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3. La parodo

3.6 Alcune prime considerazioni sul ruolo corale

Da questo primo, complessivo intervento del Coro si possono già avanzare delle importanti considerazioni, riguardanti sia la sua caratterizzazione, sia il suo ruolo

121 Jebb (1962) sottolinea come la formazione sia analoga a quella di φθισήνωρ, “man-destroying” (epiteto di

πόλεμος, Il. 2.833) e che alcuni intendono αὐδὰ τρυσάνωρ come “a lament for a disease that wears one”, ma questa interpretazione non convince, meglio intenderlo come αὐδὰ ἀνδρὸς τετρυμένου, sulla linea di αἷμα ἀνδρόφθορον per αἷμα ἀνδρὸς ἐφθαρμένου (Ant. 1022), cfr. ad loc.

122 In questo caso στίβον è una variante di alcuni codd. per la forma al gen. στίβου, presente nel resto della

tradizione; la forma all’acc. viene accolta dalla maggior parte degli editori per i numerosi paralleli che vedo- no il termine come ogg. interno di ἕρπω, anche se Schein (2013) considera lettura corretta στίβου, intenden- dolo in dipendenza da ἀνάγκαν, nel senso generale «of someone creeping with painful constraint of move-

ment», questo per restare in linea con l’uso già consistente, nell’opera, della parola nel suo denotare il modo

di camminare di Filottete piuttosto che il suo “percorso”. Cfr. ad 206-7 p. 160.

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Cfr. Worman (2000), il quale denota la capacità del linguaggio sofocleo di sfumare i distinti confini fisici fra la vittima e la bestia che lo ha ferito: «Because of the ineffable, devouring effect of the serpent’s bite, Phi-

loctetes himself has had to creep around» p. 12.

124 Sia il procedimento di comparazione per antifrasi, sia ἰωάν (v. 216), hapax in tragedia, sono di derivazio-

ne epica. Omero utilizza quest’ultimo termine per i suoni naturali o per quelli prodotti dalla lira; è suggestivo ipotizzare una sua connessione con la prima battuta di Filottete, ἰὼ ξένοι (v. 219), cfr. Webster (1974), ad

loc. e Burton (1980), p. 230.

125 Segal (1981) delinea l’identità di Filottete come liminare fra quella di un cacciatore e l’essere preda di un

male che gli dà sembianze bestiali, aggiungendo che se si accetta la lettura ἀγροβάτας, anche il suo cammina- re assume qualcosa di selvaggio. Cfr. p. 297.

48 all’interno del dramma, nello specifico in relazione con gli altri personaggi. Innanzitutto, è quasi spontaneo interrogarsi sul rapporto che viene ad instaurarsi con Neottolemo, in parti- colare a fronte dei modi diversi con cui il gruppo corale gli si rivolge e sembra interagire con lui. Nonostante ci sia già stato modo di notare come i coreuti dimostrino sin da subito lealtà e totale sottomissione, accettando di collaborare all’intrigo, è stato anche evidenziato come alcuni aspetti del canto d’ingresso della parodo possano suscitare qualche perplessità e, in qualche modo, ridefinire questa affermazione iniziale. Fra le osservazioni possibili, oltre alla discussa differenza di sensibilità fra i due, si può aggiungere anche una breve considerazione sul modo di porsi nei confronti del comandante, al quale vengono date istruzioni nel momento del bisogno e che spesso viene richiamato, dai suoi marinai, alla pragmatica dei fatti. Per quanto riguarda la sensazione di una specie di “doppiezza” del comportamento del Coro a fronte del suo coinvolgimento nella trama, è stato ipotizzato, in aggiunta a quanto già detto, che quello svolto sia specificatamente un duplice compito, da un lato supportare la finzione messa in atto da Neottolemo, amplificando così l’intrigo, dall’altro accompagnare le afflizioni del protagonista. Si attuerebbe, così, una vivace fun- zione drammatica, di risonanza e armonia con l’intreccio principale, con un contrasto emo- tivo in sottofondo126. Per quanto riguarda, invece, l’ambivalenza dei coreuti verso la figura del loro capo, agli occhi degli spettatori essa si delinea come l’alternanza fra la riafferma- zione della sua autorità, messa in qualche modo in discussione durante il prologo, e il risal- to di una sua forma di inesperienza, dovuta alla sua giovane età127, che viene rimarcata dal comportamento del Coro, in particolare per mezzo delle interruzioni, delle esortazioni e dei consigli che vengono forniti nel corso dell’ultima stanza (vv. 201-218). Anche le espres- sioni con cui si rivolge a Neottolemo sembrano evidenziare quest’aspetto, poiché si alter- nano termini come δέσποτ’ (v. 135) e ἄναξ (v. 150), ai più familiari παῖ (v. 201) e τέκνον (v. 210); in quest’ultimo caso, inoltre, si può percepire dalla bocca dei coreuti un’eco delle parole di Odisseo, che utilizza gli stessi appellativi e con il quale essi condividono la me- desima preoccupazione per le questioni pratiche e il timore verso Filottete128.

126 Questa specifica doppia funzione di “risonanza” e “dissonanza” è stata proposta da Reinhardt, cit. in Pucci

(2011) commento p. 179, cfr. anche supra, p. 46.

127 Cfr. spec. Gardiner (1987), p. 20, la quale delinea le varie e intricate componenti corali, ovvero di quello

che la studiosa considera un personaggio a tutti gli effetti. Altri non sono della medesima opinione, Burton (1980), p. es., non individua un atteggiamento diverso dei coreuti nei confronti di Neottolemo, se non che «they are completely dependent on their young leader», p. 228.

128 Quest’ultimo espresso in termini del tutto simili, Odisseo, con la paura di vedersi sorprendere

all’improvviso: μὴ καὶ λάθῃ με προσπεσών (v. 46), Coro, con la stessa preoccupazione: μὴ προσπεσών με λάθῃ ποθέν (v. 156).

49 In definitiva, nel corso della parodo il Coro si delinea come un personaggio dalle molte sfaccettature, coinvolto nel dramma alla stregua di uno degli attori e, al contempo, dotato di quelle caratteristiche che necessariamente lo distinguono. Anche il suo rapporto con il figlio di Achille si mantiene in un bilanciato equilibrio, fatto di totale lealtà e rispetto per il suo comandante e signore, a cui si aggiunge una certa confidenza, che permette l’interazione vivace fra i due al momento del sopraggiungere del protagonista. Quanto alla costruzione di questo primo intervento, il canto si svolge in maniera circolare, con un pas- saggio dalla partecipazione iniziale a un momento di riflessione centrale, per poi passare di nuovo alla tensione scenica scatenata dall’ingresso di Filottete129; questo contrasto viene enfatizzato dalla fusione finale d’azione e d’emozione, in un insieme intensamente dram- matico, al quale danno il loro contributo sia l’attore che il Coro.

129 Questo andamento ricorda, in parte, la parodo dell’Elettra sofoclea, inframezzata dalla concitazione scate-

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