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Foto 1: Ruvettus pretiosus (Fonte: vetofish.com)!

II.1.5 AGGIUNTA FRAUDOLENTA DI ADDITIVI! !

informare i consumatori sulle modalità di preparazione o cottura e sul rischio connesso alla presenza di sostanze con effetti gastrointestinali nocivi”."

Come raccomandato nella nota EFSA del 30/8/2004, question n. Q 2004, 016 queste

specie devono essere infatti preparate in modo che la maggior parte del grasso venga eliminato durante la cottura ed, inoltre, il liquido derivante da questo procedimento non deve essere utilizzato come condimento.!

Per quanto riguarda l’Italia è interessante riportare i casi raccolti dalla Dottoressa Alessandra Belli dell’AUSL N° 10 di Firenze, in merito alla manifestazione di episodi diarroici in due nuclei familiari in seguito al consumo di pesce congelato di

provenienza Oceano Indiano etichettato come “cernia” e poi risultato essere Ruvettus

pretiosus."

Foto 1: Ruvettus pretiosus (Fonte: vetofish.com)!

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II.1.5 AGGIUNTA FRAUDOLENTA DI ADDITIVI!

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! ! Le principali frodi che hanno come esito la manifestazione nel consumatore della sintomatologia tipica della sindrome sgombroide e di altri stati patologici sono perpetrate mediante l’utilizzo fraudolento di additivi o coadiuvanti alimentari che permettono di mascherare il reale stato di conservazione del prodotto della pesca.! Questa pratica ingannatrice consente infatti di occultare i fenomeni putrefattivi o comunque alterativi a carico dei pesci e permette di porre in commercio prodotti

avariati che, grazie all’utilizzo di additivi vietati dalla legge, risultano normali ed addirittura più invitanti agli occhi dell’ignaro consumatore.!

Nella maggior parte dei casi quindi non è l’additivo di per sé dannoso per la salute dell’uomo ma sono i prodotti avariati che vengono ingeriti in modo inconsapevole a provocare danni alla salute.!

Ad esempio, l’acido citrico risulta far parte insieme al citrato di sodio ed al perossido 8

di idrogeno di una miscela, vietata in Italia ed in altri Paesi, sempre più utilizzata allo scopo di ravvivare il bianco del pesce: il cafodos.!

Questa sostanza non è venduta in Italia ma risulta facilmente reperibile ed acquistabile su internet poiché il suo utilizzo è permesso in Spagna; per questa ragione nel corso degli ultimi anni si sono moltiplicate le indagini delle Autorità competenti per svelare quei prodotti ai quali l’aggiunta di questo additivo simula un prolungamento della shelf life addirittura andando a conferire un aspetto invitante.! Viene infatti utilizzato sotto forma di spray direttamente sui prodotti della pesca (in particolare sardine, acciughe, sgombri e merluzzi) oppure viene mescolato al

ghiaccio sul quale viene presentato il prodotto e consente di mantenere per oltre una settimana inalterate le caratteristiche del pesce facendolo sembrare fresco (Piscopo A.,2010).!

Il primo caso attribuibile all’utilizzo di questo additivo in Italia è quello verificatosi nel 2009 a Bari dove una ventina di persone finirono all'ospedale per intossicazione alimentare, dopo aver mangiato alici acquistate a mercato. Nel 2010 i NAS, all’interno della operazione “Cibo sicuro-estate 2010”, scovarono a Bisceglie (Puglia) un

deposito con alcuni bidoni di cafodos (400 litri arrivati dalla Spagna)!

Tuttavia già nel 2004 la rivista Eurofishmarket aveva pubblicato una indagine utile ad evidenziare l’utilizzo di questa miscela di più additivi per scopo diversi, in particolare per sbiancare, lucidare e per aumentare la shelf life al fine anche di tranquillizzare l’opinione pubblica riguardo la pericolosità del cafodos, che, vista la sua

composizione, non è assolutamente tossico se ingerito (Tepedino, 2013).!

L’utilizzo degli additivi acido citrico (E330) e acido ascorbico (E300) permette di proteggere il

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pesce dall’ossidazione che porta al conseguente cambiamento di colore delle carni: entrambi sono inseriti nel Reg.1129/2011/CE che istituisce un elenco degli additivi alimentari ed il loro utilizzo è permesso nel pesce e nei prodotti della pesca non trasformati e nei molluschi e crostacei non trasformati in quantità che non prevedono limiti stabiliti.!

L’utilizzo di questi additivi è dunque legale ma deve essere indicato in etichetta, dove non sempre risulta riportato.!

La problematica di fronte alla quale si trovano le Autorità competenti risiede nella difficoltà di rilevare analiticamente nei campioni dei prodotti la presenza soprattutto del perossido di idrogeno, l’unico elemento della miscela che è vietato dalla legge ;il 9

riconoscimento e quindi lo scongiurarsi di questa frode risulta essere perciò molto difficoltoso.!

I polifosfati sono altri additivi che vengono utilizzati nei prodotti ittici come leganti, per immersione o per iniezione e consentono al pesce in questione di trattenere acqua e di simulare ergo un aumento del peso. Alcuni di questi sono vietati, mentre l’utilizzo di quelli leciti deve essere fatto in modo trasparente ed essere indicato in etichetta. Ci troviamo di fronte, in questo caso, a degli additivi che possono andare direttamente a provocare un danno alla salute in quanto alcuni hanno azione allergizzante.

Allarmanti sono i risultati scaturiti da una indagine effettuata da Eurofishmarket nel 2011 in merito ad una ricerca condotta sull’impiego di additivi, polifosfati, citrati ed acqua ossigenata su un campione significativo di pesce: nel 62% dei campioni analizzati si riscontrava la presenza di polifosfati.!

Tra i coloranti naturali impiegati a scopo fraudolento il più utilizzato risulta essere il succo di rapa rosso, soprattutto usato per vivacizzare il colore del tonno. Questa frode è facilmente svelabile poiché il colorante va a tingere di rosso anche il ghiaccio sul quale è appoggiato il pesce.!

Altro additivo usato nei prodotti ittici allo scopo di fornire una colorazione più gradevole al pesce ed allo scopo di aumentare la sua shelf life, è il monossido di carbonio.!

l monossido di carbonio è un antiossidante che mantiene più a lungo il colore rosso vivo delle carni; risulta soprattutto impiegato per conferire questa colorazione, molto gradita al consumatore, al tonno, prodotto che tende naturalmente ad assumere un colore bruno più o meno scuro anche nel prodotto molto fresco. Viene molto usato anche nella Tilapia proveniente dalla Cina, pesce che viene congelato e trattato appunto con CO per essere venduto in tutto il mondo dopo essere stato scongelato come prodotto fresco.!

Anche qui ci troviamo di fronte ad una sostanza di per sé non tossica per l’uomo; una nota della Commissione Scientifica Europea (opinione SCF/CS/ADD/MSAd/204 Final del 18.12.2001) infatti indica come l’utilizzo di monossido di carbonio in

L’utilizzo del perossido di idrogeno come additivo è vietato dalla Circolare 13093-2010 del

concentrazioni da 0,3% a 0,5% nella miscela di gas che viene utilizzata nel confezionamento in atmosfera protettiva non costituisca un pericolo sanitario.! La problematica principale risiede però nel fatto che la colorazione artificiale può mascherare le profonde alterazioni enzimatiche incontro alle quali va il prodotto con il passare del tempo, rendendo possibile la commercializzazione fraudolenta di prodotti in avanzato stato di alterazione.!

A livello comunitario, il monossido di carbonio non è incluso nella lista positiva degli additivi alimentari indicati all’interno della Direttiva 95/2/CE. Per quanto riguarda l’Unione Europea quindi l’utilizzo di questo additivo è vietato con l’eccezione dell’Olanda, dove un decreto della Corte di Giustizia ha riconosciuto ad una nota multinazionale il diritto di vendere un prodotto “leggermente affumicato a

freddo” (ovvero con metodo Clearsmoke), limitandone però la commercializzazione solamente al proprio territorio e non verso altri Stati Membri.!

A livello internazionale l’utilizzo del monossido di carbonio è permesso in Cina e negli Stati Uniti.!

Per quanto riguarda l’Italia, il Ministero della Salute con la Nota del 29.05.2003 indirizzata ai PIF ed agli UVAC, senza differenziare fra prodotti della pesca trattati con monossido o trattati con fumo filtrato, ha interpretato tali pratiche come una violazione della Direttiva 95/2/CE e ne ha vietato la commercializzazione sul territorio nazionale. Inoltre, lo stesso Ministero in una nota del 11.04.2005, precisando che gli stati Membri possono adottare sui prodotti trattati con monossido di carbonio

provenienti o meno dall’Olanda tutte le misure necessarie e proporzionate previste dalla legislazione comunitaria, ammette il respingimento dei prodotti ittici in base al solo esame organolettico (controllo visivo) nel caso in cui essi presentino una colorazione difforme dal colore naturale del prodotto della stessa specie. Infine, con la Nota n.27934 del 09.07.2014 il Ministero della Salute si rivolge all’autorità

competente chiedendo di sospendere l’attività di campionamento dei prodotti ittici per la ricerca del monossido di carbonio, data la mancanza di una metodica riconosciuta a livello comunitario che sia in grado di determinare la quantità e l’origine di CO all’interno di questi prodotti.!

Come precedentemente accennato la problematica principale che emerge dall’utilizzo fraudolento del monossido di carbonio è legata al mascheramento del cattivo stato di conservazione e al conseguente prolungamento della shelf-life di un prodotto ittico.! L’aggiunta di questo additivo vietato risulta ancora più pericolosa soprattutto per quei prodotti della pesca che, come il tonno, sono normalmente ricchi di istidina e che,

pertanto, successivamente ad un’impropria conservazione, possono sviluppare elevati livelli di istamina ad opera di decarbossilasi tessutali e batteriche.!

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II.1.6 SINDROME SGOMBROIDE!

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! ! Un’altra famiglia di pesci associata alla comparsa di problematiche sanitarie nell’uomo è quella degli Scombridae; al consumo delle specie appartenenti a questa famiglia è dovuta infatti la cosiddetta “sindrome sgombroide”, una intossicazione acuta causata principalmente dal consumo di prodotti ittici contenenti alti livelli di istamina e probabilmente anche altre ammine vasoattive o altri composti.!

Questi pesci risultano essere coinvolti poiché le loro carni sono ricche della forma libera dell’amminoacido istidina; è in seguito infatti alla decarbossilazione di questo aminoacido mediante una reazione catalizzata dall’enzima istidindecarbossilasi contenuto in alcune specie batteriche che si origina l’istamina.!

Questa sindrome prende infatti anche il nome di avvelenamento da istamina in quanto si scatena anche in seguito all’ingestione di altri alimenti come, ad esempio, formaggi e prodotti carnei, anch’essi caratterizzati da un alto contenuto di questo amminoacido.!

La reazione chimica che porta alla formazione della istamina avviene nel momento in cui, a causa della conservazione del pesce a temperature non idonee, i batteri

sintetizzanti istidindecarbossilasi cominciano a proliferare.!

Pesci che ancora non presentano segni tipici di deterioramento possono già

presentare elevati livelli di istamina per cui la formazione di questa amminoacido non è obbligatoriamente associata alla perdita delle caratteristiche sensoriali di

freschezza del prodotto della pesca, anche se quest’ultima, ovviamente, favorisce una crescita batterica sempre maggiore con conseguente accumulo di istamina.! Poiché l’istamina è termostabile, né la cottura né la sterilizzazione decontaminano un pesce con elevati livelli di istamina; è importante ergo nelle specie ittiche interessate prevenire la formazione di questo amminoacido ponendo ancora di più l’attenzione sul mantenimento della catena del freddo (raffreddamento rapido del pesce

immediatamente dopo la morte e temperatura sempre inferiore a 4°C) e