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COMMERCIALIZZAZIONE DI SPECIE VELENOSE! !

II. LE FRODI NEL SETTORE ITTICO! !

II.1 FRODE ITTICA SANITARIA ! !

II.1.1 COMMERCIALIZZAZIONE DI SPECIE VELENOSE! !

due diciture in lingua diversa allo scopo di commercializzare prodotti la cui importazione è vietata all’interno dell’Unione Europea;!

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Commercializzazione di pesce congelato scaduto o con TMC superato rietichettato con nuovo termine minimo di conservazione;!

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Commercializzazione di molluschi bivalvi vivi prodotti da impianti abusivi venduti accompagnati da etichette false.!

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II.1.1 COMMERCIALIZZAZIONE DI SPECIE VELENOSE!

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! ! La commercializzazione di pesci velenosi è vietata sia a livello comunitario che a livello nazionale. A livello comunitario sono due i regolamenti che fanno riferimento al divieto di commercializzazione di determinate famiglie di pesci: sono i

già citati Reg.853/2004/CE e Reg.854/2004/CE. ! Il Reg.853/2004/CE nell’allegato II, Sezione VII, Capitolo V, punto E indica quali sono

i requisiti necessari che gli operatori del settore alimentare devono garantire per poter immettere sul mercato prodotti della pesca destinati al consumo umano, stabilendo che “ non devono essere immessi sul mercato i prodotti della pesca ottenuti da pesci

velenosi delle seguenti famiglie: Tetraodontidae, Canthigasteridae, Diodontidae, Molidae.”" " "

Il Reg.854/2004/CE, incentrato sulla regolamentazione dei controlli ufficiali, ribadisce la necessità della effettuazione da parte delle Autorità competenti ed in particolare del Veterinario Ufficiale di una attività tesa a verificare che, appunto, queste famiglie di pesci non vengano commercializzate (Allegato III, Capo II, punto G).! !

Per quanto riguarda la normativa nazionale, già precedentemente al recepimento dei regolamenti comunitari sono presenti circolari e note emanate dal Ministero della

Salute, oltre al Decreto Legislativo n. 531 del 30 dicembre 1992. !1 ! ! ! In particolare la Circolare n.48 del 13 maggio 1983 del Ministero della Salute,

Direzione Generale dei Servizi Veterinari, Div.IV poneva il divieto di vendita delle rane pescatrici prive di pelle, pinne caudali e pinne pettorali poiché l’assenza di questi caratteri distintivi potrebbe portare a confondere questo pesce commercializzabile con il pericoloso Tetraodontidae .!2

Il Decreto Legislativo n. 531 del 30 dicembre 1992 nell’articolo 5 stabilisce che non possono essere commercializzati pesci velenosi delle famiglie Tetraodontidae,

Canthigasteridae, Diodontidae, Molidae. "

Le specie appartenenti a queste famiglie si ritrovano sia nell’Atlantico che

nell’Indopacifico e sono segnalate da tempo anche nel Mar Mediterraneo; tuttavia recentemente, a causa dei cambiamenti climatici che stanno determinando un

aumento della temperatura delle acque marine, sono in aumento le segnalazioni della presenza nel Mare Mediterraneo di fauna ittica “lessepsiana” dal nome del costruttore del Canale di Suez, il francese Ferdinand De Lesseps.! ! ! ! !

Infatti, lo scavo del Canale di Suez ha offerto dal 1869 una nuova via di

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• Nota telegrafica 600.7/244481/ag50/2476 dell’11 luglio 1994 del Direttore dei Servizi Veterinari del Ministero della Sanità, inerente il reperimento in commercio di un altro pesce della Famiglia Tetraodontidae (Ephioppion guttiferum, origine africana): “…omissis..l’Istituto

Superiore di Sanità ha affermato che il consumo di detta specie può essere considerato potenzialmente pericoloso per la salute umana: inoltre data l’estrema variabilità della presenza della tetraodotossina anche la negatività delle analisi su alcuni campioni della specie in esame non può assicurare la negatività della intera partita e quindi l’assenza di rischio per la salute umana”."

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• Circolare del Ministero della Salute, Direzione Generale dei Servizi Veterinari, Div.VII, n.23 del 15 novembre 1995 (prot.600.7/24481/AG50/6380): “…omissis..tutte le specie ittiche

appartenenti alle famiglie sopra citate (Tetraodontidae, Canthigasteridae, Diodontidae, Molidae) non possono essere commercializzate stante l’impossibilità di accertare con sicurezza l’assenza di tossine”."

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Le caratteristiche morfologiche che permettono la distinzione a livello macroscopico tra le

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rane pescatrici (Lophius sp.) ed i pericolosi pesci palla verrano dettagliatamente prese in considerazione con il proseguo della trattazione, essendo un caso analogo oggetto di questo contributo. Si lascia comunque intendere che la pelle e la coda sono un tratto distintivo importante nel riconoscimento tra le due specie.

colonizzazione alle specie indopacifiche di valenza subtropicale (Boudouresque, 2004). !

Inizialmente l’arenale di questi pesci, circa 250-300 specie in totale, si limitava alla porzione del Mediterraneo compresa tra il delta del Nilo e il sud della Turchia ma con il tempo sono migrati andando a colonizzare le acque antistanti le isole greche fino ad arrivare vicino alle coste dell’Italia meridionale (Rinaldi, 2007) e della Croazia.!

Tra queste nuove specie alloctone sono presenti anche pesci velenosi appartenenti alle famiglie precedentemente citate. Se ne trova la conferma in letteratura, dove vengono riportati casi di decessi e di emergenze sanitarie in seguito all’inserimento nel circuito commerciale di queste specie (soprattutto Lagocephalus spadiceus e

Lagocephalus sceleratus, appartenenti tutti alla famiglia Tetraodontidae).! !

Zaki et al., 2005 segnalano 8 decessi nel 2004 a Suez in Egitto dovuti all’ingestione di carni di Lagocephalus sceleratus." " " " " " " "

Il contributo di Bentur Y et al., 2008 prende in considerazione tredici pazienti di un’età compresa tra 26 e 70 anni che sono stati ricoverati in seguito al consumo di

L.sceleratus, mentre Chamandi S.C.et al., 2009 descrivono un caso la cui

sintomatologia è sempre ascrivibile all’ingestione di un pesce palla." " "

Awada A et al., 2010, riportano il caso di un ottantenne la cui sintomatologia si è aggravata fino alla comparsa di un coma profondo non reattivo con assenza di tutti i riflessi del tronco encefalico. La causa di questa emergenza medica è da collegarsi all’ingestione delle gonadi di un pesce tossico, Lagocephalus scleratus.!

Beköz A.B et al., 2013 sottolineano nel loro contributo quanto l’incremento della presenza del Lagocephalus scleratus lungo le coste del sud della Turchia, la parallela diminuzione delle risorse ittiche di quelle acque e la mancanza di consapevolezza da parte dei pescatori del pericolo legato al consumo di questo pesce , abbia aumentato la possibilità di trovare quest’ultimo nei mercati e quindi fruibile al consumatore, generando un vera e propria emergenza di sanità pubblica.!

Il primo e unico caso accertato di decesso in seguito all’ingestione di pesci velenosi è però quello che ha portato alla morte di 3 persone nel 1977: i consumatori ignari si erano cibati infatti di filetti congelati di “coda di rospo”(Lophius sp.) importati da Taiwan che erano stati sostituiti fraudolentemente con “coda di pesce

palla” (probabilmente Lagocephalus lunaris) (Palese e Palese, 1992).!

Pellegrino ed Aragona segnalano il tentativo di porre in commercio esemplari di

provenienza presumibilmente africana ed anche un respingimento UVAC di una partita di pesce coniglio Lagochephalus laevigatus nel 1993.!

La successiva segnalazione sul mercato italiano risale al 2003 da parte di un

veterinario appartenente all’ ASL di Gaeta; solo in seguito ci sono state segnalazioni dai mercati della Campania, della Puglia e della Sicilia e della Sardegna, dove

Tepedino e Manzoni segnalano la presenza di soggetti della specie Ephippion sp. sia interi, sia lavorati sotto forma di tranci spellati di “pesce coniglio”. "

Sono però relative agli ultimi anni le sempre maggiori segnalazioni della presenza in acque italiane (in particolare in Sicilia, Isola di Lampedusa) della specie

Lagocephalus scleratus, il cosiddetto Pesce Palla Maculato, ragione che ha portato

l’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) ad emanare un documento nel novembre 2013 che allerta i cittadini e i pescatori a non mangiarlo in caso di un’eventuale cattura.!

La pericolosità di queste famiglie di pesci ed i particolare dei Tetraodontidae detti anche pufferfish o fugu è da collegarsi al fatto che questi ultimi possono accumulare la Tetradotossina, una potente neurotossina che agisce bloccando i canali del sodio sulla superficie delle membrane nervose del muscolo e del cuore (Tani, 1945). La sintesi di questa tossina è stata oggetto di molti studi e sembra sia da attribuirsi a batteri marini del genere Vibrio, contenuti nei pufferfish. La Tetradotossina (TTX) è una sostanza solubile in soluzioni acquose acide, debolmente solubile in acqua- alcool e totalmente insolubile in solventi organici. Risulta distrutta da trattamenti acidi/ alcalini ma è termo resistente ed ergo la tossina TTX non viene inattivata dalla

cottura delle carni.!

L’ingestione di tessuti del pesce contenenti TTX ( principalmente muscoli, fegato, gonadi ma la concentrazione di tossina risulta essere specie-specifica )porta, dopo 3

circa 20’-1 ora dal pasto, alla comparsa di una sintomatologia che comprende,

evolvendosi mano a mano in senso drammatico: parestesia facciale e delle estremità degli arti, flash luminosi, cefalea e dolore epigastrico, vomito e diarrea, difficoltà motorie, propriocettive e della parola, paralisi crescente che porta a morte cosciente (poichè la tossina non attraversa la barriera emato-encefalica) entro 4-6 ore dalla comparsa dei sintomi.!

Noguchi T., e Arakawa O.,2008

Il trattamento medico instaurabile è unicamente sintomatico e di supporto poiché non esiste alcun trattamento fondamentale che elimina completamente la tossina dal corpo (Arakawa et al., 2010) e non esistono antidoti o antitossine per la tossina TTX.! Se l’ingestione è avvenuta entro 4 ore è necessario fare una lavanda gastrica e somministrare carbone attivato per cercare di arginare l’insorgere della

sintomatologia (Haque et al., 2008; Ferreira et al., 2011).!

Se un paziente è gravemente intossicato,tuttavia, l'unico trattamento disponibile è la respirazione artificiale fino a quando il corpo non si disintossica.!

Sebbene dunque la tossicità di alcune specie sia conclamata, tuttavia le carni di alcune specie di pesci palla, se trattate secondo determinate modalità (tra cui la cernita di tessuti, l’areale e la stagione di pesca ), sono considerate delle 4

prelibatezze e vengono somministrate in alcune parti dell’Asia e del Giappone. Infatti non tutte le specie risultano presentare la stessa tossicità. Inoltre le parti

maggiormente tossiche risultano essere le gonadi, il fegato, l’intestino e la pelle che non vengono impiegate nella preparazione del fugu."

L’intossicazione legata al consumo di questi pesci velenosi è dovuta prevalentemente alla scarsa familiarità dei pescatori e dei consumatori nei confronti di quest’ultimi: anche in Giappone, patria del fugu, infatti, i casi di decesso sono legati in massima parte alla accidentale ingestione di carni di quelle specie velenose non riconosciute dai consumatori, ed in minima parte a quello che viene somministrato come piatto pregiato all’interno dei ristoranti.!

Per questa ragione sia a livello comunitario (ne è esempio la comunicazione precedentemente citata dell’ISPRA a livello italiano ed il Rapporto “The Puffer Fish

Lagocephalus sceleratus in the Eastern Mediterranean” a cura della FAO) che a

livello mondiale le Autorità competenti stanno incoraggiando approfondimenti

riguardo la biologia e l’ecologia di queste specie e facendo campagne informative per diffondere una conoscenza riguardo alle conseguenze legate al consumo di specie ittiche velenose, in modo da prevenire episodi di intossicazioni di massa come quello descritto da Homaira N et al., 2010 che ha portato nel 2008 in Bangladesh

all’intossicazione di 95 persone ed al decesso di 14. In questo ultimo contributo, in particolare, viene descritta sostanzialmente la frode effettuata da alcuni uomini d’affari senza scrupoli che, per raggiungere un rapido profitto, hanno venduto le

partite di pufferfish in parti non costiere della ragione a persone, ergo, che avevano poca familiarità con quei pesci.!

Sono noti anche altri casi di intossicazione legati all’ingestione di specie di pesce palla.!

CDC (Centers for Disease Control and Prevention) riporta nel 1996 3 casi di avvelenamento negli USA causati dall’ingestione di un pesce palla importato da Giappone.!

Kanchanapongkul (2001) riporta una notevole casistica di episodi di intossicazione da TTX in Malesia.!

Akaki e Hatano (2006) descrivono l’identificazione TTX in pesci campionati sul mercato giapponese.!

Wu Y.J., et al., (2008) segnalano l’uso di pesci palla per la produzione di filetti essiccati e salati che hanno portato ad episodi di avvelenamento in Taiwan, Cina e Giappone.!

Silva C.C.P., et al., (2010) riportano nel loro contributo il caso di 27 avvelenamenti dovuti all’ingestione di specie della Famiglia Tetraodontidae.!

Per quanto riguarda il territorio italiano i casi di frode sanitaria con protagonisti pesci velenosi hanno riguardato soprattutto tentativi di porre in commercio come code di rospo esemplari di queste specie vietate , sotto forma di pesci preparati ossia decapitati, eviscerati e spellati.!

Il caso, precedentemente riportato, descritto da Pellegrino e Aragona ed il caso che 5

verrà riportato nella casistica di questo studio confermano come la perpetrazione di una semplice frode commerciale di sostituzione di specie può portare, in riferimento a queste specie velenose, ad una vera e propria frode sanitaria.!

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II.1.2 CIGUATOSSINA!

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! ! Nel Reg.853/2004/CE, allegato II, Sezione VII, Capitolo V, punto E, comma 2 viene stabilito anche il divieto di commercializzazione di quei “prodotti della pesca

contenenti biotossine (ad esempio la ciguatossina o le tossine che paralizzano i muscoli)”."

Barontini F., et al., 2010

In particolare la ciguatera, l’avvelenamento risultante dalla ingestione di pesci che hanno assunto ciguatossina, è una intossicazione tipica dei mari tropicali; tuttavia la portata sempre maggiore degli scambi commerciali in termini di quantità, di distanza delle zone di pesca e del numero di specie commerciate ed il turismo (Ting JY et al., 2001) fanno sì che questa problematica non risulti essere del tutto eccezionale anche in paesi lontani da quelli dove questa intossicazione è endemica. Inoltre, anche i cambiamenti climatici stanno contribuendo all’espansione dell’area geografica nella quale è comune avere episodi di questa intossicazione.!

L’origine del nome ciguatera è spagnola e deriva dal nome del mollusco Livona pica, detto “Cigua”. Il caso più noto relativo a questa intossicazione fu sicuramente quello occorso all’equipaggio del capitano Cook, nel 1774, a seguito del consumo di pesci della famiglia Lutianidae (Sakamoto, Y. et al., 1987; Broadbent, G., 1987)."

La ciguatossina (CTx-1) è una biotossina marina prodotta da dinoflagellati bentonici dei generi Gambierdiscus e Ostreopsis che, soprattutto in acque poco profonde ed in prossimità di barriere coralline, tipiche delle acque caraibiche e di alcune zone del Pacifico e dell’Oceano Indiano occidentale, sono in grado di proliferare dando origine alle cosiddette “fioriture algali” (Auerbach P.S., 1985).!

I pesci che assumono tali dinoflagellati o che si cibano a loro volta di pesci portatori di tossina non presentano effetti negativi ma la biotossina, una volta assunta, non viene più eliminata dal pesce che quindi diventa un potenziale pericolo se è destinato al consumo umano.!

Bastano infatti 0,1 ppb della ciguatossina di tipo P-CTX-1, presente nel Pacifico, per causare sintomi nell’uomo .!

La sintomatologia clinica è aspecifica ed è caratterizzata da un interessamento gastrointestinale, cardiovascolare, nervoso e dalla presenza di sintomi generali, che compaiono poche ore dopo aver mangiato un pesce contenente la tossina (Oehler E.

et al., 2014).!

In particolare i sintomi in fase acuta sono da ricondurre a nausea, vomito, diarrea, cui si accompagna prurito, ansietà, fino ad arrivare ad incoordinazione motoria e paralisi.! Dopo la sintomatologia iniziale o acuta, la sensazione di debolezza dura

generalmente da alcuni giorni a diverse settimane. Alcuni pazienti addirittura presentano sintomi cronici per la durata di settimane o mesi, in particolare sintomi neurologici periferici, come parestesie agli arti, prurito, e sintomi neuropsichiatrici, quali malessere, depressione, stanchezza generalizzata, mal di testa (Friedman M.A.

maggiormente nelle aree dove non è fornita una immediata assistenza medica ed in quelle eventualità nelle quali il consumo ha riguardato la testa, le gonadi ed il fegato ovvero le parti nelle quali la tossina è maggiormente accumulata (Chateau-Degat ML

et al., 2007).!

In letteratura sono descritti innumerevoli casi di intossicazione (Schlaich C. et al., 2012; Centers for Disease Control and Prevention (CDC), 2013; Kipping R. et al., 2006; Bailey S. et al., 2014) che riportano, in linea di massima, i medesimi sintomi aspecifici; la possibilità di risalire alla causa scatenante, ovvero all’ingestione della tossina, risiede dunque anche e soprattutto nell’anamnesi.!

Per quanto riguarda il trattamento non esiste antidoto e la terapia è prettamente sintomatica e di supportro.!

L’utilizzo di mannitolo attraverso l’infusione endovenosa è l’unico trattamento che sembra essere utile nel ridurre i sintomi legati alla intossicazione (Palafox N.A et al., 1988; Bagnis R., et al., 1992).!

Le famiglie ittiche più esposte ad accumulare la tossina sono quelle dei Carangidae, dei Serranidae, dei Lutjanidae, degli Sphyraenidae, degli Scaridi, dei Murenidae, degli Scombridae ed anche alcuni squaliformi del genere Carcharhinus. !

Oltre 400 specie di pesci conosciute sono state classificate come potenziali vettori ciguatossina e nelle zone endemiche la tossina si accumula in quantitativi maggiori nei pesci più grandi, i predatori del reef quali vari tipi appunto di cernie e dentici tropicali, nelle murene, nell’amberjack (Seriola fasciata ), nel barracuda e nello sgombro spagnolo (Farstad D.J., et al, 2001).!

Sono stati implicati anche piccoli pesci pelagici tra quelli più pescati e commerciati, come aringhe e sardine (famiglia Clupeidae) e, recentemente, anche batteri (genere

Pseudomonas, Vibrio, Aeromonas) che vivono in simbiosi con le microalghe sono

stati ritenuti possibili tossinogeni (Ting J.Y., et al., 2001).!

Per quanto riguarda l’Italia sono riportati in letteratura casi di intossicazione da ciguatossina ma risultano tutti essere ascrivibili al consumo di pesci durante il soggiorno in quelle zone dove l’intossicazione è endemica (Sozzi G. et al., 1988; Bavastrelli M. et al., 2000).!

Tuttavia un campanello d’allarme è suonato in seguito ai risultati emersi da una ricerca effettuata nel 2011 da Eurofishmarket su campioni freschi e congelati di filetti di cernia. Questa specie, come precedentemente detto, risulta essere tra quelle potenzialmente portatrici di ciguatossina. Nella ricerca si è accertato infatti che su 87

specie di cernia analizzate il 37% era stato posto in commercio con un’etichetta errata e il 15% apparteneva addirittura ad altre specie.!6

Questo, oltre a rappresentare una frode commerciale di sostituzione, nella quale un prodotto pregiato come la cernia pescata nel Mediterraneo viene scambiato con pesci meno pregiati aventi provenienze diverse, come sottolinea giustamente Tepedino pone inoltre il rischio che “alcuni pesci potrebbero provenire da acque molto lontane

o essere pesci ciguatossici ovvero con una tossina, potenzialmente pericolosa per l’uomo, che si forma nei mari tropicali in presenza di particolari alghe”!

Ancora ci troviamo ergo di fronte ad una frode aliud pro alio che può scaturire in problematiche di natura sanitaria.!

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