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Una questione problematica: la mancaza di coordinamento tra il giudizio di separazione e quello di divorzio dopo la legge

n. 55/ 2015.

Tra le problematiche rimaste irrisolte con l'entrata in vigore della l. n. 55/2015 va annoverata anche quella riguardante la mancata previsione di una disciplina ad hoc in caso di contemporanea pendenza del processo di separazione e del processo di divorzio.

Detta questione, in realtà, si era posta anche prima dell'entrata in vigore della legge sul divorzio breve, dalla quale però, non di meno, ci si aspettava in questo senso un impatto risolutivo che, oltre a non essere arrivato, ha visto al contrario aggravare la situazione per via della riduzione dei termini per proporre la domanda di divorzio.

In vero, già prima dell'emanazione della legge qui oggetto di analisi, uno dei temi caldi ricorrenti in giurisprudenza era rappresentato proprio dall'ammissibilità o meno, nel processo di separazione, della possibilità di procedere ad una pronuncia di sentenza non definitiva di separazione.

La questione fu a lungo dibattuta fino a quando nel 2001, le Sezioni si compone di un unico significativo articolo che mira ad introdurre, dopo l'art.3 della legge sul divorzio, un articolo 3 bis contenente la previsione che entrambi i coniugi possono “con ricorso congiunto” e anche “in assenza di separazione legale”, chiedere lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio “a condizione che non siano presenti figli minori, figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero figli di età inferiore a ventisei anni economicamente non autosufficienti”.

Unite della Cassazione si dichiararono, nelle sentenze n. 15248 e 15297, favorevoli all'ammissibilità.

Queste pronunce sono particolarmente importanti se si considera che la domanda di divorzio può essere presentata non appena si verifichi il duplice presupposto del passaggio di un lasso di tempo pari a tre anni dal momento in cui i coniugi sono comparsi per la prima volta davanti al presidente del tribunale e dell'ottenimento di un giudicato sullo status personale (che a seguito delle sentenze del 2001 può quindi essere rappresentato anche da una sentenza non definitiva di separazione).

Risulta così evidente come una sentenza non definitiva di separazione permetta di anticipare il giudizio di divorzio- una volta trascorsi tre anni dalla comparizione dei coniugi davanti al presidente- in tutte quelle ipotesi in cui il processo dovrà proseguire, in primo grado come in appello, in merito alle domande accessorie (quali ad esempio la richiesta di addebito, l'affidamento dei figli piuttosto che altre questioni economiche).

Nella prassi si sono così venute a verificare ben presto situazioni in cui si ha una sovrapposizione tra la trattazione delle questioni accessorie in sede di separazione dopo il giudicato sullo status e il procedimento di divorzio (che investe il rispettivo giudice delle medesime questioni contemporaneamente pendenti davanti al giudice della separazione).

La discussione che molto ha agitato la dottrina, verte sul modo in cui il giudice del divorzio deve comportarsi qualora venga investito, ad esempio, della valutazione di un affidamento o di un assegno che in quel momento sono trattati anche dal giudice di primo grado o di appello nel processo di separazione.

Sul punto si sono sviluppati diversi filoni di pensiero.

Il primo, facendo leva proprio sulla completa autonomia dei due procedimenti, ritiene che il giudice del divorzio possa continuare a trattare la causa senza porsi il problema del rapporto con il giudizio di separazione.

Parte della giurisprudenza invece ha iniziato a sostenere la necessità di sospendere la causa di divorzio- a seguito della sentenza che si esprime sullo status- per aspettare il giudicato sulle domande accessorie nella causa di separazione.

Altri ancora hanno sostenuto che la soluzione del problema è da rintracciarsi nella continenza di cause126.

La situazione, che si prospettava già in questi termini prima dell'introduzione della legge sul divorzio breve, ha subito un ulteriore aggravamento con la sua entrata in vigore.

Infatti, soprattutto nel caso di separazione giudiziale, spesso accade

126 Per la trattazione completa del tema vedi Dosi, Sentenza non definitiva di separazione e rapporti tra separazione e divorzio, consultabile sul sito

che in mancanza di una sentenza parziale sulla sola separazione, le parti debbano attendere la sentenza definitiva, con tutto ciò che ne consegue a livello di tempistiche processuali.

Sotto questo profilo è interessante notare come il testo inizialmente approvato dalla Camera, all'art.1, preveda che “qualora alla data di instaurazione del giudizio di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio sia ancora pendente il giudizio di separazione con riguardo alle domande accessorie, la causa è assegnata al giudice della separazione personale”, dando così una “soluzione” alla questione, consistente nell'affidare entrambi i giudizi al solito magistrato per garantire l'armonia tra i giudicati.

Sebbene il proposito sia nobile, la norma mostra tuttavia diverse lacune dal punto di vista della tecnica processuale.

Le critiche non tardano infatti ad arrivare e si nota come la scelta di affidare la trattazione dei due processi ad un unico giudice non vuol dire avere la possibilità di riunire i processi medesimi.

Ciò non risulta infatti fattibile, a meno che non si intenda frustrare il senso stesso dell'istituto della separazione, da sempre considerato un punto fermo da mantenere nella riforma, e andare contro ai principi di cui agli artt. 3, 24 e 111 Cost., volti a eliminare qualsiasi tipo di regime processuale differenziato127.

127 E' infatti da notare come se anche alcune pronunce potrebbero essere di fatto facilmente cumulate in quanto identiche nei due giudizi (affidamento e

E' inoltre da considerare il fatto che tale norma, inizialmente approvata dalla Camera, non tiene di conto che “l'assegnazione della causa” allo stesso giudice della separazione personale potrebbe, in concreto, essere impossibile.128

Da queste osservazioni è dipesa la soppressione dell'inciso sull'assegnazione allo stesso giudice.

La modifica non ha tuttavia risolto il problema della contemporanea pendenza dei due processi: il loro coordinamento rimane legato ad un delicato ordine di equilibri che ad oggi non è stato risolto né dalla dottrina né dalla giurisprudenza in modo totalmente congruente.

3.1 ...(segue) Alcune “soluzioni” avanzate in giurisprudenza.

Volendo analizzare la posizione presa dalla giurisprudenza bisogna

mantenimento dei figli, assegnazione della casa familiare etc.), altre continuerebbero ad essere soggette a differenti presupposti e caratterizzate da diversi regimi. Se per alcune di queste, si pensi all'assegno divorzile rispetto all'assegno di mantenimento, si potrebbe anche essere portati a credere che la pronuncia resa con il divorzio determini la cessazione della materia del contendere per la rispettiva domanda proposta in sede di separazione, per altre, come l'addebito, resterebbe aperta la necessità di una disamina finalizzata a una pronuncia che sarebbe tuttavia superata all'atto stesso della sua emanazione. Per ulteriori approfondimenti vedi Danovi, op. cit. , pag.611.

128 Questo non solo perchè all'atto della proposizione della domanda di divorzio il processo di separazione potrebbe essere pendente in grado di appello, ma anche perchè la competenza nel processo di divorzio non coincide necessariamente con quella della separazione e dopo l'intervento della consulta sull'art.4 della legge n. 898/1970, tale divaricazione è divenuta ancora più pronunciata.

notare come la Corte di Cassazione, nella sent. n. 25861/2014129, ha ritenuto possibile coordinare i due giudizi attraverso l'applicazione dell'art. 295 c.p.c130, e quindi attraverso il meccanismo della sospensione del processo di divorzio.

La soluzione non appare tuttavia convincente.

Tra il giudizio di separazione e quello di divorzio non sussiste, in vero, un nesso di pregiudizialità (inteso nella sua accezione classica), tale da imporre la sospensione del secondo in attesa della definitiva decisione del primo: non si può a tal proposito far a meno di notare come da un lato il concetto di pregiudizialità presupponga la presenza simultanea di elementi costitutivi tra le domande e dall'altro come l'ambito di operatività della sospensione ex art. 295 c.p.c. che tale nesso può determinare, sia stata dalla giurisprudenza e dalla dottrina prevalenti fortemente limitata (soprattutto quando, come nel caso in esame, il principio di effettività della tutela giurisdizionale imponga di evitare ritardi o arresti di un processo che vede coinvolte situazioni soggettive personali di rango primario).

Nel silenzio della legge, sembra che non si possa trascurare di considerare che il giudice del divorzio è chiamato a pronunciarsi su

129 Consultabile sul sito http://giustiziacivile.com/

130 L'articolo in questione afferma che “il giudice dispone che il processo sia sospeso in ogni caso in cui egli stesso o altro giudice deve risolvere una controversia dalla cui definizione dipende la decisione della causa”

diritti differenti ed autonomi rispetto a quelli fatti valere in sede di separazione e, proprio per questo motivo, dovrebbe essere dotato del potere di statuire in maniera definitiva su tutte le domande delle parti, senza che possa attribuirsi valenza necessariamente condizionante al thema decidendum ancora in ipotesi sub iudice nel procedimento di separazione131.

Se questo è vero, e si opta per l'esclusione della possibilità di sospendere il procedimento di divorzio in attesa della pronuncia sulla separazione, non resta che la possibilità di procedere ad un raccordo tra le due pronunce ex post, considerando anche quale delle due passerà prima in giudicato.

Interessante pare anche l'analisi della posizione presa dal Tribunale di Milano che segue le orme dell'iniziale testo di legge approvato dalla Camera e successivamente cassato.

Conscio della problematica derivante dalla possibile sovrapposizione dei procedimenti, il Tribunale ha adottato un provvedimento132 che introduce un “criterio di assegnazione dei fascicoli di divorzio per connessione ex lege n. 55/2015” con il quale è previsto che le nuove cause di divorzio vengano assegnate al magistrato investito della

131 Tale conclusione dovrebbe valere soprattutto per le domande che possono simmetricamente e identicamente essere proposte nei due processi (si pensi all'assegnazione della casa familiareo all'affidamento /mantenimento del figlio). 132 Trib.Milano, sez. IX civ., delibera 25 maggio 2015, consultabile in

trattazione del procedimento di separazione giudiziale ove ancora pendente133.

Se da un lato si può apprezzare il tentativo di razionalizzare la distribuzione dei fascicoli tra magistrati nell'ottica di accellerare le tempistiche decisionali, dall'altro però la decisione non sembra risolvere in maniera definitiva le problematiche legate all'indipendenza dei due procedimenti.134

In conclusione, sembra di poter dire che il legislatore del 2015 ha perso un'importante occasione per colmare una lacuna e risolvere il problema del coordinamento tra giudizi: non resta che aspettare e vedere quali soluzioni si troveranno per risolvere o aggirare la problematica.

133 Il provvedimento è stato giustificato sulla base di due argomenti. Il primo, quello secondo cui dal momento del deposito del ricorso divorzile (o dall'adozione dei provvedimenti provvisori ex art.4 l. div.), il giudice della separazione non potrebbe più pronunciarsi sulle questioni genitoriali, avendo esclusiva potestas decidendi il solo giudice del divorzio. Dal che deriverebbe, per le questioni legate all'esercizio della responsabilità genitoriale, uno svuotamento del giudizio di separazione a favore di quello divorzile, con l'opportunità che il magistrato investito della trattazione sia il medesimo. Il secondo argomento è quello secondo cui dal momento del deposito del ricorso divorzile (o dall'adozione dei provvedimenti provvisori ex art. 4 l.div.), il giudice del divorzio non potrebbe più pronunciarsi sulle questioni economiche, se non con riguardo al periodo compreso tra la data di deposito del ricorso per la separazione e la data di deposito del ricorso divorzile, così che anche per tale aspetto apparirebbe ragionevole concentrare in capo ad un unico giudice la trattazione dei due procedimenti al fine di garantirne la più sollecita definizione.

134 In questo senso si pensi alla decisione sull'addebito della separazione che incide comunque sul giudizio di divorzio per quanto concerne la quantificazione dell'assegno, anche se di tutto ciò si occuperà il solito giudice.

4. Lo scioglimento della comunione legale: osservazioni