2. Episodi di cultura artistica tra Venezia e Mantova
2.3 Un aggiornamento su Domenico Fett
Il carteggio veneziano presenta documenti inediti relativi al pittore di corte del duca Ferdinando, Domenico Fetti218 (fig. 32), nato a Roma intorno al 1591219 e
218Per Domenico Fetti si ricordano gli studi principali: L. OZZOLA, Domenico Fetti nella Galleria
di Mantova, in “Emporium”, settembre 1946, pp. 137-142; J. M. LEHMANN,Domenico Fetti. Leben und Werk des römischen Malers, Johann Wolfgang Goethe-Universität, Frankfurt-am-Main 1967; E. SAFARIK, Fetti cit., 1990; B. CILIENTO-E. GIFFI PONZI, DOMINUSFETTUSFECITROMAE1611, in “Bollettino d’Arte”, 71, 1992, pp. 121-130 (circa la scoperta della Pala delle Pentecoste nella Chiesa di Taggia dei Cappuccini con la firma e la data, unico esempio presente nelle sue opere insieme alla lacunosa data “1613” della santa Barbara di Palazzo Ducale a Mantova); E. SAFARIK,
Domenico Fetti 1588/89-1623 cit., 1996; G. MILANTONI, voce Fetti Domenico in Dizionario
biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana "Giovanni Treccani", vol. XLVII, Roma 1996, pp. 306-311; A. MAZZA, La pittura a Mantova nell’età di Ferdinando, in S. MARINELLI (a cura di), Manierismo a Mantova. La pittura da Giulio Romano all’età di Rubens, Arti Grafiche Amilcare Pizzi, Cinisello Balsamo 1998, pp. 261-301; M. PULINI, Nel segno di Domenico Fetti, in G. M. PILO (a cura di), Pittura veneziana dal Quattrocento al Settecento. Studi
di storia dell’arte in onore di Egidio Martini, Arsenale editrice, Venezia 2000, pp. 109-115; F. MORO, Appunti di studio. Inediti del Giampietrino, del Fetti e di Nicola Vaccaro, in “Studi di storia dell’arte”, 23, 2012, pp. 139-144 (sulla proposta, poco condivisibile, di attribuire al Fetti un
Ritratto di un nobile personaggio della famiglia Castiglioni di collezione privata e un Ritratto di
Roberto Castiglioni del Cleveland Museum of Art, entrambe commissioni mantovane di Baldassarre Castiglione, discendente del celebre letterato).
219 La data di nascita dell’artista è sempre stata fissata dalla critica intorno al 1589 sulla base
dell’atto di morte del 16 aprile 1623 in cui Fetti risulta deceduto a 34 anni (cfr. N. PEVSNER,
Barokmalerei in den romanischen Ländern. I. Die italianische Malerei von Ende der Renaissance bis zum ausgehenden Rokoko, in “Handbuch der Kunstwissenschaft”, 18, 1928, p. 154) e per l’affermazione di Baglione che scrive che l’artista era morto “intorno alli trentacinque anni di sua età” (cfr. G. BAGLIONE, Le vite de' pittori scultori et architetti. Dal pontificato di Gregorio 13. del
1572. In fino a' tempi di Papa Vrbano Ottauo nel 1642. Scritte da Gio. Baglione Romano e dedicate all'Eminentissimo, e Reuerendissimo principe Girolamo Card. Colonna, In Roma: nella stamperia d'Andrea Fei, 1642, p. 147). Laura Gori ha rintracciato una serie di documenti negli Stati delle Anime e nei Registri dei morti della parrocchia di Santa Cecilia a Monte Giordano (Roma) ipotizzando che la data di nascita dell’artista deve essere posticipata tra il 1591 e il 1592. Negli stessi documenti è stata scoperta l’origine fiorentina del suo cognome e il fatto che il padre Pietro era un libraio, nato nel 1552 e morto nel 1598. Resta ancora irrisolto il problema del luogo di nascita di Domenico, a Firenze o a Roma, dove la famiglia si trasferisce tra il 1591 e il 1595, anche se ormai la critica propende per Roma. Altri documenti attestano che il suo trasferimento a
morto a Venezia il 16 aprile 1623 dopo una rocambolesca fuga da Mantova. Nella città pontificia Fetti è allievo del pittore toscano Ludovico Cardi, detto il Cigoli, e del fiorentino Andrea Commodi220. Nel 1614 egli lascia la città dopo la partenza del cardinale Ferdinando Gonzaga che diventerà negli anni successivi il suo più importante committente.
Alcuni documenti del carteggio veneziano pongono nuovi interrogativi circa il rapporto dell’artista con la corte mantovana. Il 15 marzo 1616 Ottavio Bargnani221, organista bresciano della basilica di Santa Barbara a Mantova, segnala da Padova l’imminente arrivo in città del cantante Lorenzo de’ Banchetti Sanci222, già al servizo dei Gonzaga tra il 1614 e il 1615223:
Mantova sarebbe datato ai primi mesi del 1614 nonostante i primi pagamenti al pittore siano anticipati al 1613 (cfr. L. GORI, L’anno di nascita di Domenico Fetti e altri documenti, in “Paragone”, 69, settembre 2006, pp. 94-104).
220 Per i rapporti con il Cigoli cfr. M. GREGORI, Mostra del Cigoli e del suo ambiente, catalogo
della mostra a cura di M-BUCCI, A. FORLANI, L.BERTI, M. GREGORI (San Miniato, Accademia degli Euteleti, Palazzo Migliorati), Cassa di Risparmio di San Miniato, San Miniato 1959, p. 227; F. ZERI, Italian Paintings in the Walters Art Gallery, 2 voll., Walters Art Gallery, Baltimora 1976, II, p. 312; C. VOLPE, Mostra di Opere Restaurate. Secoli XIV-XIX, Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici per le Province di Modena e Reggio Emilia, Modena 1980-1981, pp. 31-32, cat. 12; E. GIFFI, Tra Cigoli e Coccapani: Domenico Fetti, in “Prospettiva”, 128, 2007, pp. 83-88.
221 Ottavio Bargnani è organista del duomo di Salò intorno al 1595 (cfr. F. GAMBARA,
Ragionamenti di cose patrie ad uso della gioventù, 6 voll., Tipografia Venturini, Brescia, III, 1840, p. 51; G. BRUNATI, Dizionarietto degli uomini illustri della riviera di Salò considerata qual
era sotto la repubblica veneta, Dalla tipografia Pogliani, Milano 1837, p. 21), del duomo di Brescia tra il 1504 e il 1605 e più tardi di quello di Treviso. Fino al 1627 egli è al servizio della corte di Mantova presso la basilica di Santa Barbara e ottiene il 26 marzo 1627 una pensione di sessanta scudi. Nel 1611 Bargnani dedica a Vincenzo I il suo Secondo libro delle canzoni da
suonare a quattro e nel 1618 pubblica a Venezia una raccolta di mottetti di diversi autori organisti che furono al servizio del duca (cfr. A. BERTOLOTTI, Musica alla corte dei Gonzaga dal secolo XV
al XVIII. Notizie e documenti raccolti negli archivi mantovani, G. Ricordi & C., Milano 1890 [edizione anastatica Forni, Bologna 1969], p. 9).
222 Lorenzo Sanci/Sances de’ Banchetti (Roma 1604-?) è figlio del cantante Orazio Sances, forse
di origine spagnola. Il fratello, Giovanni Felice Sances, è un tenore e un compositore. Giovanissimo lavora nella corte mantovana al fianco delle cantanti Adriana Basile e Settimia Caccini. Nel 1615 lascia la corte dei Gonzaga e dopo alcuni viaggi, anche a Venezia, si reca a Roma dove entra a far parte della cappella pontificale nel 1619 all’età di 15 anni. Nella città
“Per la tardanza del signor Vismarra224 et per le relationi fatte dal signor Domenico
Fetti, pittore di sua altezza, io in particolare non le pensavo punto anzi che il Vismarra è arrivato qui in tempo che era[va]mo nell’ultima conclusione per la nostra condotta in San Marco di Venetia; con quella reputatione che si può sapere ho pregato il signor Lorenzo, per le viscere di Cristo, che volesse venire avanti et far fede a sua altezza della riverenza che le porto” (doc. 98).
La risposta di Lorenzo de’ Banchetti Sanci alla richiesta di recarsi a Mantova è scritta da Padova lo stesso giorno:
“Se il signor Vismarra un puoco più havesse tardato la sua venuta, credami certo che sarebbe stato impossibile il venire perché è arrivato in tempo che era[va]mo per la conclusione della condotta di S. Marco in Venetia et tanto mi ero allontanato totalmente quando che il pittor di sua altezza, Domenico Fetti, mi disse che a modo alcuno il signor Ottavio non dovesse fidarsi di venire a Mantova mai, et si come esso signor Ottavio è stato quello che mi ha persuaso et ridotto a questo termine di ritornare, che non havrei mai pensato io, ho fatto tanto per lui acciò venisse; resta solo che sua altezza ponga in cosideratione che venendo noi lasciamo una buona condotta et pigliamo l’inimicitia di una grandissima casa di Venetia dove ne possiamo sperare se non grandissima persecutione. Verremo sotto la protettione di vostra signoria illustrissima confidati totalmente in lei” (doc. 99).
pontifica ottiene un grande successo e lavora anche per il cardinale Barberini (http://www.quellusignolo.fr/castrats/sances.html, ultimo accesso 10 novembre 2016).
223 Il 24 marzo 1614 il duca Ferdinando Gonzaga ordina che Lorenzo, pur avendo lasciato la casa
di monsignore Carbonino, debba essere pagato ancora con il solito salario (13 scudi da L. 6 l’uno al mese) (ASMn, Magistrato Camerale Antico, b. IV (1513-1697), fasc. Salariati, c. 189; cfr. Herla P-500, http://www.capitalespettacolo.it/ita/ric_gen.asp, ultimo accesso 2 agosto 2016). Il 7 settembre 1615 Sanci è ancora indicato tra i salariati della corte (ASMn, AG, b. 3144, c. 121; cfr. Herla, P-457, http://www.capitalespettacolo.it/ita/ric_gen.asp, ultimo accesso 2 agosto 2016).
224 Ottavio Vismara, di origine monferrina, abita con la famiglia a Pavia, dove è uno stimato
docente di oratoria nello Studio della città (cfr. PICCINELLI, La corrispondenza tra Milano cit., doc. 1259).
Con una frase sibillina il cantante scrive che il pittore avrebbe invitato Ottavio Vismara a non andare mai a Mantova. Lorenzo sembra non trasferirsi subito nella città dei Gonzaga e il 17 febbraio 1618 l’organista Bargnani scrive al segretario ducale perché non riesce a convincere il cantante a compiere questo viaggio225. L’affermazione riferita a Domenico Fetti lascia spazio all’ipotesi che il pittore, già in questi anni, avesse incontrato alcune difficoltà presso la corte mantovana, quindi ben prima di quel 28 agosto 1622 quando, per un diverbio con un religioso appartenente alla famiglia Raffi durante una partita di pallacorda, il pittore è costretto a lasciare la famiglia e la bottega per rifugiarsi a Venezia. Per questa vicenda Ferdinando Gonzaga gli revocava lo stipendio chiarendo così la gravità dell’accaduto.
Solo pochi mesi prima invece, nel 1621, il duca gli aveva dimostrato tutto il suo favore inviandolo a Venezia con una cambiale per recuperare il denaro necessario al pagamento di alcuni dipinti eseguiti per la villa Favorita, le quattro tele con le Fatiche di Ercole di Guido Reni. Così scrive Francesco Battaini alla corte:
“Non mi è parso bene di ricercare dalli Garberini il denaro che bisognava di più per il prestito dei quadri al Fetti per non intorbidare forse l’importante negozio che hora si tratta con detti Garberini d’ordine di vostra altezza; ma havendo io proposto al venditore di darli compita soddisfatione per mezzo d’altri mercanti miei amici, lui si è contentato della sola mia parola sino che di costì si rimetta per il prossimo ordinario il suo avanzo; sicché vostra altezza restarà servita di dar ordine che sia fatto pagare qui quella somma di denari che il Fetti riferirà a vostra altezza doversi dare per il compito pagamento di detti quadri (doc. 324).
Luzio ha pubblicato una lettera di Ferdinando Gonzaga, datata 14 luglio 1621, con le istruzioni al pittore per l’acquisto di altre opere. In questo viaggio Fetti ha
225 BERTOLOTTI, Musica alla corte cit., 1890, p. 97; Herla, C-1500,
http://www.capitalespettacolo.it/ita/ric_gen.asp, ultimo accesso 16 settembre 2016). Si segnala che nel 1621 il cantante si trova a Roma (lettera di Francesco Rasi al duca di Mantova, 31 marzo 1621, Herla, C-2954, http://www.capitalespettacolo.it/ita/ric_gen.asp, ultimo accesso 16 settembre 2016).
l’occasione di recarsi anche a Palmanova per visionare le tele della collezione Collini in cui si trovava una Madonna di Tiziano che interessava al duca. In questo documento il Gonzaga comunica anche al pittore che dovevano essere acquistati solo quadri grandi e finiti per ornare le stanze della Favorita e che non si dovevano comprare sculture antiche perché i marmi arrivavano da Roma come è stato ampiamente dimostrato (doc. 324, n. 2). Anche se il 22 luglio 1621 l’abate Serafino Collini226 risponde che le opere in questione non erano di sua proprietà ma del fratello227, il 31 luglio alcuni dipinti sono comprati dal Fetti e inviati a Mantova come scrive Battaini: “per la barca venuta qua a levare i quadri compri per sua altezza dal Fetti pittore, mando a vostra signoria il drappo” (doc. 330)228. In poco meno di un anno la situazione cambia rapidamente per il pittore che fugge da Mantova mentre Ferdinando Gonzaga cerca di farlo tornare scrivendo questa lettera il 10 maggio 1622 al suo residente a Venezia:
226 Serafino Collini è canoninco regolare laternanese e autore di alcuni volumi: nel 1611 pubblica
L’Oratione ne' funerali della catholica maesta di Margherita d'Austria. Moglie del potentissimo Filippo 3. re di Spagna. Celebrati dall'altezza serenissima di Mantoua, nella chiesa ducale di Santa Barbara. Il giorno 21 nouembre 1611; nel 1615 stampa in 4 libri La Regia tomba, orationi
funerali del P. D. Serafino Collini, predicator della Nunziata di Napoli, per l'essequie celebrate in morte di cinque prencipi eminenti, cioè di Rodolfo II, imperadore, di Henrico IIII rè di Francia, di Margherita d'Austria, reina di Spagna, di Leonora de' Medici, duchessa di Mantova, di Vincenzo Gonzaga duca di Mantova (cfr. G. CINELLI CALVOLI, Biblioteca volante…[ristampa anastatica ed. G. Albrizzi (1734-1747), 2 voll., Forni 1979, I, p. 168); nel 1626 Il sagro heroe. Effigiato nelle
gloriose actioni dell'eminentiss:mo prencipe il cardinal di Richelieu ... Dell'abbate Collini. Predicatore estraordinario di Maria de' Medici…A Paris: chez Pierre Chevalie rue S. Jacques, a l'image Saint Pierre, 1626. Si ricorda che il canonico lateranense faceva parte dell’Accademia degli Invaghiti di Mantova, di cui diventa anche rettore (cfr. MORSELLI, I funerali cit., pp. 1141- 1142, nota 19).
227 LUZIO, La Galleria cit., p. 287.
228A. MAZZA, La pittura a Mantova cit., p. 266. Luzio riporta erroneamente per questo documento
la data del 30 luglio 1621 (LUZIO, La Galleria cit., p. 288), errore che si ritrova anche in SAFARIK,
“Habbiamo alcuni giorni sono fatto scrivere al Feti che se ne può venir sicuramente, né essendo sinora comparso, li replicareti di novo in nome nostro che in ogni modo se ne venga, che il tutto sarà da noi accomodato conforme al dovere”229.
Il 10 settembre Battaini invia al duca una lettera dell’artista in cui sono precisate le motivazioni di questa improvvisa partenza causata dallo scontro con un frate nei pressi della chiesa di Sant’Agostino a Mantova (doc. 385). Il pittore non chiarisce in realtà le vere ragioni del diverbio, né la critica ha compreso fino in fondo la causa di questa controversia che porta prima il duca ad agire con tempestiva severità poi a richiamare l’artista in città.
Del resto lo stesso Domenico sapeva di essere un forestiero a Mantova, di non avere amici e di essere circondato da diversi avversari pronti a congiurare contro di lui. Pertanto la lettera inedita del cantante Lorenzo de’ Banchetti Sanci sembra chiarire il clima in cui Fetti viveva ormai da qualche tempo e mette in discussione i buoni rapporti tra il pittore e il duca solitamente descritti. Il documento sembra anche confermare quanto scrive Malvasia circa i giudizi dell’artista bolognese Alessandro Tiarini su Fetti:
“Raccontavami quanto egli l’avesse trovato compito e amorevole [si riferisce al duca Ferdinando], al contrario di quello gliel’aveva descritto il Feti pittore di Palazzo, e salariato, che a torto si doleva di sua altezza quando e lui, e sua famiglia tutto sovveniva e sostentava…dolendosi con essolui, l’incontentabile Feti, d’esser mal trattato dal suo Duca, aggiungendo esser un umore bisbetico e stravagante, stuccarsi di lui, come pur di lui sarebbe, altra risposta non gli diede, se non: a me poco importa, perché son sempre in capitale; è ben poi vero, soggiunse, che de Principibus
aut bene, aut nihil”230.
229 ASMn, AG, b. 2303, c. n. n. (cfr. SAFARIK, Domenico Fetti cit., p. 67, n. 10).
230 Felsina Pittrice. Vite de' Pittori Bolognesi del Conte Carlo Cesare Malvasia con aggiunte,
correzioni e note inedite del medesimo Autore di Giampietro Zanotti e di altri scrittori viventi, Guidi, Bologna 1841-1844, II (1841), pp. 130-140.
Anche per questo suo isolamento Fetti è difficilmente inquadrabile nelle correnti artistiche di Mantova o di Venezia. I suoi soggetti appaiono misteriosi e insoliti, difficilmente comprensibili se slegati dall’analisi del suo vissuto.
Sono importanti le sue relazioni con i comici231, i filosofi e i musicisti232, temi che l’artista traduce in pittura nelle sue tele, come nel Ritratto di uomo con
foglio di musica233 (Los Angeles, J. Paul Getty Museum, Inv. 93.PA.17, fig. 33) in cui Eduard Safarik ha riconosciuto il volto di Francesco Rasi234, compositore e cantante della corte mantovana. Lo studioso non ha chiarito fino in fondo la complessità del dipinto e il rapporto tra il foglio di musica posto nelle mani dell’uomo, l’indice della sua mano destra che indica una ciotola e i due personaggi che fanno il gesto del silenzio alle sue spalle. Altri ritengono infatti che Fetti abbia qui ritratto Diogene di Sinope, fondatore della scuola cinica, che distrusse una ciotola, sua unica proprietà terrena, dopo aver visto un ragazzo bere dalle mani235. Il tema del silenzio, rappresentato dai due uomini alle sue spalle, è presente nella corte mantovana fin dalla famosa impresa di Isabella d’Este rappresentata su un pentagramma nella celebre Grotta di Palazzo Ducale236 e il silenzio può indicare la via per sciogliere l’enigma di questo dipinto che potrebbe invece rappresentare “la musica segreta”237.
Si coglie la stessa difficoltà d’interpretazione anche in altre opere di Fetti dedicate a filosofi e a letterati, temi molto cari anche al duca Ferdinando. Nel
231 Siro Ferrone ha studiato le relazioni di Fetti con il teatro (cfr. S. FERRONE, Pose sceniche d’una
famiglia d’attori, in SAFARIK, Domenico Fetti cit., pp. 51-58).
232 Paola Besutti ha trattato il rapporto dell’artista con la musica (cfr. P. BESUTTI, Domenico Fetti e
la musica: vissuta, dipinta, rappresentata, in IVI, pp. 59-62).
233 The J. Paul Getty Museum Journal, 22, 1994, n. 25, p. 76.
234SAFARIK, Fetti cit., pp. 296-297, n. 133 e ID., Domenico Fetti cit., p. 29. Non concorda con
questa identificazione Paola Besutti che propone invece i tenori Francesco Campagnolo o don Francesco Dognazzi (cfr. BESUTTI, Domenico Fetti cit., p. 62, nota 4).
235 L. A. WALDMAN, Domenico Fetti’s philosophers, in “Source”, XXIV, 2004, I, pp. 26-35. 236 L’impresa isabelliana si accompagna a molte altre imprese con lo stesso soggetto presenti nelle
corti del Cinquecento e del Seicento (cfr. T. MC CALL-S. ROBERT-G. FIORENZA, Visual Cultures of
Secrecy in Early Modern Europe, Truman State University press, Kirksville (Missouri) 2013).
237S. ROBERTS,Silence and secrets in Domenico Fetti’s Portrait of a Man with a Sheet of Music, in
cosiddetto Ritratto del filosofo cinico Cratete (Ann Arbor, University of Michigan Museum of Art, Inv. 1966/2.2, fig. 34), di cui si conoscono anche altre versioni238, è stato riconosciuto Esopo che indica con la mano una ciotola ed è seduto su un cippo sul quale sono incise le lettere P.Q.P.C.T.T. Secondo la tradizione il favolista africano giunse in Grecia come schiavo sull’isola di Samo alle dipendenze di Xanthos al quale raccontò che un giorno sarebbe riuscito a trovare un tesoro. Camminando insieme i due videro la scritta “Procedi quattro passi cavando troverai tesoro”, frase che scioglierebbe l’iscrizione del dipinto se consideriamo le lettere iniziali di queste parole239.
A quest’opera si possono accostare anche altre tele che costituiscono probabilmente un’unica serie eseguita per il Palazzo Ducale di Mantova: il
Socrate con lo specchio (Firenze, Galleria degli Uffizi, Inv. dep. n. 27), un
Ritratto di poeta (Virgilio?) (Stoccolma, Nationalmuseum, Inv. 6708)240 e il celebre Ritratto di Archimede (Aristarco di Samo?)241 (Dresden, Staatliche Kunstsammlungen, Gemäldegalerie Alte Meister, Inv. Gal. 692, fig. 35). Il carteggio esaminato non fornisce nuove informazioni per questi dipinti ma la scelta dei soggetti confermerebbe non solo la cultura del pittore ma anche la stretta vicinanza agli interessi filosofici e letterari del suo committente.
L’8 ottobre 1622 Francesco Battaini segnala al duca che Domanico Fetti è malato (doc. 389) e il 4 aprile 1623 Nicolò Avellani comunica l’aggravamento delle sue condizioni chiedendo l’invio da Mantova di alcuni medicinali che sembrano essere inviati (doc. 389, n. 2). Tuttavia il giorno di Pasqua Domenico muore a Venezia assistito dall’amico.
I documenti rintracciati aprono nuove strade di ricerca e lasciano intendere che, già nel 1616, l’artista fosse in difficoltà con il duca e la corte di Mantova.
238 SAFARIK, Fetti cit., p. 307, A63.
239 M. EPIFANI, I ritratti di filosofi antichi: nuove considerazioni intorno a Salvator Rosa e il
soggetto ritrovato di un dipinto di Domenico Fetti, in S. EBERT-SCHIFFERER, H. LANGDON, C. VOLPI (a cura di), Salvator Rosa e il suo tempo 1615-1673, Convegno Internazionale di Studi, Biblioteca Hertziana, Istituto Max-Planck per la storia dell’arte, Università di Roma “La Sapienza” (12-13 gennaio 2009), Campisano ed., Roma 2010, pp. 219-234.
240SAFARIK, Domenico Fetti cit., pp. 185-188, n. 45.
L’ipotesi potrebbe gettare nuova luce anche sui soggetti delle sue opere e soprattutto sulla sua celebre Melancolia242 (fig. 36) la cui prima versione, identificabile con l’esemplare delle Gallerie dell’Accademia di Venezia (Inv. 671), si data proprio intorno al 1618.