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Transmedialità nel Marvel Cinematic Universe

Capitolo 2 – Ecosistemi narrativi: tra cinema e televisione

2. Marvel Cinematic Universe: un ecosistema narrativo

2.1 Cinema

2.1.3 Transmedialità nel Marvel Cinematic Universe

Come abbiamo già accennato nel primo capitolo di questa tesi, la serie presa in esame si trova in un vero e proprio universo in cui convive e si intreccia con altri personaggi ed altre storie. Questa, secondo la definizione di Jenkins, viene chiamata una narrazione transmediale, “una storia raccontata su diversi media, per la quale ogni singolo testo offre un contributo distinto e importante all’intero complesso narrativo. Nel modello ideale di narrazione transmediale, ciascun medium coinvolto è chiamato in causa per quello che sa fare meglio […]”94, come possiamo vedere, infatti, nel nostro caso: i film vertono in una

direzione, le serie televisive in un’altra, entrambi ricalcando però le specificità dei media

94 H. Jenkins, Convergence Culture, New York University, New York, 2006, tr. it., Cultura Convergente,

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di appartenenza e facendo leva sulle loro caratteristiche e, come è stato ribadito più di una volta, “media i versi attraggono differenti nicchie di mercato”95, dove lampante è il

riferimento sia a Netflix che alla Marvel: l’uno che attrae un pubblico affezionato alla promessa di qualità garantita dall’azienda che offre il servizio on demand, l’altro che richiama i fan dei film e dei fumetti. Inoltre, “un buon franchise transmediale cerca di attrarre pubblici differenziati proponendo i suoi contenuti in modo un po’ diverso per ciascun medium.”96, cosicché il successo possa essere maggiore e gli incassi possano

provenire sia dalla riuscita dei film, sia dagli alti ascolti delle serie televisive, perché ovviamente il profitto è quello che spinge questi grandi conglomerati a creare questo tipo di narrazioni: “ci sono forti motivazioni economiche dietro la narrazione transmediale. La convergenza tra media rende inevitabile il flusso dei contenuti su più piattaforme mediatiche”.97

In ogni caso, spiega ancora Jenkins in Cultura Convergente, questi franchise non devono essere troppo “chiusi”, altrimenti si rischia che un pubblico meno esperto, o comunque non così informato sulle intere dinamiche del brand, ne rimanga troppo poco coinvolto e non riesca ad affezionarsi.

“La narrazione è divenuta sempre più l’arte della creazione di mondi, dal momento che gli artisti creano ambientazioni affascinanti non completamente esplorabili e non concluse in un unico lavoro o su un singolo medium. Il mondo è più grande del film, e perfino del franchise, dato che le elaborazioni e le congetture dei fan lo espandono in varie direzioni.”98, 95 Ibidem. 96 Ibidem. 97 Ivi, p. 94 98 Ivi, p. 105

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perché la convergenza culturale non prevede uno scambio a senso unico; il pubblico non è più passivo, ma diventa attivo nell’universo che viene poi chiamato fandom, dove è possibile trovare ogni sorta di lavoro prodotto dai fan, che siano video, fan fiction o gadget, che talvolta vengono anche riconosciute ufficialmente del brand.

Un altro aspetto che Jenkins fa notare è che, per alcuni critici cinematografici, questo tipo di racconti sono l’indice di un collasso che sta avendo la narrazione filmica; in realtà dobbiamo diffidare da questa visione, perché:

“stiamo piuttosto assistendo all’emergere di nuove strutture narrative, che si complicano ampliando la gamma di possibilità del racconto anziché tracciare un percorso lineare con un inizio, un centro e una fine. […] Se si giudicano tali lavori usando vecchi criteri, questi film sembrano essere in effetti più frammentari, ma è esattamente questo aspetto a permettere ai consumatori di poter gestire le loro connessioni e la loro esperienza di consumo nei tempi e nei modi che preferiscono.”.99

Jenkins sottolinea appunto come questo tipo di produzioni vadano analizzate in maniera differente rispetto ad una narrazione tradizionale. Parlando ancora della Marvel, dobbiamo considerare tutti i film, serie televisive e quant’altro come dei tasselli che insieme vanno a formare un unico, grande puzzle, come se costituissero loro stessi degli episodi di un racconto più grande, ma che al tempo stesso riescono ad avere una certa individualità, a esistere anche senza essere accostati agli altri prodotti del franchise, sebbene trovino la loro espressione più completa all’interno di esso. In Marvel’s

Daredevil, infatti, non viene fatto se non qualche riferimento velato alle storie narrate

all’interno dei film del MCU, cosa questa che rende la serie appetibile anche per chi non

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è un grande fan della saga cinematografica ma, al contempo, strizza l’occhio al pubblico più esperto, che è anche quello che ci fa notare Paola Brembilla100:

“Prendiamo i casi del Marvel Cinematic Universe e del DC Extended Universe, che comprendono film, serie TV e fumetti (oltre ad altri prodotti tie-in) non necessariamente collegati direttamente, ma comunque dichiaratamente venduti come parti degli stessi universi estesi. In questi progetti industriali emerge una componente strategica di sfruttamento delle risorse (i database dei personaggi Marvel e DC, quindi la loro proprietà intellettuale) in relazione a determinate esigenze di mercato, che influiscono sulle modalità produttive e distributive dei prodotti. All’interno di questo macrolivello, che fornisce l’architettura portante degli universi espansi, si trovano i microlivelli dei singoli prodotti che funzionano sia su una dimensione ‘chiusa’, quella dei prodotti fruibili singolarmente, sia su una ‘aperta’, in quanto matrici di possibili crossover e spin-off.”.101

In conclusione, come si evince dai tratti che abbiamo messo in evidenza, l’universo costruito dalla Marvel racchiude in sé tutte le caratteristiche necessarie per essere definito un ecosistema narrativo a tutti gli effetti, una grande racconto transmediale e intermediale (“L’intermedialità è, in un’accezione minimalista, quel concetto che permette di designare il processo di trasferimento e di migrazione tra i media, di forme e di contenuti, un processo che è all’opera in modo surrettizio già da qualche tempo, ma che, in seguito alla proliferazione relativamente recente dei media, è oggi divenuto una regola alla quale ogni proposizione mediatizzata è suscettibile di dovere una parte della propria

100 Studiosa delle industrie dei media e ricercatrice presso l’Università di Bologna.

101 (A cura di) G. Pescatore, Ecosistemi narrativi. Dal fumetto alle serie TV, Carrocci editore, Roma, 2018,

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configurazione.”102) con i suoi pro e i suoi contro, ponendosi quindi come un interessante

caso di studio.