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Bartolomeo e Grazioso Bontempelli detti dal Calice

libri a Venezia

4. I mercanti di Venezia e i Gonzaga

4.1. Bartolomeo e Grazioso Bontempelli detti dal Calice

I documenti del carteggio veneziano mettono in evidenza gli stretti rapporti della corte mantovana con il mercante Bartolomeo Bontempelli detto dal Calice369, la cui bottega è considerata dai Gonzaga, per circa cinquant’anni, il punto di riferimento in laguna per ogni richiesta e ogni scambio commerciale. Il mercante è in contatto con il duca Guglielmo, poi con il figlio Vincenzo I370 e infine con Ferdinando. Dopo la sua morte nel 1616 le relazioni con Mantova sono tenute dal fratello Grazioso che richiederà con insistenza la restituzione con tutti gli interessi del denaro prestato dalla sua bottega alla corte. La grande quantità di lettere del mercante presenti nell’Archivio Gonzaga permette di tracciare un quadro completo di questa figura e di comprendere l’importanza delle sue relazioni con i Gonzaga.

Bartolomeo Bontempelli nasce intorno al 1538 non a Venezia ma in territorio bresciano a Lavenone in Val Sabbia. I suoi legami con la città d’origine restano saldi per tutta la vita perché qui mantiene dei procuratori, compra dei terreni avvalendosi dei notai locali e combina matrimoni. Anche il fratello Grazioso conserva gli stessi rapporti perché nel suo testamento del 1627 dispone 300 ducati per i bambini di Lavenone affinché possano imparare a leggere, a scrivere e a far di conto371.

369 U. TUCCI, voce Bontempelli (Bontempello) dal Calice Bartolomeo, in Dizionario biografico degli

italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana "Giovanni Treccani", vol. XII, Roma 1970, pp. 426-427; G. CORAZZOL, Varietà notarile: scorci di vita economica e sociale, in G. COZZI-P. PRODI(a cura di), Storia di

Venezia, VI: Dal Rinascimento al Barocco, Istituto della Enciclopedia Italiana, Istituto Poligrafico e Zecca dello stato, Roma, 1994, pp. 775-791; S. MASON RINALDI, A l’einseigne du calice et de la luna. Les

Bontempelli, marchands, commanditaires et collectionneurs, in “Revue de l’art”, 160, 2008, pp. 35-44.

370 L’attività del Bontempelli negli anni del ducato di Guglielmo Gonzaga (1563-1587) è

documentata in SOGLIANI, Le Collezioni cit., mentre negli anni del ducato di Vincenzo I (1588- 1612) in SERMIDI, Le Collezioni cit.

371 Ugo Vaglia ritiene che i fratelli Bontempelli siano originari del paese di Presegno e che, rimasti

orfani, sia siano poi trasferiti a Lavenone (cfr. U. VAGLIA, La chiesa di Lavenone, in “Brixia Sacra. Memorie storiche della diocesi di Brescia”, n. s., X, 1-2, 1975, pp. 5-21, qui p. 15, n. 14).

Bartolomeo Bontempelli è ricordato nelle fonti bresciane più antiche. Ottavio Rossi (1570ca.-1630) scrive nelle sue Memorie bresciane che “Lavenone ha partorito molti uomini di conto come pure in questa età il Sig. Bartolomeo dal Calice, mercante in Venetia, huomo, per la vivezza dello spirito, per la pietà christiana, e per le sue manierose grandezze caro a tutta la Republica”372.

Bartolomeo stringe legami matrimoniali con una famiglia di mercanti già molto ricca e prima del 1565 sposa Marietta Zappa, vedova di Giacomo Bernardo Rubbi, mercante bergamasco della Val Brembana morto nel 1557, che aveva una bottega di merceria a San Salvador all’insegna del Calice. L’accordo matrimoniale prevedeva che Bartolomeo dovesse occuparsi della bottega di panni e di tessuti della famiglia e al tempo stesso di una propria bottega all’insegna della Luna. I figli della moglie (Gioacchino, Salvatore e Anna) erano suoi coetanei ed ebbero un destino ben diverso dal suo: i due maschi dal 1569 fino al 1577 costituirono una compagnia mercantile che si ruppe dopo una crisi insanabile con il patrigno mentre Anna divenne la moglie di Grazioso Bontempelli, fratello di Bartolomeo. Rimasto vedovo negli anni Ottanta del Cinquecento, il mercante sposa un’altra Marietta, figlia di Battista Rubbi, che possedeva una bottega all’insegna delle Tre Montagne, posta tra la Luna e il Calice intorno alla chiesa di San Salvador ottenendo pertanto il controllo, con due botteghe, di un’intera zona del mercato veneziano373.

Nel 1579 Bartolomeo ottiene la piena cittadinanza veneziana con privilegio del Senato e nel 1606, all'epoca dell'interdetto di Paolo V, prende posizione in favore della Repubblica con una singolare offerta di 10.000 ducati "ogni qualvolta si venisse alle armi con Sua Santità"374. Con gli appoggi politici giusti e buone capacità diplomatiche, l’immigrato merzer375 riesce ad

372 Le memorie bresciane, opera historica, e simbolica di Ottavio Rossi rjveduta da Fortunato

Vinaccesi, e dal medesimo in questa nuoua impressione accresciuta di considerabil numero di marmi non più stampati. In Brescja, 1693, p. 194.

373 TUCCI, Bontempelli Bartolomeo cit., p. 426. 374 IVI, p. 426.

375 Il merzer, oltre a commerciare e lavorare ogni tipo di panni e tessuti, produceva e vendeva veli,

fazzoletti, cuffie, cordelle, passamaneria, bottoni e ventagli (cfr. D. CALABI-S. BELTRAMO, Il

mercante patrizio. Palazzi e botteghe nell’Europa del Rinascimento, Bruno Mondadori, Milano 2008).

accumulare un'enorme fortuna con un ragguardevole giro d'affari che gli procura elevate disponibilità finanziarie. Entra pertanto nell’élite mercantile della città, tiene rapporti diretti con il Collegio veneziano, investe in titoli di debito pubblico e in prestiti ipotecari per diverse corti italiane in cambio di gioielli, pietre preziose e immobili.

Nel 1587 la pratica del credito privato veneziano, divenuta negli anni troppo rischiosa per le possibilità di fallimento, muta con l’intervento diretto della Serenissima che crea il Banco Pubblico di Rialto. Ciò nonostante alcuni ricchi mercanti della città restano punti di riferimento per gli scambi economici della Serenissima e continuano a garantire ingenti somme di denaro alle corti italiane: entro i confini dello stato Bartolomeo dal Calice presta denaro a Salò, Vicenza, Conegliano, Belluno, Udine, Bergamo e Crema; fuori dai confini al ducato di Savoia, al ducato di Napoli, ad Alessandria d'Egitto, ad Anversa, a Costantinopoli e a Graz dove, tra il 1594 e il 1606, tiene in appalto delle miniere di mercurio376.

La sua rapidissima ascesa è costellata di episodi vagamente leggendari riscontrati negli atti notarili veneziani. Si racconta che, giunto giovanissimo a Venezia con il fratello, il dal Calice acquistò il biglietto di una lotteria che assegnava al vincitore il carico di una nave che era scomparsa in mare. La nave considerata perduta ritornò alla base e Bartolomeo entrò in possesso delle merci preziose dando così inizio alla sua fortuna377. Alcuni documenti attestano che nel 1595 Bartolomeo s’impegna a mantenere economicamente un cipriota che lavorava sulla galera di Alvise Bragadin affinché questi potesse aiutare un certo Polidoro, figlio di Adriano dal Sale di Salò, ad evadere di prigione378. Nel 1614 Bartolomeo propone a Dudley Carleton, ambasciatore inglese a Venezia, di

376 H. VALENTINITSCH, Das landesfűrstliche Quecksilberbergwerk Idria, 1575-1659, Forschungen

zugeschichtlichen Landeskunde der Steiermark, XXXII, Historische landeskommission fűr Stiermark, Graz 1981, recensito da P. BRAUNTEIN, in “Annales. Économies, Sociétés. Civilisations”, 1987, vol. 42, n. 4, pp. 804-807.

377VAGLIA, Storia della Valle Sabbia cit., pp. 295-296. 378 ASVe, Notarile, b. 36, c. 241r, 15 ottobre 1596.

rinnovargli gratuitamente tutto il mobiglio dell’ambasciata in cambio del suo appoggio in alcuni importanti affari379.

Divenuto ricchissimo, il mercante si dedica alla promozione della sua immagine pubblica e per questo si avvicina ai pittori e ai letterati. Nel 1595 lo spalatino Federico Marulli gli dedica la traduzione in volgare di un trattato di devozione, nel 1608 Fabio Glissenti380 (1542ca.-1615), medico e scrittore suo conterraneo, gli dedica la "fabula" teatrale Il Diligente, ovvero il Sollecito, pubblicata a Venezia, in cui è presentata la figura di un uomo che con industria e fortuna riesce a diventare benestante e virtuoso. Nel 1610 il comico e drammaturgo Giovanni Battista Andreini, in rapporto con i Gonzaga, gli dedica il volumetto La

Maddalena, pubblicata a Venezia da Somasco, la cui lunga lettera dedicatoria, a firma di Giovanni Maria Pietro Belli, prestanome dell’autore, è indirizzata a Bartolomeo che è l’“esempio di una rinnovata e virtuosa mercatura”381. Nell’anno della sua morte il vicentino Alcide Pagello gli dedica l’Amaranto poetico per la morte del sig.

Bartolomeo Del Calice in cui alcuni poeti tessono le lodi dell’illustre mercante382. Per dimostrare la propria umiltà e la sua magnanimità Bartolomeo acquista nel 1586 un vasto spazio per la tomba di famiglia nella chiesa di San Salvador a Venezia383 e contribuisce ai restauri dell’edificio. Qui il pittore veneziano Sante Peranda384 (1566-1638), che fu al servizio degli Este e dei Pico della Mirandola, esegue nella cappella una pala d'altare che raffigura San Carlo

379 M. LEE (a cura di), Dudley Carleton to John Chamberlain 1603-1624, Jacobean Letters, New

Brunswick, New Jersey, 1971, p. 72.

380 A. L. SASO, voce Glissenti (Glisenti, Gliscenti) Fabio, in Dizionario biografico degli italiani,

Istituto dell'Enciclopedia Italiana "Giovanni Treccani", vol. LVII, Roma 2002, pp. 406-408.

381 F. FIASCHINI, L’”incessabil agitazione”. Giovanni Battista Andreini tra professione teatrale,

cultura letteraria e religione, Giardini editori e stampatori, Pisa 2007, pp. 93-100 e A. CASCETTA- R. CARPANI, La scena della gloria: drammaturgia e spettacolo a Milano in età spagnola, Vita e Pensiero, Roma 1995, p. 291. Ringrazio Roberta Carpani per queste informazioni.

382 Il volume consta di diciassette sonetti di poeti olimpici tra cui compaiono Ludovico Aleardi,

Francesco Belli, Alessandro Maganza, Michelangelo Angelico e Paolo Emilio Mosto.

383 Secondo Corazzol già nel 1573 Bartolomeo aveva ottenuto dai frati di San Salvador un’arca

(cfr. CORAZZOL, Varietà notarile cit., p, 781).

384 G. MARTINELLI BRAGLIA, Sante Peranda. Un pittore alle corti dei Pico e degli Este, Aedes

Borromeo in adorazione della Pietà, in cui il mercante è ritratto con il fratello Grazioso (fig. 56). La vicinanza del dal Calice al Borromeo, appena canonizzato, è finalizzata alla necessità di dimostrare la sua provata religiosità, resa nobile proprio attraverso la professione385.

La sua “disposizione a donare” è evidente anche in diversi interventi nelle chiese, negli ospizi e nelle scuole della città: nel 1578 Bartolomeo è guardiano della Scuola del Rosario ai Santi Giovanni e Paolo386, nel 1582 è gastaldo della Scuola dei Marzeri a San Zulian, nel 1599 è guardiano grande della Scuola di San Rocco387, nel 1606 è nominato cassiere della fabbrica della chiesa di Santa Maria Maddalena alla Giudecca388. Il dal Calice sborsa 30.000 ducati per la fabbrica dell’ospedale di San Lazzaro e dei Mendicanti e ne lascia 100.000 al medesimo scopo nel suo testamento datato 12 febbraio 1613389. Egli è amministratore dell’ospedale fin dal 1605 e per celebrarlo la congregazione gli dedica un’edicola con un busto, oggi collocato nell’atrio della chiesa, eseguito tra il 1616 e il 1619 da Andrea dall'Aquila390, allievo di Alessandro Vittoria.

385 I. CECCHINI, Quadri e commercio a Venezia durante il Seicento, Marsilio, Venezia 2000, p.

122.

386M. HOCHMANN, Peintres et commanditaires à Venise (1540-1628), École Française de Rome,

Scuola Tipografia San Pio X, Roma 1992, pp. 189-190.

387 M. E. MASSIMI, Jacopo Tintoretto e i confratelli della Scuola Grande di San Rocco. Strategie

culturali e committenza artistica con Indice alfabetico dei confratelli di governo della Scuola Grande di San Rocco, 1500-1600, in “Venezia Cinquecento”, V, 9, 1995, pp. 109-169, qui p. 118.

388 B. AIKEMA-D. MEIJERS, Nel regno dei poveri. Arte e storia dei grandi ospedali veneziani in età

moderna (1474-1797), Arsenale, Venezia 1989, pp. 191-195, n. 12.

389 G. TASSINI, Alcune delle più clamorose condanne capitali eseguite in Venezia sotto la

Repubblica. Memorie patrie del dottor Giuseppe Tassini, Premiata tipografia di Gio. Cecchini, Venezia 1866, pp. 258-259, n. 2; C GIRON, Hôpital, thérapeutique et musique à Venise après le

concile de Trente, l’ospedale di San Lazzaro e dei Mendicanti, in “Livraisons d’histoire de l’architecture”, n. 7, 1er semestre 2004, pp. 39-50.

390 Per Andrea dall'Aquila e il busto del mercante cfr. a. BACCHI (a cura di), La scultura a Venezia

da Sansovino a Canova, Longanesi, Milano 2000, pp. 688-698, fig. 8. L’epigrafe dell’edicola che celebra il mercante riporta questa scritta: BARTHOLOMEVS BONTEMPELLVS A CALICE/ PIIS LARGITIONIBVSINSIGNIS/MAGNVS/XENODOCHIIHVIVS/INSTITVTORERECTORET ALTOR/CVIVS/EXIMIAEGRATIAEGRATIOSOAEMVLOFRATRE/PERAVCTAE/HINC

Nel corso dei secoli la liberalità del Bontempelli è ancora ricordata nei testi veneziani. Pompeo Molmenti così scrive nel 1880 nella sua Storia di Venezia:

“Dalle valli del bresciano e del bergamasco più specialmente venivano a Venezia uomini poveri e volonterosi, che col lavoro costante, tenace e molte volte penoso, si sollevarono e salirono alto. Alla metà del secolo XVI giunge da Brescia un Bartolomeo Bontempelli; prende a pigione una bottega da merciaio a san Salvatore all’insegna del Calice, fa fortuna, mette su banco e giunge a tanta ricchezza da far prestiti a principi, a duchi, a re. Né l’amore del denaro impediva la generosità. Il Bontempelli edificò in san Salvatore un altare, restaurò a proprie spese la chiesa delle Convertite alla Giudecca e largì trentamila ducati per la fabbrica dello spedale di san Lazzaro dei Mendicanti, legandone, dopo morto, altri cento mila. E’ curioso non poco indagare i principii di tali ricchezze, che meritarono alle famiglie popolane l’aggregazione all’aristocrazia del secolo XVII”391.

Dalla copiosa corrispondenza tra il mercante e i Gonzaga emerge che i primi contatti con la corte mantovana si datano intorno al 1566 quando la città è governata da Guglielmo Gonzaga che utilizza la sua bottega come vero e proprio istituto di credito per i prestiti in denaro che circa cinquant’anni dopo, nel 1617, ammontavano a ben 150.000 ducati392. I duchi richiedono al dal Calice merce di ogni tipo e lavorazione: filati, veli, fazzoletti, cuffie, cordelle, passamanerie, bottoni e ventagli ma anche bicchieri di vetro e di cristallo, vasi di Murano, specchi, occhiali, posate d’argento, pellami, avorio, ambra, bulbi di tulipani, di narcisi, di muschi greci e di giacinti.

MICABVNT./ GVBERN. PIA GRATITVD. RECOLITVR A. MDCXLI. La data 1641 incisa nell’epigrafe farebbe presupporre che il deposito sia stato commissionato in tale frangente ma essa potrebbe anche riferirsi più semplicemente all’anno in cui la targa fu scolpita (cfr. S. TAGLIAPIETRA, Per un catalogo dei monumenti funebri con effigie nelle chiese della Venezia

Barocca. Analisi della committenza tra il 1630 e il 1718, Tesi di laurea magistrale in Storia delle arti e conservazione dei beni artistici, Università Ca’ Foscari, Venezia, 2012-2013, pp. 83-84, cat. 36).

391P. MOLMENTI, La storia di Venezia nella vita privata dalle origini alla caduta della Repubblica,

Roux e Favale, Torino 1880, p. 237.

La consuetudine della corrispondenza facilita anche i rapporti personali e Bartolomeo usa toni molto cordiali con Guglielmo Gonzaga che spesso gli fa visita nella sua bottega a Venezia393. Quando il mercante si sposa per la seconda volta nel giugno del 1573, l'inviato gonzaghesco così descrive al duca il ricco banchetto di nozze:

“la saprà dunque che lui invitò più di ottocento persone, ma fu gratiosissima vista che dette da cena in un giardino da ca' Cornaro, ove proprio alloggiò il signor nostro. Et parecchiò una tavola dietro al muro ov'era una spaliera di pomi granati longa tanto che fossero 264 tutti in fila, le donne da una parte et gli homini dall'altra ch'eran 132 per parte. Et un'altra tavola ch'erano 174 et alquante altre tavole ch'erano più di 700 alla prima sentata. Ma io non vidi mai la più gratiosa vista di quella tavola sì longa et di tante donne in una fila, belle e ben ornate, che si sono stimate haver di perle solamente più di 60 mila scudi"394.

Nel corso degli anni il dal Calice partecipa a tutte le contrattazioni economiche che vedono coinvolta la famiglia mantovana nella città lagunare e in particolare alla sfortunata vicenda dell’acquisto del palazzo Loredan Vendramin-Calergi sul Canal Grande che costituirà per i Gonzaga solo un affare in perdita395. Nel 1583 Bartolomeo si attiva nella ricerca di affittuari a Rialto396 e segue da vicino la lite per la proprietà dell’edificio con la

famiglia Loredan397. I Gonzaga perdono la causa e il dal Calice

compartecipa al pagamento di quanto dovuto ai legittimi proprietari398

393 Nel 1573 il residente mantovano Gabriele Calzoni segnala che Guglielmo Gonzaga si trova a

Venezia e che “ogni matina esce di casa et va a dar una visita in merzaria alla botega di messer Bartolo dal Calice" (cfr. SOGLIANI, Le Collezioni cit., doc. 226). L’anno successivo l’inviato Luigi Rogna, che scrive di aver trovato alloggio per sé e per il duca Guglielmo, dichiara che “ancor non ci siamo andati, essendo stato il primo saluto quello della bottega di messer Bartolo dal Calice dove è ancora sua eccellenza" (IVI, doc. 268).

394 IVI, doc. 230.

395 Per la lunga vicenda del palazzo Loredan Vendramin-Calergi cfr. IVI, pp. 33-42. 396IVI, docc. 588, 590.

397IVI, doc. 600. 398IVI, doc. 707.

ottenendo in cambio la facoltà di utilizzare una parte del palazzo come magazzino per le proprie merci399.

Attento ai gusti e agli interessi culturali di Guglielmo Gonzaga, il mercante ha buoni rapporti con gli artisti della città: nel 1581 ringrazia il duca per aver accolto l'orefice Domenico Maffei400, nel 1582 dichiara di conoscere personalmente l'orefice padovano che aveva eseguito il tabernacolo per la celebre reliquia di Santa Barbara di Mantova401 e nel 1584 si pone alla ricerca di un prefetto delle fabbriche per la corte402. Anche in campo musicale ha ottime conoscenze: frequenta Claudio Merulo da Correggio, organista della basilica di San Marco, nel 1586 raccomanda un musico fiammingo403 e nel 1569 propone l’acquisto di un arpicordo404.

Nelle carte dell’Archivio Gonzaga emergono anche notizie che riguardano i suoi legami con altre corti europee. Bartolomeo è coinvolto, insieme al mercante Piero Basso, in un prestito ipotecario per la corona francese con il pegno di gioielli: nel 1577 Orazio Rucellai, mercante fiorentino, è incaricato da Enrico III Valois di recuperare alcune gioie e un prezioso balascio insieme a un prestito di 3.000 scudi del dal Calice405. Quando i rapporti tra la Serenissima e i turchi si fanno più tesi, tanto da compromettere gli scambi economici tra i due stati, nel 1585 la Repubblica decide l'invio di doni preziosi al sultano Murat III insieme a merci pregiate fornite dal mercante406.

399 IVI, doc. 716. 400 IVI, doc. 505. 401 IVI, docc. 543 e 548. 402 IVI, doc. 650. 403 IVI, docc. 783, 788. 404IVI, docc. 28, 82, 93. 405IVI, docc. 349, 350, 418, 431, 445 e 446. 406IVI, doc. 687.

Quando Guglielmo Gonzaga muore nel 1587 Bartolomeo instaura un buon rapporto anche con suo figlio, Vincenzo I, che già aveva conosciuto a Venezia407, e il legame tra i due è documentato anche in alcuni testi a stampa. Quando Bartolomeo è ancora in vita, è lodato dal pittore e incisore Cesare Vecellio, cugino del famoso Tiziano, nell'opera Degli habiti antichi et moderni di

diverse parti del mondo, scritta tra il 1590 e il 1598, in cui l’autore pubblica e descrive capi d’abbigliamento provenienti da diverse culture. Trattando degli abiti delle “donne per casa” Vecellio così scrive nel primo libro:

“[questi sono] tanto ben fatti che’l pennello non gli farebbe dipinger meglio. Di queste opere sì belle è stato in Venetia auttore M. Bartholomeo Bontempele dal Calice, il quale alle volte con le mostre, ch’egli fa di questi drappi de’ quali lui è stato inventore, mostra la grandezza dell’ingegno suo, la quale è accompagnata da una incomparabile liberalità et bontà, per il che è molto amato dalla nobiltà venetiana e da molti principi d'Italia, et in specie dal Serenissimo Duca di Mantova. Nella sua buttiga, dove molti signori et principi mandano a fornirsi, et fino al serraglio del Gran Turco, si veggono broccati a opera di tutte le sorte d’oro et d’argento, et di questi si servono molto al presente le gentildonne venetiane oltre a certi colori incarnati, pavonazzetti et vermicini, che compariscono assai bene"408.

Negli anni del ducato di Vincenzo I si rintracciano molte lettere che

documeno gli interessi musicali del Bontempelli409 e soprattutto i numerosi

acquisti di preziosi e di gioielli per il duca, per i quali Bartolomeo anticipa denaro a titolo di prestatore o, non raramente, di garante in cambio di cauzioni in gioielli o in argenteria 410. Quando le difficoltà finanziarie del

407 Il 12 ottobre 1583 il residente Gabriele Calzoni è informato dal mercante della presenza in città

del principe Vincenzo che, giunto in incognito, aveva fatto subito visita alla sua bottega (IVI, doc. 576).

408 C. VECELLIO, Degli habiti antichi e moderni di diverse parti del mondo, libri due, Venezia

1590, c. 139r.

409 Nel 1592 Bartolomeo chiede a Giaches de Wert, maestro di cappella a Mantova, di

comporre e stampare un mottetto (cfr. SERMIDI, Le Collezioni cit., doc. 143).

ducato mantovano sono più evidenti dal 1606 il Calice sostiene il duca con ingenti prestiti per le nozze tra Francesco IV Gonzaga e Margherita di Savoia celebrate nel maggio del 1608. In quest’occasione sono impegnate presso il mercante le argenterie di corte che più tardi saranno riconsegnate a Mantova411, così come le perle che erano state lasciate in cauzione412.

I rapporti tra il mercante e la corte mantovana proseguono per diversi anni: nel 1609 sono consegnate al dal Calice altre gioie in cambio di denaro413 e nello stesso tempo Bartolomeo comincia a richiedere con insistenza il pagamento del suo credito che è solo in parte saldato nel giugno del 1611414.

Dopo la morte di Vincenzo I Gonzaga nel 1612 al mercante non resta che presentare il conto al nuovo duca di Mantova, Francesco IV Gonzaga, che risponde con la richiesta di altro denaro415. Morto anche l’erede della