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Acculturazione, identità e seconde generazion

COLLETTIVITICA VISIONE INDIVIDUALISTICA

2. la metabolizzazione culturale Ogni soggetto, partendo dalla cultura extrasomatica, opera una selezione di elementi significanti che,

1.2. Acculturazione, identità sociale e identità interculturale

Il Consiglio d'Europa e l'UNESCO hanno formulato la seguente definizione di identità culturale:

" l’identità culturale corrisponde all’insieme dei riferimenti culturali per il quale una persona o un gruppo si definisce, si manifesta e desidera essere

riconosciuto; l'identità culturale implica le libertà inerenti alla dignità della persona e integra in un processo permanente la diversità culturale, il particolare e l'universale, la memoria e il progetto”.

Questo concetto di identità indica una prospettiva interculturale esplicita che si fonda sull’identità globale, su svariate identificazioni particolari riferite ad altrettante appartenenze culturali distinte, in processo dinamico costante. In contesto interculturale le culture sono da considerarsi entità in continua evoluzione. Nel momento in cui si descrivono le differenze culturali, si offre solo una visione parziale e statica di una realtà complessa in continua trasformazione.

L’identità culturale si declina interculturalmente attraverso:

- la dialettica della diversificazione/coesione: solo l’identità interculturale è luogo di formazione dei legami sociale e politico perché si costituisce per un processo interattivo di assimilazione e di differenziazione in rapporto con l'altro a partire da un plurale, attraverso un movimento bidirezionale d'integrazione/rifiuto;

- la dialettica del particolare/universale, del personale/comunitario: essa costituisce pratica interculturale alla differenza e contemporaneamente alla somiglianza;

- la dialettica del risultato / processo: l'identità interculturale implica un atto permanente di identificazione che presuppone, nello stesso tempo sia il patrimonio identitario, trasmesso per nascita o cicli vitali, sia la libertà di esprimere le diversità e le scelte etiche individuali.

Le migrazioni sono esperienze emotive molto intense che rimettono in discussione l'identità profonda degli individui. L'identità, da un punto di vista socio-affettivo, è caratterizzata da una dimensione evolutiva del costruirsi dell'identità come processo, come sviluppo ed elaborazione continua .

Lo sviluppo del senso di sé è un processo non solo interpersonale, ma strettamente connesso alle idee condivise nei gruppi e nelle culture. Il

movimento relazionale bidirezionale tra il migrante e la società ospitante determina avvicinamenti e opposizioni, aperture e chiusure, assimilazioni e differenziazioni.

La ridefinizione dell’identità migrante diventa oggetto di una elaborazione di rappresentazioni sociali del Sé differenziate nelle varie culture.

Il migrante può cercare nel gruppo sociale di definire la propria identità conciliando le contraddizioni, oppure scegliendo il quadro di riferimento di provenienza (Palmonari, Gavazza, & Rubini, 2002). Il gruppo sociale con il suo insieme di modelli culturali rappresenta la dimensione spaziotemporale e relazionale al cui interno il sentimento d'identità viene determinato dall’intreccio di storie individuali e sociali, dai modelli culturali del gruppo di appartenenza, da ciò da cui si differenzia o da ciò a cui si oppone (Taylor, 1984).

Nel gruppo sociale di provenienza il migrante ha la possibilità di vivere l'esperienza di appartenenza sia come regressione e perdita della propria identità, sia come capacità di entrare in comunicazione con gli altri salvaguardando la propria distinta soggettività.

L'identità culturale di ogni individuo è la risultante delle variazioni culturali che si articolano sulla base di una identità etnica originaria.

Per etnia si intende ogni raggruppamento umano distinto da una comune cultura. Il concetto di etnia è un concetto chiaro solo quando le società

coincidono con un unico gruppo d'individui che hanno in comune razza, religione, lingua, costumi e tradizioni (Chryssochoou, 2006).

Il problema dell'identità interculturale si pone quando due o più gruppi etnici entrano in contatto e mettono a confronto i propri sistemi simbolici di riferimento. Quando gli immigrati si ritrovano in un ambiente straniero e non familiare, caratterizzato da eterogeneità etnica e da diversità culturale, si trovano costretti a nuovi confronti con la propria identità, rafforzando spesso forme di distinzione già fissate e definite favorendo così l'emergere di nuove forme di esclusione e separazione.

L'identità etnica, quindi, è una sorta di risorsa a cui il migrante fa riferimento quando sente di avere a che fare con la proposta di una identità “altra”, con valori diversi da quelli che ha assimilato nel suo processo di socializzazione.

Il migrante riscopre la propria identità quando diviene minoranza. Tuttavia, soprattutto per la prima generazione, l'identità etnica è fortemente simbolica, mentre per le seconde generazioni, che entrano in contatto più stretto

con altre proposte identitarie in ambito sociale, scolastico e formativo, si verifica molto spesso un contesto che li condanna alla loro diversità.

Diversità che non è più quella originaria, come potrebbe aspirare la famiglia e il gruppo etnico di provenienza, ma è una diversità fittizia, costruita sull'immagine che la società di arrivo ha della cultura altra, spesso basata su una proposta identitaria totalmente omologante, o discriminante, folclorica e astorica.

Si può affermare che l'identità culturale dei migranti, soprattutto quelli di seconda generazione, non nasce solo da dinamiche oppositive, dal rifiuto pregiudiziale dell'altro e dal rispecchiamento con il gruppo di appartenenza, ma soprattutto dalle differenti esperienze, dai diversi ambienti attraversati, dal confronto con le culture sperimentate (Hall & Du Gay, 1996).

Interessante, a questo proposito, appare analizzare i termini utilizzati per descrivere le comunità straniere nel linguaggio comune. Ad esempio, l’accezione colonia etnica indica il risultato di un'immigrazione di massa in una determinata area di un paese straniero. Per estensione può essere riferito per descrivere i raggruppamenti di connazionali in determinate aree o quartieri delle grandi città (Little Italy, China Town) che hanno storicamente rappresentato la costituzione di enclaves e favorito l'avvio di economie etniche. L’accezione ghetto individua, invece, la condizione di segregazione in cui spesso vivono gli immigrati in conseguenza dello status economico-sociale o dell’appartenenza etnico-culturale. Il ghetto richiama nell’immaginario collettivo una realtà segnata da anomia sociale.

I teorici dell'identità sociale affermano che le relazioni e i comportamenti intergruppi siano dovuti alla ridefinizione cognitiva del sé in termini di appartenenza ad un determinato gruppo. La TIS ipotizza l'esistenza di una distinzione tra il sé come individuo (identità personale) e il sé come membro di gruppo (identità sociale).

La teoria dell'identità sociale (Tajfel, 1978, 1981; Tajfel e al.1971, 1979) è diventata struttura teorica di riferimento (Capozza, Brown, 2005) nell’analisi delle relazioni tra gruppi etnici nelle società odierne multiculturali. La TIS parte dalla premessa secondo la quale la società è un insieme di categorie sociali di status e potere differenti. Le categorie sociali sono definite dalla reciproca

opposizione. L'identità delle persone deriva in gran parte dalle categorie sociali a cui appartengono. La TIS concettualizza il gruppo come luogo di origine dell'identità sociale: gli individui tendono spontaneamente a costituire gruppi, a sentirsene parte e a distinguere il proprio gruppo di appartenenza (ingroup) da quelli di non-appartenenza (outgroup). Secondo la TIS, l'identità sociale dell'individuo si costruisce attraverso tre processi funzionalmente collegati: