2. Episodi di cultura artistica tra Venezia e Mantova
2.5 Ritrattistica musiva per la corte di Mantova
Il carteggio esaminato presenta una fitta corrispondenza tra la corte mantovana e il mosaicista Alvise Gaetano259, protagonista della scuola marciana di mosaico "moderno", attivo a Venezia nel cantiere della basilica di San Marco dal 1595 al 1631. L’artista è in contatto con i Gonzaga fin dall’estate del 1603 quando Ercole Udine, ambasciatore a Venezia, scrive alla corte che lo specchiaro Angelo degli
257 CHAMBERS, "The Bellissimo ingegno" cit., p. 115. 258SÉNÉCHAL, Justus Sadeler cit., p. 34.
259 G. CAPITELLI, voce Gaetano Alvise (Luigi), in Dizionario biografico degli italiani, Istituto
Angeli, incaricato di eseguire le finestre della Galleria della Mostra in Palazzo Ducale, gli ha presentato un mosaicista:
“un certo homo che lavora alla mosaica, cioè con pezzetti di vetro colorati come si lavora qui nel volto della chiesa di S. Marco, et fa ritratti al naturale, et mi ha mostrato un ritratto che ha fatto di sua altezza sebene a me pare che non vi somigli nulla; desiderarebbe venir costì e portarglielo, però ne ho voluto avvisare vostra signoria illustrissima e massime dirle che'l conduttore è messer Angelo delli Angeli, che è tenuto in questa città huomo sin troppo sicuro e piutosto furbo”260.
La lettera conferma che l’artista aveva eseguito un ritratto poco riuscito di Vincenzo I Gonzaga e che desiderava inviarlo a Mantova. Il 2 agosto 1603 Ercole Udine scrive che Alvise Gaetano vuole consegnare la sua opera al duca261 e nell’ottobre dello stesso anno Vincenzo I dichiara ad Alvise Cornaro di aver ricevuto lettere dal mosaicista262.
Nell’inventario dei beni Gonzaga del 1626-1627 è registrato “un quadretto alla mosaica con cornici di pero nero con sopra l'effigie del Serenissimo Signor Duca Vincenzo primo, stimato ducatoni 6”263. L’opera è collocata nella libreria del duca Ferdinando e ciò confermerebbe l’arrivo a Mantova di questo ritratto musivo del quale si sono perse le tracce.
Per quanto riguarda la figura dell’artista, si ricorda che Alvise Gaetano si era formato a Venezia nella bottega dei fratelli Zuccati, Valerio e Francesco, i più
260 ASMn, AG, b. 1535, f. I, cc. 133-134, 26 luglio 1603. La lettera è stata rintracciata da Micaela
Sermidi (cfr. SERMIDI, Le Collezioni cit., doc. 633) e riproposta da Raffaella Morselli in un articolo dedicato ai rapporti di Vincenzo I Gonzaga con Venezia (cfr. R. MORSELLI, Vincenzo Gonzaga,
Domenico Tintoretto e altri artisti veneziani. Intrecci e microstorie di committenze e di commercio artistico tra Venezia e Mantova al volgere del Cinquecento, in L. BOREAN-S. MASON (a cura di),
Figure di collezionisti a Venezia tra Cinque e Seicento, Forum, Editrice Universitaria Udinese, Udine 2002, pp. 77-117, qui p. 112).
261SERMIDI, Le Collezioni cit., doc. 635. 262MORSELLI, Vincenzo Gonzaga cit., p. 112.
importanti mosaicisti della basilica di San Marco, la cui attività continua fino ai primi anni del Seicento con Arminio, morto nel 1606, figlio di Valerio264.
Fin dall’inizio del Cinquecento la scuola musiva veneziana si era adeguata alle tendenze stilistiche della pittura contemporanea e si serviva di cartoni e di disegni dei più importanti maestri della città. Nella basilica marciana gli Zuccati collaborano con Tiziano265 come ricorda anche Vasari che così scrive nella vita del maestro cadorino: “quella maniera di pittura [il mosaico], è quasi dimessa in tutti gli altri luoghi” ma, grazie all’opera di Tiziano, “si mantien viva dal serenissmo senato di Venezia”. Per l’aretino inoltre “niuno ha meglio lavorato di quest’arte a tempi nostri che Valerio e Vincenzio Zuccheri [Zuccati] trivisani, di’ mano dei quali si veggiono in San Marco diverse e molte storie” 266.
Questa stretta collaborazione frutta ai mosaicisti commissioni ben retribuite ma ciò provoca anche dissapori in città che sfociano ben presto in una causa giudiziaria. Nel 1563 i due fratelli sono messi a processo dai Procuratori di San Marco perché accusati di aver ricoperto con il colore, anziché con tessere vitree, alcune parti delle superfici della basilica. Per risolvere la vertenza, che non sembra però avere grandi conseguenze sulla loro attività, sono eletti alcuni arbitri tra cui lo Schiavone, Tiziano, Veronese e Tintoretto267.
Valerio e Francesco Zuccati eseguono anche ritratti da cavalletto e soggetti sacri di piccolo formato che inviano a diverse corti italiane. Valerio firma nel
264 Valerio Zuccati è attivo tra il 1532 e il 1564 e muore a Venezia nel 1577 mentre il fratello
Francesco già è deceduto nel 1572 (cfr. E. MERKEL, I mosaici del Cinquecento veneziano (2a
parte), in “Saggi e Memorie di Storia dell’Arte”, n. 20 (1996), pp. 95, 97-195).
265P. SACCARDO, Les mosaiques de Saint Marc a Venise, Ferd. Organia ed., Venise 1896, pp. 47-
48 e 68-69.
266G. VASARI, Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori scritte da M. Giorgio Vasari
pittore et architetto aretino…[Firenze 1568], a cura di R. BETTARINI e P. BAROCCHI, S.P.E.S. già Sansoni, Firenze 1966-1987, vol. VI, p. 173, consultabile in http://vasari.sns.it, ultimo accesso 10 agosto 2016.
267 F. DI GIOIA, Andrea Meldola Fecit: le stampe di Andrea Schiavone nelle collezioni romane,
Gangemi editore, Roma 2015, p. 12. Questa vicenda è ripresa da un pittore dell’Ottocento, Carlo Felice Biscarra, che nel 1858 esegue una tela che rappresenta I fratelli Francesco e Valerio
Zuccato, mosaicisti di San Marco a Venezia, nelle priogioni dette i Piombi (Torino, Museo Civico, Galleria d'Arte Moderna).
1542 un ritratto del cardinale Pietro Bembo, oggi conservato al Museo Nazionale del Bargello (Inv. 6 mosaici), in cui è ancora evidente la stretta collaborazione con Tiziano268.
A Firenze si trova un altro ritratto musivo che rappresenta il granduca Ferdinando I de’ Medici (Museo dell’Opificio delle Pietre dure, Inv. 1905, n. 1927), derivato da una tela di Scipione Pulzone del 1590 che è conservata alla Galleria degli Uffizi. Quest’opera è di difficile attribuzione e potrebbe essere della famiglia Zuccati269 oppure di un artista fiorentino270. Si ricordano anche altri celebri esemplari di ritratti musivi come quello di Carlo V della Bayerisches Nationalmuseum di Monaco e quello dell’imperatore Ferdinando I al Castello di Ambras di Innsbruck che dimostrano quanto quest’arte fosse apprezzata nelle corti italiane ed europee271. Inoltre, alla fine degli anni Settanta, Francesco Zuccati esegue un San Girolamo e Arminio una Fuga in Egitto che sono inviati dalla Serenissima al duca Emanuele Filiberto di Savoia che, a quel tempo, cercava di avvalersi di maestranze veneziane a Torino272.
Fin tanto che le botteghe granducali sviluppano il commesso lapideo, il mosaico minuto con pietre vitree è usato soltanto a Venezia dagli Zuccati e a Roma da un altro mosaicista, Marcello Provenzale (1575-1639), esecutore nel 1621 di un famoso ritratto di papa Pio V oggi conservato alla Galleria Borghese di
268 L. VALENTINI, scheda n. 113 in L. PUPPI (a cura di), Tiziano. L'ultimo atto, catalogo della mostra
(Belluno, Palazzo Crepadona-Pieve di Cadore, Palazzo della Magnifica Comunità di Cadore), Skira, Milano 2007, pp. 418-419.
269S. GIUSTI, scheda n. 174, in C. ACIDINI, M. GREGORI, D. HEIKAMP, A. PAOLUCCI, M. SFRAMELI (a
cura di), Magnificenza alla corte dei Medici: arte a Firenze alla fine del Cinquecento, catalogo della mostra (Firenze, Palazzo Pitti e Museo degli Argenti), Electa, Milano 1997, p. 220.
270 K. LANGEDIJK, The Portraits of the Medici, 2 voll., SPES, Firenze 1981-1987, vol. II (1983), pp.
763-764.
271 A. GONZALES-PALACIOS, Mosaici e pietre dure. Mosaici a piccole tessere. Pietre dure a Parigi
e a Napoli, “I quaderni dell’antiquariato”, vol. I, Fabbri editori, Milano 1981, pp. 4-10 e ID., Il
Gusto dei Principi. Arte di corte del XVII e del XVIII secolo, “ I grandi libri illustrati”, vol. I, Longanesi, Milano 1993, pp. 181-182.
Roma273. Le due scuole, quella veneziane e quella romana, presentavano alcune differenze nella definzione dei fondi che erano più compatti nella città pontificia e con maggiori varietà cromatiche e tessere più lucide nella città lagunare.
Poiché il ritratto a mosaico del duca Vincenzo I Gonzaga eseguito da Alvise Gaetano è oggi perduto, non siamo in grado di rapportare quest’opera agli illustri modelli citati. Tuttavia le notizie relative alle scuole di mosaico di Venezia, Roma e Firenze non sono di poco conto se si vuole definire l’attività e lo stile di questo mosaicista in rapporto con i Gonzaga. Tra il 1597 e il 1599 l’artista utilizza i cartoni di un altro maestro veneziano, Domenico Tintoretto, per le figure dei santi Castorio, Claudio, Nicostrato e Sinforiano, firmate "Aloisi Cajetani manu", collocate nei sottarchi superiori della tribuna del Crocifisso in San Marco274. Alvise Gaetano si rapporta ancora a Tiziano nel 1607 quando esegue a mosaico l’immagine della Madonna Addolorata, derivata da un’opera del maestro cadorino oggi alla Galleria Borghese275.
Dai documenti del carteggio risulta che l’artista si mette in contatto con la corte di Mantova proprio nel momento in cui questa è alla ricerca di un mosaicista. Nel 1617 i Gonzaga richiedevano infatti al loro inviato a Venezia “uno stucatore di mossaico minuto” (docc. 141, 142, 143) e così il 24 giugno Battaini segnalava Alvise Gaetano e il figlio Girolamo:
“sono qui doi stucatori di mosaico minuto, padre et figlio, che ancor per un anno incirca devono servire la repubblica nella facciata che si rifà di San Marco per accordo fatto; ho parlato col padre il quale dice haver conosciuto sua altezza in Fiorenza dove alcuni anni sono lavorava, et che al sicuro il signor duca non ritrovarà altri che lavori di minuto fuor che loro, che però passato il tempo che devono servir qui, volentieri servirano sua altezza, et anco in questo tempo lo servirano ma però qui, se così piace all’altezza sua la quale se volesse vedere et anco comperare due
273 C. FIORE, Marcello Provenzale e l'arte del mosaico, Associazione Amici della Pinacoteca civica
di Cento 2010.
274 P. ROSSI, I cartoni di Jacopo e Domenico Tintoretto per i mosaici della basilica di S. Marco, in
“Arte Veneta”, XLVIII (1996), pp. 43-55.
275P. DELLA PERGOLA, Opere in mosaico, intarsi e pietra paesina, Galleria Borghese, De Luca,
statuette, una della regina madre di Franza276, l’altra del re di Franza moderno277 e
essi diccono a sua altezza per il prezzo che a lei parerà” (doc. 147).
Da questo documento risulterebbe che il mosaicista aveva conosciuto Ferdinando Gonzaga a Firenze dove aveva lavorato qualche anno prima. Presso l’Archivio mediceo è stata rintracciata una lettera di Vincenzo I, datata 5 dicembre 1606, in cui il duca mantovano ringrazia il Granduca de’ Medici per l’accoglienza riservata al figlio Ferdinando, giunto in città per i suoi studi278. Forse proprio in questa occasione il giovane Gonzaga incontra il mosaicista che, alcuni anni più tardi, desidera porsi al suo servizio.
La notizia non è di poco conto se si mette in relazione al ritratto musivo di Ferdinando I de’ Medici, oggi presso l’Opificio delle Pietre dure, che potrebbe essere stato eseguito proprio da Alvise Gaetano a Firenze prima della morte del Granduca avvenuta nel 1609. L’opera presenta tratti veneziani ed è riferita addirittura a Giorgione nell’inventario Medici del 1638279.
Nell’Archivio mediceo si trovano altre informazioni circa i ritratti a mosaico. Il 30 giugno 1606 Ferdinando I de’ Medici scrive a Ottaviano di Lotti, suo inviato a Londra, e si compiace che un “ritratto di mosaicho sia piaciuto alla Regina” 280. Potrebbe trattarsi di un ritratto del Granduca inviato ad Anna di Danimarca, moglie di Giacomo I Stuart, forse eseguito ancora da Alvise Gaetano durante il suo soggiorno in città.
276 Maria de’ Medici, regina di Francia dal 1600 al 1610. 277 Luigi XIII di Borbone, re di Francia dal 1610 al 1643.
278 “Venendo hor costà Ferdinando mio figlio a godere nel continovato corso de’ suoi studi i soliti
favori di vostra altezza, ho voluto con questa occasione baciarle affettuosamente la mano” (ASFi, Mediceo del Principato, Relazioni con Stati italiani ed esteri, Mantova, vol. 2944, f. 260, Archive Medici Project (http://bia.medici.org/DocSources/Home, id. 5065, ultimo accesso 1° agosto 2016).
279 GIUSTI, S. GIUSTI, scheda n. 174, in C. ACIDINI, M. GREGORI, D. HEIKAMP, A. PAOLUCCI, M.
SFRAMELI (a cura di), Magnificenza cit., p. 220.
280 ASFi, Mediceo del Principato, Relazioni con Stati italiani ed esteri, Mantova, vol. 4184, foglio
75, Archive Medici Project (http://bia.medici.org/DocSources/Home, id. 13426, ultimo accesso 1° agosto 2016).
L’artista è citato in altre lettere del carteggio intorno al 1620. L’11 febbraio Battaini comunica a Ferdinando che Alvise Gaetano ha eseguito il ritratto del duca Ferdinando a mosaico:
“un tale Aluigi Gaetano, mastro di mosaico qui in Venezia, ha voluto far il ritratto di vostra altezza in mosaico et mi ha pregato ch’io voglia presentarlo in suo nome all’altezza vostra offerendosi a servirla di altre fatture in particolar di far anco quello di Madama serenissima se si dignarà comandarli, io però l’invio ben conditionato per barca a vostra altezza” (doc. 269).
Il 19 settembre è lo stesso Alvise Gaetano a scrivere questa lettera al duca:
“havendo io già ricevuto l’honore d’impiegare l’opera mia per servigio di molti principi italiani et di teste coronate, non ho potuto hora contenermi di non prendere ardire di farmi conoscer ancora all’altezza vostra serenissima, la quale col pubblico assenso del mondo, viene celebrata come principe che, tra li altri incomparabili sue virtù, ha la gloria di ricevere con lieto animo quel poco che può venire dall’opera et dall’ottima voluntà dell’humilissimo suo servitore. Il presente ritratto della serenissima vostra altezza è stato da me fatto di mosaico, conforme la pittura che n’ho ricevuta, che secondo l’opinione di molti è riuscito di vera simiglianza; ond’io con tanta maggior sicurezza di ottenere qualche parte della sua buona gratia, ho voluto inviarlo senza altra scorta che del mio riverente affetto, col quale humilmente supplico l’altezza vostra serenissima che degni di gradire questa mia fatica” (doc. 286).
Nello stesso momento l’artista scrive anche a Francesco II Maria della Rovere per inviargli un ritratto musivo di Guidobaldo II pertanto si comprende che, con questi doni, egli intendesse trovare una corte disposta ad accoglierlo281.
Il 27 marzo 1621 Alvise Gaetano scrive a Mantova per chiedere notizie del suo ritratto che è stato inviato ma purtroppo si era rovinato durante il viaggio:
281 D. TORDI-A. BULLOCK, Il fondo Tordi della Biblioteca Nazionale di Firenze. Catalogo delle
“Molti mesi sono, havendo io fatto di mosaico il ritratto di vostra altezza serenissima et inviatole per il mezzo d’un gentiluomo, ha voluto la mia mala fortuna che egli per l’altrui colpa si spezzò; onde io restai, oltre ogni credere, mal contento. Ma havendo poi col farne un altro rimediato alla passata disgratia et havendolo mandato a presentare alla signoria vostra altezza col favore dell’illustrissimo signor marchese Strozzi, né fin’hora havendo né anche cercato notizia che questo habia hauto quel fine da me con ogni diligenzia procurato, io son venuto con la presente a far di nuovo humilissima riverenza all’altezza vostra serenissima et a significarle qual sia stata la mia ottima volontà di farmi conoscere per suo devotissimo servitore sperando che dalla reale sua grandezza d’animo non sarà sdegnata la mia piccola fatica la quale fin hora havrà forse ricevuto l’honore de esser comparsa alla serenissima sua presenza et che perdonerà la noia che le apporto a quel desiderio che ogni artefice ha d’esser favorito da principi grandi, come è l’altezza vostra serenissima, alla quale, humilmente inchinandomi, prego Dio Nostro Signore che longamente et feliciti et conservi (doc. 303).
Antonino Bertolotti, che si è occupato di quest’argomento, afferma che Pietro Zani, scrittore d’arte e incisore dell’Ottocento, vide un lavoro del mosaicista veneziano con la firma “Cajetanus F. 1617”, forse il ritratto del duca Ferdinando purtroppo oggi perduto282.
Nel 1621 iniziano le richieste del Gaetano per il pagamento della sua opera e così scrive il 24 aprile Francesco Battaini alla corte:
“vorrei sentir per reputatione nostra che fosse data qualche sodisfation a questo pover homo del maestro del mosaico che mandò il ritratto a sua altezza per il signor marchese Strozzi; mi prega et fin quasi ogni giorno, non so che far altro se non racomandarlo a vostra signoria poiché si tratta dell’interesse di vostra signoria che non corra tal voce in questa città (doc. 307).
Il 29 maggio l’inviato scrive un’altra lettera (doc. 311) e il 19 giugno è lo stesso artista ad inviare una missiva al duca:
282 Antonino Bertolotti fa riferimento all’Enciclopedia metodica critico-ragionata delle Belle Arti
dell’abate fidentino Pietro Zani pubblicata in 29 volumi tra il 1817 e il 1828 (cfr. BERTOLOTTI,
“La gloriosa memoria del padre dell’altezza vostra serenissima si degnò commandarmi che io facessi alcuni augelli di mosaico per servirsene a certa fontana potendo dette mie opere resistere all’ingiurie del tempo per il corso di centenara d’anni. Io persuadendomi che non meno sarian grate alla serenissima vostra altezza simili fatture, ho preso ardire di mandare tre ucelli perché compiaendosene io sia honorato di servirla. Il che sarò per fare tanto più volentieri tanto che ho avuto qualche notizia che il ritratto fatto da me è riuscito di gusto della vostra altezza serenissima” (doc. 317).
Qui il mosaicista scrive di aver eseguito per Vincenzo I Gonzaga non solo un ritratto musivo ma anche alcuni “augelli di mosaico” per una fontana283. Forse le stesse opere sono riproposte a Ferdinando in una lettera del Battiani del 26 giugno 1621:
“quel pover huomo maestro di mosaico qui manda a donare a sua altezza certi uccelli esquisiti da lui fatti scrivendo la congionta lettera per dare nel poco di memoria per essere in qualche parte riconosciuto del ritratto che mandò all’altezza sua” (doc. 319).
Il 3 luglio il residente scrive ancora questa lettera circa i quadretti con uccelli:
“mandò questo maestro di mosaico li tre quadretti d’uccelli a vostra altezza come pur scrissi a vostra signoria l’ordinario passato a fare principalmente di racordare la fattica che fece nel fare il ritratto dell’altezza sua che li mandò a donare per haverne qualche sodisfatione come io più volte ho raccomandato, e così s’ella tiene per fermo che questo povero homo la possi havere in qualche parte, si può ritirare detti quadretti, quando non vi sia speranza, non solo è bene rimandar detti quadretti ma anco il ritratto, ma assai più reputatione saria mandar dodici o quindici zecchini a questo homo et levarselo una volta dalle spalle” (doc. 320).
Il 10 luglio Battaini segnala che i quadretti non sono stati apprezzati e per questo sono stati rimandati all’artista a Venezia (doc. 322) mentre il 17 luglio afferma
che Gaetano reclama con forza il suo pagamento o la restituzione del ritratto del duca Ferdinando che valeva 300 ducati (doc. 325). Altre lettere sono inviate nei mesi successivi (docc. 329, 330, n. 3) fino all’11 settembre quando il mosaicista così scrive al Gonzaga:
“sono tre mesi incirca che m’ha detto il signor Battaglino che l’altezza vostra serenissima s’è degnata dar ordine di certa ricognitione per il ritratto ch’io feci di mosaico già sono quattordici mesi. Ma vedendo io che non viene posto in esecutione il comandamento della serenissima vostra altezza et presuponendo che ciò altro non sia che trascuragine de ministri, ho voluto humilmente ricorrer di novo alla soprema sua benignità perché rinovi le comissioni; spingendomi a questo uficio, la mia numerosa famiglia che non riceve alimento se non dalle mie fatiche. Col qual fine prego Dio Nostro Signore che l’altezza vostra serenissima perpetuamente conservi” (doc. 334).
Le comunicazioni si interrompono per qualche mese fino al 28 maggio 1622 quando Battaini scrive a Giovanni Magni di aver consegnato al mosaicista “la congiunta scrittura per minuta informatione di ciò che desidera sua altezza da lui” (doc. 366) e il 17 settembre l’ambasciatore dichiara di aver sborsato dieci zecchini per il maestro (doc. 386). Finalmente il debito della corte con Alvise Gaestano sembra essere saldato e terminano così i solleciti di pagamento.
Ciò nonostante pochi giorni dopo Battaini comunica che la corte è alla ricerca di un altro mosaicista a Venezia:
“sua altezza mi comandò complicato ordine ch’io mandassi un maestro di mosaico costà. Sarà però bene ch’ella quanto prima li lo presenti, massime che prima di cominciare alcuna opera dovesi proveder di materia per tale effetto” (doc. 388).
Non sono stati rintracciati nuovi documenti che chiariscano le motivazioni di questa richiesta, né per quali opere fosse destinato l’intervento di un altro mosaicista, ma nell’Inventario dei beni Gonzaga del 1626-1627 si trovano diversi quadri eseguiti a mosaico, opere che, secondo le indicazioni inventariali, sembrano tutte appartenere a Ferdinando Gonzaga: nella libreria
dell’Appartamento del duca c’erano “dodeci quadertini, senza cornici, alla mosaica, con sopra diversi p[a]esi, ucelli et animali, stimati ducatoni 48, lire F”284; nell’Appartamento dell’Orologio c’era “un quadro con cornici di pero nero alla mosaica con sopra l'effigie del Serenissimo Signor Duca Ferdinando, stimato