• Non ci sono risultati.

DAREDEVIL. Un caso di transmedia storytelling tra fumetto, cinema e serialità televisiva.

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "DAREDEVIL. Un caso di transmedia storytelling tra fumetto, cinema e serialità televisiva."

Copied!
134
0
0

Testo completo

(1)

UNIVERSITA’ DI PISA

DIPARTIMENTO DI CIVILTA’ E FORME DEL SAPERE

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE

IN STORIA E FORME DELLE ARTI VISIVE,

DELLO SPETTACOLO E DEI NUOVI MEDIA

Classe LM-65: Scienze dello spettacolo e produzione multimediale

TESI DI LAUREA MAGISTRALE

DAREDEVIL.

Un caso di transmedia storytelling tra

fumetto, cinema e serialità televisiva.

IL RELATORE IL CANDIDATO

Prof. Maurizio Ambrosini Samantha Cavallini

(2)
(3)

Ringraziamenti

Grazie ai miei genitori, che attraverso i loro sacrifici mi hanno permesso di studiare e di raggiungere questo traguardo. Grazie a mia madre Antonietta, che mi ha trasmesso la passione per il cinema; grazie a mio padre Marco, che mi ha sempre sostenuto con orgoglio.

Grazie a mio fratello Michael, che ha sempre avuto pronta una mano per me fin da quando eravamo piccoli, e grazie ad Angela, che mi ha dato preziosi consigli tratti dalla sua esperienza universitaria di cui ho fatto tesoro.

Grazie alla mia migliore amica Irene, che quasi come una sorella mi è stata vicina tutti questi anni e ha condiviso con me i momenti più importanti della mia vita, come questo. Grazie alle mie colleghe e amiche universitarie, in particolare Matilde e Chiara, le quali hanno affrontato insieme a me le ansie per gli esami, ore di studio sfrenato, qualche pausa caffè qua e là ed infine mi hanno accompagnato durante la stesura di questa tesi, che vede finalmente la luce.

Grazie alle mie amiche e ai miei amici non-toscani che, seppur abitando lontani, mi sono stati sempre vicino; e grazie alle persone che, giorno dopo giorno, mi sopportano e supportano.

Vorrei dire grazie anche a me stessa che, tra alti e bassi, sono riuscita finalmente a portare a termine un percorso che mi ha insegnato tanto.

Ed ultimo, ma non meno importante, grazie al cinema, sempre pronto a confortarmi quando nessun altro ci riesce.

(4)

Indice

Introduzione 5

Capitolo 1 – Analisi storico-teorica 7

1. Convergenza culturale & transmedia storytelling 7

1.2 La serialità 13

1.2.1 Cenni storici 14

1.2.2 Modelli narrativi 18

1.2.3 Genere e format & crossover e spin-off 20

1.2.4 La serialità nel sistema dei media 23

1.3 Netflix. Politiche e modalità di fruizione 25

1.4 Franchise & High Concept TV Series 29

1.5 Traduzione e trasposizione 34

1.5.1 Teorie dell’adattamento 35

1.5.2 Problematiche dell’adattamento 37

1.5.3 Dal fumetto all’immagine in movimento 38

1.6 Considerazioni finali 41

Capitolo 2 – Ecosistemi narrativi: tra cinema e televisione 43

2. Marvel Cinematic Universe: un ecosistema narrativo 43

2.1 Cinema 44

2.1.2 Serie televisive 48

2.1.3 Transmedialità nel Marvel Cinematic Universe 50

2.2 Traduzione e adattamento 54

(5)

2.2.2 Dalla carta alla televisione – Marvel’s Daredevil 64

2.3 Tra film e serie televisiva 68

2.3.1 Adattamenti a confronto 68

2.4 Considerazioni finali 74

Capitolo 3 – Analisi narratologica 77

3. Marvel’s Daredevil: un quadro generale 77

3.1 In mezzo alle stagioni 83

3.1.1 Prima stagione 83

3.1.2 Seconda stagione 88

3.1.3 Terza stagione 91

3.2 Analisi degli episodi 95

3.2.1 Episodio 1, prima stagione: “Sul Ring” 95

3.2.2 Episodio 3, seconda stagione: “Il meglio di New York” 108

3.2.3 Episodio 5, terza stagione: “La partita perfetta” 116

3.3 Considerazioni finali 124

Conclusioni 127

Filmografia – schede tecnico-artistiche 129

Bibliografia e sitografia 132

(6)

5 Introduzione

All’interno del mio elaborato ho deciso di analizzare un fenomeno che sembra stia prendendo sempre più piede nella nostra società: come le serie televisive facciano ormai parte, in maniera importante, del nostro quotidiano, ma soprattutto come esse sembrano diventare associabili a dei veri e proprio “film a puntate”. Il fulcro quindi sarà proprio come questo tipo di serialità si stia trasformando in qualcosa d’altro: non più un prodotto di basso profilo, ma un’opera sempre più cinematografica, con un occhio di riguardo sia alla qualità ma anche alla struttura narrativa.

Per operare un’analisi di questo tipo, ho deciso di scegliere un prodotto televisivo che avesse come base un testo, e come confronto ulteriore un adattamento cinematografico con cui svolgere i dovuti paragoni.

Anche la serialità odierna e i modi di produrre e distribuire serie sono oggetto di interesse all’interno della mia tesi, ed è per questo che, oltre alle caratteristiche elencate sopra, ho deciso di scegliere un prodotto targato Netflix: una piattaforma streaming che ad oggi risulta avere alcuni dei titoli più apprezzati sia dal pubblico che dalla critica, ma che soprattutto ha rivoluzionato i modi di fare serie televisive, le tecniche di produzione, ed anche le modalità di distribuzione, che è forse il punto più cruciale di tutti.

È per questo che la mia scelta è ricaduta su Marvel’s Daredevil (2015-2018, Drew Goddard), serie televisiva nata dalla collaborazione Marvel-Netflix, che mi ha dato l’opportunità di mettere in luce diverse problematiche, quali la narrazione transmediale per quanto riguarda lo svolgimento della storia su piattaforme diverse, come la televisione, il cinema, i fumetti; la questione dell’adattamento, dalle teorie del Novecento (Mitry, Bazin, Nuovelle Vague), alle differenze e somiglianze tra fumetto e cinema; il franchise, di cui i grandi conglomerati come la Marvel ne sfruttano ogni singola

(7)

6

possibilità per ricavare più entrate possibili; la serialità, dalla nascita del termine fino alla sua espressione più completa, rappresentata dalla serie televisiva. Questi sono alcuni dei punti chiave che la serie da me presa in esame mi ha dato la possibilità di affrontare e analizzare, rivelandosi un ottimo oggetto di studio.

Il mio elaborato si svilupperà quindi in diverse fasi, partendo da uno studio di carattere storico e teorico, in cui appunto parlerò della nascita della serialità, della convergenza culturale, delle politiche di Netflix e dell’adattamento di un testo in un opera audiovisiva, quale i film e le serie televisive, per poi andare ad analizzare più da vicino tali prodotti, comparati con la controparte fumettistica: dapprima uno sguardo al film del 2003 (regia di Mark Steven Johnson), per poi passare ad un’analisi approfondita di Marvel’s

Daredevil, che riguarderà la messa in risalto delle tecniche narrative da essa utilizzate,

per finire con un più approfondito studio tramite l’esame di un singolo episodio per stagione per mostrare le tecnicità che ne fanno un prodotto quasi cinematografico, e per giungere infine a constatare come la miglior soluzione per adattare un fumetto sia proprio la forma seriale che offre la serie televisiva, il principale oggetto di studio di questa tesi.

(8)

7

CAPITOLO 1 – ANALISI STORICO-TEORICA

1. Convergenza culturale & transmedia storytelling

Quando ci addentriamo nella definizione di cultura convergente, termine coniato dallo studioso americano Henry Jenkins, ci ritroviamo dinnanzi a concetto complesso. Per convergenza, lo studioso intende:

“il flusso dei contenuti su più piattaforme, la cooperazione tra più settori dell’industria dei media e il migrare del pubblico alla ricerca continua di nuove esperienze di intrattenimento. ‘Convergenza’ è una parola che tenta di descrivere i cambiamenti sociali, culturali, industriali e tecnologici portati da chi comunica e da ciò che pensa di quello di cui parla. […] essa rappresenta un cambiamento culturale, dal momento che i consumatori sono stimolati a ricercare nuove informazioni e ad attivare connessioni tra contenuti mediatici differenti.”.1

Questa definizione ci aiuta a capire bene tanti dei fenomeni che oggigiorno investono il mondo del cinema e della televisione, due dei campi di studio di questa tesi. La convergenza investe la nostra cultura e crea legami tra un mondo e l’altro, tra un medium e l’altro; ma la vera grande sinapsi non avviene tanto grazie alle attrezzatura tecnologiche da cui siamo circondati, ma avviene piuttosto tra le menti dei consumatori, che si fanno parte attiva nel mondo dei prodotti di largo consumo: la convergenza, infatti, “è sia un processo discendente, dall’alto verso il basso, guidato dalle corporation, che una dinamica ascendente, dal basso verso l’altro, guidata dai consumatori.”.2 Questo aspetto

è di grande importanza, perché mostra come il pubblico non sia più passivo, non si limiti più a consumare un prodotto in silenzio, ma vuole far sentire ai produttori il proprio punto

1 H. Jenkins, Convergence Culture, New York University, New York, 2006, tr. it., Cultura convergente,

Apogeo s.r.l, Milano, 2007, Introduzione, XXV.

(9)

8

di vista, e non solo: vuole partecipare alla creazione di quel particolare mondo, vuole dare il suo contributo, e talvolta questo contributo viene accettato dalle case di produzione, rendendolo ufficiale e non solo un prodotto fan-made.

Grazie a una sempre più avanzata tecnologia, il passaggio di un racconto da un medium all’altro, il cosiddetto transmedia storytelling, è sempre più possibile e sempre più comune da riscontrare.

“I mondi transmediali sono sistemi astratti di contenuto da cui un ampio repertorio di storie e personaggi finzionali possono essere attualizzati o derivati attraverso un vasto numero di forme mediali. Ciò che caratterizza un mondo transmediale è che l’audience e i designer condividono un’immagine mentale della sua “mondità” (un numero di caratteristiche distintive del suo universo). L’idea della mondità di uno specifico mondo ha origine principalmente dalla prima versione del mondo presentato, ma può essere elaborata e modificata nel tempo. Piuttosto spesso il mondo ha anche un seguito di culto (fan) che attraversa i media.”.3

Questo significa che, attraverso una narrazione transmediale, la storia passa da un medium all’altro, portandosi con sé il pubblico in questo viaggio da un dispositivo all’altro; Jenkins spiega che questo fenomeno è reso possibile proprio dalla convergenza, che dà un’opportunità di espansione ai conglomerati, che possono sfruttare al massimo le possibilità di una determinata storia: dalla serie televisiva al film al cinema, dai libri ai fumetti annessi, alle guide per comprendere meglio determinati passaggi della storia non così chiare e via dicendo. Dall’altro lato, però, questo potrebbe rappresentare una sorta di

3 G. Pescatore (a cura di), Ecosistemi narrativi. Dal fumetto alle serie TV, Carrocci editore, Roma, 2018, p.

(10)

9

pericolo: “Ogni volta che un utente si sposta dalla TV a Internet – si dice – c’è il pericolo che non torni al medium di partenza.”4, proprio per la grande offerta che il web propone

agli internauti. In ogni caso, a notare dalla quantità di prodotti transmediali che investono la nostra cultura oggigiorno, sembra che questo sia un rischio che le grandi aziende sono pronte a correre.

Le serie televisive appaiono sempre più non soltanto come mero intrattenimento per il pubblico che ne attende l’episodio settimanale; sono oramai diventate il risultato di un universo espanso che si articola in molti elementi, facendo sì che esse non si riducano più semplicemente al prodotto seriale in sé: le serie entrano quotidianamente a contatto con lo spettatore, il quale oramai non si limita più alla semplice visione della puntata, ma viene investito dalle mille sfaccettature che vanno a caratterizzate quel determinato prodotto, dalla ricerca di notizie sul web, alla lettura di riviste o fumetti a esso dedicate, e via dicendo:

“In questo panorama di convergenza culturale, sembra che l’esperienza di assistere a uno show televisivo sia in realtà veicolo di molti e più complessi significati, espandendo il senso dello show oltre i suoi confini (l’episodio settimanale), e facendolo diventare un vero e proprio stile di vita o comunque facendo sì che il programma televisivo non sia solo questo, bensì il risultante di una costellazione complessa di prodotti, costitutiva pertanto anche dai suoi spin-off, dai fumetti ad essa ispirati, dai romanzi che ne derivano, dai siti Internet più o meno amatoriali, dai videogiochi che ripropongono ambientazioni e personaggi permettendo al fan di agire in prima persona. […] lo spazio

4 H. Jenkins, Convergence Culture, New York University, New York, 2006, tr. it., Cultura convergente, cit,

(11)

10

di fruizione del prodotto si allarga a dismisura, coinvolgendo molti altri momenti della giornata dello spettatore, che può così continuare a far parte della dimensione messa in piedi dallo show, ad essere a sua volta parte di quell’universo narrativo anche al di fuori dei limiti spazio-temporali importi dalla fruizione televisiva.”5.

Il principale oggetto d’indagine di questa tesi, ovvero la serie televisiva Marvel’s

Daredevil, prodotta da Marvel Television e sviluppata per Netflix, è un esempio lampante

della citazione riportata dallo studio di Innocenti e Pescatore, e in generale del quadro illustrato fino ad ora. Tratta da un fumetto di Stan Lee, la serie narra le avventure del giustiziere cieco che si divide tra i tribunali di giorno (esercita la professione di avvocato) e le strade malavitose di Hell’s Kitchen (quartiere di Manhattan) di notte, e fa parte di quello che comunemente viene chiamato il “Marvel Cinematic Universe”, ovvero l’universo cinematografico targato Marvel, che racchiude molti film incentrati sia sui singoli supereroi del marchio (Iron Man, Thor, Captain America, etc.), sia su gruppi di supereroi, i cosiddetti “Avengers”. È a questo universo che fa riferimento anche la serie presa in esame, sebbene essa sia sviluppata per la televisione o, meglio ancora, per una piattaforma streaming quale è Netflix. Ci troviamo di fronte a quello che possiamo definire un ecosistema narrativo, “ovvero quelle specifiche forme che si adeguano con maggiore efficacia alle rivoluzioni intercorse nel sistema mediali degli ultimi vent’anni. Tali narrazioni, pervasive e complesse, estese nello spazio e nel tempo, e prodotte da istanze narrative anche molto diverse (incluse quelle degli utenti stessi), includono necessariamente una quantità di oggetti testuali quasi impossibile da catalogare. Soprattutto, però, sono sistemi improntati alla elasticità e alla resilienza, il cui scopo finale è adattarsi alle trasformazioni mantenendo un equilibrio fra elementi del passato e inserti

5 V. Innocenti, G. Pescatore, Le nuove forme della serialità televisiva, Archetipolibri – Gedit Edizioni,

(12)

11

innovativi. Tutti questi elementi sono interconnessi fra di loro attraverso strategie molteplici, tra cui la narrazione transmediale proposta da Jenkins […] e la rimediazione.”.6 Daredevil pare proporsi quindi come campione perfetto per l’analisi

degli effetti che gli ecosistemi narrativi e le narrazioni transmediali operano sui prodotti dello spettacolo.

Anche quello di rimediazione è un concetto che, per l’analisi che verrà fatta all’interno di questa tesi, ci interessa particolarmente. Infatti, per i due studiosi Jay David Bolter e Richard Grusin, la rimediazione è “la rappresentazione di un medium all’interno di un altro”7 e “prevede forme di combinazione, integrazione e appropriazione fra linguaggi,

tecnologie, dispositivi e proposte mediali diverse”.8 Nel caso di Daredevil, infatti, siamo

di fronte a un prodotto che si può dire essere stato rimediato, perché ha in tutto e per tutto il format di una serie televisiva ma, come è stato specificato sopra, è una serie presente su un catalogo streaming, quindi una piattaforma online che prende le caratteristiche, in un certo senso, della televisione, una televisione che è possibile essere visualizzata su dispositivi elettronici quali computer, cellulare, tablet. Questo aspetto lo approfondiremo, comunque, nel paragrafo dedicato interamente a Netflix, più avanti, ma una precisazione sul concetto di rimediazione mi pareva necessaria fin da subito.

Tornando al concetto di ecosistema narrativo, queste narrazioni estese sono:

“ecosistemi aperti, paragonabili ad ambienti o universi, permanenti nel tempo e nello spazio mediale, che integrano narrazioni, personaggi,

6 Pescatore, Ecosistemi narrativi, Cit. p. 20.

7 J.D. Bolter, R. Grusin, Remediation. Competizione e integrazione tra media vecchi e nuovi, Guerini,

Milano, 2001, p. 216, in (a cura di) G. Pescatore, Ecosistemi narrativi. Dal fumetto alle serie TV, Carrocci editore, Roma, 2018, p.20.

8 P. Brembilla, G. Pescatore, Adattamento, rimediazione, transmedia storytelling e poi? Il caso degli

universi Marvel e DC Comics al cinema e in televisione, in S. Colaone, L. Quaquarelli (a cura di), Bande à part. Graphic Novel, fumetto e letteratura, Morellini, Milano, 2016, pp. 129-39, in (a cura di) G. Pescatore, Ecosistemi narrativi, cit, p.20.

(13)

12

utenti in un contesto mediale situato. Esse usano pratiche di franchising e una costruzione high concept, ovvero costruiscono diramazioni crossmediali a struttura modulare, accomunate da un look riconoscibile, ben definito e di impatto”.9

La serie televisiva presa in esame risponde pienamente a queste caratteristiche: proprio perché fa parte di un marchio, o meglio, un franchise, come quello Marvel, ed è riconosciuta come appartenente allo stesso mondo cinematografico in cui rientrano i film stessi, essa rientra pienamente in quello che può essere definito un ecosistema narrativo o una narrazione estesa, che si sposta da una modalità narrativa all’altra, da un medium all’altro (fumetto, cinema, serie televisiva). Non si tratta però di una mera traduzione da un medium all’altro: le narrazioni sui diversi media si intrecciano in un unico universo in cui coesistono insieme. Infatti: “Gli ecosistemi narrativi sono dunque basati su strutture complesse e reticolari di elementi, le cui relazioni sono improntate a un principio di equilibrio quantitativo prima ancora che qualitativo.”.10 Tali ecosistemi sono determinati:

“da elementi che già in fase progettuale ne descrivono personaggi e relazioni generando ambienti in cui il fruitore può muoversi in modo autonomo. […] l’approccio ecosistemico vuol cercare di rendere conto della permanenza delle narrazioni estese nel tempo oltre che nello spazio, andando a leggere le relazioni che intessono con il contesto economico e sociale di produzione e fruizione, a sua volta in continua trasformazione”.11

9 Bisoni, Innocenti, Pescatore, Il concetto di ecosistema e i media studies: un’introduzione, in C. Bisoni, V.

Innocenti (a cura di), Media Mutations. Gli Ecosistemi narrativi nello scenario mediale contemporaneo.

Spazi, modelli, usi sociali, Mucchi, Modena, 2013, p. 14, in (a cura di) G. Pescatore, Ecosistemi narrativi.,

cit, p. 22.

10 G. Pescatore (a cura di), Ecosistemi narrativi., cit, 2018, p.23. 11 Ivi, pp. 23-24.

(14)

13

Grazie a queste narrazioni transmediali, i personaggi protagonisti di queste storie, ci spiega sempre Jenkins in Cultura Convergente12, non hanno bisogno di troppe

presentazioni quando si salta da un medium all’altro o da una piattaforma all’altra, perché generalmente il pubblico fidelizzato ha già le conoscenze necessarie a decodificare la presenza di questi personaggi che si muovono da un mondo all’altro attraverso altre fonti. Nelle serie televisive Netflix targate Marvel, di cui parleremo in modo più approfondito nei paragrafi successivi, il telespettatore si trova davanti a storie diverse che si vanno a intrecciare, personaggi che saltano da una serie all’altra aventi la funzione di “collante”, e può capitare che siano presenti determinati dialoghi e situazioni che trovano un senso solo davanti a quel pubblico fidelizzato che ha visto tutte quante le serie Marvel, escludendo così lo spettatore che segue le vicende di un singolo supereroe, instillando però una dose di curiosità che potrebbe portare quello stesso spettatore a documentarsi e a vedersi le altre serie che altrimenti, magari, non avrebbe mai avuto interesse a guardare. Si tratta quindi di strategie e di un marketing che si può rivelare vincente o perdente, ma è certo che la combo Marvel – Netflix tende sicuramente più verso il primo caso che non verso il secondo.

1.2 La serialità

Una parte importante all’interno di questo lavoro viene occupato dalla modalità narrativa che caratterizza l’oggetto di indagine, ovvero la serialità. Vediamone la storia ed alcune caratteristiche, che ci aiuteranno in seguito per un’analisi più approfondita.

(15)

14 1.2.1 Cenni storici

Per avere un quadro più completo dello spazio in cui ci stiamo addentrando, delle precisazioni a livello storico sono necessarie. Quando pensiamo a un prodotto seriale, dobbiamo innanzitutto farvi riferimento a livello economico, ma anche sociale. È proprio verso la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, come ci ricorda Guglielmo Pescatore13, durante l’affermazione dei processi di industrializzazione e della nascita prodotto cinematografico di stampo seriale che questa definizione prende sempre più corpo, anche e grazie soprattutto all’affermazione di modalità di organizzazione del lavoro come il fordismo.

Cercando di tracciare una costruzione storica della serialità, vediamo che già dall’Ottocento troviamo il romanzo a puntate, che costituisce il primo punto cruciale verso l’istituzionalizzazione di forme narrative seriali. “Il fenomeno della serializzazione della narrativa nella letteratura, come anche nella comunicazione visiva, risente significativamente della particolare organizzazione tecnologica ed economica che le congiunzioni del momento mettevano a disposizione.”14, facendoci così capire che il

modo stesso di fare narrativa o comunicazione era specchio di quelli sviluppi tecnologici ed economici che caratterizzavano la società dell’epoca.

Umberto Eco15 affermava che lo spettatore trova piacere nella forma della serialità, non

tanto per la novità della storia, quanto piuttosto per ritrovare in essa personaggi a lui famigliari, così:

“prende vita, insomma, una stampa popolare, che attraverso le strutture dell’industria culturale è in grado di raggiungere un pubblico molto vasto e che si incentra sugli elementi della ripetitività, della narrativa

13 V.Innocenti, G. Pescatore, Le nuove forme della serialità televisiva. Storia, linguaggio e temi,

Archetipolibri – Gedit Edizioni, Bologna, 2008, pp. 1-2.

14 Ivi, p. 3. 15 Ibidem.

(16)

15

interrotta e del piacere del pubblico nel ritrovare personaggi e ambienti già noti e già percorsi.”.16

Il fumetto – che rappresenta anche la base mediale da cui parte la serie presa in esame in questa tesi – nasce intorno al 1895, è:

“da più parti ritenuto a buon diritto appartenente alla categoria dell’audiovisivo, che basa molta della sua fortuna e del suo fascino proprio sul processo di serializzazione e che fa della frammentazione il suo carattere espressivo, con uno stile narrativo spesso debitore del feuilleton.”,17

posizionandosi quindi come un prodotto iconico per quanto riguarda la sua struttura, quasi un emblema della serialità.

Il 1895 è una data importante ricordata non solo per la nascita del fumetto, ma anche per quella del cinema, che conosce anch’esso fenomeni di serializzazione, per esempio in riferimento ai film che si spalmavano tra gli anni Trenta e gli anni Cinquanta, produzioni a un basso budget a indirizzo popolare. In realtà, il cinema serializzato risale anche a dei prodotti degli anni Dieci, film ricchi di azione e suspense:

“Si trattava quindi di film caratterizzati da una struttura episodica, in cui una story-line veniva portata avanti per numerose puntate. La struttura dei singoli frammenti prevedeva l’interruzione del racconto proprio nel momento di apice della tensione, con un finale sospeso. La sistematica sospensione del finale, con il consueto cartello che rimandava alla puntata successiva, viene chiamata cliffhanger (dall’inglese cliff, scoglio e hanger, qualcosa che permette di stare appeso) proprio perché in genere l’episodio si chiudeva con il protagonista appeso a una roccia, o a penzoloni da un palazzo, in attesa

16 Ivi, p. 4. 17 Ibidem.

(17)

16

di una risoluzione che sarebbe arrivata solo con l’episodio successivo, intrigando lo spettatore e incuriosendolo al punto da indurlo a tornare la settimana seguente”.18

Questo tipo di film con struttura episodica si sviluppò soprattutto in Francia e negli USA e influenzò molto la struttura dei prodotti televisivi che sarebbero venuti.

L’obiettivo del serial era quello di catturare il pubblico, come ricorda Monica Dall’Asta19,

e quindi lo spettatore, che comincia a essere definito come “un essere dotato di memoria”20, comincia a diventare “il destinatario di una serie di messaggi che il film

costruisce in relazione anche ad altre forme di comunicazione, affermando il principio del ‘tie-in, il concatenamento intertestuale, che qui viene già sfruttato in doppia forma: da un lato, nella forma della novelizzazione del film, dall’altro, in quella di un concorso a premi’.”21

Vediamo quindi come i prodotti seriali cinematografici hanno effetti significativi che si intrecciano tra loro: “le caratteristiche che la produzione seriale presenta […] incoraggiano lo sviluppo del fenomeno del divismo […].22 E poi: “la serialità sviluppa le

dinamiche dei suoi produttori al massimo grado, anche in virtù delle logiche di sviluppo dell’industria cinematografica e delle sue dinamiche produttive. Il serial possiede infatti modalità di produzione di tipo industriale […]”.23

Ultima, ma non meno importante, anche la radio dà il suo contributo per quanto riguarda la creazione e diffusione di prodotti seriali che influenzeranno poi il settore di maggior interesse in questa tesi, ovvero quello delle serie televisive: “La nascita del broadcasting – termine che indica una attività di diffusione di suoni (o suoni e immagini) da un sistema

18 Ivi, p. 5. 19 Ibidem. 20 Ibidem.

21 M. Dall’Asta, Il serial, in Brunetta G.P, 1999, p. 290, in V.Innocenti, G. Pescatore, Le nuove forme della

serialità televisiva. Storia, linguaggio e temi, Archetipolibri – Gedit Edizioni, Bologna, 2008, p. 5

22 V.Innocenti, G. Pescatore, Le nuove forme della serialità televisiva, cit, pp. 5-6. 23 Ivi, p. 6.

(18)

17

di trasmissione a un insieme di sistemi di ricezione – comporta la necessità di fornire una grande mole di contenuti a costi accessibili.”24 Va da sé che subito si intuisce come ci sia

bisogno di format precisi per inserire inserzioni pubblicitarie che catturino un certo tipo di pubblico, e quindi:

“la soluzione presto escogitata è quella di produrre trasmissioni seriali, i cui vantaggi sono molteplici: fidelizzano il pubblico grazie alla ricorsività di storie e caratteri; sono facilmente scomponibili in blocchi narrativi al fine di inserire messaggi pubblicitari; i prodotti pubblicizzati nelle interruzioni possono facilmente rifarsi all’universo finzionale costruito dalla serie, garantendo un più efficace effetto del messaggio pubblicitario.”. 25

Ci sono due tendenze principali che, con lo sviluppo sempre più pressante della serialità, vanno a intensificarsi e a influenzare la maggior parte dei prodotti culturali successivi, ovvero la tendenza alla contaminazione tra generi differenti e la tendenza alla narrazione

seriale26, che vede quindi da una parte un mix di generi che vanno a mescolarsi tra di loro, creando ibridi, mentre dall’altra farà sì che ci sarà una sempre più pressante proliferazione di forme serializzate, dalla saga alla serie, portando le narrazioni a diventare durevoli nel tempo e ad accompagnare quindi lo spettatore che si affeziona a storie e personaggi grazie anche alla possibilità di crescere con loro.

Dopo questo excursus sulla nascita e lo sviluppo della serialità come modalità narrativa, vedremo più da vicino quella che preme di più evidenziare e analizzare all’interno di questo elaborato, ovvero la serialità televisiva.

24 Ivi, p. 7. 25 Ibidem.

26 Colombo e Eugeni, Il prodotto culturale, Carocci, Roma, 2001, p.19, in V.Innocenti, G. Pescatore, Le

(19)

18 1.2.2 Modelli narrativi

Quando parliamo di serialità, non prendiamo in considerazione un modello univoco. La serialità si divide in diverse forme, in diversi modelli narrativi, ed è qua che entra in gioco la distinzione di Umberto Eco27, riconoscendo che un prodotto seriale può

declinarsi secondo diverse modalità. In genere, i prodotti televisivi vengono divisi in due categorie: serial e serie.

• Serial: si presenta come un racconto che si articola in un numero variabile di parti distinte, le cosiddette puntate, che sono interdipendenti e si intervallano nel tempo. “La puntata è un segmento narrativo non autosufficiente, un frammento di una trama aperta, che occupa un posto preciso nella narrazione, ed è direttamente concatenato ai segmenti precedenti e successivi”.28 A sua

volta, il serial si articola in continuous serial – dove troviamo la soap opera e la telenovela, tipiche rispettivamente dell’Europa e degli USA e dell’America Latina – e in miniserial – composto da poche puntate e distribuite in un arco di tempo circoscritto. Esso è “una sorta di ibrido, poiché il racconto interrotto lo rende appartenente alla famiglia de serial, ma si tratta di una forma di serialità debole, che chiede allo spettatore una fedeltà corta, a breve termine, e che è dotato di una chiusura narrativa inequivocabile”.29

• Serie: si presenta, invece, con un’articolazione in segmenti, solitamente autoconclusivi e caratterizzati da un titolo: “questi frammenti sono detti

episodi e sono in larga misura autosufficienti nell’economia della serie.”.30

Solitamente troviamo, come forme più comuni che fanno capo a questo

27 Umberto Eco, Tipologia della ripetizione, in Casetti F. 1984a (cfr.), 1984 e L’innovazione nel seriale, in

Eco U. 1985b (cfr.), in V.Innocenti, G. Pescatore, Le nuove forme della serialità televisiva, cit p.9.

28 Buonanno, Le formule del racconto televisivo. La sovversione del tempo nelle narrative seriali, Sansoni,

Milano, 2002, in V.Innocenti, G. Pescatore, Le nuove forme della serialità televisiva, cit, p.9.

29 V.Innocenti, G. Pescatore, Le nuove forme della serialità televisiva, cit, p.9. 30 Ibidem.

(20)

19

insieme, le serie antologiche (“serie con episodi ‘di durata variabile da mezz’ora a un’ora e mezza, [che] non ruotavano intorno a personaggi o ambientazioni ricorrenti ma li diversificavano di continuo, come se ogni volta si trattasse di un nuovo film […] Il fattore inter-episodico unificante poteva essere costituito dal genere (giallo, mistery), da una stessa figura di narratore o presentatore che introduceva le storie e ne commentava la conclusione”31) , le sit-com (“articolata sulla base di episodi corti, di durata

intorno alla mezz’ora, e possiede toni leggeri da commedia”32) e la serie

propriamente detta.

Queste divisioni ci aiutano a capire meglio come la serialità televisiva si sia distribuita su molteplici linee narrative non sempre uguali tra di loro. I caratteri ben definiti di organizzazione del racconto della storia rendevano facile, se vogliamo, la catalogazione di un prodotto all’interno del serial o della serie. Con lo sviluppo sempre maggiore di prodotti serializzati, però, queste due suddivisioni vanno a intrecciarsi tra di loro, creando punti di incontro e ibridazione: è così che nasce quella che possiamo definire serie

serializzata. Infatti: “una caratteristica importante di molta serialità televisiva americana

contemporanea è da riscontrarsi nella disposizione del prodotto a “serializzarsi”, a tendere cioè sempre più verso la struttura della soap opera.”.33

E, a differenza del cinema, il fatto che i network televisivi abbiano un riscontro immediato da parte del pubblico favorisce un’ibridazione e un ri-definizione dei prodotti televisivi.

“È in questo panorama, quindi, che assistiamo al fenomeno della ‘serializzazione’ della serie. Benché la forma classica della serie a

31 Buonanno, Le formule del racconto televisivo. La sovversione del tempo nelle narrative seriali, Sansoni,

Milano, 2002, p. 164, in V. Innocenti, G. Pescatore, Le nuove forme della serialità televisiva, cit, p. 10.

32 V.Innocenti, G. Pescatore, Le nuove forme della serialità televisiva, cit, p. 10. 33 Ivi, p. 18.

(21)

20

episodi autosufficienti non sia scomparsa, […], le formule narrative passano attraverso un processo di mutazione e di ibridazione, e molte serie ‘si serializzano’, avvicinando la loro struttura sempre più a quella del serial, di un racconto, cioè, articolato in un numero variabile di puntate, indipendenti tra loro e quindi in genere costituite da segmenti narrativi incompiuti e non autosufficienti, frammenti di una trama costantemente interrotta.”.34

La serie serializzata quindi prende sempre più piede tra prodotti televisivi, e anche

Marvel’s Daredevil rientra perfettamente in tale categoria, considerando che le puntante

diventano dei veri e proprio frammenti di una narrazione più grande, quasi fossero tessere di un puzzle che, una volta unite, vanno a formare un grande ed unico film.

1.2.3 Genere e format & crossover e spin-off

Analizziamo adesso le nozioni di genere e format, importanti per il nostro viaggio all’interno del mondo della serialità.

“[…] la serialità è già di per sé un ‘genere’ televisivo, se non addirittura il genere televisivo per eccellenza, poiché essa costituisce il tratto distintivo della maggior parte dei programmi televisivi che si caratterizzano proprio per la loro frammentazione in puntate ed episodi, indipendentemente dal fatto che siano prodotti di fiction o tal show o varietà”.35

Quando parliamo di televisione, quindi, l’associazione con la serialità è inevitabile, e non solo per quanto riguarda le serie televisive: pensiamo ai quiz, che giornalmente si materializzano sugli schermi di casa nostra sempre allo stesso orario, o ai programmi d’informazione, creando così una sorta di fidelizzazione tra lo spettatore e la trasmissione.

34 Ivi, p. 19. 35 Ivi, p. 14.

(22)

21

È importante quindi chiarire anche il concetto di format che caratterizza questi prodotti, e che rappresenta:

“uno schema di programma (dall’idea di base ai meccanismi di svolgimento fino ai moduli produttivi e agli elementi scenografici) che viene commercializzato sui mercati internazionali, corredato da tutta una serie di informazioni riguardanti la possibile collocazione in palinsesto, le strategie promozionali ecc.”.36

Esso si differenzia dal genere, che:

“si riferisce principalmente alle caratteristiche comunicative di un programma (il modo in cui produce significati condivisi socialmente).37

Il genere aiuta lo spettatore a scegliere un prodotto piuttosto che un altro: nel nostro caso, per esempio, Daredevil rientra nel genere drammatico/supereroi, attirando così una grande quantità di pubblico ed escludendone un’altra. Il genere infatti, per il telespettatore, “gioca un ruolo di grande rilievo nel determinare il modo in cui i testi sono classificati, scelti e interpretati”.38

Un ruolo fondamentale nell’argomentazione di questo elaborato lo giocano i concetti di

crossover e spin-off, proprio perché la serie presa in analisi, Daredevil, è immagine sia

dell’uno che dell’altro.

Con il termine crossover si indica:

“una situazione ormai piuttosto comune nel campo della serialità televisiva. Il crossover […] amplia piuttosto lo spazio dell’intera serie, inserendola all’interno di un mondo allargato che include anche

36 Grignaffini, I generi televisivi, Carocci, Roma, 2004, p. 45, in V. Innocenti, G. Pescatore, Le nuove forme

della serialità televisiva, cit, p. 14.

37 Ivi, pp. 14-15.

(23)

22

personaggi appartenenti a un diverso universo narrativo. Attraverso le dinamiche che il crossover instaura, si favorisce una sorta di uscita dei personaggi dallo spazio claustrofobico e ristretto che caratterizza lo svolgersi delle loro vicende, in particolare per quanto riguarda episodi crossover inseriti all’interno del chiuso spazio riservato ai protagonisti delle sit-com.”39

Nel caso della serie presa in esame, il crossover assume una forma particolare. Marvel’s

Daredevil40, infatti, è stata la prima di un gruppo di serie televisive ordinate da Netflix destinate a portare poi sul piccolo schermo le avventure dei Difensori, dei supereroi che non erano ancora stati esplorati nel corrispettivo mondo cinematografico (dove invece troviamo diversi film sugli Avengers, un altro gruppo di vigilanti). A Daredevil, infatti, hanno seguito Marvel’s Jessica Jones41, Marvel’s Luke Cage42 e Marvel’s Iron Fist43, per

poi sfociare in una miniserie in cui questi supereroi si vanno a incontrare e ad unirsi nella lotta contro il crimine newyorkese, cioè Marvel’s The Defenders44, dove il concetto di

crossover si palesa nella forma più compiuta. In realtà, esso si presenta già nelle singole

serie, proprio per creare una sorta di legame tra esse, fino a far avvertire al telespettatore la sensazione sì di spostarsi tra le avventure di un supereroe e un altro, ma rimanendo comunque nello stesso universo (per esempio, vediamo il personaggio di Claire Temple, interpretata da Rosario Dawson, un’infermiera che cura il supereroe cieco Daredevil e con cui stringe un forte legame, muoversi tra una serie e l’altra, e trovarsi coinvolta nelle vicende di Jessica Jones, Luke Cage e Iron Fist, proprio a creare una sorta di “collante” tra i vari prodotti targarti Marvel-Netflix).

39 Ivi, p. 23.

40 Drew Goddard, 2015-2018, Marvel-Netflix. 41 Melissa Rosenberg, 2015, Marvel-Netflix. 42 Cheo Hodari Coker, 2016-2018, Marvel-Netflix. 43 Scott Buck, 2017-2018, Marvel-Netflix.

(24)

23

Per quanto riguarda lo spin-off, invece, ci troviamo di fronte a “un prodotto che nasce intorno al successo di un personaggio secondario di uno show televisivo, al quale viene affidato il ruolo di protagonista in un nuovo programma”45; ed è quello che succede con

un personaggio che viene presentato nella seconda stagione di Daredevil, ovvero Frank Castle/The Punisher, interpretato da Jon Bernthal: la sua interpretazione viene talmente apprezzata dalla critica e dal pubblico che verrà ordinato uno spin-off, dal nome Marvel’s

The Punisher, tutto dedicato al punitore, che non avrà nulla da invidiare alla serie madre,

in quanto non è il tipo di spin-off in cui le differenze di budget produttivo vengono percepite. Infatti,

“È spesso percepibile il differente dispiego di mezzi economici e produttivi tra il prodotto ‘primo’ e il prodotto ‘derivato’, assieme alla scarsa convinzione degli sceneggiatori che spesso limitano i loro sforzi ad una mera riproposta delle medesime situazioni e vicissitudini. […] accade non di rado che il prodotto nato da una costola del prodotto ‘maggiore’ non raggiunga il successo, né il cuore del pubblico, rimanendo confinato in una programmazione secondaria o esaurendosi dopo una brevissima stagione […]46.

Lo show viene trattato alla stregua degli altri, mantenendo alti i livelli che caratterizzano le serie Netflix, e in questo caso Marvel-Netflix.

1.2.4 La serialità nel sistema dei media

Ci siamo addentrati all’interno della storia della serialità, ricostruendone la nascita e lo sviluppo e analizzandone le peculiarità; vediamo adesso come essa si caratterizzi all’interno del sistema dei media.

45 V. Innocenti, G. Pescatore, Le nuove forme della serialità televisiva, cit, p. 22. 46 Ibidem.

(25)

24

“La storia dei media di massa è intrinsecamente legata al concetto di serialità poiché, […], processi di serializzazione sono stati adottati dall’industria dell’intrattenimento nei contesti più diversi: da quello cinematografico (i serial degli anni Dieci e Venti), a quello radiofonico (le soap opera), a quello, infine, eminentemente televisivo, (le soap opera migrate dalla radio alla televisione, ma anche le sit-com, le fiction, e i più recenti modelli di intrattenimento seriale, come reality show e lifestyle program).”47

Facendo ritorno alla storia della serialità, e in particolare alla storia della serialità televisiva, subito dopo la Seconda Guerra Mondiale fino agli inizi degli anni Sessanta si identifica un periodo che viene comunemente chiamato Golden Age, dove la televisione si pone come la regina dei mass media e a cui corrispondono la produzione di diversi prodotti innovativi.

Alla prima Golden Age ne segue una seconda, dagli anni Ottanta, che coincide con lo sviluppo di alcune serie televisive innovative e peculiari nei format, nei modelli narrativi e nella promozione e distribuzione su più piattaforme. Questa seconda Golden Age arriva fino ai giorni d’oggi ed è grazie ad essa se siamo arrivati a quel fenomeno che gli studiosi chiamano quality television, “televisione di qualità, per riferirsi a una sere di programmi televisivi caratterizzati da uno stile peculiare che essi riconducono a contenuti, a sceneggiature e a costruzione visiva di particolare valore.”.48

È chiaro che, nell’epoca del digitale, le serie televisivi non sono più rilegate alla mera televisione; da essa sono nate, ma sono pian piano trasmigrate su altri mezzi. Questo è quello che succede con la digitalizzazione, ed è per questo che si verifica il fenomeno di

47 Ivi, p. 53. 48 Ivi, p. 30.

(26)

25

rilocazione49, a cui accennavamo in qualche paragrafo precedente: la televisione stessa viene rilocata. Basti pensare che è possibile vedere i canali di Rai e Mediaset direttamente sui loro siti web, così come è possibile vedere in un secondo momento, sempre sui loro siti, la puntata di qualche show che ci siamo persi. Con Netflix e le altre piattaforme streaming (es. Prime Video di Amazon) il discorso della rilocazione si fa ancora più pregnante: esse sono la sintesi della televisione che non sta più in televisione; continuiamo a chiamarle serie televisive, ma la verità è che le possiamo vedere su qualsiasi altro dispositivo (cellulare, iPad, o direttamente al PC). Non esiste ormai più una distinzione netta tra un medium e l’altro, se non sul piano formale. Nessun medium sparisce del tutto, viene solo inglobato dal nuovo arrivato.

1.3 Netflix. Politiche e modalità di fruizione

Fino ad ora abbiamo parlato delle varie forme in cui si sviluppa la serialità, dal cinema alla televisione, ma ci addentreremo adesso nell’analisi della piattaforma che va più a interessare questo lavoro, ovvero Netflix. Esso nasce nel 1997 dapprima come videoteca online; successivamente, nel 1999, diventa a sottoscrizione mensile per poi venire quotata in borsa nel 2002. In poco più di un decennio, Netflix diviene una piattaforma di streaming di film e serie TV a cui si accede tramite abbonamento mensile, e gli stessi profitti della compagnia derivano interamente dalla vendita delle sottoscrizioni: per questo motivo non sono presenti interruzioni pubblicitarie. “Determinante per il business di Netflix è la quotazione in borsa, che rende indispensabile la fornitura di contenuti che generino un valore ‘rassicurante’ per gli azionisti e ‘incoraggiante’ per i nuovi

49 Termine usato per la prima volta da Francesco Casetti per indicare quel fenomeno che vede il cinema

uscire dalla sala cinematografica per venire rilocato altrove, nel suo libro La Galassia Lumière. Sette parole

(27)

26

investitori.”.50 Netflix è quindi diventato, anno dopo anno, un catalogo multimediale

sempre più aggiornato e ricco di contenuti, sia originali che non.

“Netflix punta sull’alta definizione, sull’usabilità dell’interfaccia utente, sulla diversificazione delle tipologie di contenuti licensed per aggregare più nicchie possibile. Soprattutto, Netflix impiega una retorica promozionale che fa leva sull’attenzione della compagnia per le esigenze degli utenti che non possono essere soddisfatti dai broadcaster.”.51

Netflix infatti enfatizza la propria abilità nel garantire, a chi sottoscrive l’abbonamento mensile, contenuti originali di prestigio e di alta qualità, che trovano la massima espressione nella programmazione originale. Da House of Cards52 a Sense853, da Stranger

Things54 a Narcos55, il successo delle serie originali Netflix è tangibile e soprattutto i suoi prodotti vengono riconosciuti e indicati come sinonimi di alta qualità. Certo, questo non vuol dire che qualsiasi contenuti creato da Netflix sia prodotto di eccellenza, ma la maggior parte dei titoli rientrano sicuramente tra le serie che hanno riscosso più successo negli ultimi anni, sia per quanto riguarda il gradimento del pubblico, sia per i riscontri positivi della critica.

Per quanto concerne il rilascio delle serie televisive su Netflix, viene adottato un particolare metodo: ogni stagione delle serie originali viene rilasciata interamente in un unico giorno, solitamente il venerdì, rompendo quello che è sempre stato uno schema ricorrente per quanto riguarda le serie, ma anche la serialità in senso più ampio: di solito,

50 C. Tryon, TV Got Better: Netflix’s Original Programming Strategies and Binge Watching, in Media

Industries, 2015, in G. Pescatore (a cura di), Ecosistemi narrativi. Dal fumetto alle serie TV, Carrocci

editore, Roma, 2018, p.103.

51 G. Pescatore (a cura di), Ecosistemi narrativi, cit, p. 103. 52 Beau Willimon, David Fincher, Netflix, 2013-2018.

53 Lana e Lilly Wachowski, J. Michael Straczynski, Netflix, 2015-2018. 54 Matt e Ross Duffer, Netflix, 2016-in produzione.

(28)

27

infatti, le serie venivano distribuite per lunghi periodi, mandando in onda un episodio (o due, soprattutto in Italia) a settimana, assicurandosi una sorta di fedeltà dello spettatore che, incuriosito dalla narrazione e dalle vicende di un particolare personaggio, decidevano di tornare la settimana seguente a vedersi un nuovo episodio della propria serie preferita. Questo faceva il modo che gli introiti derivati dalle pubblicità che andavano in onda insieme al programma raggiungessero il loro scopo, quello di fare ascolti, come già abbiamo detto nei paragrafi precedenti. Netflix, per contro, non ha bisogno di utilizzare questo tipo di schema: essendo una piattaforma streaming che prende finanziamento dagli abbonamenti e dalle quotazioni in borsa, non ha bisogno di creare una fidelizzazione del pubblico che torni di settimana in settimana; è proprio il rilascio di intere stagioni e di una grande quantità di serie originali di alta qualità che permette di assicurarsi la fedeltà dell’abbonato, che deciderà di rimanere iscritto per vedere sempre nuovi prodotti, con la garanzia di poterli vedere dove e quando vuole, in alta definizione. Anche questo infatti garantisce Netflix: l’alta definizione che offre per i propri titoli è sicuramente uno dei vantaggi che promuove l’iscrizione all’abbonamento di un utente, che sceglierà di pagare una somma non troppo alta ogni mese.56 Il fatto che gli abbonamenti standard e premium

diano la possibilità di usufruire di più schermi incentiva sicuramente gli utenti a suddividersi il costo di un abbonamento, avendo così la possibilità di pagare una cifra mensile irrisoria, ma avendo il massimo delle prestazioni57. Questa strategia porterà

l’utente a rinunciare allo streaming illegale, optando per uno streaming a pagamento, ma sicuramente più comodo, pratico e affidabile.

56 L’abbonamento base è di 7,99€ e prevede un solo schermo; l’abbonamento standard è di 10,99€ e

comprende due schemi e l’immagine video in HD; l’abbonamento premium è di 13,99€ e offre quattro schermi e un’immagine video in ultra-HD.

57

(29)

28

Per quanto riguarda Marvel’s Daredevil, la serie presa in esame in questo elaborato, rispecchia ovviamente tutte le linee guida delle serie targate Netflix: ciascuna delle tre stagioni è stata rilasciate di venerdì58 completa di tutti e tredici gli episodi che

compongono ognuna delle stagioni, permettendo quindi allo spettatore sia la visione “tutta d’un fiato” (binge -watching), sia quella interrotta, gustandosi gli episodi un po’ alla volta. La serie Daredevil è sicuramente sinonimo di qualità, non solo in termini visivi, ma anche per trama e struttura, un po’ perché deve reggere i confronti con dei film ad alto budget, essendo comunque parte del Marvel Cinematic Universe, un po’ perché ricalca le caratteristiche di una tipica serie Netflix, i cui gli standard sono in sé alti. Lo stesso Mark Hughes, sceneggiatore, esperto di mass media e collaboratore della rivista Fobes, ha recensito i primi due episodi, scrivendo:

“Molto semplicemente, con Daredevil la Marvel ci regala una delle più grandi storie di origini di un supereroe mai fatte. È alla pari con veri film d'origini come Batman Begins, Iron Man e Superman. Gli episodi sono come dei mini-film, e i primi due episodi avrebbero potuto tranquillamente venire distribuiti come un unico film - con giusto qualche ritocco per dare un tocco più cinematografico – che sarebbe sicuramente stato uno dei migliori film della Marvel.”.59

Una recensione del genere ci dà un’idea delle potenzialità, sia visive che narrative, di una serie come questa, un’analisi più approfondita della quale verrà svolta nei capitoli successivi.

58 La prima stagione il 10 aprile 2015; la seconda stagione il 18 marzo 2016; la terza stagione il 19 ottobre

2018.

59

(30)

29

Riallacciandoci a un discorso affrontato poco più in alto in questo capitolo, ritorniamo al concetto di binge-watching. Netflix, come già specificato, rilascia intere stagioni di una serie originale60, andando contro quella logica che prevedeva la fidelizzazione del

telespettatore che tornava, la settimana dopo, a seguire le avventure del suo personaggio preferito. Il rilascio di tutte le puntate di un intera stagione in un colpo solo fa sì che sia il singolo utente a scegliere come usufruire dell’intrattenimento dato dal prodotto: dividere la visione in più momenti, in modo tale da guardare solo qualche episodio alla volta, oppure fare binge-watching, ovvero adottare quella modalità di fruizione che consiste nel “divorarsi” una stagione intera, episodio dopo episodio, fare una vera e propria “maratona visiva” o un’incetta di episodi, fino a finire un’intera stagione in un giorno solo. Questa del binge-watching è una pratica che, a lungo andare, potrebbe avere effetti non troppo positivi a livello psicologico e sociale: qualche tempo fa è stata pubblicata infatti un video-denuncia61 in cui alcuni attori mettevano in guardia gli utenti su questa pratica, invitando a non abusare di questa possibilità che le piattaforme streaming come Netflix mettono a disposizione, rischiando di rimanere chiusi in un vortice di visioni e alienarsi completamente dalla vita circostante.

1.4 Franchise & High Concept TV series

“Ma si pensi anche ai grandi franchises Marvel e alla serializzazione dell’uscita dei film in sala che giocano sulla molteplicità delle trame interrelate di vari personaggi. Tali

60 Per le serie non originali, che vengono comunque trasmesse da Netflix a livello internazionale, la

programmazione segue quella del Paese di origine – per esempio Better Call Saul60, spin-off e prequel

della pluripremiata serie televisiva dell’AMC Breaking Bad60, in Italia viene trasmessa da Netflix, con

l’uscita di un episodio a settimana, il giorno successivo rispetto alla prima visione americana sulla AMC.

61 Chris Pratt, Amy Poehler, Laura Prepon & More On Dangers Of Binge Watching | Entertainment Weekly.

(31)

30

fenomeni richiedono di pensare in termini di mondi, spostando l’attenzione dal testo al referente”.62

Parlando di Daredevil, è inevitabile virare l’attenzione sul discorso del franchise, in quanto il marchio della Marvel si presta bene a un’analisi più approfondita.

Innanzitutto, facciamo un po’ di chiarezza per quanto riguarda la storia della Marvel e le varie aziende in cui essa si suddivide: Marvel Comics, Marvel Television, Marvel Animation e Marvel Studios (per citare le più importanti), che si riuniscono all’interno della Marvel Entertainment.

• Marvel Comics: casa editrice statunitense, rappresenta una delle principali compagnie di intrattenimento a livello mondiale, famosa soprattutto per la creazione di personaggi di fumetti, in particolar modo supereroi. Viene fondata nel 1939 con il nome di Timely Publications; dai primi anni Cinquanta viene conosciuta come Atlas Comics, ma sarà solo nel 1961 che acquisirà definitivamente la denominazione Marvel.

• Marvel Television: una delle divisioni della Marvel Entertainment, si occupa della realizzazione di serie televisive (tra cui Daredevil). È stata fondata nel 2010 e la sede è collocata negli uffici della ABC Studios.

• Marvel Animation: casa di produzione specializzata nella realizzazione di film e serie televisive d’animazione. La fondazione risale al 2008, ma nel 2009, con l’acquisizione da parte della Walt Disney Company, è stata integrata alla Marvel Studios. Dal 2010, comunque, questa divisione opera sotto la direzione della Marvel Television.

62 G. Pescatore (a cura di), Ecosistemi narrativi. Dal fumetto alle serie TV, Carrocci editore S.p.A., Roma,

(32)

31

• Marvel Studios: studio cinematografico e televisivo con sede a Burbank, in California. La fondazione risale al 1993 col nome di Marvel Films; solo dal 2004 assumeranno l’attuale denominazione. Così come la Marvel Television, anche la Marvel Studios dal 2009 diventa una sussidiaria dei The Walt Disney Studios. • Marvel Entertainment: azienda statunitense fondata nel 1989, derivata dalla

fusione di Marvel Entertainment Group, Inc. e ToyBiz. Essa si occupa della creazione di prodotti di intrattenimento, ed è una sussidiaria di The Walt Disney Company. Come detto poco fa, la Marvel Entertainment ingloba al suo interno altri dipartimenti (Marvel Television, Comics e Animation).

Come possiamo vedere, il mondo Marvel non è complesso solo a livello narrativo; è un’azienda gigantesca che si occupa di così tanti settori, che ha avuto la necessità di sviluppare dipartimenti specializzati che dedicassero loro la propria specifica attenzione. Ecco perché la Marvel rappresenta un ottimo esempio per parlare di franchise.

“Il termine e la pratica del franchise, noto dagli anni Cinquanta, indicano un contratto commerciale basato sulla condivisione di un modello di business e di un brand comune tra diverse parti; queste ultime, nonostante la causa comune, agiscono in modo autonomo e perseguono i loro interessi secondo i livelli di investimento e una costante negoziazione tra soggetti ineguali.”.63

Ovviamente questo termine è stato introdotto in ambito cinematografico verso la fine della anni Settanta, per poi esplodere tra gli anni Ottanta e Novanta, “per indicare le mutate dinamiche di azione avviate della New Hollywood in relazione all’emergere della forma blockbuster.”.64 Questo indica proprio quel fenomeno in cui un prodotto comincia

63 D. Johnson, Learning To Share. The Relational Logics of Media Franchising, Convergence Culture

Consoritium, 2010, in F. Zecca (a cura di), Il cinema della convergenza. Industria, racconto, pubblico,

Mimesis Edizioni, Milano – Udine, 2012, p.83.

64 R. Braga, il blockbuster contemporaneo. L’evento, il prototipo, il franchise e quel che resta della pirateria,

(33)

32

a estendersi su più media e si va a creare una narrazione che, essendo complessa e molto ampia, può essere esplorata su più fronti, costruendo mano a mano un mondo in cui l’utente, affezionato a una determinata storia e/o personaggio, riesce a muoversi e a ritrovare elementi famigliari:

“Il modello della narrazione transmediale soddisfa le esigenze di nicchie di utenti talvolta molto ristrette, ma altamente fidelizzate e pertanto profondamente motivate a continuare il loro percorso di esplorazione di ulteriori linee narrative e commerciali. La frammentazione dell’esperienza permette un ancoraggio continuo tra i device e instaura meccanismi di ‘serialità a ponte’ su piattaforme dissimili.”.65

Nel nostro caso avviene qualcosa di simile: un ipotetico fan dei film Marvel, o appassionato dei fumetti di Stan Lee, è motivato maggiormente a prendere la decisione di cominciare a vedere Daredevil rispetto a un telespettatore casuale, che non è avvezzo a prodotti riguardanti supereroi o ai prodotti Marvel in generale. Questa non è una regola fissa: non vuol dire che un utente che non sia appassionato della saga cinematografica degli Avengers o della controparte fumettistica, non possa decidere di guardare la serie presa in esame, anche perché Daredevil si presenta come una collaborazione tra Marvel e Netflix, due colossi che, se da una parte riesce ad attirare un certo tipo di pubblico (fan Marvel), dall’altro attira una fetta di utenti fidelizzati alla qualità dei prodotti Netflix. L’accademico dell’Università di Wisconsin–Madison Derek Johnson, di cui abbiamo già citato la nozione di franchise, ci spiega come esso sia una forma culturale relazionale costruita su cinque elementi, i quali andiamo ad elencare:

• Il franchise si può definire come un fascio di relazioni strategiche tra soggetti coinvolti in modo ineguale nella condivisione di risorse culturali;

(34)

33

• Il network di relazioni che si crea intorno a un franchise dà modo anche a realtà minori di creare un proprio spazio d’azione all’interno del franchise stesso; • Il franchise crea pratiche di co-creazione e di collaborazione decentralizzate; • Di conseguenza, troviamo un’apertura alle dinamiche di creazione e

partecipazione dal basso. Gli utenti, infatti, agiscono come parti integranti del franchise e ne diventano parte attiva;

• Il franchise asseconda relazioni transnazionali e intergenerazionali. È un processo di “local innovation”, ovvero un processo localizzazione che impone un lavoro di modifica e adattamento delle “parti flessibili” del franchise secondo determinazioni socioculturali.66

Per questa struttura caratteristica del franchise, fa sì che il franchise multimediale “si configuri come forma aperta, instabile e in continua riprogrammazione, secondo esigenze locali e mutazioni temporali”.67

L’altro concetto che andiamo ad analizzare è quello di high concept TV series. Quando parliamo di high concept, intendiamo “un prodotto caratterizzato dalla grande vendibilità, adatto a essere esperito su diversi supporti e venduto sui mercati interni e stranieri.”.68 Se

vogliamo fare una sorta di paragone, potremmo definire le serie high concept come l’equivalente del blockbuster cinematografico. In effetti, queste tipologie di serie danno vita a veri e proprio fenomeni di franchise, e tra queste possiamo farci rientrare Daredevil: è stata la prima, infatti, di un gruppo di serie sui supereroi (come abbiamo già accennato in precedenza), da cui le altre hanno poi ricalcato il modello e lo stile, riadattandoli ai propri personaggi e contesti, naturalmente. Più in generale, troviamo proprio che le serie

66 Ivi, p. 85. 67 Ibidem.

(35)

34

targate Netflix presentino un forte paradigma che viene ripreso e riadattato ai singoli prodotti, che risultano originali ma riconducibili al nome dell’azienda in rapporto proprio alla qualità e al formato in cui si presentano. Infatti:

“Si può parlare pertanto di matrici della narrazione, che ricevono dalla serie da cui sono originate influssi e indicazioni di atmosfera e ambientazione. Siamo di fronte ad una nuova forma di cultura popolare che è progettata per essere aperta e multi-strato, provocatoria ed evocativa, più esplorativa di quanto un semplice spettatore possa concepire.”.69

Si vanno così a creare prodotti dal formato altamente vendibile, appetibile, e soprattutto che hanno la possibilità di estendere la propria narrazione su più fronti: quello che nota Jenkins è:

“come questi prodotti, grazie alla integrazione tra media offerta dal sistema delle conglomerate, alle pratiche di franchising e alla costruzione high concept, siano in grado di garantire una eccezionale durata e persistenza nella mente degli spettatori, addirittura ipotizzando che questi programmi siano così durevoli da garantirsi una sopravvivenza anche quando la base dei fan attuali sarà andata dissolvendosi.”70,

affermando quindi come questi prodotti altamente vendibili diventino dei veri e propri cult che segnano la cultura contemporanea.

1.5 Traduzione e trasposizione

Come già accennato nei paragrafi precedenti, Marvel’s Daredevil è una serie televisiva tratta dall’omonimo fumetto di Stan Lee. È perciò necessario addentrarci nei meandri

69 Ivi, p. 43. 70 Ivi, p. 44.

(36)

35

dell’adattamento di un testo in un prodotto audiovisivo, nelle teorie che concernano tale argomento, spiegare in cosa consiste e applicare tali concetti alla serie presa in esame.

1.5.1 Teorie dell’adattamento

Se parliamo di teorie dell’adattamento, dobbiamo citare alcuni critici e teorici che nel corso del Novecento si sono imbattuti in questo termine, adattamento appunto, cercando di capire come esso potesse avvenire senza tradire la fedeltà del testo di origine. Per Victor Šklovskij, scrittore e critico letterario russo, che parlava di adattamento cinematografico già negli anni Venti, era impossibile avere una vera e propria traduzione, proprio per una differenza naturale dei media utilizzati, che quindi rendeva la trasposizione cinematografica semplicemente un “fiasco”.71

Negli anni Sessanta troviamo invece Jean Mitry che, con una presa di posizione simile a quella del formalista russo, sostiene che, per quanto riguarda la traduzione da un testo all’altro, essa non può essere integrale nel significato e nel significante, in quanto i due testi (film e libro) sono media completamente diversi, con caratteristiche diverse e un sistema di segni differenti, che fa sì che passando da un sistema all’altro i valori di riferimento cambino e quindi essi, in un nuovo sistema possono prendere un senso completamente diverso e avere tutto un altro significato.72

“Mitry descrive due possibilità dell’adattamento due modi divenuti nel tempo dei luoghi comuni: da una parte vi sarebbe il tentativo di restare fedeli alla lettera, riconoscendo l’inevitabile tradimento e la deformazione del pensiero dell’autore, dall’altra al contrario la volontà

71 V. Šklovskij, 1893 – 1984, formalista russo, scrittore e critico letterario, Literatura i kinematograf, Mosca

1963, in N. Dusi, Il cinema come traduzione. Da un medium all’altro: letteratura, cinema, pittura, UTET Diffusione Srl, Torino, 2003, p. 13.

72 J. Mitry, 1904 – 1988, saggista, critico cinematografico e regista francese, Esthétique et psychologie du

cinéma II. Les formes, Éditions universitaires, Parigi, 1965, p. 347, in N. Dusi, Il cinema come traduzione,

(37)

36

di esprimere per vie indirette le stesse idee e passioni, nell’ambizione di restare fedeli allo spirito.”.73

Nel primo caso, il film apparirà come un’illustrazione, mentre nel secondo caso, Mitry sostiene che mantenersi fedeli allo spirito è qualcosa di impossibile, perché dal momento che si tradisce il testo originale non mantenendo una trasposizione fedele nella forma, si tradisce anche lo spirito.

La Nuovelle Vague, una decina d’anni prima di Mitry, sviluppò un’idea molto differente sull’adattamento, nominandolo “una fruttuosa moltiplicazione del senso del testo di partenza, invocando una nuova ‘responsabilità espressiva’ che si faccia carico di una dimensione interpretativa metatestuale.”.74 Questa visione, nettamente più positiva

rispetto alle precedenti che abbiamo visto poco fa, deriva da un pensiero di Bazin, il quale riteneva indispensabile che si considerasse l’adattamento non come un film che debba essere degno del romanzo, ma come un nuovo prodotto estetico che è una sorta di “romanzo moltiplicato dal cinema”.75

La differenza di approccio sta, oltre che nelle varie teorie che abbiamo appena menzionato palesarsi durante il corso del Novecento, anche nel significato delle parole adattamento

e trasposizione. Il primo indica una forma e una riduzione necessaria e sembra indicare

una sorta di processo traduttivo che considera in modo rigido il testo di partenza, facendo sembrare il prodotto di arrivo come una mera costrizione, mentre il secondo dà l’idea di una struttura ordinata, un traferire ma anche un oltrepassare, rispettando comunque il testo di partenza.76

73 Ibidem.

74 N. Dusi, Il cinema come traduzione, cit, p.16.

75 A. Bazin, critico cinematografico francese, ‘Journal d’un curé de campagne’ et la stylistique de Robert

Bresson, Cahier du Cinéma, p.3, 1951, in N. Dusi, Il cinema come traduzione, cit, p.16.

Riferimenti

Documenti correlati

Conduce: Giuseppe NOTO, Università degli Studi di Torino, docente di Filologia romanza e di Didattica della lingua italiana e del testo letterario.. Lavoro seminariale

È un altro piccolo, ma importante tassello delle politiche che la Regione Lazio ha messo in campo per la prevenzione ed il contrasto della violenza di genere.. Questa iniziativa

La storia della serialità statunitense è piena di aneddoti su pilot prima rifiutati e poi ripresentati tali e quali e accettati (Dallas), totalmente diversi dalla serie successiva

L’abate di Reiche- nau considera, infatti, l’Italia come la patria delle campane che sarebbero state fuse per la prima volta a Nola e specifica, inoltre, che dalla regione

More recently, deep learning (DL) approaches based on Convolutional Neural Networks (CNNs) for the analysis of interventional-medicine images drew the at- tention of the SDS

Plant height, leaf, stem, root and whole plant dry weight, mean leaf number per plant, Leaf Area Index (LAI), Leaf Area Ratio (LAR), Relative Growth Rate (RGR) and Net Assimilation

Consistent with the essential role of active vitamin D in parathyroid regula- tion, a varied VDR expression due to allelic polymorphisms at the VDR gene locus could be relevant