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Acculturazione, identità e seconde generazion

COLLETTIVITICA VISIONE INDIVIDUALISTICA

2. Le seconde generazioni 1 Le categorie per definire i giovani immigrat

2.2. I giovani adolescenti immigrati e il contesto sociale

2.2.2 Gli adolescenti immigrati e la doppia transizione

Kurt Lewin afferma riguardo l’adolescenza che il comportamento tipico di questa età è alquanto diverso a seconda delle diverse società (Lewin, 1951). Il consolidamento di un approccio ecologico allo studio dei processi di sviluppo ha costituito un’occasione per integrare gli studi condotti a livello individuale- psicologico con quelli sociologici riguardanti la socializzazione intesa come policentrismo formativo (Giovannini, 1987).

Tali indicazioni evidenziano la necessità di partire dalle interazioni sociali esperite nel percorso di socializzazione degli adolescenti figli di immigrati.

Infatti sono determinate da un tessuto sociale e da un ambiente territoriale ampi, dotati di significati e valori culturali propri maturatisi storicamente, relativi al luogo scelto dai genitori come insediamento stabile diverso da quello di provenienza, con differenti distanze culturali.

D’altra parte l’esperienza degli adolescenti si nutre d’interazioni sociali. Un adolescente immigrato vive con particolare evidenza i conflitti riguardanti lo spazio geografico e il tempo (Demetrio e Favaro 1992; Schimmenti 2001).

Lo spazio implica perdita, sradicamento dalla terra di origine, dalla cerchia familiare, dai luoghi usuali di incontro, dalla lingua madre.

Lo spazio è anche corporeo, subisce modificazioni soprattutto nel modo di vestirsi, di alimentarsi, di re1azionarsi e nella cura di sé (Castiglioni 2001; Villano e Zani 2004).

Il corpo e la rappresentazione di sé sono fortemente collegati alla cultura di appartenenza e alla tradizione. Per le donne, ad esempio, migrazione vuol dire anche modificare il modo di prendersi cura di sé, di mantenere le proprie abitudini quotidiane legate al corpo, all' abbigliamento.

I minori immigrati non sempre hanno a disposizione il supporto delle figure genitoriali, impegnate nella soluzione delle inevitabili difficoltà di inserimento e, spesso, prive delle conoscenze fondamentali del paese ricevente. Di fronte alle incertezze e alle sofferenze vissute nel nuovo contesto di vita, c'è il rischio che si crei quella che Favaro (2002) chiama ambivalenza identitaria, dovuta al conflitto fra passato e presente.

I giovani migranti sono impegnati nell'acquisizione della propria identità personale, sociale e di genere e contemporaneamente nell'esplorazione della propria identità etnico-culturale (Phinney, 1990).

Nelle seconde generazioni diventa il problema più pressante, trovandosi a dover compiere una scelta resa ancor più difficile dal trapasso culturale cui sono soggette. Queste dinamiche conflittuali, alla lunga, possono dare origine a vere e proprie crisi, a livello identitario, familiare, sociale e culturale.

La tradizionale dissonanza generazionale che caratterizza genitori e figli può risultare amplificata dal salto culturale che esiste tra padri appartenenti alla prima generazione di immigrati e figli appartenenti alla seconda.

Come spiegano Chiarolanza e Ardone (2003), è probabile che gli adolescenti immigrati siano più a rischio di stress psicologico rispetto ai coetanei autoctoni, poiché devono far fronte alla doppia transizione, adolescenziale e verso un mondo sconosciuto.

Il minore immigrato per affrontare la doppia transizione può attingere a varie risorse. Fra queste è rilevante il ruolo della competenza linguistica, skill fondamentale durante il processo di acculturazione. Essa, infatti, diminuisce le difficoltà sociali, permettendo una maggior interazione con le società ospitanti (Ward et al., 1999) e, di conseguenza, la possibilità di esprimere le proprie abilità in settori diversi.

Noels et al. (1996), indicano che i giovani immigrati dotati di competenza linguistica hanno maggiore stima di se stessi e si sentono meno stressati.

Il bilinguismo aiuta nel processo di acculturazione, ma non è determinante nel processo di adattamento sociale ed emozionale degli adolescenti (Aronowitz, 1984).

Alcuni studiosi (LaFromboise et al., 1993) sostengono che l'identità biculturale sia la più adattiva. Attraverso la costruzione di una doppia identità,

l'adolescente integra i valori delle differenti culture e soprattutto struttura un duplice senso di appartenenza (Wieviorka, 2002).

Il rapporto tra individuo, cultura d'origine e cultura d'accoglienza determina le polarità tra cui si gioca lo sviluppo adolescenziale dei giovani immigrati, i quali devono affrontare la doppia transizione (il passaggio verso

l'età adulta e quello verso la società d'accoglienza).

Ci sono adolescenze diverse, poiché per alcuni giovani stranieri il percorso di crescita appare già segnato a causa delle difficoltà d'acculturazione che incontrano nel paese ospitante e per l'influenza esercitata dalla propria cultura.

In alcuni studi circa le attitudini intergruppo nelle società multiculturali (Phinney et al., 1997, 2001), si dimostra che possedere un senso di identità etnico-culturale forte e sicuro è, indirettamente, legato ad atteggiamenti più favorevoli nei confronti di altri gruppi etnici e può servire come ammortizzatore contro la percezione di discriminazione. Gli adolescenti con una identità integrata

ottengono risultati migliori nell' adattamento psico-sociale rispetto ai soggetti con un'identità marginale.

Se da una parte, infatti, i minori immigrati condividono con i coetanei del paese ospitante bisogni ed esigenze, compiti di sviluppo e ritmi di crescita, dall'altra l'esperienza migratoria li porta ad affrontare sfide specifiche quali l'apprendimento di una lingua nuova, la riorganizzazione degli spazi e dei tempi quotidiani, la comprensione di regole sociali nuove, la definizione di una specifica identità etnico-culturale contemporaneamente alla ridefinizione della propria identità personale e ad una rinegoziazione dei ruoli sociali e dei valori individuali.

La cultura, che assicura all' adolescente migrante un senso di stabilità e di certezza, diventa un riferimento meno sicuro e il confronto con i pari spesso mette profondamente in discussione l'immagine di sé. L'essere fra due culture può generare anche stress da acculturazione (Schleyer-Lindenmann, 2006).

A questo proposito, sono molti gli studi che parlano di conflitti generati dall’appartenenza a due culture. La generazione dei giovani, trovandosi di fronte a tale conflitto, adotterebbe i valori e le norme di comportamento che sembrano più vantaggiosi, più utili e più convenienti (Camilleri, 1979).

Malewska-Peyre e Zaleska individuano un altro criterio di scelta: si tenderebbe a conservare i valori e le norme di comportamento centrali ed essenziali alla loro identità, anche se il mantenerli può portare svantaggio (Malewska-Peyre e Zaleska, 1980; 1984).

La presenza di una dicotomia irrisolta fra i valori culturali originari e quelli della società ospitante, può ripercuotersi sul vissuto dei giovani immigrati adolescenti determinando comportamenti differenti: si tende ad oscillare tra i valori (pendolarismo culturale), oppure attraverso l’ accettazione passiva o l’acquisizione di una identità negativa, si rifiuta la cultura e i modelli educativi di origine o, attraverso il mimetismo culturale (iperadattamento), si ignorano le proprie origini e si acquisisce ciò che il nuovo paese propone.

Gli adolescenti migranti che vivono la doppia transizione mostrano un forte impegno nel ricercare soluzioni personali alla sfida dell' esperienza migrato- ria, cercando di valorizzare le esperienze, prima fra tutte la scuola, e le relazioni

interpersonali che si trovano a vivere nella nuova società. È l'esperienza quotidiana quindi che incide sull'integrazione.

I migranti adolescenti definiscono la propria identità etnico-culturale attraverso la costruzione progressiva di precursori etnici, quali la capacità di etichettarsi e identificare se stessi all'interno del proprio gruppo etnico, la capacità di comportarsi in linea con le condotte etniche del proprio gruppo e la costanza etnica, ovvero la consapevolezza di avere delle caratteristiche etniche immutabili.

L'identità etnico-culturale è un aspetto dell'acculturazione che si focalizza sul sentimento individuale di appartenenza a un gruppo o a una cultura, acquista valore in quei contesti in cui è saliente il confronto quotidiano fra persone appartenenti ad etnie diverse e soprattutto quando entrano in gioco le relazioni intergruppi fra una maggioranza e una minoranza. Il rapporto tra acculturazione e identificazione etnica può essere descritto come un fenomeno di push and pull:

- spinta in direzione del mantenimento della propria identità etnica - spinta in direzione dell’adattamento della cultura ospite.

La tensione tra queste due spinte potrebbe essere descritta come stress da biculturalità.

Come hanno mostrato numerosi lavori scientifici, l’etnicità si configura come una categoria socialmente costruita. L'identità etnico-culturale è quindi da considerarsi un costrutto dinamico, che evolve e cambia in risposta a fattori di sviluppo e contestuali, che coinvolge ragazzi e ragazze che appartengono a mondi culturali ed etnici differenti.

Si tratta di una classificazione cognitiva che ricorre a elementi di identificazione, denotati e connotati a seconda del contesto sociale di riferimento, che di fatto costruisce barriere semantiche.

Tale categoria sembra essere divenuta uno strumento per designare sinteticamente settori di popolazione immigrata, per riferirsi a coloro che si reputano connotati da diversità di costumi e/o di lingua, cultura, modi di vita (Sciortino, 1991; Rivera, 2001). Gli ethnic markers socialmente percepibili come il colore della pelle, la lingua, le pratiche religiose, i costumi, l’uso di una determinata pronuncia fonetica, il possesso di un particolare cognome, ecc. di

solito definiscono una particolare categoria etnica. (Waters, 1989; Sciortino, 1991).

Come fa notare Goffman, gli stigmi tribali della razza, della nazione, della religione possono essere trasmessi di generazione in generazione. In tal senso, un individuo “in un ordinario rapporto sociale possiede una caratteristica su cui si focalizza l’attenzione di coloro che lo conoscono alienandoli da lui, spezzando il carattere positivo che gli altri suoi attributi potevano avere” (Goffman, 1963; trad. it., p. 15).

Attraverso tale meccanismo la condizione adolescenziale dei figli di immigrati si identifica nella categorizzazione di immigrati di seconda generazione.

La costruzione dell'identità etnico-culturale del minore straniero avviene all'interno di una società che scarsamente considera la sua presenza e i suoi interessi dal punto di vista dei diritti, ma contemporaneamente diviene visibile perché parla una lingua diversa, a volte ha un colore della pelle diverso, professa una religione diversa.

I contesti nel quale il giovane straniero si trova a vivere sono differenti non solo a livello culturale, ma anche per gusti, atteggiamenti, valori e nel tentativo di colmare le differenze, il giovane adotta comportamenti confusi quali, ad esempio, la perdita progressiva della conoscenza della lingua e, quindi, della cultura originaria, oppure fenomeni di ritorno ed estremizzazione dei valori di provenienza, nel disperato tentativo di recuperare le proprie radici etnico-culturali. Spesso l'esperienza migratoria non è scelta, ma subita dai minori, inoltre, la percezione di ridotte opportunità future, le difficoltà di inserimento e i rischi legati all'immigrazione non possono che alimentare il disagio e la lacerazione dell’ identità.

L'impatto con la cultura dominante spesso provoca veri e propri sconvolgimenti sul processo di riorganizzazione identitaria da loro intrapresa in quanto adolescenti e, per origine familiare, appartenenti ad una categoria socialmente connotata in senso negativo.

Il percorso è difficile, soprattutto quando le distanze culturali sono significative e vengono a mancare i riferimenti attraverso i quali i giovani costruiscono i loro universi mentali e affettivi.

Più nello specifico, Phinney afferma, a proposito degli adolescenti, che il concetto di identità etnico-culturale è un modo per capire il bisogno di affermarsi di fronte alle minacce alle proprie identità, riconoscendo l’appartenenza al gruppo esclusivamente come appartenenza etnica .

L'impossibilità di avere un'unica identità culturale è amplificata dall'esperienza migratoria che rappresenta spesso per il giovane adolescente un elemento di rottura.

La consapevolezza, durante l'adolescenza, del valore crescente della propria identità in costruzione, porta il giovane straniero a considerare significativamente la propria appartenenza etnico-culturale.

Le seconde generazioni si trovano di fronte a strategie identitarie che si muovono all’interno dell’esperienza biculturale (Camilleri, 1998; Boubeker, 2003; Bosisio et al., 2005; Patuelli, 2005 ).

In particolare, la costruzione dell’identità di genere può comportare negoziazioni ed anche conflitti complessi e duraturi. Il caso delle ragazze di origine musulmana è emblematico, l’identità di genere oscilla tra la ricerca di compromessi originali, sempre esposti ai rischi delle riletture radicali, e il pericolo di usi strumentali e polemici dei bagagli culturali ereditati.

Il sociologo franco-algerino Abdelmalek Sayad (2002, pp. 330-44) considera gli immigrati e i loro figli “come sottoproletari dell'identità che non si trovano nelle condizioni economiche, sociali, giuridiche, culturali per potersi emancipare da una valutazione eteronoma di sé, gli immigrati e ancor più i loro figli non avrebbero i mezzi per poter rivendicare una definizione autonoma di sé e ottenere riconoscimento pubblico”. Lottando contro la stigma, non farebbero altro che riprodurlo in forma inversa, come emblema positivo e caratterizzante il gruppo, ma che, in realtà, è prodotto dagli effetti economici e sociali della stigmatizzazione stessa.

Secondo Sayad, la vera sfida consisterebbe piuttosto nell’invertire la scala di valori che autorizza la stigmatizzazione e non nel tentare di cancellare i tratti stigmatizzati.

Il multiculturalismo quotidiano (Colombo, 2002) è l'ambito di addomesticamento delle differenze in cui c'è lo spazio per il mutamento dove gli attori sociali colgono le occasioni, esprimendo piccoli atti di resistenza che spesso non hanno ricadute pragmatiche durature. Solo chi ha molte risorse a disposizione, tenta strategie di emancipazione più a lungo termine.

Attraverso le tattiche e le strategie identitarie gli adolescenti mettono in campo processi che prefigurano possibilità di passaggio da un percorso all' altro nei diversi contesti e nel tempo.

Tali processi di co-inclusione unitamente ai più ampi processi di inserimento sociale caratterizzano l’esperienza adolescenziale segnata dalla differenziazione dei percorsi in ragione non solo dell’origine familiare, ma anche dalla qualità e tipologia delle relazioni quotidiane (Palmonari, 1993; Gasperoni, 2002; Larson e Wilson, 2004).

Dove c'è grave marginalità socio economica, c'è più spazio per la devianza e meno progettualità personale e azione collettiva (Touraine, 1997).

Se gli adolescenti stranieri non hanno successo a scuola e se non riescono a trovare spazio nel mercato del lavoro qualificato, rischiano di alimentare un potenziale serbatoio di esclusione sociale, di opposizione alla società ricevente e alle sue istituzioni.

Non necessariamente nell’esperienza degli adolescenti stranieri si manifestano comportamenti devianti. In realtà le ricerche evidenziano la presenza sia di strategie identitarie orientate alla valorizzazione della cultura d’origine, utilizzando la doppia appartenenza come risorsa, sia di aspirazioni alla mobilità sociale (Bosisio et al., 2005).

Tali strategie si incrociano, confondendosi in parte, con i processi di acculturazione. Schematizzandole possono essere così individuate:

- tattiche di visibilità: si rinforza la propria identità etnico-culturale facendo dello stigma sociale motivo di orgoglio attraverso fenomeni di estremizzazione della cultura di origine;

- promozione sociale individualistica: tipica del multiculturalismo di

mercato. Si inventano prodotti culturali che trovano spazio nel mercato di grandi centri urbani e si improvvisa un' interculturalità di cortesia, facendo folklore nelle scuole e frequentando iniziative per promuovere il valore della differenza;

- strategie di inclusione a livello locale: quando i giovani entrano nello

spazio pubblico riconosciuti come portatori di diversità positiva, ad esempio vengono chiamati a partecipare a iniziative interculturali e di dialogo interreligioso, ma una volta entrati in rete con altri giovani impegnati a livello locale si muovono all'interno di scenari di cittadinanza attiva e contribuiscono a una normalizzazione della presenza straniera nello spazio civico;

- strategie di inclusione postnazionali: mettono in prospettiva più vasta

l'identificazione con la propria cultura di origine e l'essere italiani: si preferisce sentirsi europei o mediterranei o cittadini del mondo. Non si tratta più soltanto di venire inclusi in un modello di società specifico e scontato, ma di collocarsi in un'ottica di trasformazione sociale, come individui che si sentono parte di una società civile globale.

Tattiche e strategie identitarie: schematizzate e riadattate liberamente da De

Certeau, M. (2001). L’invenzione del quotidiano, trad. it. M. Baccianini,

prefazione di A. Abruzzese e postfazione di D. Borrelli, Roma

Tattiche e Strategie

Identitarie Costruzione identitariaorientata a rassicurare la società ospitante

Costruzione identitaria orientata alla multiculturalità

Tattiche di

visibilità Giovani migrantimoderati/buoni Giovani migrantirappresentanti/esperti di ambiti culturali e religiosi

Tattiche di

promozione sociale individualistica

Giovani migranti operatori dell'informazione sui temi legati al radicalismo religioso e culturale

Giovani migranti operatori culturali in chiave folclorica, divulgativa di culture e tradizioni altre

Strategie di

inclusione a livello locale

Giovani migranti operatori sociali nell'area della prevenzione della devianza giovanile e/o attivi nel volontariato

Giovani migranti mediatori interculturali e/o attivi in processi di cittadinanza attiva

Strategie di inclusione postnazionali

Giovani migranti attivisti nel movimento pacifista

internazionale

Giovani migranti attivisti nei movimenti e associazioni per la globalizzazione partecipata

2.2.3 Elementi di discontinuità nel passaggio dalla prima alla seconda