1.8. Le misure alternative alla detenzione
1.9.3. Condizioni per ottenere la riabilitazione
1.9.3. Condizioni per ottenere la riabilitazione
Le condizioni per l’ottenimento della riabilitazione sono indicate nell’art. 179 c.p.; l’articolo è stato successivamente modificato dall’art. 3 della L. 145/200458.
La riabilitazione è concessa quando sono decorsi almeno tre anni dal giorno in cui la pena principale è stata eseguita o in altro modo estinta e quando il condannato ha dato prove effettive e costanti di buona condotta. Il termine viene esteso ad otto anni se si tratta di soggetti recidivi, mentre il termine è di dieci anni se si tratta di delinquenti abituali, professionali o per tendenza e
56 M. Pavarini, Codice commentato dell’esecuzione penale, Volume I, UTET, Torino, 2002, p. 479.
57 Ibidem.
58 L’art. 3 recita: “All’articolo 179 del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni: a) al primo comma, le parole: «cinque anni» sono sostituite dalle seguenti: «almeno tre anni»; b) al secondo comma, le parole: «dieci anni»
sono sostituite dalle seguenti: «almeno otto anni»; c) al terzo comma, la parola: «parimenti» è soppressa; d) dopo il terzo comma sono inseriti i seguenti: «Qualora sia stata concessa la sospensione condizionale della pena ai sensi dell’articolo 163, primo, secondo e terzo comma, il termine di cui al primo comma decorre dallo stesso momento dal quale decorre il termine di sospensione della pena. Qualora sia stata concessa la sospensione condizionale della pena ai sensi del quarto comma dell’articolo 163, la riabilitazione è concessa allo scadere del termine di un anno di cui al medesimo quarto comma, purché sussistano le altre condizioni previste dal presente articolo”.
tale limite decorre dal giorno in cui è stato revocato l’ordine di assegnazione ad una colonia agricola o ad una casa di lavoro.
Qualora sia stata concessa la sospensione condizionale della pena, il termine di cui sopra decorre dallo stesso momento dal quale trascorre il termine di sospensione della pena; se invece è stata concessa la sospensione condizionale della pena, la riabilitazione è concessa allo scadere del termine di un anno, ma solo nel caso in cui siano previste le condizioni dettate dal presente articolo.
Vi sono due casi previsti dalla norma per i quali la riabilitazione non può essere elargita: quando il condannato è stato sottoposto a misura di sicurezza (tranne nel caso in cui si tratti di espulsione dello straniero dallo Stato, o di confisca) e il provvedimento non è stato revocato; e quando il condannato non ha adempiuto alle obbligazioni civili derivanti dal reato, salvo che dimostri di trovarsi nell’impossibilità di adempierle.
In sintesi, per ottenere la riabilitazione, oltre al fattore temporale, non bisogna quindi aver più commesso reati e si deve dimostrare di aver risarcito la parte civile, ossia pagato alla stessa i danni derivanti dal reato addebitato al condannato; non può, invece, essere concessa se il condannato è stato sottoposto a misura di sicurezza o se non ha adempiuto alle obbligazioni civili derivanti dal reato, salvo che dimostri di trovarsi nella impossibilità di compierle. Quindi il risultato della riabilitazione, cioè la reintegrazione del condannato nella capacità giuridica rimasta menomata, è possibile tutte le volte in cui le condizioni vengono rispettate.
La prima condizione per ottenere la riabilitazione consiste nell’esecuzione o nell’estinzione della pena principale: la pena può essere stata espiata, estinta per prescrizione, per sospensione condizionale, per liberazione condizionale, per amnistia, per indulto o grazia.
La seconda condizione è rappresentata dal decorso del termine temporale previsto. Il decorso del termine minimo previsto dal legislatore è lo stesso sia se il reo è stato condannato per la commissione di un delitto o di una contravvenzione. Quando la riabilitazione viene chiesta per una o per diverse condanne, il termine decorre dall’ultima delle pene. Nel caso in cui all’istante sia stata concessa la sospensione condizionale della pena, il termine per chiedere la riabilitazione decorre dalla data del passaggio in giudicato della sentenza; se il reo ha beneficiato della liberazione condizionale o se la pena è stata estinta per amnistia, il termine decorre dalla data del provvedimento di ammissione a tali istituti; per quanto riguarda l’estinzione della pena per effetto dell’indulto, il termine decorre dalla data dell’entrata in vigore. Infine, per quanto concerne il termine dei dieci anni (quando si tratta di delinquenti abituali, professionali o per tendenza), esso decorre dal giorno in cui è stato revocato l’ordine di assegnazione ad una colonia agricola o ad una casa di lavoro59.
59 M. Pavarini, op. cit.
La terza condizione riguarda la presenza di prove effettive e costanti di buona condotta durante gli ultimi tre o otto anni. La buona condotta deve quindi essere successiva e non anteriore all’esecuzione o all’estinzione della condotta e deve essere continuativa. La legge non precisa quali devono essere gli atti dimostranti la buona condotta; è quindi il tribunale che decide quali documenti o attestati, presentati dall’istante, tenere in considerazione affinché venga dimostrata la buona condotta. Il condannato deve comunque mantenere un comportamento irreprensibile, astenersi dal compiere atti riprovevoli, dimostrare di essersi ravveduto. “Valutare il comportamento del condannato, ai fini del riconoscimento della riabilitazione, significa emettere, sulla base di un dato certo – i comportamenti tenuti nel periodo che va dalla sentenza di condanna alla richiesta di riabilitazione – un giudizio favorevole da intendersi come capacità di integrarsi nella società. Il giudizio, allora dev’essere supportato da 'fatti' concreti aventi rilevanza oggettiva […]. In sostanza, occorre pervenire ad un giudizio positivo sul comportamento tenuto dal condannato in un arco temporale compreso tra l’estinzione della pena principale e la decisione del tribunale di sorveglianza […]”60.
La quarta condizione per ottenere la riabilitazione è l’esenzione da misure di sicurezza al momento della presentazione dell’istanza: non si può concedere la riabilitazione a chi si trova sottoposto a misure di sicurezza, in quanto sono indice di pericolosità sociale del condannato. Le misure di sicurezza si dividono in patrimoniali, che incidono solo sul patrimonio del soggetto, e personali, che limitano la libertà personale del soggetto. Le prime consistono nella cauzione e nella confisca di beni o strumenti utilizzati per commettere il reato oppure prodotti dal reato stesso;
le seconde si distinguono in misure detentive e misure non detentive, a seconda che il soggetto sia detenuto in un istituto (riformatorio giudiziario, ospedale psichiatrico giudiziario, casa di cura e di custodia, colonia agricola, casa di lavoro), o sia sottoposto a un regime di libertà vigilata, al divieto di soggiorno, al divieto di frequentare osterie e pubblici spacci di bevande alcoliche e l’espulsione dallo Stato dello straniero.
Infine, l’ultima condizione è rappresentata dall’adempimento delle obbligazioni civili nascenti dal reato, o la dimostrazione dell’impossibilità di adempiervi. “La riabilitazione è beneficio di così vasta ed utile portata che non può essere concessa se non a chi se ne mostri meritevole, non solo mantenendo, per il tempo prescritto, irreprensibile condotta, ma anche risarcendo i danni provocati dal reato, eludendo cioè il vantaggio criminoso conseguito ed eliminando il pregiudizio arrecato alla vittima. Si è però il legislatore preoccupato dell’eventualità che l’adempimento degli obblighi derivanti dal reato sia impossibile (ad esempio per comprovata miserabilità del condannato o per irreperibilità del creditore). E, considerando che sarebbe ingiusto far ricadere sul riabilitando le
60 E. Lo Monte, “Sulla valutazione del requisito della buona condotta ai fini della riabilitazione”, Cassazione Penale, n.
3, marzo-aprile 2009, pp. 1036.
conseguenze di una situazione a lui non imputabile, autorizzò, anche in tal senso, la riabilitazione subordinandola a due condizioni: impossibilità dell’adempimento e dimostrazione che la detta impossibilità sussista”61. Le obbligazioni civili derivanti dal reato comprendono innanzitutto il dovere del risarcimento del danno, patrimoniale o non, provocato alla vittima, il pagamento delle spese processuali e delle restituzioni. L’obbligo del risarcimento del danno alla parte offesa sussiste anche se questo non è dichiarato nella sentenza di condanna, anche se non vi è costituzione di parte civile da parte della vittima, e anche se è intervenuta la prescrizione del delitto. La prova dell’integrale adempimento può essere fornita con qualsiasi mezzo. L’istante, o il suo difensore, devono dunque dimostrare l’avvenuto risarcimento del danno, o l’impossibilità di adempierlo, o presentare una dichiarazione della parte offesa che non ha nulla a che pretendere per il danno subito. Tale documentazione non deve essere presentata se l’avvenuto risarcimento risulta già dalla sentenza di condanna, con il riconoscimento della circostante attenuante comune di cui all’art. 62 n.6 c.p62.
L’istanza di riabilitazione è da ritenersi inammissibile qualora il reato risulti estinto, se intervengono irregolarità formali della domanda o di qualche documento, per mancanza di legittimazione o dei presupposti di domanda, come il fallito adempimento delle obbligazioni civili nascenti dal reato, il mancato decorso del tempo richiesto per la riabilitazione, la sottoposizione a misure di sicurezza. Se il reato risulta depenalizzato, l’interessato può chiedere la revoca della sentenza di condanna a norma dell’art. 673 c.p.p.; se la condanna è intervenuta previo patteggiamento della pena, l’interessato può chiedere la dichiarazione di estinto del reato63.