2. Episodi di cultura artistica tra Venezia e Mantova
2.1 Marmi antichi e maestranze venete per la villa Favorita
Alcune informazioni rintracciate nel carteggio fanno riferimento al più importante progetto artistico del duca Ferdinando Gonzaga, la villa Favorita (figg. 16 e 17), situata a nord di Mantova, oltre la sponda del lago di Mezzo109. L’ingegnere Gabriele Bertazzolo nel 1628 così descrive l’edificio:
“[aveva] nobiltà, magnificenze e grandezza di fabbrica, di pescherie, di fontane, di giardini, di boschi ridotti in logge e stanze, di montagne fatte a mano…equiparata a quelli degli antichi romani. E’ fabbrica dell’incomparabile anima del duca Ferdinando che non sapeva fare cose se non grandi”110.
La villa è un progetto dell’architetto Nicolò Sebregondi111 (1585-1652), nato a Sondrio (allora in territorio svizzero) che, dopo un viaggio nelle Fiandre, si era
109 D. NICOLINI, Una piccola Versailles gonzaghesca. La Favorita, in Corti e dimore del contado
mantovano, Associazione Industriale di Mantova, Vallecchi, Firenze 1969, pp. 65-80; P. ASKEW,
Ferdinando Gonzaga’s Patronage of the Pictorial Arts: The Villa Favorita, in “The Art Bulletin”, LX (1978), pp. 274-296; D. BASUTTO-A. MANZELLE, Fonti documentarie per lo studio del palazzo
de la Favorita, in “Atti e Memorie della Reale Accademia Virgiliana”, n. s., LXI (1993), pp. 116- 159.
110 Il testo è tratto dalla pianta prospettica della città di Mantova, Urbis Mantuae Descriptio,
disegnata dall’ingegnere Gabriele Bertazzolo e stampata da Ludovico Delfichi nel 1628 in cui la villa Favorita è solo descritta e non rappresentata (cfr. C. BERSELLI, La pianta di Mantova di Gabriele Bertazzolo. Le didascalie della carta del Bertazzolo, in “Civiltà Mantovana”, II-1967, n. 10, pp. 278-297; P. CARPEGGIANI, Decadenza delle ville gonzaghesche, in “L’Arte”, II, 1969, pp. 119-139, qui p. 136).
111 L’intervento di Sebregondi nel territorio mantovano non riguarda solo la Favorita. Nel 1616
l’architetto aveva disegnato il frontespizio del volume dedicato alla genealogia Gonzaga di Antonio Possevino il Giovane, di cui si tratta nei capitoli successivi, e nel 1624 era stata eretta a Casale Monferrato una costruzione dei Padri dell’Oratorio su suo progetto. A Sebregondi sono riferiti nel 1633 la chiesa e l’eremo dei Camaldolesi nel Bosco della Fontana e il rifacimento di porta Cerese, tutte opere distrutte. Dopo la morte di Ferdinando Gonzaga e di Vincenzo II, egli è nominato prefetto delle fabbriche ducali da Carlo II Gonzaga Nevers e gli sono state riferite la facciata di palazzo Valenti Gonzaga (1640 circa) e la chiesa non più esistente di Sant’Antonio
trasferito a Roma dove aveva conosciuto il cardinale Ferdinando Gonzaga. Il progetto è iniziato nel 1613 quando Sebregondi arriva a Mantova e prosegue per diversi anni anche dopo la morte del suo committente. L’edificio d’impianto barocco presentava una scenografica scalea semicircolare (eseguita nel 1673 da Frans Geffels ma poi distrutta), la cavallerizza, l’esedra, le scuderie, la palazzina e il vasto parco con zone a giardino, frutteti e boschi112. Nella metà del Settecento la Favorita è così descritta da Giovanni Cadioli:
“quinci per ultimo si va, poco men che dirittamente, alla vicina Favorita, dov’è tuttavia un grande e magnifico Palazzo di delizia della Regio-Ducal Camera, con due maestose facciate superbamente costrutte; ed in particolare quella, che guarda la Città, perché tutta adorna e architettata a logge, colonne, statue, contorni, balaustrate,
(1648). Egli si dedica anche alla costruzione di apparati nel 1640, 1644 e 1649. Infine gli sono stati riferiti i disegni dei giardini e delle fabbriche di Maderno del 1641, con misure e stime, e il progetto di costruire tre loggiati, quattro scale e un’esedra a Palazzo Te del 1651 (cfr. G. PACCHIONI, La Villa Favorita e l’architetto Nicolò Sebregondi, in “L’Arte”, XX, 43, 1917, pp. 327-336; S. LEVI, La villa Favorita e l’analisi dello stile architettonico di Sebregondi, Manuzio, Mantova 1928; A. FERRARI, Fabbrica e giardini dei Gonzaga in Maderno, in “Civiltà mantovana”, IV, 22 (1970), pp. 276-280; G. PASTORE, Nicolò Sebregondi architetto della Favorita e di altre
fabbriche mantovane, in “Civiltà mantovana”, n. s., 4 (1984), pp. 79-104; M. AZZI VISENTINI,
Nicolò Sebregondi, in Il Seicento nell’arte e nella cultura, Accademia Nazionale Virgiliana, Atti del Convegno internazionale di studi (Mantova, 1983), Silvana editoriale, Cinisello Balsamo (Milano) 1985, pp. 103-111; A. BELLUZZI, Palazzo Te a Mantova, 2 voll., Mirabilia Italiae, Franco Cosimo Panini, Modena 1998, I, pp. 60-64).
112 La restituzione esterna della villa, oggi recuperata e di proprietà privata, si deve a una mappa
del Catasto Teresiano (ASMn, Mappe, Porto Mantovano, cart. 1, ff. XXXXV, periti geometri Sante Roveri e Paolo Scalari) e a un rilievo di Paolo Pozzo (Pian terreno del R. Palazzo della
Favorita, fuori di Mantova […] unitamente ai suoi annessi; ASMn, FIP), delineato nel 1787 in vista del riuso come ospedale. Sono state individuate inoltre due vedute a stampa che rappresentano la prima la battaglia tra Francesi e Austriaci combattuta il 16 gennaio 1797 (Bataille
de la Favorite, le 25 Nivos An 5, pubblicata in Tableaux historiques des Campagnes d'Italie depuis
l'an IV jusqu'à la bataille de Marengo, chez Aubert, Paris 1806, p. 64) e la seconda il Palazzo
della Favorita fuori di Mantova, che fa parte di una serie di 32 vedute dei principali monumenti della città, disegnate da Filippo Luigi Montini e incise da Lanfranco Puzzi (Mantova, Fratelli Negretti, 1829).
scala esteriore ed altri pregiati adornamenti di marmo; e con una quantità grande di camere tutte vaste ed assai bene proporzionate113”.
Le lettere inviate da Sebregondi al duca Ferdinando sono state pubblicate da Giuseppe Pacchioni all’inizio del Novecento e presentano richieste continue di modifiche volute dal Gonzaga. I lavori si protraggono a lungo soprattutto per la ricerca di materiali, di opere e di maestranze esperte114.
Le sale presentavano affreschi e dipinti, sul modello delle grandi ville tuscolane, eseguiti da vari artisti romani, veneti e bolognesi, già in rapporto con il duca negli anni del suo cardinalato. Alessandro Luzio ha trattato l’argomento in un’appendice della sua Galleria dei Gonzaga venduta all’Inghilterra115 mentre Pamela Askew ha individuato le diverse commissioni artistiche (eseguite o solo richieste dal duca) indirizzate a Terenzio Terenzi, Guglielmo Caccia detto “Il Moncalvo”, Giovanni Battista Crespi detto “Il Cerano”, Guido Reni, Alessandro Tiarini, Guercino, Giovanni Baglione, Antiveduto Grammatica, Giovanni Monterasio, Francesco Albani e i due allievi Lucio Massari e Antonio Gerola, Fra Semplice da Verona.
E’ noto che Guido Reni esegue per la Favorita, tra il 1617 e il 1620, quattro dipinti con le Fatiche di Ercole116 (Paris, Musée du Louvre, Inv. 777, figg. 18, 19, 20 e 21) e che Francesco Albani dipinge negli stessi anni la serie degli Elementi più tardi venduta al cardinale Giovanni Carlo de’ Medici (La Toeletta di
Venere [l'Aria], Il riposo di Venere e Vulcano [il Fuoco], Gli Amori disarmati [la Terra] e Venere e Adone [l'Acqua]117 (Paris, Musée du Louvre, Inv. LB 471-474, figg. 22, 23, 24 e 25). E’ stato supposto che la grande tela di Fra Semplice da
113 G. CADIOLI, Descrizione delle pitture, sculture e architetture che si osservano nella città di
Mantova, Tip. Pazzoni, Mantova 1763 [ristampa anastatica Forni, Bologna 1974, pp. 63-64].
114 PACCHIONI, La Villa Favorita cit., pp. 335-336, docc. I, II, III, IV (lettere del 15 giugno 1624,
giugno 1624, 15 luglio 1624, 6 agosto 1624).
115 LUZIO, La Galleria cit., pp. 292-299.
116 Per questa commissione cfr. D. S. PEPPER-R. MORSELLI, Guido Reni’s Hercules Series: new
considerations and conclusions, in “Studi di storia dell’arte”, 4, 1993, pp. 129-145 e FURLOTTI, Il
carteggio tra Bologna cit., pp. 45-50.
Verona con La cacciata dell’invitato indegno (Mantova, LUBIAM spa, fig. 26) sia stata eseguita nel 1622 per la sala da pranzo della villa di Ferdinando e il tema trattato sarebbe in effetti appropriato a quel luogo118.
Il complesso progetto della Favorita è frutto di un confronto diretto con altre ville ben note ai Gonzaga. Prima di trasferirsi a Mantova il duca Ferdinando aveva acquistato nel 1612 villa Lancellotti119 (fig. 27), nei pressi di Frascati, costruita intorno al 1585 e appartenuta prima al cardinale Alfonso Visconti e poi al duca Mario Mattei. Nicolò Sebregondi è inviato sul posto dal Gonzaga120 ma riesce ad intervenire ben poco sull’edificio perché resta nelle mani di Ferdinando fino al 1617 quando è ceduto al banchiere pisano Roberto Primi.
Si ricorda che nei pressi sorgeva anche villa Aldobrandini (fig. 28), voluta dal cardinale Pietro Aldobrandini, nipote di papa Clemente VIII, e costruita tra il 1598 e il 1602 da Giacomo della Porta con interventi successivi di Carlo Maderno e Giovanni Fontana121. L’interno è decorato con affreschi dei fratelli Zuccari, del Cavalier d’Arpino e di Domenichino mentre all’esterno si trova un parco con una peschiera così descritta da Giovanni Battista Thesis in un documento dell’Archivio Gonzaga datato 1604:
“nostro signore122 nel venire da Fraschate fu a prenzar quella matina al casal de li signori Aldobrandini, dove li fano una bellisima fabrica, ma tra le altre cose hano fatto una peschiera molto bella, dove si potrà al tempo de l'istatte notare indentro, ch'è acqua schiara e bona, dove vi è una barchetta da andar a spasso torno a torno et
118 ASKEW, Ferdinando Gonzaga’s Patronage cit, pp. 293-294; A. AMBROSINI MASSARI, scheda n.
15, in MORSELLI, La Celeste Galeria. Le Raccolte cit., pp. 179-180.
119 M. B. GUERRIERI BORSOI, Il sistema delle arti nel territorio delle ville tuscolane, Università “La
Sapienza” di Roma, Gangemi editore, Roma 2016, pp. 89-90.
120 Nicolò Sebregondi compie un viaggio a Frascati come si apprende da una lettera del settembre
1612 (cfr. LUZIO, La Galleria cit., p. 47, n. 1 e AZZI VISENTINI, Nicolò Sebregondi cit., p. 111 n. 33).
121 D. RIBOUILLAULT, Atlas and Hercules in the garden: scientific culture and literary imagination
at the villa Aldobrandini at Frascati, in “Nuncius”, 30 (2015), pp. 124-160; M. CAFFIERO, Dal
teatro della corte ai luoghi della solitudine. Corti cardinalizie a Frascati, in “Quaderni delle Scuderie Aldobrandini per l’arte”, 5, 2008, pp. 51-60.
nel mezo vi è un guardar ne l'aqua. A torno poi alla muraglia della peschiera sopra vi è statuine di stucho che rapresentano li 12 mesi de l'anno et le muse, ma vi è una gran tenutta di tereno da seminar grani et locho che fa molto bene”123.
La famiglia mantovana conosceva anche altre residenze nel Lazio come la villa dei Farnese a Caprarola (fig. 29), progetto iniziato nel 1530 da Antonio da Sangallo il Giovane per il cardinale Alessandro Farnese, che diventerà papa col nome di Paolo III, e completata dal nipote Alessandro Farnese il Giovane nella seconda metà del Cinquecento con l’architetto Jacopo Barozzi da Vignola (1507- 1573)124.
In una lettera inedita dell’Archivio Gonzaga è presentato in dettaglio l’intero edificio, simbolo dell’evoluzione da casa-fortezza a casa-villa, molto ammirato dai contemporanei che hanno lasciato diverse testimonianze sulla bellezza dei suoi interni. Il documento è inviato alla corte mantovana da Lorenzo Giorgi che segue il viaggio di papa Gregorio XIII, in visita alla villa il 9 settembre 1578, sulla via della Madonna della Quercia di Viterbo125. Giorgio Vasari nel 1568 dichiarava che il disegno dell’edificio era da riferire ad Antonio da Sangallo il Giovane e, nella vita di Taddeo Zuccari, uno degli artisti impegnati nell’esecuzione degli affreschi, che il palazzo nacque “dal capriccio, disegno et invenzione del Vignola”126. Al 30 luglio 1579 si data un’altra relazione del viaggio del papa redatta da Fabio Arditio e indirizzata a Lavinia Feltria della Rovere ma il documento mantovano, che è precedente, è la prima descrizione dettagliata del palazzo di Caprarola dopo Vasari. La ricchezza di questo palazzo e
123 ASMn, AG, b. 978, f. IV, cc. 456-457.
124I. FALDI (a cura di), Il Palazzo Farnese di Caprarola, Prefazione di Mario Praz, Edizioni Seat,
Torino 1981; M. VECCHI, Il palazzo Farnese di Caprarola, Edizioni il Pentagono, Caprarola 2013; A. ROCCA, Ville e giardini storici della Tuscia: Castello Ruspoli (Viganello), Palazzo Farnese
(Caprarola), Villa Lante (Bagnaia), Il Sacro Bosco (Bomarzo), Ginevra Bentovoglio editori, Roma 2015.
125 ASMn, AG, b. 923, cc. 405-408, 20 settembre 1578. Le ricerche su questo importante
documento sono ancora in corso (cfr. intervento D. SOGLIANI, I Gonzaga e il Palazzo Farnese di Caprarola, Convegno di studi “I Gonzaga digitali 3” (Mantova, Politecnico di Milano-sede territoriale di Mantova e Palazzo Te, 1-2 dicembre 2016) a cura di D. SOGLIANI e C. TOGLIANI.
delle ville tuscolane non poteva quindi lasciare indifferenti i Gonzaga impegnati da sempre a costruire dimore suburbane in tutto il territorio mantovano. Certamente la villa Favorita s’ispirava a questi modelli, dimore ideali del principe, luoghi eletti e rifugi, ma anche sedi di importanti collezioni di opere d’arte.
Non s’intende qui ripercorrere la successione degli interventi pittorici interni della villa, già ampiamente trattati dalla critica, ma piuttosto rilevare l’importanza di altri apparati decorativi, i marmi e le sculture antiche, che sono collocati sia nelle sale sia nei giardini. Come si evince dai documenti dell’Archivio Gonzaga queste opere arrivano da Roma, da Firenze ma anche dal territorio della Serenissima.
I marmi presenti nella Favorita non sono elencati nell’inventario dei beni Gonzaga del 1626-1627, che elenca le proprietà della famiglia prima della vendita al re inglese, ma sono noti da una lista senza data presente nel carteggio qui esaminato probabilmente redatta dal mercante fiammingo Daniel Nijs nel 1627 (doc. 752). Questo elenco non fornisce dati precisi che permettano l’identificazione delle sculture ma conferma che in quel momento nelle sale sono presenti 72 teste, 8 figure grandi, 17 figure piccole, una Venere e un Adone127.
Un secondo elenco fornisce altre informazioni sui marmi collocati nell’edificio circa quarant’anni più tardi. E’ l’inventario dei beni di Carlo II Gonzaga Nevers (1665) nel quale è indicato un altro centinaio di sculture con l’indicazione delle rispettive sale: nella prima camera contigua alla Sala Grande “nove busti di marmore con li suoi piedi di legno”128; nella Galleria “venti statue di marmore in piedi, con li suoi piedi di legno nerri”129 e “due statue di bronzo”130; nella camera del Toresin “otto statue piciole di marmore, in piedi con suoi piedi”131; nel Camerino “una Leda di marmore, sopra a un piedestalle di legno nerro”132; nella Camera contigua alla Galleria a destra c’erano “nove busti
127 LUZIO, La Galleria cit., pp. 150-151.
128 PICCINELLI, Collezionismo a corte cit., pp. 298-303, n. 4229. 129 IVI, n. 4276.
130IVI, n. 4277. 131IVI, n. 4302. 132IVI, n. 4315.
di marmore con li suoi piedi”133; nella Camera sopra la scala a destra “nove busti di marmore, con li suoi piedi di legno nero”134, “una figura di marmoro sentata, col piede di legno nero”135 e “una figura di un caval marino, con il suo piede di legno nero”136; nella seconda Camera “cinque busti di marmoro con li suoi piedi”137; nella terza Camera “sei busti di marmoro, con li suoi piedi”138 e “due figure di marmoro picciol”139; nella Camera prima, contigua alla sala verso Verona, c’erano “sei busti di marmoro, con li suoi piedi”140, “quattro figure di marmore piciole”141, “due figure di marmore piciole”142; nella seconda Camera “due teste di bronzo, con li suoi piedi”143, “quatro busti di marmore, con li suoi piedi”144, “sette figure di marmoro, con li suoi piedi”145; nella seconda Camera “tredici busti di marmoro, con li suoi piedi”146, “due figure in piedi di marmoro”147, “una figura con sei teste di marmoro”148 e “una testa senza busto”149.
La critica ha rintracciato alcuni di questi marmi che sembrano arrivare nella villa ben oltre la data della morte di Ferdinando Gonzaga e precisamente intorno al 1660, quando sono acquistati dai Gonzaga Nevers a Venezia nella
133IVI, n. 4327. 134 IVI, n. 4371. 135 IVI, n. 4372. 136 IVI, n. 4373. 137 IVI, n. 4379. 138 IVI, n. 4383. 139IVI, n. 4384. 140IVI, n. 4391. 141IVI, n. 4392. 142 IVI, n. 4393. 143 IVI, n. 4394. 144 IVI, n. 4395. 145 IVI, n. 4396. 146 IVI, n. 4398. 147IVI, n. 4399. 148IVI, n. 4403. 149IVI, n. 4404.
collezione Contarini150. Infine nel 1775 le poche opere scultoree rimaste alla Favorita sono spostate dall'abate senese Giovan Girolamo Carli, incaricato di allestire a Mantova il museo statuario della Reale Accademia di Scienze, Lettere e Arti per ordine di Firmian, governatore generale della Lombardia austriaca. Carli redige un elenco dei marmi, dei bassorilievi e dei busti prelevati dalle ville suburbane gonzaghesche e in questa lista si trovano anche alcune sculture della Favorita151, che oggi sono depositate in Palazzo Ducale.
Tra queste sono stati riconosciuti un Loutrophoros152 in marmo greco databile al 370 a. C. ca. (Inv. 6670), una stele funeraria attica con tre figure astanti in marmo pentelico del 360-330 a. C. (Inv. 6679), una stele funeraria in marmo pario con figura panneggiata datata 330-340 a. C. (Inv. 6673), una testa femminile da un rilievo funerario in marmo pentelico del 340 a. C. (Inv. 6598), un rilievo votivo con tre figure in marmo pentelico della metà del IV sec. a. C. (Inv. 6671), una stele con giovane in posa eroica in marmo bianco del III-II sec. a. C. ca. (Inv. 6672), una stele funeraria con figura femminile in marmo bianco cristallino della seconda metà del II sec. a. C. (Inv. 6682), una stele arcaica con cavaliere in marmo greco della fine del II-inizio I sec. a. C. (Inv. 6669), una stele funeria con figura panneggiata in marmo pentelico del 25-50 a. C. (Inv. 6680), un rilievo
150 F. RAUSA, I marmi antichi. Rilievi greci e neoattici, Tre Lune, Mantova 2000; L. CALVELLI,
Sull’iscrizione CIL, V, 4070. Vicende collezionistiche di alcuni reperti della raccolta archeologica del Palazzo Ducale di Mantova, in A. BUONOPANE, P. BASSO, A. CAVARZERE, S. PESAVENTO MATTIOLI (a cura di), Est enim ille flos Italiae... vita economica e sociale nella Cisalpina romana, Atti delle giornate di studi in onore di Ezio Buchi (Verona 2006), QuiEdit, Verona 2008, pp. 447- 558; C. PISANI-C. GUERRA, Il Museo Statuario di Mantova 1790-1915: documenti e fotografie, catalogo della mostra (Biblioteca Comunale Teresiana, Mantova), Publi Paolini, Mantova 2015.
151 Il documento di Carli (Nota dei marmi antichi da me trasportati dalla Favorita) è conservato in
duplice copia nell’archivio dell’Accademia Virgiliana (AAVMn, busta 24 [ex b. 18], f. 1, Museo Antichità, 1775-1790) e nell’Archivio di Stato di Mantova (ASMn, Scalcheria del Palazzo Ducale, Filze, Ordini magistrali, 13 maggio 1775). I marmi sono proprietà del Comune di Mantova e sono stati depositati in Palazzo Ducale dopo la firma di una convenzione all’inizio del Novecento (11 marzo 1915). L’inventariazione e lo studio dei pezzi è ancora in corso.
152 Un vaso in ceramica dalla forma allungata, caratterizzato da un collo alto, generalmente della stessa misura della pancia, e da due anse impostate sulla spalla e appena sotto l'orlo (cfr. Perseus Digital Library http://www.perseus.tufts.edu, ultimo accesso 20 giugno 2016).
neoattico con Menade e Satiro danzante in marmo pentelico della metà del I sec. d. C. (Inv. 6705) e una stele funeraria di tipo isiaco in marmo pentelico di età giulio-claudia (Inv. 6677).
Insieme ai tre documenti che presentano gli elenchi dei marmi della villa Favorita (1627, 1665 e 1775), molte lettere dell’Archivio Gonzaga trasmettono altre informazioni che permettono di precisare il ruolo di rilievo che ebbero le sculture antiche nell’intero progetto del duca Ferdinando.
Nel gennaio del 1613 Alessandro Rondoni153 (1560ca.-1634), scultore, restauratore e antiquario comasco attivo a Roma, richiede alla corte il pagamento di alcuni lavori e offre dei busti classici154. Queste sculture sembrano arrivare a Mantova nel 1618 e probabilmente sono collocate nella villa suburbana del duca. Nel 1619 lo scultore manda ai Gonzaga quattro busti con le effigie di Marco
Agrippa, Marc’Aurelio, Tiberio e Giulio Pio e nel 1620 Francesco Rondoni, suo figlio, porta a Mantova un ingente quantitativo di marmi, ben 63 pezzi155, ancora destinati alla collezione del duca.
In questi anni è determinante il ruolo della famiglia Rondoni, intermediaria per l’acquisto di materiale epigrafico ed esperta di reperti antichi, nonché in contatto con diversi collezionisti romani156. Probabilmente Ferdinando Gonzaga, ancora cardinale a Roma, è intenzionato a incrementare la sua raccolta di marmi classici da collocare in una dimora in città, ma una volta tornato a Mantova, le opere sono destinate al nuovo progetto della villa Favorita.
153 C. M. BROWN, Alessandro Randone scultore al servizio del cardinale duca Ferdinando
Gonzaga, in “Civiltà Mantovana”, serie 3, 37, n. 114, 2002, pp. 65-78; A. CAPOFERRO, Alessandro
Rondoni e il mercato antiquario romano tra fine Cinquecento e primo Seicento, in “Archeologia classica”, LX, 2009, pp. 307-352.
154 BERTOLOTTI, Artisti in relazione coi Gonzaga duchi di Mantova nei secoli XVI e XVII,
Vincenzi, Modena 1885 [ristampa anastatica Arnaldo Forni, Bologna 1977], pp. 81-86; ID., Figuli,
fonditori cit., p. 103-105.
155 BROWN, Alessandro Rondone cit., pp. 70 e 77, nota 16.
156 Una “tavola di metallo di Domiziano” è collocata nel 1616 nel palazzo romano di Ferdinando
Gonzaga. La lastra, che apparteneva alla collezione Aldobrandini, era stata rinvenuta a Falerio nel 1595 (cfr. BROWN, Alessandro Randone cit., pp. 70, 77, nota 16 e CAPOFERRO, Alessandro
Nell’ottobre del 1613 arrivano da Venezia ben 42 casse di marmi provenienti da Messina157. La notizia è nota alla critica ma nel carteggio esaminato sono state rintracciate alcune lettere inedite che trattano di questa importante spedizione (docc. 37, 38 e 40). E’ stato individuato nell’Archivio di Stato di Roma il lasciapassare per le sculture e, a ragione, Clifford Brown ha ipotizzato che questi marmi non fossero destinati a Palazzo Ducale ma alla villa suburbana di Ferdinando158.
Si presume che le casse dei marmi siano state trasportate via mare e via terra fino a Venezia per arrivare poi a Mantova attraverso il Po e il Mincio. Questo complesso trasporto richiedeva un certo esborso di denaro e per questo la corte prende contatto con il mercante Bartolomeo Bontempelli detto dal Calice, intermediario dei Gonzaga nella città lagunare.
Per quanto riguarda la provenienza di questi marmi dal Sud dell’Italia, si ricorda che Ferrante Gonzaga (1507-1557), condottiero dell’esercito di Carlo V, viceré di Sicilia, governatore di Milano e capostipite del ramo cadetto dei Gonzaga di Guastalla, aveva costruito dal 1540 una piazzaforte militare proprio a