• Non ci sono risultati.

Alberto Alessi e i “grandi maestri”

Alessi La fabbrica dei sogn

4.2 Alberto Alessi e i “grandi maestri”

Il 1970 può essere considerato un anno si svolta per l’azienda oggetto di questo capitolo sotto molteplici punti di vista. È ormai chiaro che la società fondata nel 1921 a Crusinallo ha, almeno finora, le caratteristiche di un’azienda a conduzione familiare. Negli anni, grazie a innovazioni tecniche e all’intraprendenza di alcune personalità, il nome Alessi è entrato a far parte delle grandi aziende italiane leader nel settore della produzione di articoli per la casa e per la ristorazione. Riflettendo sulla storia aziendale alla luce degli studi personalmente condotti, si può notare che le fasi storiche o comunque le grandi innovazioni introdotte a livello tecnologico dalla società sono coincise con l’arrivo in azienda di personalità particolarmente dotate di spirito d’iniziativa, spesso coniugato con un dose di coraggio nell’intraprendere strade che nessuno aveva mai percorso. Questa breve premessa si rende necessaria per introdurre Alberto Alessi, mente ispiratrice e ideatore di progetti sempre innovativi, con una capacità quasi “magnetica” nell’attirare a sé le più grandi personalità del mondo del design nazionale e internazionale.

Fresco di studi in legge, concluse infatti la carriera universitaria con una laurea in giurisprudenza conseguita nel luglio 1970, Alberto figlio di Carlo Alessi dimostrò un crescente interesse nella società del padre e del nonno, entrando nell’organico nell’estate dello stesso anno. Desideroso di contribuire in prima persona alla direzione, ma soprattutto interessato al coinvolgimento di nuovi

progettisti, Alberto Alessi può essere a buon diritto considerato la chiave di volta che portò la ditta Alessi tra le “Fabbriche del design italiano” come lui stesso era solito identificare quelle aziende che hanno affidato la progettazione a designer esterni all’azienda e che soprattutto han saputo coniugare nei prodotti funzionalismo e un’accurata ricerca formale, fattori cardine del design.

Tra i primi progetti promossi da Alberto c’è stata l’intenzione di proporre una riflessione sul concetto di “multiplo d’arte” e di “arte moltiplicata”, offrendo “alle masse dei consumatori veri oggetti artistici a prezzo contenuto”161.

Identificato con la sigla Alessi d’après, questo progetto si qualifica come

l’unica proposta condotta da una grande industria per la tiratura illimitata di sculture d’autore, e come tale costituisce l’interessante tentativo di Alessi di porsi contro corrente nel mercato del multiplo d’arte162.

Le parole di Alessandro Mendini, strettissimo collaboratore di Alberto Alessi nonché studioso delle prime vicende industriali dell’azienda piemontese, sono piuttosto dubbiose sull’effettiva riuscita commerciale del progetto. Nonostante vennero interpellati artisti e scultori italiani e non quali Giò Pomodoro, Carmelo Cappello, Pietro Consagra, Andrea Cascella e Dušan Džamonja, di fronte al prototipo presentato da Salvador Dalì il progetto venne bloccato a causa degli eccessivi costi previsti per la produzione e per la scarsa attenzione che questo suscitò anche a fronte di iniziative promozionali mirate (Fig. n. 4). A. Mendini nel suo scritto dedicato alla storia aziendale dell’Alessi sembra essere piuttosto critico nei confronti di questo Programma sostenendo che fosse “errata la politica di uscire fuori dall’oggetto funzionale casalingo, cioè dalla

tradizionale pertinenza storica dell’immagine e della competenza Alessi”163.

                                                                                                               

161 A. Alessi, La fabbrica dei sogni…, op. cit., p. 20. 162 A. Mendini, Paesaggio casalingo…, op. cit., p. 115. 163 Ibidem.

Dopo il fallimento dell’idea di sconfinare nel campo artistico con il multiplo d’arte, Alberto Alessi seguì le orme degli altri membri della famiglia, invitando

a collaborare in azienda Franco Sargiani e Eija Helander164. Uno studio

approfondito delle vicende aziendali durante gli anni Settanta rivela tuttavia che la coppia di designer non fu solo attiva nell’ideazione e successiva progettazione dei Programmi 7 e 8, composti da articoli per la casa e la cucina, ma venne direttamente coinvolta da Albero Alessi nella revisione del packaging e nella sistemazione degli uffici amministrativi dello stabilimento industriale a Crusinallo. I due vennero inoltre incaricati di approntare una nuova veste grafica del brand, obiettivo ottenuto anche tramite l’introduzione del nuovo logotipo “Alessi” utilizzato a partire dal 1971.

                                                                                                               

164 Franco Sargiani è un architetto, nato a Modena nel 1940, laureato presso la Facoltà di Architettura

del Politecnico di Milano. Dopo una prima esperienza presso lo Studio Morassutti e numerosi stages all'estero, specie in Inghilterra, Svezia, Finlandia e Danimarca, dove entra in contatto con alcuni tra i più qualificati centri di progettazione e di produzione di quei paesi, inizia l'attività professionale autonoma aprendo uno studio a Milano. I suoi interventi vanno dall'architettura civile all'architettura industriale e d'interni, dal disegno industriale all'organizzazione di immagine aziendale, quest'ultimo spesso in collaborazione con Eija Helander. Ha insegnato "Industrial e visual design" alla Scuola Politecnica e di Design, diretta da Nino Di Salvatore. Ha collaborato con numerose altre aziende, tra cui Alessi, Fantini, Filasp, Fidenza Vetraria, Inda, Emicar e Sipea. Suoi progetti sono stati pubblicati su libri e riviste specializzate, sono stati selezionati per il Compasso d'Oro e sono stati presentati in numerosi musei, tra i quali il Beaubourg di Parigi, il Metropolitan Museum di New York, il Museo d'Arte Moderna di New York, il Tel Aviv Art Museum, il Museo d'Arte Moderna di Rio de Janeiro, il Museo d'Arte Applicata di Helsinki, il Kunst Museum di Düsseldorf, la Triennale di Milano. Eija Helander è una designer finlandese, nata a Lathi nel 1944. Dopo gli studi superiori, inizia un lungo periodo dicollaborazione con Marimekko, prima come responsabile del visual merchandising poi come coordinatrice dell’intera immagine aziendale nei diversi paesi della regione scandinava. Partecipa alla sceneggiatura per la realizzazione di filmati pubblicitari e lungometraggi d’autore, collabora inoltre con numerose riviste di arredamento come consulente di settore. Nel 1969 si trasferisce in Italia dove si occupa di Industrial Design, realizzando diversi progetti per conto di società come Fivep, Inda, Alessi. Di quest’ultima, insieme all’architetto Franco Sargiani, cura in particolar modo l’immagine coordinata ed il packaging. Attualmente svolge la propria attività spaziando in diversi ambiti: dalla progettazione di interni alla grafica pubblicitaria, dagli allestimenti fieristici alla realizzazione di marchi aziendali. www.francosargiani.it

Merito di F. Sargiani fu anche quello di aver messo in contatto l’imprenditore Alessi, alla ricerca di nuovi talenti da mettere alla prova con la nuova linea di prodotti, il Programma 7, con i giovani progettisti riuniti attorno alla figura di Silvio Coppola, leader del gruppo milanese Exhibition design. Formatosi sul finire degli anni Sessanta a Milano, il gruppo era composto da protagonisti della grafica italiana quali Giulio Confalonieri, Silvio Coppola, Franco Grignani, Bruno Munari e Pino Tovaglia i quali si ponevano come obiettivo il dialogo tra arti grafiche e disegno industriale, proponendo alle aziende del settore progetti nei quali la ricerca grafica era abbinata al funzionalismo di un oggetto quotidiano165. I principali oggetti del Programma 7 erano vassoi o

piccoli recipienti nei quali

Coppola abbinava una serrata analisi grafica, corredata da minuziose note manoscritte, con un innovativo impegno tecnologico di ricerca. Il suo lavoro era orientato alla scoperta di modi del tutto nuovi per traforare e modellare il foglio, il filo e la rete d’acciaio166.

L’avvio della produzione risultò in un primo momento difficoltoso, a causa delle forme spesso inusuali degli articoli. Il vassoio Tiffany (S. Coppola 1975), il cestino Square (S. Coppola 1976) o il piccolo recipiente Maya (G. Confalonieri 1976) imponevano numerosi passaggi tecnici e inedite soluzioni tecnologiche, tuttavia lo sforzo venne ricompensato dalla risposta positiva della clientela, probabilmente perché gli acquirenti di questi oggetti li consideravano ancora frutto delle ricerche del “Bel design anni ‘60”167. Ricorda infine A. Mendini

che

                                                                                                               

165 Cfr. Michele Galluzzo, Il ‘Pre Design’ e il mercato rionale: il gruppo Exhibition design in “AIS/Design

Storia e Ricerche”, n. 2, ottobre 2013.

166 A. Alessi, La fabbrica dei sogni…, op. cit., p. 23. 167 Ibidem.