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Le incisioni di Justus Sadeler per i ritratti dei Gonzaga

2. Episodi di cultura artistica tra Venezia e Mantova

2.4 Le incisioni di Justus Sadeler per i ritratti dei Gonzaga

Alcune lettere del carteggio testimoniano la volontà della corte mantovana di dare alle stampe un celebre volume dal titolo Genealogia Gonzaga243 (fig. 37) di Antonio Possevino (1533/1534-1611), padre gesuita che fu segretario del cardinale Ercole Gonzaga e diplomatico della corte ponteficia nella metà del Cinquecento244.

242 SAFARIK, Fetti cit., pp. 271-278, n. 123.

243 Doct. Antonii Posseuini iunioris philosophi, et medici mantuani, Gonzaga. Calci operis addita

genealogia totius familiae, Mantuae:apud Osannos typographos ducales, 1617. Sul frontespizio del volume c’è una calcografia disegnata dall’architetto Nicolò Sebregondi.

244 Il gesuita Antonio Possevino (1533-1611) fu un’importante personalità della Controriforma

poiché diede un forte contributo all'azione antiprotestante in Polonia e in Transilvania. Dopo essere stato precettore presso i Gonzaga, egli entrò nella Compagnia di Gesù (1559) e fu ordinato prete nel 1561. Svolse importanti missioni in Piemonte contro i valdesi e i calvinisti (1560) e poi in Francia contro gli ugonotti (1563-72). Segretario della Compagnia di Gesù, fu inviato da Gregorio XIII in Svezia (1577-80) e ottenne la conversione segreta al cattolicesimo di re Giovanni III. Passò quindi in Polonia e in Russia (1580) ed ebbe contatti con Stefano Báthory e Ivan il Terribile. Tornato in Italia, visse a Padova insegnando nel collegio gesuitico dove ebbe tra gli allievi Francesco di Sales (1587-91). Possevino riprese la sua attività diplomatica in due occasioni: nel 1593, presso il duca di Nevers, inviato da Enrico IV per la questione dell'assoluzione papale, e nel 1595 per difendere l'ordine espulso dalla Francia. Tra i suoi scritti si ricordano il diario della sua missione in Russia (Moscovia, 1586), la forte polemica contro il protestantesimo (Atheismi

Lutheri, Melanchtonis, Calvini, Bezae, ecc., 1586) e contro Machiavelli, Bodin, de La Noue e Duplessis-Mornay (Iudicium, 1592), la sua Bibliotheca selecta qua agitur de ratione

studiorum (1593), l'Apparatus ad omnium gentium historiam (2 voll., 1597 e 1602) e l'Apparatus

sacer ad scriptores Veteris et Novi Testamenti (3 voll., 1603-06) (cfr M. SCADUTO, Le visite di

Antonio Possevino nei domini dei Gonzaga, in “Archivio Storico Lombardo”, n. 86, 1960, pp. 336- 410; G. PIAIA, Aristotelismo, “heresia” e giurisdizionalismo nella polemica del p. Antonio

Nel 1617 l’opera non era ancora stata pubblicata pertanto se ne occupa il nipote, Antonio Possevino il Giovane (1566-1629), medico e storiografo, che nel 1600 aveva pubblicato un poema latino in cinque libri dal titolo De Theorica

morborum245. Antonio Possevino il Giovane è ricordato anche nel romanzo storico di Giambattista Intra dedicato al Sacco di Mantova (1872) in cui l’autore immagina una serata organizzata dalla corte a Palazzo Te con diverse figure che circondano il duca Vincenzo II Gonzaga e tra queste il medico Possevino, elogiato nel romanzo perché “nella nobiltà della lingua e nella grandezza dei concetti ha emulato e talvolta fino vinto lo stesso Tito Livio”246.

Per terminare il volume mancavano ancora alcuni ritratti dei duchi mantovani e le incisioni dovevano essere fornite dall’artista fiammingo Justus Sadeler247 (1580ca.-1620), nato ad Antwerp e formatosi nella bottega del padre, (1973), pp. 125-145; A. CASTALDINI, Antonio Possevino. I gesuiti e la loro eredità culturale in

Transilvania, IHSI, Roma 2009). Per un aggiornamento sulla sua figura si rimanda agli Atti dell’Accademia Nazionale Virgiliana di Mantova in occasione del IV centenario della sua morte (cfr. A. CASTALDINI (a cura di), Antonio Possevino (1533-1611). Un gesuita mantovano della

vocazione europea, in “Atti e Memorie dell’Accademia Virgiliana”, n. s., vol. LXXIX (2011)- LXXX (2012), 2014, pp. 197-280).

245 Antonio Possevino il Giovane (1566 ca.-1629) era figlio di Alessandro Possevino, fratello del

padre gesuita. Antonio viaggia tra Roma e la Germania e nel 1608 diventa presidente del Collegio dei medici di Pavia. L’impresa della pubblicazione della Genealogia Gonzaga è già richiesta dal duca Francesco IV nel 1612 ma l’opera non viene data alle stampe per la morte del Gonzaga. Ferdinando, divenuto duca nel 1613, richiama da Roma il Possevino e gli riaffida l’incarico (cfr. G. ARRIVABENE, Compendio cronologico-critico della storia di Mantova dalla sua fondazione sino ai

nostri tempi, 5 voll., Francesco Agazzi stampatore, Mantova 1807-1838, vol. IV (1833), pp. 78- 79). Di Possevino il Giovane esiste un ritratto riferito a Pietro Facchetti nella collezione del Palazzo Pubblico di Siena menzionato al n. 71 tra i quadri del lascito Spannocchi (1835), fondo proveniente dal saccheggio mantovano del 1630 (cfr. C. TELLINI PERINA, Aggiunte al Facchetti, in “Quaderni di Palazzo Te”, 3, 1996, pp. 71-77; S. L’OCCASO, Siena e il legato Spannocchi, in MORSELLI, Gonzaga. La Celeste galeria. L’esercizio cit., pp. 285-291, qui p. 288). L’opera è pubblicata da Stefania Lapenta che la riconosce in una voce dell’inventario dei beni Gonzaga del 1626-1627 (n. 1048) ma confonde le date di nascita e morte del padre gesuita con quelle del nipote (cfr. LAPENTA-MORSELLI, Le Collezioni Gonzaga. La quadreria cit., p. 292).

246INTRA, Il sacco di Mantova cit., pp. 9-10.

247P. SÉNÉCHAL, Les graveurs des Écoles du Nord à Venise 1585-1620. Les Sadelers: entremise et

Jan I Sadeler (1550-1600), che viaggiò tra le Fiandre, la Germania, Roma e giunse infine a Venezia dove aprì una bottega.

Fin dal 1599 Justus Sadeler lavora nella città lagunare anche come mercante di stampe ed è in contatto con Grazioso Bontempelli detto dal Calice, fratello di Bartolomeo248, che aveva strette relazioni con i Gonzaga. Anche gli zii Aegidius Sadeler I (1555ca.-1609ca.) e Raphael Sadeler I (1561-1628) erano incisori e mercanti come del resto i cugini, tra i quali si ricorda il famoso Aegidius Sadeler II (1568ca.-1628), attivo alla corte di Monaco (1590 e 1594-1597), a Roma (1593), a Napoli, a Praga e presente più volte nei documenti dell’Archivio Gonzaga249.

A Venezia Justus Sadeler è in rapporto con l’architetto e scenografo Vincenzo Scamozzi, autore del trattato l'Idea dell'Architettura Universale (1615), che il fiammingo acquista in più di seicento copie contribuendo così alla diffusione dell’architettura classicista in Olanda250.

L’incisore è presente nei carteggi dell’Archivio Gonzaga fin dai primi mesi del 1600 quando, dopo la morte del padre, ne eredita la bottega che conduce con

Sadeler: Print Publisher and art dealer in early Seicento Venice, in “Print Quarterly”, VII, n. 1, 1990, pp. 22-35; P. PRANGE, voce Sadeler, in “Neue Deutsche Biographie”, 22 (2005), pp. 345- 347, URL:http://www.deutsche-biographie.de/pnd119066556.html, ultimo accesso 1° agosto 2016.

248 SÉNÉCHAL, Justus Sadeler cit., p. 30, n. 54.

249 Alessandro Luzio pubblica un elenco di opere di Aegidius Sadeler acquistate da Vincenzo I

Gonzaga nel 1591 a Monaco e ad Augusta (cfr. LUZIO, La Galleria cit, p. 37). Egli è anche in rapporto con Ottavio Strada, figlio del mercante e antiquario mantovano Jacopo Strada. Nel 1596 Ottavio invia da Praga alcuni libri a Vincenzo I con molte imprese di principi illustri incise da Sadeler, probabilmente il primo nucleo da cui prenderà forma un suo famoso testo che sarà stampato tra il 1601 e il 1603 in tre volumi (cfr. VENTURINI, Il carteggio tra la corte cesarea cit., docc. 628, 634, 636, 645, 656, 720, 735). Il 25 gennaio 1616 Claudio Sorina invia da Praga al duca Ferdinando una stampa che rappresenta la giostra imperiale organizzata per l’incoronazione di Anna d’Asburgo ed eseguita probabilmente da Aegidius Sadeler (IVI, doc. 1183). Infine nel 1622 circa Sadeler esegue per l’imperatore Ferdinando II d’Asburgo la serie delle dodici Imperatrici riproducendo dipinti che si trovavano nelle sale di Palazzo Ducale di Mantova e oggi perduti (cfr. R. BERZAGHI, schede 205.1-12 in MORSELLI, La Celeste Galeria. Le raccolte cit., pp. 613-616).

250F. BARBIERI-G. BELTRAMINI (a cura di), Vincenzo Scamozzi 1548-1616, catalogo della mostra

(Vicenza, Centro Internazionale di studi di architettura “A. Palladio”), Marsilio, Venezia 2003, p. 133.

lo zio Raphael I. Il 13 marzo 1600 il reverendo Tommasi di Livorno manda da

Bologna al duca Vincenzo I un’immagine devozionale della Madonna di Crea251

perché il pittore Ippolito Andreasi ne traesse un disegno che sarebbe servito a Justus per intagliare l’immagine sacra in rame252. E’ noto che una sua incisione raffigurante la Madonna di Crea, datata 1610, è dedicata dall’ingegnere Gabriele Bertazzolo al duca di Mantova253.

I contatti con i Gonzaga sono pertanto ben avviati quando il 24 febbraio 1617 il residente mantovano a Venezia, Francesco Battaini, scrive alla corte che Sadeler sarà presto sollecitato per “la speditione dell’intaglio di quelle teste che vostra signoria illustrissima mi scrive” (doc. 132). Il 5 aprile dello stesso anno l’ambasciatore comunica di aver parlato con l’incisore che è già al lavoro e per questo desiderava essere pagato (doc. 139). Il 20 maggio Battaini ribadisce alla corte che Sadeler consegnerà al più presto le incisioni (doc. 141) mentre il 27 maggio così scrive:

“Dice il Sadler che di costì aspetta miglior ritratto di sua altezza e del signor illustrissimo suo padre et fratello per poter fornir gli intagli, che così dice haver scritto al signor Possevino et per dir il vero vidi li ritratti mandati che poco hanno del somigliante” (doc. 142).

L’artista è in diretto contatto con Antonio Possevino il Giovane che è stato incaricato da Ferdinando Gonzaga di terminare il lavoro e dichiara che, pur avendo ricevuto i ritratti dei duchi Ferdinando, Vincenzo I e Francesco IV, questi sono poco somiglianti e pertanto chiede di avere opere di buona mano. Il 26 agosto Battaini scrive che Sadeler sta aspettando “l’effigie vera delle teste che scrisse” (doc. 154) e il 16 settembre che l’artista “aspetta le teste protestando che da sé non manca” (doc. 155).

251A Crea (Alessandria) si trova ancora oggi un antico luogo di culto, un monte sacro, con una

Madonna Nera molto venerata.

252 FURLOTTI, Il carteggio tra Bologna cit., doc. 120.

253 R. BERZAGHI, Ippolito Andreasi (1548-1608), in S. MARINELLI (a cura di), Manierismo a

Mantova. La pittura da Giulio Romano all’età di Rubens, Arti Grafiche Amilcare Pizzi, Milano 1998, pp. 161-171, qui p. 171, n. 71.

Alessandro Luzio ha rintracciato una lettera di Antonio Possevino il Giovane, datata 12 dicembre 1616, in cui il medico chiede alla corte che i disegni dei ritratti mancanti siano affidati al più presto a Domenico Fetti:

“ricordo a vostra signoria illustrissima, la speditione dell’intaglio del frontespizio et l’ordine al Fetti per le teste, poiché io non l’ho mai visto et questo negocio andrà in infinito”.

Luzio scrive anche che alcuni dei ritratti presenti nel volume a stampa del Possevino non derivano da opere presenti a Mantova ma sono frutto della fantasia dell’incisore (ad esempio l’immagine di Walterio di Gonzaga o quella della contessa Matilde di Canossa) mentre altri ritratti sono desunti da pittori di “autorità insospettabile” e in particolare da alcuni quadri “fatti dal Feti con teste et busti delli marchesi et duchi di Mantova et Monferrato”254.

Nel carteggio esaminato non sono state rintracciate informazioni al riguardo e, considerato il risultato alquanto deludente dei ritratti gonzagheschi presenti nel volume (Ritratto del duca Ferdinando, fig. 38), si ipotizza che l’artista non abbia fornito alcuna opera al Sadeler255. Ciò sembra essere confermato da una lettera inedita scritta da Marco Sadeler, datata 11 giugno 1622, in cui l’erede della famiglia256, dopo molti anni, scrive da Venezia al duca Ferdinando per chiedere di poter terminare l’opera del Possevino per la quale mancavano ancora tre ritratti dei Gonzaga:

“Essendo io restato govenator delli eredi del signor Giusto Sadeler li qualli sono cinque creature picholi per li qualli seria di bisogno molte cosse per fargli hommini et havendo io visto l’opere di tutti li ritrati della casa di sua altezza et essendo restato l’opera imperfetta per occasione che sono 3 che non somiglia, ora essendo qui un

254 LUZIO, La Galleria cit., p. 286.

255 David Chambers scrive invece che il ritratto di Ferdinando nel volume di Possevino sia stato

ideato da Domenico Fetti intorno al 1616 (cfr. CHAMBERS, "The Bellissimo ingegno" cit., p. 115).

256 Gemma Piccin ritiene che Marcus Sadeler sia figlio di Aegidius Sadeler II (cfr. C. LIMENTANI

VIRDIS-F. PELLEGRINI-G. PICCIN, Una dinastia di incisori: i Sadeler. 120 stampe dei Musei Civici di

figliolo del signor Raffael Sadeler il qual starà qui da 3 mesi il qual intaglia come vederà sua altezza questo retrato incluso, havendo io visto questa bonna ocagione non ho podesto manchar di dar fastidio a sua altezza per aiutar queste creature con pregarla che dia ordene di dar fin a questa opera avendo fatto la più parte della spesa, ma se sua altezza vol che quelli retrati somiglia besogna farne aver bonni disegni ho [sic] veramente in pitura che somiglia così si farà l’opera perfetta et sua altezza restarà servita et noi haveremo honor et utile per queste creature” (doc. 369).

La lettera è la prova che fino al 1622 nessun buon dipinto era stato inviato al Sadeler da Mantova per terminare le incisioni e che la commissione non era stata neppure pagata all’artista. Poiché l’opera di Antonio Possevino è stata invece pubblicata nel 1617, prima della morte di Justus Sadeler257, si può immaginare che l’incisore si sia accontentato dei ritratti che aveva a disposizione. La ristampa del volume, datata invece 1628, non riporta le effigie dei Gonzaga e questo confermerebbe ancora una volta che nessun ritratto era stato fornito all’incisore né tanto meno dal Fetti.

Il documento rintracciato è quindi importante perché non solo fornisce nuove informazioni sulla pubblicazione di questo volume ma anche sulla famiglia Sadeler: la critica riteneva che Justus, pur essendo sposato, non avesse avuto eredi mentre nel 1622 Marco Sadeler dichiara che egli aveva avuto cinque figli e che uno dei suoi cugini, forse l’incisore Raphael II Sadeler, operava a Venezia.258.