2. Il divorzio : profili storici ed evolutivi.
2.2 Il divorzio imposto.
Appare necessario soffermarsi sulla causa di divorzio di cui alla lettera g) della l. n. 898/1970, introdotta con l'art.7 della legge n. 84/1987: essa prevede quale causa di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio “la sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso passata in giudicato a norma della legge 14 aprile 1982 n.162”. Prima di entrare nel merito della trattazione del punto in esame, pare necessario fare alcune precisazioni terminologiche.
Al momento della nascita viene a tutti riconosciuta l'appartenenza ad un genere che porta la persona ad essere classificata come maschio o femmina a seconda della tipologia dei suoi organi riproduttivi. Così facendo si attua la c.d. attribuzione di sesso documentale50, che altro non è se non una classificazione eseguita sulla base di evidenze biologiche.
A volte però questa classificazione si scontra con la c.d. identità sessuale, cioè con la percezione psicologica e soggettiva che l'individuo a di sé: così il soggetto classificato come maschio potrebbe sentirsi femmina e viceversa.51
Un concetto ancora diverso è quello dell'orientamento sessuale, sulla base del quale un soggetto, pur mantenendo la sua identità documentale può scegliere di intrattenere relazioni con persone del suo solito sesso.
Arrivando a ciò che a noi più interessa, il transessualismo è invece la condizione in cui si trova la persona che sia nata in un corpo a cui sente di non appartenere.
Questa situazione, in cui si trovano molte persone, è stata presa in considerazione dal legislatore il quale ha previsto un apposita disciplina giuridica del caso nella legge 164/1982 (“Rettifica di 50 F.Bartolini, Divorzio del transessuale e conversione del matrimonio
eterosessuale: un nuovo inizio?, in Dir.civ.Cont., fasc. 2, 2014, pag.237
51 Trucco, Introduzione allo studio dell'identità individuale nell'ordinamento costituzionale italiano, Giappichelli, 2004, pag.172
attribuzione di sesso”).
Questa norma ha come obiettivo quello di far ottenere ai soggetti transessuali che abbiano proceduto ad un mutamento chirurgico dei caratteri che determinano l'identità sessuale52, la rettificazione del proprio sesso e l'annotazione dello stesso nei registri dello stato civile, a seguito dell'ottenimento di una sentenza passata in giudicato che attesti che la persona è venuta ad avere un sesso diverso rispetto a quello dichiarato all'atto di nascita.
E' evidente come il riconoscimento della possibilità di cambiare sesso porti però con sé alcune problematiche da affrontare.
All'art. 4 della legge in esame si stabilisce infatti che “il mutamento di sesso provoca lo scioglimento del matrimonio o la cessazione degli effetti civili conseguenti alla trascrizione del matrimonio celebrato con rito religioso.”
Tale dicitura ha sollevato e solleva delle perplessità: sempre più discussioni si sono infatti aperte in merito a quelle che dovevano essere le conseguenze derivanti dalla sentenza passata in giudicato di rettificazione del sesso.
Se il soggetto transessuale è coniugato, il divorzio è da considerarsi
52 La Cassazione ha precisato che per riconoscere l'avvenuto mutamento sessuale e quindi consetire il cambiamento dei dati anagrafici, non occorre un mutamento di genere attraverso un trattamento chirurgico che vada a modificare i caratteri sessuali primari ma è sufficiente il mutamento dei caratteri secondari (es.trattamenti ormonali per la voce, rinoplastica, mastoplastica etc.)
automatico con la sentenza oppure è necessario aprire un procedimento di divorzio sulla base della domanda di uno dei coniugi? Se in un primo momento si è preferito optare per la prima soluzione, demandando al giudice solo la regolamentazione dei profili patrimoniali e personali (ove sia presente la prole), successivamente, con l'introduzione della lettera g) all'interno della l. n. 898/1970 l'orientamento è cambiato e si è iniziato, da parte di alcuni, a sostenere la necessità della domanda di almeno uno dei coniugi per ottenere lo scioglimento del matrimonio (che per tanto non viene più considerato automatico53con la sentenza di rettificazione del sesso).
Anche questa teoria è andata però incontro a delle critiche: se la sentenza di rettificazione del sesso passata in giudicato non porta all'automatica cessazione del vincolo matrimoniale può succedere che trascorra un periodo di tempo non determinato in cui le parti, divenute dello stesso sesso, rimangono sposate (questa situazione perdurerebbe infatti fino al momento della presentazione della domanda di divorzio, sempre che venga presentata).
Ciò voleva dire ammettere implicitamente la possibilità che, in Italia, due persone dello stesso sesso possano essere legate in matrimonio, possibilità di fatto negata dal principio della diversità di genere.
Il legislatore, per chiarire il punto, intervenne così con il dlgs. n. 53 M.Benedetti, Le cause di divorzio, in Il nuovo dir. Fam., Zanichelli, Bologna,
150/201154 con cui esplicitò che, con la sentenza di rettifica di sesso, il divorzio è automatico.
In tempi recentissimi, con la l. 76/2016 (meglio conosciuta come l. Cirinnà), il Legislatore è intervenuto nuovamente sul punto prevedendo all'art. 1, comma 27, che “alla rettificazione anagrafica di sesso, ove i coniugi abbiano manifestato la volontà di non sciogliere il matrimonio o di non cessarne gli effetti civili, consegue l'automatica instaurazione dell'unione civile tra persone dello stesso sesso”.
2.3 ...(segue) Il caso giurisprudenziale.
Volendo analizzare come la giurisprudenza si è posta in relazione alle problematiche di cui sopra, chi scrive ha ritenuto opportuno inserire nella trattazione l'analisi della sentenza 21 aprile 2015, n.8097 della Cassazione.
Il caso in analisi vede i coniugi B.A. e T.A., a seguito dell'intervenuto cambio di sesso che aveva coinvolto il marito e alla conseguente modifica dell'atto di nascita dello stesso in modo conforme alla sentenza di rettifica, fare ricorso al Tribunale di Modena ai sensi dell'art. 95 D.P.R n. 396 del 2000, ai fini di ottenere la cancellazione 54 “La sentenza di rettificazione di sesso non ha effetto retroattivo. Essa determina lo scioglimento del matrimonio o la cessazione degli effetti civili conseguenti alla trascrizione del matrimonio celebrato con rito religioso. Si applicano le disposizioni del codice civile e della l. 1 dicembre 1970, n.898”
dell'annotazione della rettifica di sesso che era stata fatta a margine dell'atto di matrimonio con la specificazione dell'intervenuta cessazione degli effetti civili del matrimonio.
Se il Tribunale di Modena ha accolto il ricorso dando ragione alla coppia, la Corte d'Appello, interpellata su reclamo del Ministero dell'Interno, ha avuto un orientamento diverso e ha rigettato la domanda55.
La Corte di Cassazione, quindi, investita del ricorso da parte dei coniugi, si interroga sulla legittimità costituzionale degli artt. 2 e 4 della l. 164/1982, nella parte in cui dispongono che la sentenza di rettificazione e attribuzione di sesso provoca l'automatica cessazione degli effetti civili del matrimonio (o lo scioglimento del medesimo) senza la necessità di una pronuncia giudiziale, nonchè nella parte in cui dispongono la notificazione del ricorso per rettificazione di sesso anche all'altro coniuge senza riconoscergli il diritto di opporsi allo scioglimento del vincolo coniugale in quel giudizio, né di esercitare siffatto potere in altro ed infine per l'ingiustificata disparità di regime
55 La Corte di Appello di Bologna accoglie infatti il ricorso del Ministero dell'Interno giustificando l'operato dell'ufficiale di stato civile che aveva annotato, se pur in mancanza di un' espressa previsione del giudice, l'avvenuta cessazione degli effetti civili del matrimonio per causa dell'intervenuta modifica di sesso. Egli aveva infatti, secondo l'opinione in esame, inserito l'annotazione in virtù dell'art.4 della l.164/1982, articolo che non era stato, (contrariamente a quanto sostenuto da alcuni), abrogato con le riforme sulla legge del divorzio. Tra le motivazioni che guidarono la Corte d'Appello si rinviene anche l'incompatibilità con l'ordinamento italiano a lasciare che rimanga valido un vincolo matrimoniale instaurato ormai tra persone dello stesso sesso.
esistente tra tale ipotesi di scioglimento automatico e le altre di cui all'art. 3 lett. a, b, c, d della l. n. 898/197056.
La Corte di Cassazione si è chiesta se ciò non fosse in contrasto con i parametri costituzionali di cui agli artt. 2, 3, 24 e 29 Cost., oltrechè con gli artt. 8 e 12 della Cedu e ha quindi rimesso la questione alla Corte Costituzionale.
Il giudice delle leggi è stato così chiamato a verificare la legittimità delle norme che, in base all'interpretazione seguita dalla giurisprudenza, determinano lo scioglimento “automatico” del matrimonio della persona transessuale, la quale avendo ottenuto la rettificazione dell'attribuzione di sesso, sarebbe altrimenti coniugata con persona dello stesso sesso.
La decisione della Consulta non si fa attendere.
Con la sentenza n. 170/201457 si è ritenuta fondata la questione di legittimità degli artt. 2 e 4, l. n. 164/198258, poiché contrastanti con l'art. 2 Cost., il quale fa riferimento alla nozione di formazione sociale, nozione in cui secondo un precedente orientamento della Corte stessa 56 Vedi pag. 48 ss. , cap. I, par.2.1
57 Corte cost.11 giugno 2014,n.170,in Corriere giuridico, 2014,8-9,1041 con nota di T.Auletta e in Foro.it, 2014,I,2674 con note di Romboli e Patti.
58 Si noti che la questione è stata ritenuta fondata ma non per contrasto-come ipotizzato dal Collegio remittente- con l'art. 29 Cost., l'art.8 e 12 della Cedu così come interpretati dalla Corte europea dei diritti dell'uomo o con l'art. 24 Cost. ( non potendosi in questo caso ad avviso della Corte rilevarsi alcun vulnus sul piano della difesa non essendo in vero configurabile un diritto della coppia, non più eterosessuale, al permanere del vincolo matrimoniale). Non risulta pertinente nemmeno il richiamo all'art. 3 Cost. , poiché la diversità della fattispecie giustifica una diversa disciplina dello scioglimento del matrimonio.
“è da annoverare anche l'unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso, cui spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia”59.
La Corte, come già in passato, ribadisce che debba essere riconosciuta la legittimità di un riconoscimento giuridico alle unioni omosessuali con i connessi diritti e doveri, se pur escludendo una equiparazione con l'istituto del matrimonio.
Se pur con questa premessa nega una “pronuncia manipolativa” che sostituisca il divorzio automatico con un divorzio a domanda, poiché ciò equivarebbe a rendere possibile il perdurare del vincolo matrimoniale tra soggetti dello stesso sesso, in contrasto con il disposto dell'art. 29 Cost.
La Consulta ha non di meno concluso sollecitando il legislatore ad introdurre una forma alternativa, diversa dal matrimonio, che consenta ai coniugi di evitare il passaggio dallo stato di massima protezione giuridica ad una condizione di assoluta indeterminatezza.
Gli artt. 2 e 4 sono stati quindi dichiarati costituzionalmente illegittimi dalla Suprema Corte poiché contrastanti con il disposto dell'art. 2 Cost. nella parte in cui non prevedono che “la sentenza di rettificazione dell'attribuzione di sesso di uno dei coniugi, che comporta lo scioglimento del matrimonio, consenta comunque ove entrambi lo
richiedano , di mantenere in vita un rapporto di coppia giuridicamente regolato con altra forma di convivenza registrata, che tuteli adeguatamente i diritti e gli obblighi della coppia medesima, la cui disciplina rimane demandata alla discrezionalità di scelta del legislatore”.
La questione in esame si è conclusa con una sentenza della Corte di Cassazione che ha optato per la validità del matrimonio tra il transessuale e il patner, validità sottoposta a condizione risolutiva nel caso in cui il legislatore decida di dare un apposita regolamentazione al caso.
Tale regolamentazione, è arrivata in data 11 Maggio 2016, con l'approvazione del d.d.l Cirinnà, avanzato sotto il governo Renzi dalla senatrice omonima e intitolato “Regolamentazioni delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze”, con il quale sembra essersi raggiunto l'obiettivo di estendere i diritti e i doveri nascenti dal matrimonio anche alle coppie omosessuali (fatta eccezione per l'istituto dell'adozione e dell'obbligo di fedeltà), a mezzo di un istituto diverso che è, per l'appunto, quello delle c.d. unioni civili. Si è così colmata la lacuna normativa per arrivare ad avere un bilanciamento tra la posizione dello Stato italiano, ferma nel non voler modificare il modello di matrimonio che resta solo eterosessuale, e quella delle coppie formate da persone dello stesso sesso, che possono
in questo modo sentirsi libere di scegliere se concludere o mantenere un rapporto preesistente.
Capitolo II
La novella in materia di semplificazione dei procedimenti di separazione e divorzio : la negoziazione assistita da uno o più
avvocati.
1.Linee generali: Il d.l. 12 settembre 2014, n.132 convertito nella legge n.162 del 10 novembre 2014.
Nel nostro ordinamento, come abbiamo visto nel capitolo precedente, fino alla novella del 2014, due sono gli strumenti previsti per far fronte alla crisi coniugale ovvero la separazione e il divorzio che, a loro volta, possono essere consensuali (in tal caso si parla di separazione consensuale e divorzio a domanda congiunta), o davanti all'autorità giudiziaria.
Negli ultimi anni è però venuta ad emergere sempre più fortemente l'esigenza di degiurisdizionalizzare la giustizia civile con il fine di diminuire il carico di lavoro per i Tribunali e, conseguentemente, la lunghezza dei processi in termini temporali.
Proprio per far fronte a questa necessità il legislatore ha introdotto nuovi istituti mediante i quali le parti, assistite dai loro legali possono, anche in materia familiare, gestire personalmente delle situazioni di
crisi coniugale cercando di trovare tra di loro un accordo senza dover far ricorso alle aule giudiziarie.
Il legislatore è intervenuto sul nostro ordinamento con il dl. n. 132 del 2014, detto “decreto giustizia civile ”, poi convertito nella legge n.162 del 2014,(“Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione e altri interventi per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile”), modificando così sostanzialmente quella che era la disciplina in materia di separazione e divorzio.
In vero, si è introdotta la possibilità per le parti, (ovviamente del tutto facoltativa), di risolvere la lite senza dover far ricorso al giudice bloccando così a monte l'afflusso dei processi per incanalarli verso un'alternativa stragiudiziale.
A partire dal 9 febbraio 2015 è entrata in vigore la disciplina della negoziazione assitita, a cui è dedicato l'intero capo II del d.l n.132/2014, rubricato “Procedura di negoziazione assistita da uno o più avvocati”.
All'art. 2 del suddetto dettato normativo si definisce la convenzione come “un accordo mediante il quale le parti convengono di cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole la controversia tramite l'assistenza di avvocati regolarmente iscritti all'albo ovvero facenti parte dell'avvocatura per le pubbliche amministrazioni”.
Se è vero che l'istituto della negoziazione assistita, ispirato all'analogo modello francese, ha un ambito ambito applicativo molto più ampio, è vero anche che in questa sede ci occuperemo solo di quanto concerne la negoziazione in ambito familiare.
Agli artt. 6 e 12 si sono previsti due distinti procedimenti con l'obiettivo dichiarato di “semplificare” le procedure di separazione personale dei coniugi, scioglimento del matrimonio e cessazione degli effetti civili, nonché di modifica delle condizioni di separazione e divorzio.
Si è così infranto quel dogma per cui la modifica dello status doveva trovare nella giurisdizione il suo luogo necessario60, per affidare ai provvedimenti amministrativi o solo latamente giurisdizionali61, la traslazione dallo stato di “coniuge” a quello di “ex coniuge” .
Volendo partire da un'osservazione generale possiamo dire che, alla base di entrambi i procedimenti previsti dalla nuova legge, c'è la volontà di esaltare la natura negoziale degli accordi intercorsi tra i coniugi, riguardanti i rapporti economico - patrimoniali e lo status personale62, motivo per cui, soprattutto alla luce della possibilità di applicare le disposizioni compatibili del cod.civ. in materia di 60 Lumia, La separazione consensuale, in Trattato di diritto di famiglia, Milano,
2002
61 Infatti è in questo senso che pare debba definirsi il nullaosta della procura di cui alla procedura di negoziazione assistita.
62 Giulia Gabassi, Separazione e divorzio semplificati o complicati ? Prime note agli artt. 6 e 12 del dl.12 settembre 2014, n.132, convertito, con modificazioni, in l. 10 novembre 2014, n.162, Attualità e saggi.
contratto, questi saranno da approfondire con maggior rigore.
Con la novella del 2014 si è ulteriormente confermato il declino di quei valori, tanto cari al testo originario del codice, consistenti nell'indissolubilità del matrimonio e dell'unità familiare, per dar assoluto rilievo al senso di responsabilità dei componenti del nucleo familiare stesso: non si rende infatti più necessaria la verifica giudiziale dei presupposti della separazione e del divorzio.
La gestione della crisi coniugale viene ora affidata, quando i coniugi hanno la comune volontà di separarsi o- se già separati - di divorziare, ad un apposito accordo raggiungibile avvalendosi della cooperazione degli avvocati oppure semplicemente manifestato con una dichiarazione davanti al sindaco nella veste di ufficiale dello stato civile, (in quest'ultimo caso si riscontrano dei limiti all'esperibilità della procedura che analizzeremo in seguito).
Con questi due nuovi strumenti è possibile addivenire ad accordi efficaci tanto quanto il decreto di omologa o la sentenza per ottenere un provvedimento di separazione personale, di scioglimento o cessazione del matrimonio ovvero di modifica degli stessi, sia nel caso in cui le parti abbiano già raggiunto un accordo, sia nel caso in cui necessitino del supporto di una trattativa negoziale per definirne i contenuti.
separazione e divorzio il legislatore dà una svolta assoluta al nostro ordinamento introducendo la possibilità di ottenere accordi validi e efficaci senza un intervento necessario del giudice.