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Un'altro punto focale nella disciplina codicistica della separazione giudiziale è rappresentato dall'addebito della separazione regolato dall'art.151,comma 2, c.c.

Esso prevede che, su richiesta di uno dei coniugi il giudice possa, qualora ne ricorrano le circostanze (cioè qualora ci sia stato un comportamento contrario ai doveri del matrimonio), addebitare la separazione all'altro.

La pronuncia di addebito comporta effetti sfavolevoli per il coniuge che in modo volontario e cosciente abbia violato gravemente gli obblighi matrimoniali causando un'intollerabilità della convivenza per 31 Grassetti, Commento all'art.151 c.c., in comm.carraro,oppo,trabucchi,

l'altro.

Nel valutare la richiesta di addebito il giudicante deve tener conto non solo del comportameto della parte che ha violato i suddetti obblighi ma anche della situazione globale che nel momento della violazione esisteva tra i coniugi.

In tal modo non sarà ad esempio addebitabile la violazione degli obblighi matrimoniali consumata in un contesto di convivenza già intollerabile32.

Bisogna sottolineare come la violazione commessa da una parte non legittimi la violazione degli obblighi matrimoniali da parte dell'altra. Così, ad esempio, la giurisprudenza esclude che l'infedeltà possa essere “giustificata” quale reazione a comportamenti dell'altro coniuge.

Risulta invece legittimo l'abbandono della casa familiare come reazione ad un comportamento illecito dell'altro coniuge.

I casi che possono essere alla base dell'addebito della separazione sono molto vasti.

Bisogna precisare che ci sono dei fatti addebitabili ai coniugi in cui il dolo-cioè la volontarietà della condotta ed il proposito e la consapevolezza di violare il dovere coniugale- appare di chiara evidenza (si pensi all'adulterio), ma ve ne sono altri in cui i contorni sono meno precisi ed in cui ben difficilmente potrebbe ravvisarsi un

comportamento doloso anche se la condotta può apparire come colpevole.

Infine ci sono alcune ipotesi dove appare difficile ravvisare anche una semplice condotta colpevole, (si pensi alle minacce).

E' necessario precisare che la condotta del coniuge può sostanziarsi non solo in un comportamento attivo (es. minacce) ma anche passivo (es. rifiuto del rapporto sessuale33).

Rientrano perciò tra i casi più comuni di addebito della separazione i maltrattamenti del coniuge o della prole, le ripetute ingiurie o denigrazioni, l'infedeltà reiterata, l'abbandono ingiustificato della casa familiare ecc.

I principali effetti derivanti dall'addebito della seprazione sono costituiti dalla perdita dei diritti successori nei confronti dell'altro coniuge e al mantenimento del solo diritto all' assegno vitalizio se, al momento dell'apertura della successione, il coniuge a cui è stato imputato l'addebito godeva degli alimenti a carico del coniuge deceduto.

L'assegno in tal caso sarà proporzionato alle sostanze ereditarie e alla qualità e numero degli eredi legittimi. In ogni caso non potrà mai essere superiore alla prestazione alimentare goduta ex art.548,comma 2, c.c..

33 Francesco Scardulla, La separazione personale dei coniugi ed il divorzio, Quinta edizione, Giuffrè Editore , pag.79

Un'altro effetto è quello della perdita del diritto al mantenimento ex art.156 c.c., del coniuge a cui sia stata addebitata la separazione e che non abbia adeguati redditi propri.

Egli conserva solo il diritto agli alimenti, qualora ne ricorrano i presupposti.

La tassatività degli effetti dell'addebito ha fatto si che nella pratica il coniuge economicamente più debole e quindi non obbligato al mantenimento dell'altro, non domandasse l'addebito della separazione se pur in presenza di gravi violazioni degli obblighi coniugali commesse dal patner, preferendo la via più breve della separazione consensuale.

In tempi recenti, una parte della giurisprudenza ha riconosciuto la possibilità, di fronte a violazioni di obblighi coniugali che integrino lesioni a diritti fondamentali della persona, di domandare oltre che all'addebito della separazione anche il risarcimento del danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c.34

1.3 Gli effetti derivanti dalla separazione personale dei coniugi.

L'art. 37 della l.19 maggio 1975 n.151 ha modificato il testo originario

dell'art.156 c.c., limitandone i contenuti.

Ciò è evidente anche solo guardando alla rubrica dell'articolo che è stata mutata da “Effetti della separazione” in “Effetti della separazione sui rapporti patrimoniali tra i coniugi”.

Anteriormente alla novella, il primo comma stabiliva che “Il coniuge che non ha colpa nella separazione personale, conserva i diritti inerenti alla sua qualità di coniuge che non sono incompatibili con lo stato di separazione”.

All'ultimo comma si prevedeva inoltre la possibilità di vietare alla moglie l'uso del cognome del marito.

Dopo la riforma, tuttavia, la dottrina ha messo in evidenza come il codice disciplini solo gli effetti patrimoniali della separazione escludendo così che tra i coniugi possano permanere obblighi diversi da quelli espressamente considerati.

Così, gli unici obblighi che non si estinguono con la separazione, sono quelli inerenti all'assistenza materiale mentre gli altri, individuati dall'art.143 c.c., vanno necessariamente dissolvendosi35 .

Questa tesi era già stata sostenuta con vemenza in passato da Azzolina 36 che si basava sulla considerazione percui “cessando l'obbligo di coabitazione, sembra logico ritenere che venga meno anche il dovere di assistenza” in quanto “l'assistenza presuppone la coabitazione e 35 Bessone, Alpa, D'Angelo,Ferrando, La famiglia nel nuovo diritto, Bologna, 1991. 36 Vedi la sua opera , Separazione personale dei coniugi , Torino, 1996.

venendo meno questa non si comprende come potrebbe essere esercitata quella; secondariamente, l'assistenza postula il permanere nella loro integrità dei normali vincoli affettivi, che devono invece presumersi allentati- seppure non del tutto scomparsi- inseguito alla separazione ed ai fatti determinati dalla stessa”.

Nella stessa direzione di Azzolina si pone, in tempi più recenti, anche Gazzoni il quale ritiene l'obbligo di assistenza morale e di collaborazione manifestazioni di affectio coniugalis incompatibili con lo stato di separazione, salvo che tali obblighi non coinvolgano i figli.37 Di contrario avviso invece, F.Scardulla che ha notato che così leggendo la novella del '75 in realtà si arriva a dare un interpretazione riduttiva del dovere di assistenza trascurando di considerare che i coniugi sono tenuti, fin quando non interviene una pronuncia di scioglimento del matrimonio, a darsi non soltanto l'assistenza economica (quando essa si riveli necessaria) ma anche l'assistenza spirituale che anzi, sembrerebbe prevalere sulla prima38 in forza del fatto che i coniugi separati non possono in alcun modo considerarsi estranei l'uno all'altro, in ragione del sentimento affettivo che li ha spinti al matrimonio (e ciò sia quando essi auspichino ad una riconciliazione, sia quando si propongano di addivenire allo scioglimento del matrimonio), specie in

37 Gazzoni, Manuale di diritto Privato, Edizioni scientifiche italiane, pag 382. 38 F.Scardulla, Separazione personale dei coniugi ed il divorzio, Quinta edizione,

presenza di figli.

Una posizione intermedia a quelle sopra dette è invece sostenuta da Zatti il quale evidenzia come “la permanenza del vincolo determina e qualifica l'interesse di ciascuno ad una condotta dell'altro tale da preservare, da un lato, valori di riserbo e dignità personale, dall'altro condizioni di lealtà e correttezza nello svolgimento dei residui rapporti, infine un minimo di solidarietà connesso alla situazione di non estraneità delle due parti”39 e giunge così alla conclusione di escludere “la permanenza di elementi di assistenza morale se non sotto il profilo del reciproco rispetto, o in evenienze particolari, nelle quali sembra inaccettabile il rifiuto di una solidarietà residua, minima, ma non riferibile a comuni doveri di soccorso” 40.

A prescindere dalle varie interpretazioni dell'art.156 c.c. proposte dalla dottrina, il legislatore ha esplicitato alcuni effetti derivanti dalla cessazione della coabitazione dei coniugi che si riverberano sui loro rapporti personali.

Tra questi, particolarmente importante è il venir meno della presunzione di paternità del marito rispetto al figlio nato oltre trecento giorni dalla pronuncia di separazione giudiziale o dalla omologazione di separazione consensuale.

Rispetto all'articolato precedente alla novella del '75, inoltre, non si 39 Zatti, La separazione personale, op.cit. pag.205

impedisce più alla moglie di far uso del cognome del marito salvo quando ciò risulti gravemente pregiudizievole al marito stesso che pertanto faccia richiesta all 'organo giudicante per impedirlo.

Degna di nota è anche la previsione per cui non si applicherebbe la causa di non punibilità, prevista dall'art. 649 c.p. con riguardo ai delitti contro il patrimonio: la separazione personale rende punibili tali reati a querela del coniuge offeso ex art. 649, 2 comma, c.p..

In merito a quelli che sono gli effetti derivanti dalla separazione che si riverberano sui rapporti patrimoniali tra i coniugi, bisogna sottolineare come la separazione faccia venir meno la comunione legale mentre non ha alcun effetto sul fondo patrimoniale, sull'impresa familiare e sulla tutela previdenziale (posto che il coniuge separato, se titolare del diritto all'assegno di mantenimento, ha diritto alla pensione di reversibilità nonché al trattamento di fine rapporto e all'indennità per il caso di morte41).

Tra gli effetti patrimoniali, particolarmente rilevante appare l'obbligo di un coniuge di corrispondere all'altro, a cui non sia stata addebitata la separazione e che abbia un reddito inadeguato al proprio sostentamento, una somma di denaro, detta assegno, a volte integrata dal conferimento di beni in natura (ad esempio da prodotti agricoli, derrate, ecc.) e dal godimento di beni immobili o mobili in ragione

della situazione economica delle parti.

Tale assegno può prendere il nome di assegno provvisorio, se corrisposto in ragione del provvedimento presidenziale, di assegno di mantenimento ,se fissato con la sentenza che afferma l'addebitabilità della separazione al coniuge tenuto al mantenimento o di assegno alimentare se fissato con la sentenza che afferma l'addebitabilità della separazione al coniuge alimentando o ad entrambi.

Anche quello convenuto tra i coniugi in sede di separazione consensuale è detto assegno di mantenimento.

Il presupposto, (necessario per accedere all'assegno), dell' “inadeguatezza del reddito proprio” deve essere valutato rispetto al tenore di vita goduto dai coniugi durante la coabitazione.

Questo vuol dire che sarà riconosciuto solo quando tra i coniugi esista una disparità economica tale da far si che la separazione impedisca ad uno di essi di mantenere, sulla base dei suoi soli redditi, il tenore di vita matrimoniale.

Molte discussioni sono sorte in dottrina a causa della poco felice dicitura dell'art. 156 c.c., che dispone (come appena detto) che il giudicante, pronunciando la separazione giudiziale dei coniugi deve stabilire a vantaggio di quello cui non sia addebitabile la separazione, il diritto di ricevere dall'altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento, qualora non abbia redditi propri .

Non c'è stata concordia nello stabilire i casi da cui deriva il diritto alla corresponsione dell'assegno di mantenimento.

E' pacifico che il coniuge a cui è stata addebitata la separazione ha diritto a vedersi solamente corrisposti gli alimenti, qualora ne ricorrano i presupposti e, al contrario, il coniuge cui è stata addebitata la separazione deve corrispondere all'altro, privo di adeguati redditi propri, l'assegno di mantenimento, sempre che ne sia stata fatta espressa richiesta.

La dottrina appare invece contrariata sul riconoscere il diritto del coniuge (privo di redditi propri) al mantenimento qualora la separazione sia stata pronunciata esclusivamente perchè si erano verificati fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o da recare grave pregiudizio all'educazione della prole, nel caso in cui detto coniuge non abbia chiesto una pronuncia dell'addebito o la domanda al riguardo spiegata non sia stata accolta, essendosi ritenute non provate le circostanze addotte a sostegno della stessa. Sul punto Barbiera, ha osservato che alla fattispecie normale di separazione configurata nella separazione senza addebito, intesa come “separazione senza questione di addebitabilità, corrisponde l'effetto normale del diritto agli alimenti” mentre “ alla separazione speciale, per l'avvenuta introduzione della questione di addebito, corrisponde l'effetto speciale del diritto al mantenimento che non compete al

richiedente cui sia addebitabile (anche congiuntamente all'altro) la separazione42”.

In senso contrario si pone invece Santosuosso, il quale ha osservato che anche se nell'art.156 c.c. “non sono ben distinti i due tipi di separazione, non c'è motivo per non ritenere applicabile la norma del primo comma anche nel caso in cui il giudice si limita a pronunciare la mera separazione senza addebito, per intollerabilità della convivenza o per pregiudizio all'educazione della prole” 43 .

La giurisprudenza si è trovata in linea con questa seconda tesi ed è venuta a sostenere che in linea di massima “la separazione non si colora di elementi di riprovevolezza a carico di uno dei coniugi, ed in questa situazione di fondo si è voluto assicurare a ciascuno di essi il diritto al mantenimento” con la conseguenza che non sarebbe “esatto ritenere che in caso di separazione senza addebitabilità ciascuno dei coniugi è tenuto a mantenersi con i suoi mezzi e soltanto in caso di bisogno può attivare l'obbligo alimentare a carico dell'altro, ma deve all'opposto affermarsi che il mantenimento può essere richiesto dal coniuge cui non sia addebitata la separazione, a prescindere dall'addebitabilità all'onerato44.”

Il concetto, concludendo, è quindi che il coniuge incolpevole che si

42 Vedi Barbiera, Il divorzio dopo la riforma del diritto di famiglia , Bologna, 1979. 43 Vedi Santosuosso, Il matrimonio, Utet giuridica, cit. pag. 1052.

trovi nella situazione descritta dall'art. 151, comma 1, del c.c., deve continuare a godere della stessa situazione goduta in costanza di matrimonio come proiezione della persistenza del vincolo coniugale e del dovere di assistenza che lo accompagna.