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L’ANALISI DELLE INTERVISTE

5.3. L’attualità dell’istituto della riabilitazione

Uno degli argomenti indagati nel corso delle interviste riguarda l’attualità della riabilitazione, cioè se, nell’opinione degli intervistati, le condizioni, le finalità, le motivazioni legate a tale istituto possano essere riformulate e/o modificate in base alle mutazioni sociali, economiche e storiche avvenute nel corso del tempo. È d’obbligo infatti ricordare che sia in Italia che in Belgio la riabilitazione è da un punto di vista legislativo un istituto datato nel tempo341.

341 In Italia, infatti, l’istituto della riabilitazione venne introdotto nel panorama legislativo, nella sua formulazione definitiva, grazie al Codice Rocco del 1930 (artt. 178, 179, 180, 181 c.p.) ed è tutt’ora in vigore. L’unica modifica all’istituto della riabilitazione venne operata dalla Legge 11 Giugno 2004, n. 145 “Modifiche al codice penale e alle relative disposizioni di coordinamento e transitorie in materia di sospensione condizionale della pena e di termini per la riabilitazione del condannato”, che varia sostanzialmente le condizioni temporali secondo le quali si può richiedere la riabilitazione. A norma dell’art.179 c.p., modificato dall’art.3 L.145/2004, un condannato può chiedere la riabilitazione quando sono decorsi almeno tre anni dal giorno in cui la pena principale è stata eseguita o in altro modo estinta e se egli ha dato prove effettive e costanti di buona condotta. Il termine viene esteso ad otto anni se si tratta di soggetti recidivi, mentre il termine è di dieci anni se si tratta di delinquenti abituali, professionali o per tendenza e tale limite decorre dal giorno in cui è stato revocato l’ordine di assegnazione ad una colonia agricola o ad una casa di lavoro. Prima di tale normativa, infatti, il termine previsto era di cinque anni, esteso a dieci anni per persone recidive. In Belgio, invece, la riabilitazione, ex artt. 621-634 del Code d’instuction criminelle, venne originariamente regolata dalla legge del 25 aprile

Per quanto concerne le condizioni che un istante deve soddisfare al fine di ottenere la riabilitazione, i due intervistati si trovano su posizioni differenti. Da un lato, si trova l’opinione del Pres. Maisto, il quale afferma che, proprio perché la riabilitazione è un istituto datato, “bisogna fare purtroppo degli sforzi interpretativi per riuscire a mettere in connessione, ad armonizzare questi requisiti per ottenere la riabilitazione con le nuove tipologie di reati, soprattutto quando si tratta di reati particolarmente repellenti”. Dunque è necessario che i requisiti che si devono soddisfare al fine di ottenere la riabilitazione siano “aggiornati” di fronte alle nuove fattispecie di reato che sono sorte nel corso degli anni. Il giudice prosegue indicando la condizione che, avendo un significato molto esteso, può essere interpretata in maniera più ampia e quindi attualizzata: “Certo è che si può interpretare soprattutto la condizione di merito più ampia, quella delle prove effettive e costanti di buona condotta, in senso più ampio o in senso più restrittivo”. La questione che emerge riguarda quindi la condizione “prove effettive e costanti di buona condotta”, che deve essere compresa e definita a seconda del caso specifico e del rapporto fra l’autore e la vittima di reato, relazione che oggi ricopre una funzione e un ruolo completamente diversi rispetto al passato: “forse sarebbe necessario riuscire a tipicizzare, cioè a normativizzare, ad indicare più specificamente una condizione che riguardi il rapporto fra vittima e autore, naturalmente non in senso sloganistico o modulistico standardizzato, ma in un modo più appropriato in relazione alla tipologia di reato”.

Quindi i punti di criticità in riferimento alle condizioni non vengono identificate nel lasso temporale intercorrente fra l’espiazione della pena e la domanda di riabilitazione, oppure nell’adempimento delle condizioni civili nascenti dal reato, bensì vengono individuate in relazione al fatto se e quanto si possa ampliare il concetto di prove effettive e costanti di buona condotta.

Di parere opposto risulta il pensiero del collega belga, il quale commenta che, attualmente, le condizioni necessarie per ottenere la riabilitazione sono relativamente nuove342 ed elogia in particolar modo quella della buona condotta, presupposto con un significato molto ampio, che spazia, ad esempio, dal non avere commesso delitti, ad avere comportamenti disonesti, ad assumere sostanze stupefacenti. Mr. Banneux afferma “che questo è un potere di giudizio molto forte in mano ai magistrati”.

Differenti risultano quindi le posizioni degli intervistati: se dal lato italiano vengono enfatizzati l’arretratezza di tale istituto e lo sforzo interpretativo che il collegio giudicante deve porre in essere quando esamina un’istanza di riabilitazione, in particolar modo in riferimento alle condizioni effettive e costanti di buona condotta; dal versante belga proprio tale requisito viene elogiato per il

1896, che è stata completata sostanzialmente dalla legge 7 aprile 1964, modificata dalla legge del 12 giugno 1984 e dalla legge 9 gennaio 1991.

342 Le condizioni per ottenere la riabilitazione sono state modificate con la Legge 7 aprile 1964: prima dell’intervento di questa legge, esse riguardavano essenzialmente l’espiazione della pena e il fatto di non essere condannato per altri reati.

suo esteso significato e viene definito come “relativamente nuovo” e “molto ampio”. La caratteristica sulla quale entrambi gli intervistati si sono focalizzati riguarda dunque la condizione delle prove di buona condotta: lo stesso dettame quindi assume connotazioni differente nei due paesi. Entrambi i giudici sono comunque concordi nel ritenere necessaria e fondamentale tale condizione.

Gli intervistati si ritrovano in accordo quando si pone loro il quesito relativo alla possibilità di prevedere due tipologie diverse di riabilitazione penale del condannato, al fine di differenziare coloro che hanno commesso reati più gravi da coloro che hanno commesso crimini di natura bagatellare. Entrambi concordano nel ritenere superflua una diversificazione dell’istituto: secondo il pensiero del Pres. Maisto perché “il legislatore quando l’ha voluto prevedere l’ha prevista: la riabilitazione per il minorenne è diversa rispetto alla riabilitazione per gli adulti, diversi sono i requisiti per la riabilitazione militare, quindi le tipologie sono già diversificate per grossi settori”;

il Sost. Procuratore Mr. Banneux sostiene che “ci sono già delle differenze di trattamento, specialmente per coloro che si rendono colpevoli di abusi sessuali sui minori […] e dunque per i criminali sessuali la legislazione prevede l’obbligo di domandare un rapporto di uno psichiatra, di uno psicologo, di uno specialista in materia di delinquenti sessuali e, di conseguenza, ci sono già delle condizioni supplementari, ci sono delle verifiche supplementari che devono essere fatte”.

Dunque in Italia la riabilitazione penale non è l’unica tipologia, sono infatti presenti nel panorama legislativo anche la riabilitazione penale impropria, la riabilitazione penale per i minorenni, la riabilitazione militare e la riabilitazione civile del fallito343. La differenziazione non andrebbe quindi fatta, secondo l’opinione dell’intervistato, secondo le tipologie di reato, bensì articolando normativamente il requisito delle prove effettive e costanti di buona condotta, che devono presupporre una valutazione del rapporto vittima-autore di reato.

In Belgio invece esiste già una differenziazione per quanto concerne i reati più gravi: infatti l’art.

629, ultimo comma, del Code d’instuction criminelle prevede che coloro che hanno compiuto violenza sui minori debbano presentare anche un documento che esponga il parere di un servizio specializzato nella cura e nel trattamento dei delinquenti sessuali.

Entrambi i magistrati concordano inoltre nel sottolineare il fatto che la riabilitazione debba essere un beneficio accessibile a tutti; le parole di Mr Banneux esprimono il pensiero dei due intervistati:

“tutti possono essere riabilitati […] piuttosto che dire che le persone non possono essere riabilitate, [il sistema legale] pone delle condizioni differenti”. Ciò non significa che la riabilitazione sia garantita per i crimini considerati più gravi, in quanto il tribunale deve sempre effettuare una valutazione di merito nel momento in cui deve decidere se elargire o meno la riabilitazione.

343 Per approfondimenti, vedasi paragrafo 1.9.3.

Per quanto riguarda invece l’obiettivo più importante di questo istituto, viene indicata la riparazione del danno da parte dei criminali alle vittime: un delinquente, per essere riabilitato, deve infatti avere risarcito le persone offese. All’interno del sistema riabilitativo, questo momento, come sottolineato dal Sost. Procuratore Mr. Banneux, è l’unico in cui la vittima viene interpellata; essa è considerata solamente dal punto di vista della compensazione finanziaria: “la riabilitazione non tiene conto della vittima se non per sapere se ella è stata indennizzata o se lei non lo è stata”. Il Pres. Maisto sottolinea inoltre che “Quando si parla di riparazione del danno, in genere c’è una assimilazione, che è del tutto errata, con il risarcimento del danno. Sono due concetti totalmente diversi. La riparazione non è il risarcimento e il danno non è necessariamente solo il danno economico”. Egli propone, come accade in alcuni contesti avanzati, la realizzazione di forme riparative da parte dello Stato laddove l’autore del reato non riesce a provvedere per questioni economiche o per bassi livelli di cultura, oppure direttamente da parte dello Stato e delle autorità locali indipendentemente dalle possibilità dell’autore del reato.