libri a Venezia
3.1 Letterati ed eruditi alla corte di Mantova
Nel carteggio veneziano si coglie con chiarezza la profonda cultura letteraria, scientifica, giuridica e teologica del duca che, per studio o per diletto, acquista libri a Venezia con una certa frequenza. Ferdinando Gonzaga leggeva in latino, tedesco, francese, spagnolo, nella lingua ebraica e in quella greca e scriveva componimenti poetici. Giovanni Da Mula, ambasciatore della Serenissima inviato a Mantova nel 1615, così lo descrive nella sua relazione al Senato veneziano:
“E’ questo principe di vivissimo ed acutissimo ingegno, di bel spirito e di grandissima attitudine a tutte le cose. Ma nei studi particolarmente ha fatto gran progresso, essendo stato tenuto dal duca Vincenzo suo padre gran parte della sua gioventù in Germania ed in Pisa in studio, avendo avuto sempre concetto di applicarlo alla corte di Roma e che fosse cardinale. Ha una memoria stupenda, e professa di non si scordar mai quello che una volta abbia veduto o letto; il che gli riesce anco molto felicemente. Possiede francamente, oltre l’ordinaria nostra volgar lingua, la latina, la todesca, la francese e la spagnola, e legge ancor bene l’ebrea e la greca…ha scritto molto in filosofia ed in teologia, ma soprattutto fa professione delle materie legali…della poesia si diletta estraordinariamente: ha sempre come si suol dire per le mani tutti li buoni poeti antichi e moderni, così volgari come greci e latini e compone leggiadramente e gode di raccontar quello che ha composto e che siano commendate le sue composizioni…la mattina nell’uscir delle stanze ha sempre qualche cosa di grazioso da dire e da comunicare con alcuna persona letterata. Il che non dà satisfazione al resto delli suoi gentiluomini di camera e di corte, che erano soliti di essere più dimesticamente trattati dal duca Francesco e dal duca Vincenzo, parendo loro che il presente duca non faccia stima d’altri che di chi fa professione di lettere”287.
Il duca richiede libri ai suoi inviati e intermediari in diverse città italiane per incrementare la sua raccolta libraria e il suo ducato, nonostante la grave crisi
economica e politica, è ancora un centro di raccolta e produzione letteraria, dove gli intellettuali desiderano rifugiarsi. È il caso dell’erudito Anastasio Giusberti288 che il 16 febbraio 1613, dopo aver soggiornato in altre città, scrive al duca Ferdinando di voler tornare a Mantova. Giusberti è citato nei carteggi gonzagheschi fin dai primi anni del Seicento: nell’aprile del 1602 Ercole Udine segnala che era l’insegnante di latino e di greco dei principi mantovani e che aveva prodotto per Vincenzo I delle tavole scientifiche sui metalli, sui sali, sulle gioie, sulle pietre, sui cristalli, sull’agricoltura, sulla medicina e sui fuochi289. Giusberti tornava a Mantova portando con sé più di dodici volumi manoscritti, prodotti in oltre quindici anni di studio e desiderava redigere una genealogia della famiglia Gonzaga in italiano e in latino (doc. 9). Non c’è ragione di ritenere che la sua richiesta non sia stata accolta e pertanto si può immaginare che Ferdinando, che “sotto dottissimi maestri s’era grandemente avanzato in ogni sorte di più nobile disciplina”290, abbia accolto a corte il vecchio insegnante.
Nello stesso anno un altro erudito, il lauretano Traiano Boccalini291, invia a Mantova la seconda parte (detta Centuria) del suo componimento in prosa più
288 Anastasio Giusberti è autore di lettere d’encomio stampate nella prima edizione della PETRII
JUSTINIANI patritii Veneti Aloysii F. rerum venetarum ab urbe condita historia (Venezia, apud
Comino de Tridino Montisferrati, 1560) (cfr. M. FOSCARINI, Della letteratura veneziana ed altri
scritti intorno ad essa, Gattei, Venezia 1854, p. 293). Ciro Perna scrive che all’interno del canzoniere satirico di Romano Alberti (1540ca.-1600ca.), manoscritto oggi testimoniato dal codice XIII D 54 della Biblioteca “Vittorio Emanuele” di Napoli, tra i vari testi dedicati a personaggi illustri, il X è per Anastasio Giusberti con il quale Alberti fu in contatto nel suo periodo veneziano tra il 1587 e il 1588 (cfr. C. PERNA, I capitoli di Romano Alberti tra satira e burlesco, in “Critica Letteraria”, XXXVIII, fasc. IV, 149/2010, pp. 654-688). Anche Antonino Bertolotti rileva l’importanza di quesa figura per la corte mantovana (cfr. A. BERTOLOTTI, Varietà archivistiche e
bibliografiche, in “Il Bibliofilo”, V (1884), pp. 163-166; VI (1885), pp. 39-41; VIII (1887), pp. 90 s.; IX (1888), pp. 56-57, 70-73, 160-162).
289 SERMIDI, Le Collezioni cit., docc. 533, 534, 535.
290 I. DONESMONDI, Dell’Istoria Ecclesiastica di Mantova, II, Mantua 1616 [edizione anastatica
Forni, Roma 1974, p. 416].
291 Traiano Boccalini (1556 ca.-1613) è scrittore politico e satirico. Intrapresi gli studi giuridici a
Perugia e a Padova, si trasferisce a Roma, dove è nominato governatore di Trevi, di Tolentino, di Brisighella, di Benevento e nel 1599 anche giudice criminale. La sua fama è legata ai Ragguagli di
famoso, i Ragguagli di Parnaso, in cui l’autore immagina un parlamento sul monte Parnaso presieduto da Apollo e popolato di eruditi e di poeti (doc. 36). Fingendo di essere un uomo di legge, Boccalini ne giudica con satira arguta i costumi, le idee e la produzione letteraria292. Ferdinando sembra essere interessato al testo già nel 1612 quando era ancora a Roma e l’autore gli aveva inviato la prima Centuria.
I primi contatti di Boccalini con la corte mantovana si rintracciano nelle carte mantovane fin dai primi anni del Seicento. Ai documenti pubblicati da Antonino Bertolotti alla fine dell’Ottocento si aggiungono le ricerche di Alessandro Luzio, di Alfonso Silvestri e di Luigi Firpo nel Novecento che hanno permesso di ricostruire alcuni anni della biografia del letterato293. Quindici lettere, datate tra il 1603 e il 1605, descrivono il suo rapporto con Vincenzo I Gonzaga negli anni in cui egli è nominato governatore pontificio delle valli di Comacchio dove la famiglia mantovana aveva una bandita di caccia.
Lettere inedite rintracciate nel carteggio veneziano aggiungono altre notizie a quanto è già noto e confermano l’importanza di questa figura nel panorama letterario italiano d’inizio Seicento. Dopo la morte di Vincenzo I nel pubblicazioni postume La cetra d’Italia (Venezia, 1613) e la Pietra del paragone politico (Venezia, 1615) (cfr. L. FIRPO (a cura di), [Traiano Boccalini], Ragguagli di Parnaso e scritti
minori, 3 voll., Laterza, Bari 1948; ID., voce Boccalini Traiano in Dizionario biografico degli
italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana "Giovanni Treccani", vol. XI, Roma 1969, pp. 10-19; G. BALDASSARRI (a cura di), Traiano Boccalini, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma 2006; L. MELOSI-P. PROCACCIOLI (a cura di), Traiano Boccalini tra satira e politica, Atti del Convegno di studi (Macerata-Loreto 2013), Biblioteca dell’”Archivum Romanicum”, serie I: Storia, Letteratura, Paleografia, 432, Leo S. Olschki ed., Firenze 2015 a cui si rimanda per tutta la bibliografia precedente). Ringrazio Paolo Procaccioli per le preziose informazioni che mi ha trasmesso.
292 H. HENDRIX, Traiano Boccalini fra erudizione e polemica. Ricerche sulla fortuna e bibliografia
critica, Olschki ed., Firenze 1995.
293 A. BERTOLOTTI, Varietà archivistiche cit., V, 1884, pp. 74-75; LUZIO, L’Archivio Gonzaga cit.,
p. 234; A. SILVESTRI, Traiano Boccalini e i “Ragguagli di Parnaso” (nelle relazioni con i
Gonzaga), in “Rivista letteraria”, vol. V, 1933, fasc. 6, pp. 1-7; L. FIRPO, Nuovi inediti del
Boccalini, I: Ulteriori contributi alla terza “Centuria” dei “Ragguagli di Parnaso” e II: Il
carteggio del Boccalini coi Duchi di Mantova, in “Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa”, serie II, vol. XVII, 1948, pp. 37-64.
1612, Boccalini si era rivolto a Francesco IV al quale aveva inviato il suo componimento per chiedere aiuto per i privilegi di stampa. L’opera è così descritta dal suo autore:
“[essa] contiene materie politiche e morali, ma però dette con tal piacevolezza e sotto la scorza di tali finzioni, che se io non sono ingannato dagli amorevoli virtuosi a quali le ho mostrate, così fattamente spero di haver unito il serio co’ l’piacevole, l’utile, co’ l’dolce che il libro sarà di tanto spaccio che il privilegio che desidero mi apporterà molta utilità”294.
Non avendo ricevuto alcuna risposta, Boccalini entra così in contatto con Ferdinando Gonzaga prima a Roma e poi a Mantova al quale invia nel 1613 la seconda Centuria in cui si rintracciano alcuni personaggi che popolavano la corte dei Gonzaga. In questo testo Apollo incontra il poeta di Lendinara Girolamo Magagnati295, “fiorentissimo ingegno veneziano” e letterato della corte
294 SERMIDI, Le Collezioni cit., doc. 1086.
295 Girolamo Magagnati (1565ca.-1618/1619) è poeta e scrittore ma anche vetraio, attività che
svolge tra Venezia e Murano e per la quale ottiene dal Consiglio dei Dieci nel 1595 il privilegio di usare gli smeraldi e altre pietre preziose nella produzione di vetri colorati (cfr. L. ZECCHIN,
Girolamo Magagnati vetraio e poeta, Estratto dalla rivista “Vetro e silicati”, VII, n. 37, gennaio- febbraio 1963, pp. 11-14). Intorno al 1585 Magagnati soggiorna a Roma e inserisce due composizioni nel Trattato della nobiltà della pittura di Romano Alberti (cfr. PERNA, I capitoli cit., fasc. IV, 149/2010, pp. 654-688). A Roma Magagnati incontra Traiano Boccalini con cui stringe un’amicizia destinata a durare tutta la vita. Nel 1604 è a Mantova e nel 1610 si reca in Toscana, dove è eletto associato dell’Accademia della Crusca e incontra Galileo Galilei (cfr. A. FAVARO(a cura di), Le opere di Galileo Galilei, Barbera, Firenze, 1890-1909, 20 voll. ripubblicato in A. FAVARO, Amici e corrispondenti di Galilei a cura di P. GALLUZZI, Libreria Editrice Salimbeni, Firenze 1983, 2 voll. (vol. I: Girolamo Magagnati, pp. 67-91). Con il Granduca de’ Medici Magagnati desiderava realizzare una grande impresa commerciale per attirare a Pisa e Livorno il commercio del Levante ma il suo progetto fallisce per la mancanza di finanziamenti. Dal 1612 si datano alcune sue lettere indirizzate a Giambattista Marino e Battista Guarini (cfr. E. BUFACCHI, voce Magagnati Girolamo in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana "Giovanni Treccani", vol. LXVII, Roma 2006, pp. 281-282 e L. SALVETTI FIRPO (a cura di), Lettere a diversi del Signor Girolamo Magagnati, premessa di C. CARABBA e G. GASPARRI, Olschki ed., Perugia 2006).
mantovana, autore nel 1612 di una pastorale, La Clomira, iniziata nel 1600 e dedicata al duca Ferdinando. Anche il nome di Girolamo Magagnati si rintraccia nei documenti gonzagheschi fin dai primi anni del Seicento quando invia a Vincenzo I le prime versioni della stessa pastorale296 e, come Boccalini, anch’egli offre il suo servizio a Ferdinando dopo la morte del padre297. A questi documenti si aggiunge una lettera inedita, datata 6 febbraio 1615, in cui il letterato di Lendinara scrive di voler pubblicare una raccolta di testi di uomini illustri e, per questo, richiede uno scritto al Gonzaga (doc. 71).
Tornando a Traiano Boccalini e alla opera, nei Ragguagli di Parnaso il duca Ferdinando è celebrato per le sue virtù, la sua cultura e la protezione rivolta ai letterati e ai poeti: l’autore loda la pastorella Clomira come “ultimo e bellissimo parto del Magagnati [che] dal serenissimo Ferdinando, cardinale e duca di Mantova, era stata pigliata in sua protezione, in grazia di così letterato prencipe, pubblico amatore delle buone lettere e liberalissimo mecenate dei virtuosi”298. Il passo termina con il trionfo del Magagnati le cui opere sono degne di entrare nella libreria delfica, rappresentazione ideale di una ricca biblioteca nella quale si può riconoscere la raccolta libraria dei Gonzaga, collocata nelle sale di Palazzo
296 Il 19 agosto 1600 Girolamo Magagnati invia a Vincenzo I Gonzaga il primo atto della sua
pastorale (cfr. SERMIDI, Le Collezioni cit., doc. 468). Il 29 novembre 1603 egli scrive al duca di aver terminato La Clomira che poteva essere rappresentata nel teatro di corte (IVI, doc. 658), il 26 marzo 1605 invia un’altra opera letteraria non precisata al duca Gonzaga (IVI, doc. 737) e il 13 agosto 1606 una nuova stesura della pastorale (IVI, doc. 808). Il duca gli risponde con una lettera datata 22 agosto 1606 in cui dichiara di essere interessato al nuovo testo (IVI, doc. 808, n. 4). Il 20 ottobre 1607 Magagnati chiede a Vincenzo I l’autorizzazione alla stampa dell’opera che potrà uscire “nel teatro del mondo” poiché per le celebrazioni del matrimonio di Francesco IV Gonzaga con Margherita di Savoia (31 maggio 1608) gli era stata preferita l’Idropica di Giovanni Battista Guarini (IVI, doc. 870).
297 SALVETTI FIRPO, Lettere a diversi cit., docc. 39, 49, 53 (Magagnati invia l’opera La Vita di
Romolo fondatore di Roma), 56 (M. chiede l’intervento del duca per crediti con il mantovano Gasparo Cavagnari come nelle lettere successive), 57, 64, 65, 67, 69, 70, 71, 72, 73, 74 (M. alla duchessa di Mantova), 75, 76, 77, 78, 79 (M. alla duchessa di Mantova), 80, 81, 82, (M. alla duchessa di Mantova), 83, 87, 88, 182 (M. a Francesco IV Gonzaga), 187, 232 (M. a Vincenzo II Gonzaga).
Ducale, di cui non esiste un inventario completo poiché diverse sono state le librerie mantovane nel corso dei secoli, una per ogni membro della famiglia299. Nel periodo di governo di Ferdinando Gonzaga i documenti d’archivio già pubblicati e quelli trascritti nelle banche dati300, restituiscono un quadro solo indicativo della raccolta libraria del duca che era caratterizzata da volumi provenienti dall’Italia e dall’Europa e di argomento molto diverso. Anche in merito alle sale che potevano accoglierla non ci sono informazioni. Così scrive il duca Ferdinando nel 1624 alla moglie Caterina de’ Medici circa i suoi libri custoditi dal bibliotecario Antonio Salmazia:
“mi resta ancora di pregarla a dar ordine si accomodino i miei libri nella stanza grande da basso tramezzata delle colonne che altra volta si dimandava le Stanze di Giurietta, affinché al mio arrivo li trovi tutti disposti per ordine”.
Non è chiaro di quale ambiente si tratta ma è stato ipotizzato che questa sala potrebbe identificarsi con il salone sottostante la sala degli Arcieri dell’Appartamento Ducale di Vincenzo I, molto esposto alla devastazione dei lanzichenecchi al momento del Sacco, motivo per cui gran parte della raccolta libraria è stata perduta301.
299 Ogni esponente della famiglia Gonzaga aveva una sua biblioteca ma esisteva a corte una
biblioteca principale, un “fondo antico”, che andò costituendosi nel corso dei secoli del dominio sulla città di Mantova e che fu alienato a Venezia nel 1707 da Ferdinando Carlo, l’ultimo duca (cfr. C. H. CLOUGH, The Library of the Gonzaga of Mantua, in “Librarium”, XV (1972), pp. 51-63; I. PAGLIARI, «Una libreria che in Italia non v’era una simile ne’ anco a Roma». La biblioteca dei
Gonzaga, in MORSELLI (a cura di),La Celeste Galeria. L’esercizio cit., pp. 111-125; A. CANOVA,
Le biblioteche dei Gonzaga nella seconda metà del Quattrocento, in Principi e Signori. Le
Biblioteche nella seconda metà del Quattrocento, Atti del Convegno (Urbino), 5-6 giugno 2008, a cura di G. ARBIZZONI, C. BIANCA, M. PERUZZI, Accademia Raffaello-Urbino, Collana di Studi e Testi n. 25, quaderno n. 1, Urbino 2010, pp. 39-66).
300 Cfr. il progetto in rete “Banche dati Gonzaga”
http://banchedatigonzaga.centropalazzote.it/portale/ diretto da Andrea Canova e Daniela Sogliani.
301 La proposta è di Renato Berzaghi (cfr. R. BERZAGHI, Decorazioni in Palazzo Ducale da
I Gonzaga cercano di acquisire famose biblioteche per incrementare il loro patrimonio. Tra il 1580 e il 1601 è menzionata nelle carte d’archivio la raccolta di Aldo Manuzio, offerta da Aldo Manuzio il Giovane, che comprendeva testi greci, caldei, ebrei e latini. La celebre biblioteca non arriverà mai a Mantova perché depositata in parte nella Biblioteca Apostolica Vaticana302. Nel 1617 il duca Ferdinando desidera ottenere la raccolta di Giovanni Antonio Magini (1555- 1617), precettore dei principi mantovani e docente di matematica a Bologna. Il celebre scienziato possedeva libri di astronomia, geografia, astrologia e chimica. Con la sua morte la licenza per i testi proibiti era scaduta e la sua biblioteca rischiava di essere distrutta perché ritenuta pericolosa per il suo contenuto. Purtroppo la trattativa d’acquisto non va a buon fine e anche questa biblioteca non arriverà mai a a Mantova303.
Si ricordano invece molti altri volumi citati nei carteggi e acquistati dai Gonzaga in diverse città italiane: nel 1619 a Bologna l’enciclopedia medica di Fabrizio Bertoletti e nel 1620 le rime di Girolamo Preti e quelle di Cesare Rinaldi304; nel 1617 a Firenze un testo dedicato all’isola della Sardegna305 e nel 1621 una lista di libri di contenuto teologico e filosofico306; a Milano nel 1617 un volume di Cornelio Tacito in lingua spagnola307 e nel 1619 un testo stampato a Lione308.
Queste letture confermano la profonda cultura enciclopedica di Ferdinando Gonzaga che influenza anche tutte le sue scelte artistiche. Uno dei luoghi di Palazzo Ducale dove la formazione intellettuale del duca è più evidente è la Galleria degli Specchi (fig. 39), il cosiddetto “logion serato”, un ambiente voluto dal padre Vincenzo I come loggia aperta tamponata entro il 1611. La sala prende
302D. SOGLIANI, Precisazioni sulla biblioteca di Aldo Manuzio il Giovane offerta ai Gonzaga, in L.
MORLINO e D. SOGLIANI, Gli Archivi digitali dei Gonzaga e la cultura letteraria in età moderna, I Gonzaga digitali, I, Milano, Skira, pp. 69-80.
303 FURLOTTI, La corrispondenza tra Bologna cit., pp. 30-33. 304 IVI, docc. 310 e 316.
305 PICCINELLI, La corrispondenza tra Firenze cit., doc. 695. 306 IVI,doc.767.
307PICCINELLI, La corrispondenza tra Milano cit., doc. 1139. 308IVI,doc.1166.
il nome dalle grandi specchiature neoclassiche che ne arredano oggi le pareti eseguite nel Settecento quando i francesi dimorano nella reggia309.
Ferdinando ha un ruolo di primo piano nella scelta dei temi decorativi qui eseguiti, intorno al 1618, da una composita équipe di artisti: due pittori di formazione emiliana (Francesco Gessi e Gian Giacomo Sementi, allievi di Guido Reni), un artista di Monaco di Baviera (Carlo Santner) e il prefetto delle fabbriche ducali Antonio Maria Viani. Sulla volta del salone sono rappresentate le Virtù (Concordia, Eloquenza, Benignità, Immortalità, Intelletto, Affabilità, Liberalità e Innocenza), riconoscibili dall’Iconologia di Cesare Ripa, mentre nelle due grandi lunette sopra le porte vi sono due scene che celebrano le arti e la letteratura con, da una parte, Apollo, le Muse e i poeti (in basso si riconoscono i ritratti di Dante, Petrarca, Ariosto, Boccaccio e Torquato Tasso, fig. 40) e dall’altra Le Arti liberali (fig. 41). La parte centrale della volta è occupata da un grande affresco che rappresenta il Concilio degli Dei e, ai lati, il Carro della Notte e il Carro del Sole. Sembra ovvio leggere nell’estesa decorazione una glorificazione delle virtù del duca, espressamente richiamato dall'immagine del sole, presente nella sua impresa personale con il motto "Non mutuata luce".
La critica ha variamente discusso sulle motivazioni che spingono il duca a rappresentare qui il Parnaso e si è pensato all’illustre precedente del quadro di Andrea Mantegna dello Studiolo di Isabella d’Este oppure alla visione diretta, negli anni del cardinalato, del Parnaso di Raffaello delle Stanze Vaticane di cui è inviata a Mantova anche un’incisione nel 1608310. Più semplicemente nel Seicento la Galleria degli Specchi custodiva sulle pareti i capolavori della collezione d’arte di famiglia e la scelta di rappresentare Apollo con le Muse non suscita gran stupore.
Tuttavia merita una riflessione la presenza negli affreschi dei ritratti dei letterati, rappresentati ai piedi del dio che suona la lira. Ferdinando Gonzaga si confronta più volte con la figura di Apollo e questo tema è presente in un ciclo di dipinti con Apollo e le Muse, oggi al Musée des Beaux-Arts di Arras,
309R. BERZAGHI, La Galleria degli Specchi del Palazzo Ducale di Mantova. Storia, iconografia e
collezioni in “Quaderni di Palazzo Te”, n. s., n. 2, 1995, pp. 49-71.
commissionato dal duca a Giovanni Baglione nel 1618 (figg. 42-50). Le opere sono eseguite dall’artista a Roma nel 1620 ma sono donate dal Gonzaga alla zia Maria de’ Medici, regina di Francia, nel 1624311. Per Mantova il duca richiederà al pittore un’altra serie, oggi scomparsa, che è collocata nel suo appartamento privato dove c’era una “camera delle Muse”312.
Ferdinando è celebrato come “maestro di tutte le Muse e consigliero d’Apollo” nell’orazione funebre che gli dedica il medico-filosofo Giovanni Alessandro Martinelli nel 1626313, pertanto non stupisce che gli eruditi del suo tempo lo considerassero un giudice delle loro opere, come testimonia una lettera del 1621 del poeta veneziano Giulio Strozzi314 che così cerca di blandire il suo nobile destinatario:
“mi honori l’altezza vostra di leggere questi due componimenti, che le presento, e insieme mi favorisca di porgermene il suo giuditio, poiché ella fra tutti i principi del mondo può meglio d’ogni altro esserne prudentissimo censore, il che mi darà animo d’inviarle ben presto alcuni altri saggi che ho in pronto per mandare alla censura del mondo” (doc. 292).
Alla luce di queste considerazioni la relazione tra i Ragguagli di Parnaso di Traiano Boccalini e gli affreschi della Sala degli Specchi di Palazzo Ducale sembra essere più stringente se si prova a identificare il duca Ferdinando con il dio Apollo dell’affresco al quale fanno riferimento i letterati antichi e moderni citati più in basso. Il Parnaso con le Muse rappresenterebbe pertanto la corte
311 L. MARINIG, scheda n. 68, in MORSELLI, La Celeste galeria. Le raccolte cit., pp. 218-221 e
LOIRE, La dispersione cit., pp. 261-262.
312MORSELLI,Le Collezioni Gonzaga. L’elenco cit., pp. 97-98. 313 MORSELLI, La Celeste Galeria. Le raccolte cit., p. 155.
314 Giulio Strozzi (1583-1652), noto con lo pseudonimo di Luigi Zorzisto, è un poeta e
librettista attivo nella prima metà del XVII secolo. Iniziati gli studi a Venezia, si laurea in legge a Pisa e viaggia tra Roma, Padova e Urbino prima di far ritorno a Venezia intorno al 1620. La sua