2. Episodi di cultura artistica tra Venezia e Mantova
2.2. Ritratti della famiglia Gonzaga a Venezia
Quando nel 1612 Vincenzo I Gonzaga muore e, dopo qualche mese, anche il suo erede Francesco IV, gli inviati mantovani segnalano alla corte che i nobili veneziani si lamentavano perché non c’erano buoni ritratti dei Gonzaga in città ma solo alcuni dipinti “stropichati” e “guasti”. Nel carteggio esaminato si registrano diverse lettere, datate tra il 1613 e il 1616, con la richiesta dei ritratti dei defunti che, insieme a quelli di altri membri della famiglia, dovevano essere inviati a Venezia per essere copiati.
Il 18 marzo 1612 l’ambasciatore Camillo Sordi richiede alla corte i “ritratti naturali” del duca Francesco IV, della moglie Margherita di Savoia, di Vincenzo I e di Eleonora de’ Medici202. I dipinti non sono inviati subito e per questo il 1° dicembre Sordi richiede ancora le tele per evitare che siano “posti in mostra certi ritratti di sua altezza et della serenissima infante talmente deformi che rendono noia a chi li vede et li conosce”203. L’8 dicembre l’inviato ricorda ancora i ritratti e si dispiace perché “il pittore fiamingo”, incaricato di eseguirli a Mantova, si è ammalato204.
201 ASFi, Mediceo del Principato, vol. 2952, c. n. n., Archive Medici Project
(http://bia.medici.org/DocSources/Home, id. 5685, ultimo accesso 1° agosto 2016).
202 SERMIDI, Le Collezioni cit., doc. 1069. 203IVI, doc. 1101.
204 Camillo Sordi ad Annibale Iberti: “mi spiace del male del pittore fiamingo, et se sua altezza si
Nell’aprile del 1613 Camillo Sordi richiede nuovamente i ritratti di Vincenzo I, Francesco IV, Margherita di Savoia e Ferdinando Gonzaga con questa lettera:
“quei gentilhuomini che desideravono li naturali ritratti et delli serenissimi defunti et anco della serenissima Infante, restano in doppio desiderio, poi a quello si è agionto la voglia di haver anco quello del serenissimo padrone presente…in tutta Venetia non ve ne sonno che delli stropizzati et particolarmente quelli di sua altezza in abito di cardinale” (doc. 15).
Nel dicembre dello stesso anno l’ambasciatore scrive di essere soddisfatto perché il duca Ferdinando aveva finalmente incaricato un artista a Mantova per l’esecuzione delle opere:
“questi signori che mi richiesero li ritratti di questi serenissimi sono tutti assicurati che saranno compiaciuti et dal ordine che sua altezza ha datto in questo proposito; ne dimostrano perciò molto contento et ne aspettano l’effetto di tanta gratia” (doc. 42).
Nel marzo del 1614 non c’è ancora traccia dei dipinti a Venezia pertanto il residente invia un’altra richiesta alla corte:
“altro non ho che agionger a vostra signoria per hora ma solo darli memoria delli ritratti promessi de quali ne sonno molto importunato, parendo a questi signori che ne sonno desiderosi, che da niuna parte possono meglio assicurarsi che siino naturali che per il mezzo mio, il quale per mio particolar gusto supplico vostra signoria a favorirmi di quello ancora della signora Infante poiché deve essere nostra padrona “ (doc. 52).
Nel maggio dello stesso anno Sordi scrive ancora un’altra lettera:
“questi servitori di sua eccellenza potranno far fede come vengono maltrattati questi signori principi dalli pittori et per conseguenza che desiderio lottano a chi li desidera
che mi rende il vederne in publico delli così stropiciati” (ASMn, AG, b. 1544, f. I, cc. 168-169; IVI, doc. 1101, nota 4).
di havere delli naturali poiché in casa del signor Donati vi sono tutti li ritratti tanto stropiciati che nulla più, in modo che sua eccellenza mi ha promesso di farmi haver il suo di nuova mano acciò ne possi lassar levar copia a chi ne caverà, se sua altezza mi favorirà altretanto delli già scritti, sarà in molto gusto di questa città, la qual merita questa consolatione per la pronta riverenza che li porta” (doc. 56).
Il residente segnala che i ritratti gonzagheschi presenti nell’abitazione del “signor Donati” non erano buoni. Sordi probabilmente si riferiva ad alcune tele in possesso di Alvise Donati che dal 1614 è al servizio del duca di Mantova a Casale. Nel 1613 Donati era stato ospite dei Gonzaga a Mantova205 e in quell’occasione potrebbe aver ricevuto in dono alcuni ritratti della famiglia, copie dei dipinti più importanti esposti in Palazzo Ducale.
Nel giugno del 1614 l’unica tela giunta nella città lagunare sembra essere
il ritratto del principe Vincenzo Gonzaga, fratello del duca Ferdinando, che aveva compiuto un viaggio a Venezia e forse era stato ritratto dal vero. Così scrive Camillo Sordi a Mantova:
“li riservo la memoria delli ritratti perché l’importunità di questi signori che li desiderano non si rallenta. L’eccellentissimo signor principe don Vincenzo hormai ha il suo punto, vorrei havere li altri nel istesso tempo per ogni buon rispetto” (doc. 57).
Il 5 luglio 1614 l’ambasciatore scrive che è ancora in attesa dei ritratti di Vincenzo I, Francesco IV, Eleonora de’ Medici, Margherita Gonzaga e del duca Ferdinando:
205 Alvise Donati è in contatto con Ferdinando Gonzaga fin dall’inizio del 1613 per l’invio a
Mantova di alcuni comici (docc. 2, 6). Il 21 maggio 1613 Antonio Maria Vincenti, residente della Serenissima a Mantova, scrive al doge che Donati è arrivato in città ed è ospitato in Palazzo Ducale. Il duca Ferdinando “è molto ben conscio del suo valore e delle sue degne conditioni” (ASVe, Senato, Dispacci degli ambasciatori e residenti, Mantova, filza 2, dispaccio 20, c. 93). Anche il 27 maggio 1613 Vincenti elogia il Donati che è ospitato nel Palazzo Ducale di Mantova (ASVe, Senato, Dispacci degli ambasciatori e residenti, Mantova, filza 2, dispaccio 28, cc. 125- 126).
“più desiderato di ogni altro, amandolo tutti questi signori come loro figliolo per poterne levar medesimamente copia; in moddo si è rinovato a me la molestia et son necessitato di nuovo ad importunar vostra signoria illustrissima acciò priesti il suo favore a sua altezza per disporlo a far questa gratia a questi signori che poi se sarà in suo gusto levate che saranno le coppie io li rimandarò, et quel Antonio Gatti bolognese, che ha fatto quello di sua eccellenza, non mi par cattivo soggetto in cotal professione et a lui si potrebbe dar l’ordine che presto l’eseguirebbe come ha fatto questo” (doc. 58).
L’inviato mantovano segnala che uno dei ritratti, probabilmente quello del principe Vincenzo, era stato eseguito (o forse copiato) dal pittore Antonio Gatti che avrebbe potuto farsi carico anche dell’esecuzione degli altri dipinti.
Di quest’artista bolognese, nato intorno al 1570, si conosce ben poco206. Il primo documento noto lo vede operare a Parma: il 17 settembre 1584 Nicola Bertolotti scrive a Marcello Donati che un certo Calidonia Fragna ha un credito con “Antonio Gatto tintore”207. Il pittore lavora pertanto giovanissimo in una bottega di tintori e di conciatori e riprende la stessa attività anche più tardi quando si trova a Parma alla corte di Ranuccio I Farnese tra il 1596 e il 1624.
I documenti dell’Archivio Gonzaga attestano che Gatti è attivo anche a Guastalla e alla corte di Mantova. Antonino Bertolotti ha pubblicato una lettera, datata 10 maggio 1621, in cui l’artista dichiara che si trovava al servizio della famiglia mantovana da dodici anni (pertanto fin dal 1609) e che nel 1619, a causa di un omicidio compiuto dal figlio, si era rifugiato a Parma208. Altre informazioni
206 Cfr. E. SCARABELLI ZUNTI, Memorie e documenti di belle arti parmigiane, 10 voll., V, p. 153.
Questa miniera di documenti dell’area di Parma e Piacenza, trascritti da Enrico Scarabelli Zunti nel corso dell’Ottocento, è ancora materiale manoscritto (solo il primo tomo è stato edito a cura di Stefano Lottici nel 1911), rilegato in dieci volumi e si conserva presso la biblioteca della Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici di Parma e Piacenza.
207 ASMn, AG, b. 1381, f. VI, cc. 312-313. Il documento si trova nella banca dati Gonzaga (cfr.
http://banchedatigonzaga.centropalazzote.it/collezionismo, ultimo accesso 2 agosto 2016).
208 BERTOLOTTI, Artisti cit., pp. 59-60. Antonino Bertolotti segnala che né Malvasia né Lanzi
menzionano Antonio Gatti, citato invece da Pietro Zani che tuttavia gnora la sua attività presso i Gonzaga (cfr. P. ZANI, Enciclopedia metodica critico-ragionata delle belle arti dell’abate D.
si datano al 1610 quando Giacomo dall’Armi, residente mantovano a Bologna, scrive che il “procuratore di messer Antonio Gatti pittore” ha consegnato una lettera in cui l’artista chiede aiuto alla corte per certi suoi affari209. A conferma della sua attività di tintore è stato rintracciato presso l’Archivio di Stato di Mantova un contratto, datato 9 dicembre 1612, stipulato tra il pittore e l’Arte dei Conciatori e Calzolai della città, per la commissione di una pala d’altare raffigurante una Madonna con bambino tra i santi Crispino e Crispiniano, da realizzare entro il 1613 per l’altare della corporazione nella chiesa cittadina delle Quarantaore. Soppressa la chiesa alla fine del Settecento, la tela è stata prima collocata in Palazzo Ducale e poi, dal 1804, nella parrocchiale mantovana di San Barnaba, dove è stata rimaneggiata dall’artista neoclassico Antonio Ruggeri che ha trasformato i due santi negli apostoli Barnaba e Marco, titolari della parrocchiale210. A questa pala di San Barnaba è stata associata da Stefano L’Occaso la tela con il Matrimonio mistico di santa Caterina e i santi Giuseppe,
Apollonia, Francesco e Domenico (detta “Madonna dell’anello”), oggi in Palazzo Ducale ma destinata alla chiesa di Sant’Orsola e datata tra il 1614 e il 1615. L’opera è caratterizzata da un certo eclettismo e rimanda alla matrice emiliana di Correggio e i Carracci mentre nella parte inferiore al tardomanierismo di Guido Reni, Danjs Calvaert, Francesco Albani e Domenichino211.
In questi stessi anni Antonio Gatti sembra impegnato nell’esecuzione dei ritratti dei Gonzaga per Venezia pertanto la stessa impronta emiliana doveva caratterizzare anche queste opere oggi purtroppo difficilmente rintracciabili tra le numerose copie dei ritratti della famiglia conservate in collezioni private212.
Pietro Zani fidentino, 29 voll., Tipografia ducale, Parma 1822, parte prima, IX, p. 382, nota 6; qui è pubblicata una lettera di monsignor Orazio Spinola al duca di Parma in cui è citato il Gatti).
209 FURLOTTI, Il carteggio tra Bologna cit., doc. 206.
210 S. L’OCCASO, Gatti pittore a corte. E’ sua la pala di San Barnaba, in “Gazzetta di Mantova”, 12
agosto 2010.
211 ID., Museo di Palazzo Ducale di Mantova. Catalogo generale delle collezioni inventariate.
Dipinti fino al XIX secolo, Publi Paolini, Mantova 2011, pp. 291-293, tav. CXII.
Nella città lagunare continua l’incessante richiesta dei ritratti e Camillo Sordi nel 1614 incalza ancora la corte (doc. 59). Alla fine del 1615 l’inviato vuole ottenere il ritratto di Vincenzo Gonzaga in abito cardinalizio insieme all’insegna della famiglia con il collare del Redentore e così scrive a Mantova:
“hora cominciano le instanze di questi signori di haver copia del ritratto di sua altezza in habito seculare et se bene io non li prometto cosa alcuna per la difficultà che ne ritrovai altre volte con tutto questo, se vostra signoria potesse impetrarme questa comodità di obligarmi tanti signori, lo riceverei a favor singolare, oltre che non sarebbe con danno delli negozi di sua altezza poiché alle volte un buon avviso giova assai nelli interessi de principi, ma tutto sempre detto con buona gratia e sodisfatione dell’altezza sua. In oltre perché il tempo nel corso di sei anni che sonno in questo servigio mi ha guastato l’insegna di questa serenissima casa, che tenevo sopra le due porte della casa, et anco perché erano con il collare del tosone, supplico vostra signoria a favorirmi di levar ordine di sua altezza al suo pittore, che me ne facci altra col collare del Redemptore che qui non si sa fare” (doc. 91).
La richiesta del ritratto del principe Vincenzo, fratello del duca, è motivata dal fatto che il giovane Gonzaga aveva ottenuto il cappello cardinalizio proprio nel concistoro del 2 dicembre 1615. Vincenzo vestirà l’abito per brevissimo tempo perché sposa Isabella di Novellara, una vedova più anziana di lui con prole, e rinuncia per questo al cardinalato. Il matrimonio procura alla famiglia Gonzaga non pochi problemi tra cui la perdita della dignità cardinalizia per il giovane nel concistoro del 5 settembre 1616 e le successive richieste di annullamento dell’unione inviate a papa Paolo V che si oppone alla revoca.
Sordi richiede a Mantova anche l’insegna di casa Gonzaga con il collare del Redentore, ordine istituito nel 1608, che doveva essere commissionata al “pittore del duca”, forse Domenico Fetti, favorito di Ferdinando Gonzaga.
Passano i mesi e i ritratti della famiglia non arrivano a Venezia. Finalmente il 19 marzo 1616 l’ambasciatore dichiara di aver ricevuto il ritratto di Vincenzo in abito cardinalizio e dopo qualche mese ringrazia per l’invio del ritratto del duca Ferdinando (docc. 100 e 101, n. 2).
Dopo quattro anni sembrano essere solo tre i ritratti dei Gonzaga inviati da Mantova a Venezia: quello del principe Vincenzo, eseguito da Antonio Gatti, la tela con lo stesso Vincenzo in abito cardinalizio, copiato da un pittore “eccellentissimo” di cui non si conosce il nome e il terzo del duca Ferdinando di cui non si hanno altre informazioni. Poiché sembra improbabile l’invio dei ritratti più importanti che ornavano le sale del Palazzo Ducale, s’immagina che nella città lagunare siano giunte le copie di questi dipinti oggi di difficile identificazione tra i numerosi ritratti gonzagheschi non di eccellente qualità.
Tuttavia un’importante scoperta ha permesso di fare un passo avanti in questa ricerca. Presso Palazzo Vendramin Calergi sul Canal Grande, che nel 1583 era la dimora veneziana del duca Guglielmo Gonzaga213, è stato riconosciuto un ritratto a figura intera che rappresenta Vincenzo I, il padre di Ferdinando, che indossa un’armatura decorata con il motto “SIC”, ideato nel 1601 per le campagne militari dei Gonzaga in Ungheria contro i turchi214 (fig. 30). Nella tela il duca tiene la mano sinistra sulla spada e la destra su un mobile sul quale è appoggiato l’elmo piumato. L’opera è stata attribuita da Paolo Bertelli all’ambito di Frans Pourbus il Giovane (1569-1622), pittore fiammingo e artista della corte mantovana, che tra il 1600 e il 1608 ha più volte ritratto Vincenzo I Gonzaga215.
213 SOGLIANI, Il carteggio tra Venezia cit., pp. 33-42.
214 P. BERTELLI, Appunti sulla ritrattistica di Vincenzo I Gonzaga, in D. FERRARI-S. MARINELLI (a
cura di), Studi per Chiara Tellini Perina, Arcari ed., Mantova 2012, pp. 229-249. L’opera era già stata pubblicata ma come ritratto di un componente della famiglia Grimani-Calergi in M. GEMIN-F. PEDROCCO, Ca' Vendramin Calergi, Berenice ed., Milano 1990, p. 86.
215 A. BACCHET, François Pourbus. Peintre de portaits à la cour de Mantoue (1600-1610), in
“Gazette des Beaux-Arts”, 25 (1868), 2, pp. 280-281; U. ROSSI, Francesco Pourbus il giovane a
Parigi, in “Archivio storico dell’arte”, 17, 1889, pp. 404-408; R. MORSELLI, Vincenzo Gonzaga e la
pittura fiamminga alla corte di Mantova. Spigolature su Pourbus e Rubens, in “Bulletin de l’Institut Historique Belge de Rome”, LXXVI, 2006, pp. 137-170; M. WEISS (a cura di), From
Merchants to Monarchs. Frans Pourbus The Younger, The Weiss Gallery, London 2015. Frans Pourbus il Giovane ha eseguito diversi ritratti del duca mantovano in armatura tra cui un esemplare celebre, usato come immagine-guida della mostra mantovana La Celeste Galeria, oggi in collezione privata e datato tra il 1604 e il 1605, oppure la tela di Tatton Park, sempre con il Gonzaga in piedi, di qualche anno precedente (cfr. G. CAPITELLI, scheda n. 26 in MORSELLI, La
Si potrebbe pertanto ipotizzare che la tela sia ancora a Venezia non perché il Palazzo Vendramin-Calergi era un tempo proprietà dei Gonzaga, ma perché inviata all’ambasciatore Camillo Sordi che più volte l’aveva richiesta alla corte.
Per i caratteri stilistici l’esecutore dovrebbe essere un fiammingo come sembrano confermare anche i documenti inediti qui trascritti. Si ricorda che Peter Paul Rubens (1577-1640) aveva lasciato Mantova per Anversa già nel 1608 e che Frans Pourbus il Giovane, tra il 1612 e il 1616, si trovava già a Parigi al servizio di Maria de’ Medici. Invece Justus Suttermans216 (1597-1681), altro fiammingo e grande ritrattista dei Medici, riceve diverse commissioni dalla corte mantovana dopo il matrimonio di Ferdinando Gonzaga con Caterina de’ Medici nel 1617. È arduo pertanto assegnare un nome a questo artista che potrebbe aver eseguito anche il Ritratto di Vincenzo II Gonzaga, datato tra il 1622 e il 1625, oggi in Palazzo Ducale217 (Inv. 6825).
I documenti del carteggio aprono una nuova strada di ricerca che vede l’invio di alcuni dipinti da Mantova per essere copiati nella città lagunare. Tra questi c’era certamente il ritratto di Vincenzo I Gonzaga, oggi nel Palazzo Vendramin Calergi, eseguito da un pittore fiammingo che potrebbe aver dipinto anche un secondo ritratto, rintracciato nello stesso luogo, con un giovane con lunghi capelli e un guanto in mano (fig. 31). Questa figura appoggia il cappello piumato sullo stesso mobile che compare nel ritratto del duca mantovano pertanto sembra evidente che le due tele siano state eseguite dal medesimo artista.
216 M. CHIARINI-C. PIZZORUSSO (a cura di), Sustermans. Sessant’anni alla corte dei Medici,
catalogo della mostra (Firenze, Palazzo Pitti), Centro DI, Firenze 1983.