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Alcune possibili soluzioni: restorative justice, mediazione penale, victim impact statement

VITTIMA E CRIMINAL JUSTICE: ACCOGLIENZA O INDIFFERENZA?

3.1.4. Alcune possibili soluzioni: restorative justice, mediazione penale, victim impact statement

Come già sottolineato, la vittima è da sempre ai margini del sistema giustizia. Nel corso degli ultimi anni, fortunatamente, molti esponenti del mondo accademico e legale si sono adoperati al fine di migliorare la sua posizione nel procedimento penale.

L’approccio della restorative justice può rappresentare una strada autorevole per aiutare coloro che sono stati danneggiati da un delitto. I principi generali della restorative justice promuovono la

188 Ibidem, p. 3 [traduzione mia].

189 J. Goodey, op.cit.

190 S. Walkate, op. cit., p. 283 [traduzione mia].

riparazione del danno alla persona offesa dal reato e alla comunità, la reintegrazione dell’offensore nella società e la ripresa di un dialogo fra le vittime, i criminali e la comunità. Questa forma di giustizia favorisce pratiche quali la mediazione fra la vittima e l’autore del reato e altri processi informali che hanno lo scopo di facilitare decisioni di ordine riparativo, come la presentazione di scuse dell’autore del reato alla vittima e alla comunità191. La restorative justice si focalizza sulla riparazione del danno, promuove un’attiva partecipazione del reo e della persona lesa, aiutando quest’ultima ad identificare i proprio bisogni e le proprie necessità.

La giustizia riparativa può manifestarsi secondo diverse forme, le quali hanno tutte come obiettivo il benessere e il ristoro della vittima, del criminale e della comunità. Gli elementi centrali possono essere riscontrabili nei seguenti punti: “1. Il crimine è in primo luogo un conflitto fra la vittima, l’autore del reato e la comunità; solo secondariamente è una violazione della legge. 2. L’obiettivo principale della giustizia penale dovrebbe essere quello di riconciliare le parti e riparare la sofferenza causata dal crimine. 3. Il processo penale dovrebbe facilitare la partecipazione delle vittime, degli offensori e della loro comunità. Non dovrebbe essere dominata dallo Stato escludendo gli altri”192.

La restorative justice è quindi un processo in cui tutte le parti coinvolte in un reato si incontrano per risolvere assieme le conseguenze e le implicazioni provocate dal crimine. Per “parti coinvolte in un reato” si includono la vittima, l’offensore, con la possibilità, per entrambi, di implicare anche le rispettive famiglie, e i membri dell’intera comunità, la quale può contribuire alla risoluzione dei conflitti. Sono inoltre implicati in questo processo i rappresentanti della giustizia penale e le agenzie sociali. Dunque le vittime hanno un ruolo centrale all’interno di questo nuovo paradigma, assumendo un’importanza sino ad ora nuova e sconosciuta. Le parti coinvolte si ritrovano assieme, secondo differenti modalità (ad esempio la mediazione, la victim-offender conferencing193, il sentencing circle194), in un ambiente informale, lontano dalle limitazioni delle aule del tribunale, per

191 M. Achilles, H. Zehr, “Restorative Justice for Crime Victims: the Promise, the Challenge”, in G. Bazemore, M.

Schiff (eds.), Restorative Community Justice. Repairing harm and transforming communities, Anderson Publishing, Cincinnati, 2001, p. 90 [traduzione mia].

192 H. Strang, op. cit., p. 44 [traduzione mia].

193 Il victim-offender conferencing consiste in un incontro, spesse volte utilizzato nella giustizia minorile, in cui sono presenti la vittima, l’autore del reato, le rispettive famiglie, persone che siano legate ed abbiano buoni rapporti con l’offensore, i supporters delle vittime e infine un mediatore professionista esperto in materia. Questa pratica è nata nel 1989 e si è sviluppata in Nuova Zelanda a favore dei giovani che avevano bisogno di discutere con i familiari del reato commesso. Successivamente venne introdotta in questa “discussione” anche la vittima del reato e i suoi congiunti. Un modello simile è ora sviluppato anche in Inghilterra, Galles, Stati Uniti. In I. Aertsen, R. Mackay, C. Pelikan, J.

Willemsens, M. Wright, Rebuilding community connections: mediation and restorative justice in Europe, Council of Europe publishing, Strasbourg, 2004.

194 Il sentencing cicle si è sviluppato in Canada e in altri Paesi anglosassoni a partire dagli anni Novanta e consiste in un incontro di natura sanzionatorio-conciliativo in cui sono presenti, oltre alla vittima e all’autore del reato, i rispettivi congiunti, il mediatore, anche membri della comunità. Tale colloquio ha lo scopo, tramite la partecipazione, accanto al giudice, di tutta la comunità locale, di regolare le controversie di natura penale sorte all’interno della comunità. In I.

Aertsen, R. Mackay, C. Pelikan, J. Willemsens , M. Wright, op. cit.

discutere le circostanze e risolvere le conseguenza del crimine. Gli elementi principali della giustizia riparativa possono essere riscontrati in alcuni elementi: innanzitutto, la riconciliazione fra la vittima e l’autore del reato e la presenza di scuse sincere da parte dell’offensore; il risarcimento alla persona offesa del danno subito in forma di compensazione monetaria o simbolica; la riabilitazione del criminale per ridurre il rischio di recidiva, per prevenire future forme di vittimizzazione e per ricostruire quel senso di comunità leso dall’evento delittuoso195.

In Europa, la mediazione penale rappresenta la realizzazione più nota ed utilizzata della giustizia riparativa. Essa consiste in un incontro fra la vittima e l’autore del suo reato, solitamente alla presenza di uno o due mediatori, al duplice scopo di risarcire la vittima, anche in modo simbolico, del danno subito e di offrire la possibilità all’autore del reato di scusarsi dei danni causati: “[…] in effetti la mediazione è quel processo di scambio, di interazione appunto, attraverso il quale si offre alla vittima l’opportunità di incontrare gli autori dei delitti che le hanno procurato danno, per fornirle un sostegno psicologico e per consentirle di ottenere un equo compenso per il danno subito”196.

All’inizio del processo di mediazione sia l’autore che la vittima vengono ascoltati separatamente dal mediatore, il quale deve valutare se vi siano le condizioni per le quali non è possibile intraprendere il percorso, come ad esempio il rischio di violenza fisica o verbale o la presenza di patologie psichiatriche. In molti casi l’offensore è il primo ad incontrare il mediatore, al fine di non alimentare le aspettative della vittima nel caso in cui non sia possibile procedere. Dopo questa fase iniziale si passa alla sessione di mediazione, che deve svolgersi in un luogo neutrale. Agli incontri partecipano sempre sia l’autore che la vittima del reato. Sono previsti diversi approcci metodologici che guidano lo svolgimento pratico degli incontri, anche a seconda del reato che è stato perpetrato;

tutti comunque hanno lo scopo di rafforzare chi ha causato il danno e chi lo ha subito, dando loro la possibilità di parlare e di chiarirsi in un ambiente che non è accusatorio. Lo scopo è quello di

195 Al fine di diffondere la conoscenza ed implementare lo sviluppo della giustizia riparativa, è degna di nota l’esperienza dell’European Forum for Restorative Justice, che trova parzialmente le sue origini nella Raccomandazione del Consiglio d’Europa riguardante la mediazione nelle materie penali (1996-1999). Esso nasce dall’idea di un gruppo di studiosi ed accademici decisi a diffondere e divulgare le tematiche della restorative justice e della mediazione in ambito penale: venne così riunito un team di esperti provenienti da ogni nazione europea ed organizzata la prima conferenza nell’ottobre 1999. La segreteria del forum si trova presso il Dipartimento di Legge e Criminologia dell’Università Cattolica di Leuven. Successivi incontri, seminari e laboratori portarono alla fondazione nel dicembre del 2000 del “Forum Europeo per la Mediazione Vittima-Criminale e Giustizia Riparativa” (European Forum for Victim-Offender Mediation and Restorative Justice), il quale venne rinominato nel 2004 European Forum for Restorative Justice. In accordo con il proprio statuto, l’obiettivo principale del forum è quello di promuovere lo sviluppo e la diffusione della mediazione penale fra autore e vittima di reato e delle altre pratiche della giustizia riparativa in tutta Europa. Le altre finalità del forum sono la promozione a livello internazionale dello scambio di informazioni e di mutuo aiuto; la promozione di uno sviluppo effettivo delle politiche e delle basi teoriche della giustizia riparativa, dei servizi e della legislazione; attività di ricerca. Il sito internet del forum è: www.euforumrj.org. In I. Aertsen, “Restorative justice through networking: a report from Europe”, in J. Glazewski, E. Van Der Spuy, S.

Parmentier, A. Dissel (eds.), Restorative justice: politics, policies and prospects, Juta, Cape Town, 2007, pp. 91-112.

196 A. Balloni, “Prefazione”, in R. Bisi (a cura di), Vittimologia. Dinamiche relazionali tra vittimizzazione e mediazione, Franco Angeli, Milano, 2004, p. 8.

esprimere i propri sentimenti e di ascoltare quelli dell’altro. La vittima e l’offensore hanno la possibilità di intervenire con un breve discorso descrivendo come è stato vissuto l’evento criminoso, senza essere interrotti dall’altro: la prima espone la necessità di ottenere un risarcimento finanziario o emotivo, mentre al secondo è data la possibilità di riparare al torto inflitto, anche solamente attraverso un sincero pentimento. Molto spesso il percorso di mediazione si conclude con un accordo scritto, che può essere visionato al giudice nel momento in cui deve emettere la sentenza197. La mediazione è prevista in molti paesi, come gli Stati Uniti, il Canada, l’Inghilterra, il Galles, la Francia, il Belgio, l’Austria, la Germania, l’Italia (solo per quei reati commessi dai minorenni e per quelli di competenza del Giudice di Pace penale) ognuno dei quali ha sviluppato proprie modalità di implementazione e l’introduzione in momenti diversi del procedimento penale. È comunque presente una Raccomandazione R(99) 19 del comitato dei ministri del Consiglio d’Europa198 (Council of Europe, Committee of Ministers, Recommendation no. r (99) 19 of the committee of ministers to member states concerning mediation in penal matters) relativa alla mediazione in materia penale, che stabilisce i principi e le linee guida che devono essere osservate dagli Stati membri al fine di promuovere e sviluppare la mediazione penale. Questa raccomandazione delinea sei direttrici di lavoro: “Definizione”, “Principi generali”, “Basi legali”, “Il funzionamento della giustizia penale in relazione alla mediazione”, “Il funzionamento dei sevizi di mediazione” e “I continui sviluppi della mediazione”.

Fino ad ora è stato osservato come l’approccio della restorative justice e della mediazione penale possano essere concretamente utili per accrescere nelle persone offese dal reato sentimenti di soddisfazione. Un altro “successo” da attribuire ai movimenti a favore delle vittime può essere considerato il Victim Impact Statement.

Infatti, “Il diritto di partecipare al processo, incluso il diritto ad assistere al procedimento penale e di essere ascoltate durante le diverse fasi di quest’ultimo, è importante per le vittime di reato. La maggior pare delle vittime è interessata a partecipare al procedimento e a riportare, con parole proprie, la sua storia”199. E proprio questo offre il victim impact statement: in alcune nazioni (come gli Stati Uniti, il Canada, la Nuova Zelanda, l’Olanda), durante il procedimento penale, le vittime hanno la possibilità di essere ascoltate dalla corte. Tale atto consiste in una dichiarazione presentata in forma scritta o orale che permette alle persone lese dal reato di raccontare i danni causati dal crimine e di esprimere rabbia, frustrazioni e le conseguenze subite da un punto di vista fisico, psicologico e finanziario. Il victim impact statement intende quindi dare voce alle vittime all’interno

197 I. Aertsen, R. Mackay, C. Pelikan, J. Willemsens, M. Wright, op.cit.

198 https://wcd.coe.int/ViewDoc.jsp?Ref=Rec(99)19&Sector=CM&Lang=en

199 J.V. Roberts, E. Erez, “Communication at sentencing: the expressive function of Victim Impact Statement”, in A.

Bottoms, J.V. Roberts (eds.), Hearing the victim. Adversarial justice, crime victims and the State, Willan Publishing, Cullompton, 2010, p. 248 [traduzione mia].

del procedimento penale, incoraggiando il racconto delle conseguenze del crimine. Esso può essere presentato dalla stessa persona offesa, da qualcuno che parla a suo nome, dai parenti della vittima deceduta, dai genitori o dal tutore di un bambino, da un coniuge. La presentazione di un impact statement è volontaria: nessuna vittima è obbligata a scriverne uno, essa deve coscientemente scegliere di informare la corte dell’impatto del crimine sulla sua vita. Dal momento in cui questo documento volontario è stato prodotto, esso deve essere preso in considerazione dal giudice nel momento in cui emette la sentenza200.

Questi strumenti non sono presenti in tutte le nazioni, europee o mondiali, e la loro applicazione è sicuramente parziale; essi concorrono a dare voce alle vittime proprio nel momento in cui hanno più bisogno di esprimere le proprie emozioni: rabbia, frustrazione, disturbi, ma anche speranza, aspettative, desideri. Così: “[…] dare alle vittime diritti nel procedimento penale riduce la loro alienazione, incrementa la loro soddisfazione e la sensazione di essere trattate giustamente, infine restituisce la dignità”201.

Il paradigma della restorative justice non è certamente esente da critiche e da giudizi negativi. Il primo problema che si pone riguarda la posizione che le pratiche della giustizia ripartiva devono occupare all’interno del sistema penale. In particolare, si può ragionare sul fatto se essa possa essere considerata una forma alternativa di giustizia o un modello che affianchi quelli di giustizia tradizionale (in particolare l’esempio riabilitativo). Da un lato gli strumenti di questo paradigma possono realizzarsi completamente al di fuori del sistema penale, operando in maniera parallela al procedimento ordinario, ma senza rapporti con esso. Dall’altro lato, la giustizia riparativa può rappresentare un’alternativa al sistema penale, realizzando i propri obiettivi comunque sempre al suo interno. Legato a questo aspetto si trova il concetto di assunzione di responsabilità da parte dell’autore del reato, presupposto affinché ogni pratica riparativa possa verificarsi ed elemento dal quale non si può prescindere. “Ma l’assunzione, o riassunzione di responsabilità, dovrebbe essere tanto più sostanzialmente tale quanto più si allontani da quei rischi di strumentalità che strutturalmente sono presenti in questa idea della giustizia riparativa”202. È necessario pertanto evitare quelle pressioni che possano spingere l’autore del reato a partecipare, ad esempio, ad una pratica mediatoria in modo strumentale, opportunistico e finalizzato ad ottenere dei benefici processuali. Contemporaneamente, la vittima non deve sentirsi costretta a comprendere e ad essere indulgente nei confronti dell’autore del reato. La scelta di partecipare alla mediazione deve essere assolutamente volontaria e può essere revocata in qualsiasi momento, tornando senza alcun

200 http://www.crcvc.ca/docs/VictimImpactStatements.pdf

201 A. Crawford, J. Goodey, op. cit., p. 165 [traduzione mia].

202 G. Mosconi, La giustizia riparativa come alternativa al carcere, in

http://www.ristretti.it/giornale/numeri/42007/giustiziariparativa.htm

pregiudizio all’iter procedimentale. Le finalità della giustizia riparativa consistono nella ricomposizione del conflitto e in una forma di risarcimento alla vittima. Il conflitto però prevede una situazione di disparità fra l’autore e la vittima, differenza che nelle attività riparative non dovrebbe essere presente. Può essere inoltre presente il rischio che proprio la riparazione nei confronti della vittima venga imposta come ulteriore sanzione e come ultima possibilità per ottenere benefici giudiziari.