interna- tionale serait, arguait-il, qu’il existe « des groupes criminels et des trafi- quants d’êtres humains qui sont à la charnière entre les problématiques d’immigration irrégulière et celles de criminalité́ ».
La figure du passeur à laquelle il est fait ici allusion joue un rôle central dans la criminalisation de la migration et la légitimation du discours sécuritaire. Elle permet d’établir un lien entre les deux versants de la surveillance des frontières et de l’assistance humanitaire. Utilisée comme un outil du Migration Management (Geiger et Pécoud, 2010), la lutte contre les passeurs fait de l’irrégulier à refouler une victime qu’il faut protéger en la sortant des griffes des pourvoyeurs de passage cruels et sans scrupules. En détournant sur ce « méchant idéal » (Guiraudon, 2008) la charge de la dénonciation, la référence insistante au « trafic d’êtres humains » dédouane les institutions européennes de la responsabilité de la violence aux frontières.
10. Résolution du Parlement européen de décembre 2008. Cité dans : Collectif : Agence Frontex. Quelle garantie pour les Droits de l’Homme ?, Document édité avec le soutien du groupe des Verts/ALE au Parlement Européen. On trouvera dans cette étude une présentation très détaillée du fonctionnement de l’Agence et de ses violations des droits fondamentaux.
11. « Les frontières extérieures doivent également constituer un filtre contre la criminalité́
internationale et contribuer à prévenir le risque de terrorisme. Il s’agit d’un domaine dans lequel les missions de l’Agence sont croissantes ».
La criminalisation du passage comme activités de contrebande et de traffic (smuggling and traffiking) confère à la question migratoire une forte connotation morale (Streiff-Fénart, 2018). Elle contribue à la déshumanisa- tion du migrant en le traitant comme un produit de contrebande au même titre que les cigarettes, la drogue, l’alcool. Elle vient jeter un doute sur le caractère vertueux de la solidarité manifestée par les associations de se- cours en mer qui se voient accusées de créer des appels d’air pour le grand bénéfice des passeurs, voire de s’en faire les complices. La bataille pour la frontière se joue aussi dans ces luttes de sens pour imposer des visions de la solidarité, vertueuse ou vicieuse.
3. Solidarité entre qui, avec qui et contre qui?
Saisie par le politique, la notion de solidarité est l’objet de toutes les manipulations, donnant lieu à des emboitements de solidarité et de contre- solidarité : les États en première ligne (Italie, Grèce, Malte, Espagne) en appellent à la solidarité des membres de l’Union pour contester le règle- ment de Dublin, tandis que les pays du groupe de Visegrád tentent d’imposer le concept de « solidarité flexible » pour contrer la politique de répartition des réfugiés par quotas au sein de l'Union européenne.
La solidarité qui commande selon les termes de la Commission européenne d’« apporter une assistance immédiate aux États membres exposés, en pre- mière ligne, à des pressions migratoires disproportionnées », contraint en principe les États les moins exposés à accepter le transfert des demandeurs d’asile. Mais elle peut aussi à l’occasion servir de justification à une tech- nologie biopolitique de la vie et de la mort, comme les opérations de push back des bateaux de migrants (Vaughan-Williams, 2015). C’est ainsi au nom de la solidarité européenne que le directeur de l’Agence Frontex s’est récemment défendu de l’accusation de ne pas prêter assistance aux bateaux de migrants (voire les refouler) en mer Égée : « Frontex continue d'apporter son soutien à la Grèce à ses frontières extérieures, conformément à son mandat et dans l’esprit de la solidarité de l’UE, dans le plein respect des droits fondamentaux et du droit international »12 . De façon générale, le
« phagocytage des questions de migration par les enjeux de sécurité » (Big- ot, 2008) se traduit par la prédominance de la logique policière sur les pré- occupations humanitaires. Serge Slama (2020) relève ainsi que les Centres
12. “Frontex continues to provide support to Greece at its external borders in line with our mandate and in the spirit of EU solidarity, in full respect of fundamental rights and international law”. Frontex (@Frontex) October 23, 2020.
d’Accueil et d ‘Hébergement (CAO), initialement conçus comme un dis- positif de mise à l’abri des migrants évacués des campements, ont intégré des mesures plus coercitives d’assignation à résidence des « dublinés ».
Toutefois, la gestion rationalisée des populations qu’implique la poli- tique d’endiguement des flux migratoires (tri entre migrants et réfugiés, enfermement dans des centres de rétention, érection de barrières), heurte de plein fouet les valeurs des droits de l’homme dont l’UE se réclame, ce qui n’est pas sans susciter des tensions et faire surgir des contradictions au sein même des États.
L’incohérence entre la mise en œuvre d’une politique sécuritaire et ré- pressive d’une part et l’adhésion aux principes des Droits de l’Homme et aux valeurs humanitaires d’autre part, se donne particulièrement à voir dans les hésitations qui marquent le traitement que l’État français accorde aux actions d’aide aux migrants irréguliers. C’est ainsi que la législation fran- çaise prévoit que « toute personne qui aura, par aide directe ou indirecte, facilité ou tenté de faciliter l’entrée, la circulation ou le séjour irréguliers d’un étranger en France sera punie d’un emprisonnement de cinq ans et d’une amende de 30 000 euros ». Mais en 2018 le Conseil constitutionnel a récusé cet arrêté du Code de l’entrée et du séjour des étrangers, comme étant contraire au principe de fraternité à valeur constitutionnelle. D’un côté, des individus solidaires des migrants comme Cédric Héroux et Pierre- Alain Manoni à la frontière franco italienne se sont vus condamnés en 2017 pour aide au séjour et à la circulation de personnes en situation irrégu- lière13. Mais d’un autre côté, l’association Tous Migrants et l’Anafe qui secourent les migrants à la frontière alpine du Briançonnais ont reçu en 2019 une récompense de la CNCDH (Commission Nationale Consultative des Droits de l’Homme), remise en présence de la Garde des Sceaux qui décrit les solidaires briançonnais comme des personnes « qui par leur cour- age, leur dévouement au service de l’autre œuvrent dans des conditions par- fois difficiles pour ériger les principes des Droits de l’homme en une ré- alité ».
4. La solidarité militante et ses dilemmes
La solidarité militante se manifeste à travers des activités multiples me- nées par une diversité d’acteurs : elle peut être à l’initiative d’associations
13. Le parcours judiciaire de C. Herrou reflète bien les balancements des pouvoirs publics quant au traitement du militantisme de solidarité: condamné en première instance à quatre mois de prison avec sursis au nom de la lutte contre l’immigration irrégulière, il a finalement été totalement relaxé en 2021 au nom du principe de fraternité.
ayant pignon sur rue (comme la Ligue des Droits de l’Homme, Amnesty International, la Cimade, le Secours Catholique etc.), d’associations locales constituées ad hoc sur la thématique « réfugiés » (comme l’Auberge des migrants à Calais ou l’association Tous Migrants dans le Briançonnais), ou de simples habitants des zones frontalières découvrant la problématique
« réfugiés » en étant confrontés à leur détresse, donnant souvent lieu dans ce cas à des oppositions entre natifs et néo-ruraux14. A l’échelon commu- nal, elle peut être impulsée, sous des formes hautement politisées, par l’action volontariste de maires, comme à Grande-Synthe, Riace ou Lampe- dusa, ou de municipalités se regroupant dans des réseaux de villes accueil- lantes comme ANVITA en France ou RECOSOL en Italie (Lacroix, 2020), ou encore être valorisée par de plus petites communes comme une ressource pour le développement local et la revitalisation de territoires en déclin.
L’action solidaire peut être motivée par une conviction politico- idéologique ou simplement découler de l’indignation suscitée par le traitement inhumain réservé aux réfugiés15. Elle peut aussi s’inscrire dans une éthique du métier, comme c’est le cas des pêcheurs et marins venant secourir des embarcations en détresse par « solidarité des gens de la mer » ou des guides de montagne venant secourir les migrants égarés dans le bri- ançonnais. Tous ces acteurs menant des activités formelles ou informelles d’aide aux migrants font un large usage du terme solidarité. Se désignant eux-mêmes comme « solidaires », ils/elles dénoncent le « délit de solidar- ité » que représente la condamnation de leurs actions. Le mot n’a toutefois pas exactement le même sens pour tous. On peut notamment observer une polarité entre des conceptions humanitaires ou politiques, entre une action motivée par la compassion envers des populations à assister ou par la con- testation des politiques migratoires16. Chacune de ces logiques contient en elle-même ses limites.
La logique humanitaire, lorsqu’elle tend vers des actions de type cari- tatif, se voit accusée de dépolitiser le rapport entre les migrants et les insti- tutions répressives qu’elle se contente d’humaniser. Dirigée vers la popula-
14. Pour une description de ce type de situation dans la vallée de La Roya, on pourra se reporter à l’ouvrage du collectif ObsMigAM : Le manège des frontières, Le passager clandestin, 2020, p. 92 et seq.
15. Elle apparaît alors comme un impératif moral, non discutable que souligne l’expression
« c’est tout » utilisée par des « solidaires » interviewés dans Le Monde (30/01/2021) :
« Moi si quelqu’un a besoin d’aide je l’aide c’est tout » ; « c’est une question d’humanité c’est tout ».
16. On retrouve cette polarité dans les ONG en charge des opérations de sauvetage, traversées par l’opposition entre un répertoire d’action consistant à « sauver des vies » et un rôle de surveillance et de critique des pratiques des États (Cuttita, 2018).
tion à assister, l’activité se rapproche de l’assistance sociale ou du devoir de fraternité à tonalité religieuse. Cette fonction assistantielle court le risque d’être finalement une forme de régulation de la pauvreté et de gestion de la marginalité qui en vient à entériner le fait que, pour une partie de la popula- tion présente sur le territoire, l’action bénévole se substitue à la responsabi- lité de l’État.
Dans la logique politique, la solidarité s’affirme comme un contre- pouvoir. Elle prend la forme de la dénonciation de l’injustice faite aux mi- grants, de la violation de leurs droits, avec pour corollaire une action di- rigée vers les institutions d’État (police, justice, préfecture). Elle procède en quelque sorte du désaccord des solidaires envers leurs États, et donne lieu à une relation à trois (Agier, 2018 : 140). La question qui se pose est celle de la place qu’y occupent les migrants dont les préoccupations quotidiennes et les projets peuvent sembler bien loin des enjeux de pouvoir et des affron- tements politiques entre nationaux17.
La véritable ligne de partage, toutefois, ne traverse pas les associations d’aide aux migrants qui, en dépit de leurs différences et de leurs dilemmes ont en commun une conception inclusive de la solidarité. Elle oppose cette conception de la solidarité avec les autres inclus dans une commune hu- manité et une solidarité entre des semblables qui se défendent contre des autres perçus comme menaçant leurs intérêts.
Pour en revenir in fine à la distinction durkheimienne entre les deux formes de solidarité pointée en introduction, on peut se demander si l’Europe pourra faire société sans tenir ensemble l’interdépendance des États qui la composent et une morale politique commune. La question mi- gratoire, par l’importance qu’elle a prise dans les agendas européens, fournit une bonne occasion d’en débattre. Si elle constitue, comme on le dit souvent, un défi pour l’Europe, l’enjeu n’est pas le renforcement de la soli- darité de ses États membres pour protéger plus efficacement ses frontières, mais la capacité des institutions européennes à susciter un débat démocra- tique permettant de repenser les migrations autrement que dans les termes d’un protectionnisme illusoire.
17. D’autres critiques portent sur la publicité inhérente à la ligne d’action contestataire (actions en justice, manifestations illégales, interventions dans les médias), et doutent de son adéquation à la défense d’une population qui est toujours sous la menace de l’expulsion. Voir ObsMigAM, cit.: 113.
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Incursioni
Migrazioni, frontiere, solidarietà
a cura di
Luca Giliberti e Swanie Potot
Verso i solidarity studies. Nuove prospettive di ricerca su migrazioni e frontiere
di Luca Giliberti
*e Swanie Potot
**Riassunto: Nella contemporanea “crisi dell’accoglienza”, rinforzata dall’emergenza pandemica, la frontiera si definisce come elemento chiave nell’analisi delle mobilità verso e all’interno dell’Europa. Nelle diffuse situazioni di blocco dei migranti – stuck in transit sui confini europei – le reti di supporto di- vengono una realtà importante su plurimi nodi di frontiera, per fornire ospitalità, cura, beni di prima necessità, facilitando il proseguimento delle rotte migranti. La parola “solidarietà” diviene, in questo senso, nozione di riferimento sia in termini emic nella vita quotidiana delle borderlands, sia in relazione a un’emergente lette- ratura scientifica che, all’interno degli studi sulle migrazioni, denominiamo solida- rity studies. L’articolo propone un’analisi dello stato dell’arte di questo filone di studi, introducendo e situando allo stesso tempo i contributi presentati nel mono- grafico, che a sua volta intende partecipare all’incipiente articolazione di queste nuove prospettive di ricerca.
Parole-chiave: solidarietà; migrazioni; frontiere; ibridazione; criminalizzazione;
solidarity studies.
Towards solidarity studies: new research perspectives on migration and borders
Abstract: In the contemporary “reception crisis”, reinforced by the pandemic emergency, the border is defined as a key element in analysing mobility towards and within Europe. In the widespread cases of migrant’ blockades – stuck in transit on European borders – support networks become an important reality on multiple border crossing points, to provide hospitality, care, basic necessities, facilitating the continuation of migrant routes. The word “solidarity” becomes, in this sense, a reference notion both in emic terms in the daily life of borderlands, and in relation to an emerging scientific literature that, within migration studies, we call solidarity
*. Luca Giliberti, Università degli Studi di Genova, DISFOR-Laboratorio di Sociologia Vi- suale; Fellow Institut Convergences Migrations; [email protected].
**. Swanie Potot, URMIS, Université Côte d’Azur/CNRS; Fellow Institut Convergences Migrations; [email protected].
Mondi Migranti, (1972-4888, ISSNe 1972-4896), 3/2021 Doi: 10.3280/MM2021-003002
studies. The article proposes an analysis of the state of the art of this strand of stud- ies, simultaneously introducing and situating at the same time the contributions presented in the monograph, which in turn aims to participate in the incipient artic- ulation of these new research perspectives.
Keywords: solidarity; migrations; borders; hybridization; criminalization; solidarity studies.
Ricevuto: 28 Aprile 2021 Accettato: 26 Maggio 2021
1. Crisi dell’accoglienza, chiusura dei confini e solidarietà dal basso: verso i solidarity studies1
Dal 2015 si assiste in Europa a ciò che, nel discorso dominante, è stato comunemente definito come “crisi migratoria”; con diversi autori, propo- nendo un cambio di prospettiva, preferiamo parlare di “crisi dell’accoglienza” (Lendaro, Rodier e Vertogen, 2019; Rea et al., 2019). Lo storico consolidamento dei confini esterni della “Fortezza Europa” (Bigo, 2002) – funzionale al modello Schengen – viene accompagnato dal ristabi- limento di diversi confini interni del regime di frontiera europeo2, in primis per ragioni di ordine anti-terroristico, oggi anche in nome dell’emergenza sanitaria che giustifica nuovi processi di “frontierizzazione” (Delmas e Goeury, 2020). La contemporanea crisi dell’accoglienza si acuisce negli ultimi anni con l’avvento della pandemia, che finisce per imporsi come nuovo momento costitutivo delle politiche migratorie (Pastore, 2021; Gili- berti e Filippi, 2021). In tale contesto, come già avvenuto in altre epoche della storia moderna (Brogini, Ghazali e Potot, 2020), la frontiera si defini- sce come un elemento chiave nell’analisi delle mobilità verso e all’interno dell’Europa.
Il ripristino dei controlli sistematici e la “chiusura” dei confini, accom- pagnati dalla militarizzazione delle cosiddette “borderlands”, contro i co-
1. Questo numero monografico di Mondi Migranti, introdotto dal presente articolo, è legato all’attività di ricerca di due progetti in cui i curatori sono coinvolti: 1. Progetto PRIN 2017 “De-bordering activities and bottom-up citizenship of asylum seekers in Italy. Policies, Practices, and People (ASIT)”, MIUR - prot. 2017999JXZ. 2.
“Observatoire des Territoires Frontaliers” (ObsTerFro), Institut Convergences Migrations-CNRS, référence ANR-17-CONV-0001. Per quanto concerne l’articolo, a fini puramente accademici, i parr. 1, 2 e 3 possono essere attribuiti a Luca Giliberti, mentre il par. 4 può essere attribuito a Swanie Potot.
2. I Paesi europei che dal 2015 sospendono Schengen – propiziando un ritorno delle frontiere interne dell’Europa – sono Austria, Danimarca, Germania, Norvegia, Slovenia, Svezia, e Ungheria.
siddetti “movimenti secondari” dei migranti e richiedenti asilo, genera il blocco di migliaia e migliaia di migranti sui nodi di frontiera, “stuck in transit” (Brekke e Brochmann, 2015; Aru, 2020; Streiff-Fénart e Segatti, 2012). In termini di immagine, da una “Fortezza Europa”, sigillata all’esterno e aperta all’interno, si passa a uno spazio sempre più fortificato all’esterno e frammentato al suo interno. All’interno di questo spazio che potremmo definire reticolato, è l’Europa nel suo insieme a divenire un
“borderland” (Balibar, 2009), in cui emergono nuove categorie relative alla gestione dei flussi e ai discorsi per legittimarli (Putignat e Streiff-Fénart, 2008). La nozione di “transit migration”, “invenzione” (Hess, 2012) legata alla crescita del controllo sui confini nel dispositivo Schengen (Collyer, Dűvell e De Haas, 2010), si associa ai concetti di “proibizionismo migrato- rio” e “migrazione irregolare” (Dűvell, 2012; Dűvell, Molodikova e Col- lyer, 2014), in un contesto in cui i confini – anche quelli interni all’Europa – si moltiplicano e fungono da “filtro selettivo” (Mezzadra e Nielsen, 2013;
Navone, 2020) per il contenimento dei “soggetti indesiderabili” (Agier, 2008; Tazzioli e Garelli, 2020).
I luoghi di blocco dei migranti “irregolarizzati” (Jansen, Delikates e de Bloois, 2015) divengono per eccellenza dei “battlegrounds” (Ambrosini, 2018), campi di battaglia a livello locale in cui attori dal diverso posizio- namento entrano in conflitto. La società civile nel suo insieme – sia in ter- mini di solidarietà che di ostilità verso le rotte migranti – irrompe nel cam- po delle politiche migratorie a livello locale (Fontanari e Borri, 2017; Truc- co, 2021). Il presente numero monografico di Mondi Migranti è dedicato specificatamente alla “solidarietà” che, dal basso, prende forma sulle fron- tiere europee, analizzandone gli ambiti di intervento, oltreché i processi di criminalizzazione che la investono.
La parola “solidarietà” – nozione sempre più in auge in un’Europa ca- ratterizzata da molteplici crisi – è stata ed è particolarmente utilizzata negli ultimi anni in relazione alle pratiche di supporto ai migranti in transito (Della Porta, 2021), in modo particolare sui nodi di frontiera, oltreché in altri contesti dove tali soggetti sperimentano forme di blocco e temporanea permanenza, come le metropoli-hubs europee. Concetto fondativo delle scienze sociali, a partire dalla riflessione di Durkheim (1933) analizzata dal testo di Jocelyne Streiff-Fénart in apertura del presente numero di Mondi Migranti, tale nozione entra in auge con la “crisi dell’accoglienza”. Parola usata in termini emic dagli attori sul campo, diviene, parimenti, progressi- vamente più utilizzata dalla letteratura scientifica in scienze sociali per de- scrivere l’esperienza dal basso di sostegno ai migranti. Da concetto “over- looked” fino a tempi recenti (Alexander, 2014; Kymlicka, 2015), passa oggi al centro di un incipiente interesse scientifico; si costruisce, in questo senso,
un corpus di ricerche progressivamente più ampio e articolato (tra gli altri, si vedano: Della Porta, 2018; Dijstelbloem e Walters, 2019; Giliberti e Qu- eirolo Palmas, 2020; Bauder, 2020; ObsMigAM, 2020; Schwiertz e Schwenken 2020a), che, all’interno degli studi sulle migrazioni, denomi- niamo solidarity studies, a cui tale numero monografico della rivista Mondi Migranti intende contribuire.
Oltre agli usi istituzionali analizzati nel testo della sezione Prospettive appena menzionato, il concetto di “solidarietà” – nella maniera in cui l’abbiamo pocanzi definito – si riferisce a un fenomeno dal basso che è composito e particolarmente eterogeneo; in questo senso, diversi autori par- lano della solidarietà ai migranti in termini di “umbrella notion” (Birey et al., 2019) – una nozione ombrello riferita a un ampio spettro di pratiche e di approcci –, o di “floating signifier” (Agustín e Jørgensen, 2019), signifi- cante fluttuante che si modifica rispetto allo spazio e al tempo (Bauder e Juffs, 2019). A partire da queste considerazioni, definiamo la “solidarietà”
come l’insieme multiforme e situato di pratiche, incontri e forme di coope- razione dal basso volte a sostenere i migranti in transito senza alcuna con- tropartita economica (Giliberti, 2020), favorendo il processo di trasforma- zione di “corridoi forzati” in “rotte abitate” (Queirolo Palmas e Rahola, 2020; Schwiertz e Schwenken, 2020b).
I contributi qui presentati analizzano le pratiche di solidarietà ai migran- ti in transito su diversi nodi di frontiera europei, in un tempo storico che va dalla chiusura dei confini interni nel 2015 al nuovo scenario pandemico. Da un punto di vista metodologico i contributi condividono la preferenza per il metodo etnografico (Willis e Trondman, 2002), basato sull’immersione del ricercatore nella realtà studiata, e per un approccio di sociologia pubblica (Burawoy, 2005). Il primo articolo, di Graziella Marturano (Università di Genova), è dedicato alle reti di solidarietà sulla rotta balcanica, sulle fron- tiere Serbia/Croazia e Bosnia/Croazia, centrandosi sulle pratiche di soste- gno ai migranti messe in atto dalla rete solidale “No Name Kitchen”, e sui processi di criminalizzazione di cui tale rete diviene protagonista. Il secon- do contributo, di Annalisa Lendaro e Thomas Sommer-Houdeville (Univer- sité Toulouse Jean-Jaurès), analizza il confine ovest Spagna/Francia, ed è specificatamente dedicato alle reti di solidarietà del Paese basco francese e al dialogo che queste generano con le politiche istituzionali locali, più ac- coglienti rispetto alle politiche dello Stato – data la specificità di un territo- rio dalle forti rivendicazioni di uguaglianza, solidarietà e giustizia sociale, legate in termini generali alla lotta per l’indipendenza del Paese basco.
Il terzo articolo, di Luca Giliberti e Davide Filippi (Università di Geno- va), analizza le reti di solidarietà ai migranti in transito in Val di Susa, a ri- dosso del nodo alpino che divide l’Italia dalla Francia, in un territorio stori-
camente caratterizzato da mobilitazioni e lotte per la giustizia sociale, come il longevo movimento No Tav, oltreché una diffusa “etica della montagna”.
Il quarto contributo della sezione Incursioni, di Pinar Selek (Université Côte d’Azur), anch’esso situato sulla frontiera franco-italiana, ma in questo caso sul versante sud delle Alpi Marittime, è centrato sulla condizione delle donne migranti, delle violenze che subiscono sulle rotte e sull’implicazione al loro fianco dei movimenti femministi francesi e italiani, tra Nizza e la Liguria. Attraverso una mobilitazione recente organizzata a Nizza, l’autrice questiona il ruolo delle reti femminili nella strutturazione dei movimenti sociali. Il quinto e ultimo articolo, di Juan Pablo Aris Escarcena (Universi- dad de Sevilla), si dedica nello specifico a una tematica – quella della cri- minalizzazione della solidarietà, elemento chiave nello studio delle reti di solidarietà dal basso – menzionata già da precedenti contributi, allargando la riflessione del monografico alle pratiche di salvataggio nel Mediterraneo.
In questa maniera, analizza gli effetti della criminalizzazione sulla politi- cizzazione di volontari inizialmente mobilitati sul solo criterio umanitario.
2. La solidarietà in frontiera: ambiti di azione e pratiche di sostegno ai migranti in transito
Le pratiche solidali – così come le abbiamo precedentemente definite – sono generalmente realizzate da reti informali più o meno strutturate, o da associazioni o ONG, con motivazioni di tipo distinto, per esempio di carat- tere umanitario, religioso, politico o etico (Birey et al., 2019; Della Porta e Steinhilper, 2021; Schwiertz e Steinhilper, 2021). Le reti possono essere formate da abitanti del luogo – nella produzione di una solidarietà endoge- na – o da persone arrivate da fuori, promuovendo in questo senso una soli- darietà esogena (Giliberti e Queirolo Palmas, 2020; Giliberti, 2021). Ma in quali ambiti di azione e quali pratiche vengono portate avanti da queste ete- rogenee reti di solidarietà informale che operano nelle borderlands euro- pee?
Un primo ambito relativo all’azione solidale si riferisce ad interventi sul territorio in cui i migranti sono giunti e sono rimasti bloccati: l’ospitalità – sia casalinga che in strutture gestiste dalla società civile –, la cura, la distri- buzione dei beni di prima necessità, attività ad hoc (corsi di lingua, suppor- to legale etc.), gli incontri e le relazioni tra migranti e popolazione locale. I solidali rendono, in questa maniera, l’arrivo dei migranti e il soggiorno de- gli stessi sul territorio in cui operano maggiormente vivibile, alleviando le durezze e le violenze del passaggio che si constatano sui nodi di frontiera