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Capitolo 2 – Ecosistemi narrativi: tra cinema e televisione

2. Marvel Cinematic Universe: un ecosistema narrativo

2.3 Tra film e serie televisiva

2.3.1 Adattamenti a confronto

La serie televisiva e il film sul supereroe cieco sono due adattamenti totalmente differenti tra loro.

Quello che salta subito all’occhio dello spettatore è sicuramente la differenza di tono: mentre il film ha un carattere

quasi fiabesco/fumettistico (ma in senso negativo), che

sembra gridare in

continuazione che quello che stiamo vedendo è finzione, la serie televisiva si caratterizza

per un’impostazione totalmente realistica. Quest’ultima, infatti, prende molto i toni di una

crime series, facendo sì che la narrazione acquisisca un accento dark e molto cupo, ma

anche molto realistico: quello che ci appare è che sembra di guardare un lungo film a episodi in cui i personaggi indagano sulle criminalità che si susseguono a Hell’s Kitchen.

Figura 3: Sulla sinistra, Ben Affleck nel film del 2003; sulla destra, Charlie Cox nella serie televisiva del 2015.

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Un’altra differenza sostanziale è l’aspetto dei due protagonisti: il Daredevil di Ben Affleck ha una tuta molto più somigliante a quella della controparte fumettistica: vediamo infatti che ha anche le due “D” (DareDevil) sul petto, cosa che non ritroviamo nel personaggio di Charlie Cox; ma questo non è per forza un punto a sfavore per la serie televisiva. Questa scelta DeKnight la giustifica così: “Mi hanno fatto tantissime domande sul motivo per il quale il personaggio non ha la ‘DD’ sul costume, all’altezza del petto. Questo si spiega con il fatto che il protagonista indossa il costume prima di venire appellato come Daredevil. Inoltre, penso che questo logo sia uno dei più problematici emblemi dell’intero universo dei supereroi dei fumetti. Sembra un po’ ‘traballante’.”118, portando forse, tramite questa omissione,

una nota ancora più realistica alla storia. Daredevil è l’eroe di cui Hell’s Kitchen ha bisogno, ma la lotta conflittuale che pervade Matt per tutte e tre le stagioni tra quello che vorrebbe essere e quello che è, tra se stesso e il suo alter ego, è anche visibile da questa sua volontà di rinnegare di essere un supereroe; il nome stesso che gli viene appellato, “il diavolo di Hell’s Kitchen”, è controverso. E lui, che spesso e volentieri teme di non essere nel giusto, di avere un lato oscuro che abbraccia ogni volta che indossa quel costume con le corna che ricordano, appunto, il diavolo, preferisce probabilmente non sbandierare sul suo petto le iniziali di un nome che per certi versi, forse, non ama. Matt, infatti, è un tipo molto cattolico, e questa sua fede viene spesso mostrata, soprattutto nella serie televisiva:

118 https://www.badcomics.it/2015/05/marvel-speciale-daredevil-i-segreti-della-serie-tv-netflix/60762/

consultato il 12 aprile 2019.

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ha un rapporto molto particolare col prete della chiesa, che conosce anche il suo segreto. È quindi paradossale il nome con cui viene chiamato il suo alter ego, che si mescola con la sua cristianità.

Altri due personaggi che hanno ruoli completamenti differenti dal film alla serie sono Foggy Nelson e Karen Page.

Nella pellicola cinematografica, Foggy sembra quasi un segretario di Matt, più che un socio; nella serie televisiva, invece, ricopre un ruolo molto più attivo. Vediamo che i due si conoscono da quando vanno al college, dove la loro amicizia ha inizio, aprono uno studio insieme di avvocati difensori (e nella serie, così come nel film, vengono spesso ripagati dai loro clienti poco facoltosi con cibi vari, invece che con denaro) e lavorano l’uno a fianco all’altro, cosa che non risulta tale nel film. Inoltre, nella serie televisiva Foggy viene a conoscenza del segreto di Matt, ovvero della sua attività come vigilante, cosa che, almeno inizialmente, non prende molto bene, temendo che l’amico possa rischiare di morire se continua a condurre questa vita parallela. Foggy si mostra molto apprensivo e il legame che c’è tra questi due amici è tangibile.

Passiamo adesso a Karen Page. Quella interpretata da Ellen Pompeo che troviamo nel film è un personaggio praticamente assente. Compare in brevi sequenze, ma non viene in nessun modo portata all’attenzione del pubblico. Nella serie televisiva, invece, questo personaggio ha un ruolo da co-protagonista tanto quanto Foggy. Dapprima salvata dai due avvocati contro un’accusa immeritata di omicidio, diventa la loro segretaria (anche se, spesso e volentieri, svolge più del lavoro di semplice segretaria) e successivamente, quando lo studio Nelson – Murdock andrà a sciogliersi, lavorerà come giornalista. Karen si mostra come una ragazza sveglia e intelligente, forse la versione migliore di questo

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personaggio la troviamo proprio nella serie televisiva, dal momento che la controparte cartacea va incontro a un brutto destino: diventerà una tossicodipendente e verrà brutalmente assassinata da Bullseye. La Karen della TV però condivide con quella del fumetto (e, anche se non viene messo nessun accento su di lei, intuiamo che sia così anche con quella del film) un debole per Matt, con cui intreccerà una relazione amorosa nella seconda stagione. Karen, inoltre, diventerà il personaggio chiave che collegherà lo spin- off The Punisher con la serie madre Daredevil, così che, anche se gli eventi narrati nella serie televisiva dedicata al Punitore non si intrecciano direttamente con quelli del nostro Difensore (nella prima stagione dello spin-off infatti, Frank Castle continuerà la sua lotta contro il crimine per scoprire chi ha assassinato la sua famiglia, in modo da vendicarla, cosa che aveva già iniziato a fare nella seconda stagione di Daredevi, quando viene introdotto il suo personaggio), rimane comunque ancorato allo stesso universo proprio perché il personaggio di Karen diventa il collegamento o, per dirlo meglio, il personaggio collante tra le due serie TV.

Wilson Fisk/Kingpin è il “villan” contro cui Daredevil si batte su tutte e tre le piattaforme. Nel film è interpretato da Michael Clarke Duncan, famoso al pubblico per il ruolo di John Coffey ne Il miglio

verde119; nella serie televisiva, per contro, è interpretato da

Vincent D’Onofrio (Law &

119 Il miglio verde, Frank Darabont, 1999.

Figura 5: Partendo da sinistra: Wilson Fisk nei fumetti; Clarke Duncan nel film; Vincent D’Onofrio in Marvel’s Daredevil.

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Order: Criminal Intent120). Come si evince dall’immagine a fianco, per quanto riguarda l’aspetto puramente estetico, l’adattamento più fedele alla carta risulta essere quello di D’Onofrio. Nella serie TV, inoltre, il personaggio risulta essere molto più completo e complesso di quanto appaia nel film: nell’ottavo episodio della prima stagione,

Nell’ombra (Shadows in the Glass), vediamo frammenti del passato di Fisk, in cui

troviamo un bambino sovrappeso, schernito continuamente dagli altri bambini e maltrattato dal padre autoritario che esercitava violenza sia su di lui che sulla madre. Un giorno, non sopportando più i soprusi di quel genitore aggressivo, lo uccide: è da lì che nasce un nuovo Wilson Fisk, da cui l’uomo che conosciamo nella narrazione ha preso origine. Questo spiega, almeno in parte, il suo comportamento brutale e i suoi affari loschi e malavitosi, dandoci un’idea del perché Fisk sia diventato l’uomo di potere che vuole impadronirsi di Hell’s Kitchen. Nel film, per contro, tutto questo aspetto del personaggio non viene trattato: risultano così quasi immotivate e insensate le sue azioni, mosse semplicemente da una sorta di brama di potere che lo fanno apparire semplicemente come un personaggio caricaturale. Non viene regalata nessuna profondità al Fisk di Duncan.

Per finire la panoramica sui personaggi, un altro a cui non viene resa per niente giustizia nel film è Bullseye. Assoldato per conto di Fisk, nell’adattamento cinematografico questo

villan non ha nessun tipo di spessore, uccide per divertimento e non ha un vero scopo

‘proprio’, ma agisce sempre per conto di qualcun altro, a parte quando decide di voler far fuori Daredevil perché gli ha fatto mancare un colpo (come è stato già accennato in precedenza, Bullseye è infatti conosciuto per non sbagliare mai mira). Nella serie televisiva, invece, Bullseye è interpretato da Wilson Bethel ed è introdotto nella terza ed ultima stagione. Gli viene costruita una storia ad hoc proprio per dare più spessore a

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questo complesso personaggio, ripercorrendo la sua vita da quando era un bambino problematico fino a diventare un agente dell’FBI. Grazie a questa introspezione sulla storia di Benjamin Pointdexter, nome che gli viene dato nella storyline della serie TV, riusciamo sia a capire meglio il perché di determinate decisioni e comportamenti violenti di questo personaggio, sia a provare una certa empatia; se non altro, questa ricostruzione che ci viene offerta sul piccolo schermo ci rende molto più umano e realistico questo psicopatico serial killer, che nel film sembra più che altro una caricatura di se stesso.

Fino a qua la comparazione tra i due prodotti è stata svolta soprattutto per quanto riguarda la differenza tra la caratterizzazione dei personaggi ed è stato messo in risalto giusto qualche accenno sulle diversità che si riscontrano a livello di trama. Tutte queste divergenze che emergono dall’analisi del film e della serie televisiva fanno capo alla loro natura intrinseca: il film è una narrazione dalla durata, in questo caso, di minuti 103 (133 nella nella director’s cut), mentre la serie televisiva comprende tre stagioni da 13 episodi l’una, dalla durata che varia dai 50 minuti a un’ora per episodio, a cui si aggiungono ben otto episodi della miniserie The Defenders, dove la storia di Daredevil viene amplificata ulteriormente e intrecciata con quella degli altri Difensori. È quindi chiaro che una narrazione così lunga porga la possibilità di analizzare in maniera più approfondita il racconto, cosa che in un film sarà sempre più difficile fare. Al di là di Daredevil del 2003, che di per sé non era stato un successo tra pubblico e critica, anche altri film Marvel che invece sono stati ampiamente apprezzati da entrambe le parti, peccano sempre un po’ di questa superficialità nei personaggi e nella trama che invece non riscontriamo nelle serie televisive dello stesso universo, anzi. Forse il successo delle serie televisive Marvel targate Netflix sta proprio in questa profonda introspezione della storia e dei personaggi che sul grande schermo non riusciamo ad avere. Le serie TV, da Daredevil a Jessica Jones

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che, insieme a The Punisher, sono quelle riuscite meglio (Iron Fist e Luke Cage, infatti, non hanno riscosso lo stesso successo), sono caratterizzate da un tono molto cupo e realistico che puntano molto all’introspezione sia dei diversi personaggi che costellano la storia, sia alla narrazione, dando molto spazio a dialoghi non banali e mettendo a fuoco le lotte interiori non solo dei supereroi protagonisti, ma anche di personaggi secondari (in

Daredevil, soprattutto nella terza stagione, viene approfondito molto il personaggio di

Karen, che scopriamo avere un passato segnato da un lutto importante, così come, allo stesso modo, viene focalizzata l’attenzione su tutta l’infanzia turbolenta di Bullseye per spiegarne i problemi psicologici che lo hanno portato a divenire il serial killer che conosciamo durante gli episodi). È per questo che quando si vuole procedere a trovare punti di incontro e scontro tra due prodotti che sono, per loro natura, diversi, dobbiamo sempre tenere in conto che la prima differenza sta proprio nella loro appartenenza a media (cinema e televisione) che condividono alcune caratteristiche, ma non tutte.

2.4 Considerazioni finali

All’interno di questo secondo capitolo si è cercato di applicare le nozioni teoriche individuate nel primo alla serie televisiva che è l’oggetto principale della tesi. Per fare ciò, è stato prima necessario mettere a fuoco le maggiori problematiche che caratterizzano un grande ecosistema narrativo come quello della Marvel, complesso sotto molti punti di vista. L’MCU, ovvero il Marvel Cinematic Universe, ha dato vita a una delle più grandi narrazioni transmediali, perché va dai prodotti audiovisivi come film e serie televisive ai fumetti, alla musica e ai videogiochi. Si tratta, per l’appunto, di una narrazione così grande e intrecciata che vede i propri personaggi passare da un medium all’altro rimanendo ancorato alla diegesi del racconto.

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È stato poi posto l’accento sul problema della traduzione: come si può realizzare la trasposizione di un testo scritto in immagini in movimento? Come si traducono delle vignette, simili a fermi immagini, a delle intere sequenze narrative? Come si passa da un codice linguistico a un altro, dal disegno alla ripresa? Come per ogni traduzione linguistica, anche quando si parla di trasposizione da un medium ad un altro dobbiamo svolgere un lavoro di analisi e interpretazione del testo di partenza, per arrivare a una versione ulteriore che mantenga la fedeltà con la fonte di origine (in questo caso il fumetto), ma che, per forza di cose, deve usare codici espressivi differenti, ma che possono essere equiparati ai primi.

Per quanto riguarda Daredevil, ci troviamo davanti a due adattamenti, di cui uno è cinematografico mentre l’altro è televisivo: due lavori di natura simile ma diversa. Sono entrambe trasposizioni audiovisive, ma differiscono in molte cose. La narrazione, prima di tutto. Per quanto riguarda la serie televisiva, risulta frammentata, nel senso che la storia si spalma su un totale di 39+8 episodi (tre stagioni di Marvel’s Daredevil e una di

Marvel’s The Defenders), che ne vanno a formare una sorta di lungo film a puntate, se

così vogliamo chiamarlo. È la caratteristica che ormai hanno molte serie televisive odierne, con episodi sempre meno autoconclusivi, che trovano un loro senso compiuto solo se collegati direttamente agli altri, come un grande puzzle: è quella che viene definita la serie serializzata, un’ibridazione della serie con il serial. Con le serie Netflix, poi, questa caratteristica è ancora più accentuata, proprio per la sua politica di distribuire intere stagioni in una sola giornata: questo fa sì che, dando la possibilità di vedersi molti episodi tutto d’un fiato, una narrazione frammentata – oltre che a poter creare una storia che trova completamento solo nella visione di tutti gli episodi – fa anche il modo di invogliare lo spettatore a “divorarsi” un episodio dopo l’altro. Come leggiamo anche su Movieplayer:

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“[…] data l'abitudine del servizio di proporre insieme tutte le puntate di una singola stagione, anziché una a settimana, gli autori hanno avuto modo di pianificare i tredici episodi di Daredevil senza doversi preoccupare della necessità di rispettare strutture drammaturgiche tradizionali (anche se molti episodi, in realtà, hanno comunque una sorta di arco narrativo compiuto).”121.

Questo è anche uno dei motivi per il quale la serie Netflix risulta facilmente comparabile al film del 2003, essendo sì un racconto serializzato ma che ha molto di un testo cinematografico.

In conclusione, riscontiamo che dei due prodotti, solo la serie televisiva fa parte dell’MCU ed è quindi direttamente collegata alle altre storie di questo universo, mentre il film di Johnson presenta solamente uno spin-off, Elektra, del 2005, ma non fa parte direttamente di quella narrazione transmediale che verrà inaugurata soltanto nel 2008. Inoltre, il lungometraggio fu un mezzo flop alla sua uscita, mentre la serie televisiva è stata acclamata da pubblico e critica, ed è anche per questi motivi che tra i due prodotti è stata scelta proprio la serie come argomento cardine di questo elaborato; ma soprattutto

Marvel’s Daredevil si vuole presentare come esempio di una serialità che, oggigiorno, si

fa sempre più cinematografica: dalla qualità sempre più alta ai contenuti di spessore, dalla narrazione sempre più complessa all’impatto sociale sul pubblico, il piccolo schermo non ha più niente da invidiare ai prodotti filmici che un tempo erano d’élite rispetto a quelli televisivi. Marvel’s Daredevil è l’esempio, quindi, di un’epoca in cui le serie TV sono diventate un fenomeno culturale sempre più importante e rilevante sotto molteplici aspetti; non più prodotti soltanto per intrattenere il pubblico, ma opere con una componente cinematografica sempre più tangibile.

121 https://movieplayer.it/articoli/daredevil-10-motivi-per-cui-la-serie-batte-il-film_14397/, consultato il

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